Il 6 gennaio 1905 l'Allamano scrisse una lettera ai missionari in Kenya riflettendo sulla celebrazione di due grandi eventi: Il primo era stato il centenario del Santuario della Consolata a Torino, che ebbe luogo tra l'11 e il 20 giugno 1904; il secondo la conclusione del Convegno di Murang'a, che eveva avuto luogo nel marzo 1904. Nella sua lettera ai missionari la Allamano faceva notare che il suo cuore era “ancora pieno di deliziose emozioni” per questi eventi così importanti e si augurava che i missionari ne avessero partecipato almeno spiritualmente dalle missioni. Il giorno scelto per scrivere la lettera era quello dell’Epifania festa della manifestazione di Gesù a tutti i popoli. (Cfr. lettere ai Missionari e Missionarie della Consolata, n. 59).
Da allora sono passati 118 anni e anche noi oggi abbiamo appena celebrato un grande evento: il XIV Capitolo Generale che ha eletto una nuova Direzione Generale per Istituto. Ora è il tempo non di rimanere sospesi nell'atmosfera di festa dei momenti capitolari ma di riprendere il lavoro con rinnovato entusiasmo.
Nella stessa lettera, il padre fondatore, parlava della importanza di dare piena attuazione alle decisioni prese nell’incontro così importante nella storia dell’Istituto evitando la tentazione, che si poteva trovare in alcuni, di fare il contrario di quanto deciso insieme con la scusa di avere un'idea migliore, o ritenendo che ciò che era stato deciso non avrebbe funzionato. Il Fondatore li richiamò tutti al dovere di al secondare quanto era stato deciso anche se uno ritenesse di avere in mente proposte o decisioni migliore. Oggi mentre intraprendiamo il processo di attuazione delle decisioni del Capitolo Generale con le Conferenze Regionali, dobbiamo lavorare come comunità ispirate e guidate dallo Spirito di Dio che ha parlato nel capitolo. L'insistenza del Fondatore è evidente: l'aspetto comunitario dell'Istituto è così importante che dovrebbe essere protetto e difeso da tutti. Le capacità e le creatività dei singoli, pur essendo importanti, non devono far perdere lo spirito comunitario dell'Istituto.
Nella lettera già citata, consapevole dell'importanza del legame tra passato e futuro, l’Allamano ringraziava i missionari del Kenya anche per i tanti diari che gli avevano inviato e dava disposizioni per promuovere questo strumento. Permettevano in fatti ai fedeli che frequentavano il santuario della Consolata e che sostenevano i missionari (li chiamava “figli beniamini” della Consolata) di partecipare alla vita missionaria in Kenya. In un'epoca in cui la cultura della lettura sembra progressivamente estinguersi e si preferiscono i video e i messaggi brevi, diretti al punto, il nostro Fondatore ci ricorda che un albero si regge sulle sue radici e non sui suoi frutti, per quanto buoni possano essere. Questo ci invita a riconoscere l'importanza di scrivere ancora non solo il nostro passato ma anche il nostro presente. In fatti, è attraverso i diari dei primi missionari che possiamo conoscere la nostra storia. Domani saranno i nostri diari o le nostre comunicazioni che permetteranno alle nuove generazioni ad imparare dal nostro oggi. É quindi è importante che l'Istituto rianimi lo spirito del diario nelle missioni e personalmente altrimenti rischiamo di seppellire insieme a noi la nostra storia.
Consapevole della complessità di guidare un gran numero di persone, la Allamano si esprimeva contro le critiche e le mancanze di carità tra i missionari e non usò mezzi termini nell'enumerare le conseguenze di tali deviazioni. Ecco le sue parole:
“Con il moltiplicarsi delle persone crescono anche le diversità di apprezzamenti, perché tutti abbiamo la nostra testa, come si dice, e specialmente molta dose di amor proprio che ci inganna senza che ce ne accorgiamo. Da qui la tentazione di disapprovare internamente il modo di pensare e di agire dei confratelli e talvolta perfino dei Superiori. State attenti contro questa tentazione, perché il giorno in cui cominciassero le critiche vicendevoli, segnerebbe tosto la sterilità delle vostre fatiche, e sarebbe il principio della dissoluzione dell'Istituto” (ibidem p. 75).
Se l’Allamano ha parlato così nel 1905, quando l'Istituto contava un centinaio di membri, le sue parole acquistano oggi una grandissima importanza perché l’Istituto, conta oggi circa 900 membri, ed è ormai una multiculturale. Sarebbe ingenuo da parte nostra ignorare o fingere di non cogliere l'avvertimento che il Fondatore ci ha lanciato. La multiculturalità è un aspetto speciale e importante dell'Istituto, ma richiede molta maturità e umiltà per trasformare le differenze delle persone in opportunità che valorizzino una vita comunitaria armoniosa e la trasformino in una testimonianza nell'apostolato. Oggi, di fronte alle sfide evidenziate dal XIV Capitolo Generale sulle le difficoltà dei missionari di vivere insieme, sarebbe opportuno leggere e rileggere la lettera del Fondatore per approfondirne lo spirito che contengono.
In quell’occasione l’Allamano terminò la sua lettera in tono incoraggiante, invitando i missionari alla perseveranza e a non perdere la speranza. Consapevole che se c'è qualcosa che può ridurre e perfino annullare la speranza e l'entusiasmo dei missionari, è il fatto di non vedere i frutti del loro lavoro, il Fondatore ha ricordato loro che se un missionario fosse andato in missione con l'illusione che la sua presenza sarebbe bastata ad attrarre le persone, o le sue parole sarebbero bastate a convertirle, allora presto avrebbe sperimentato delle delusioni che lo avrebbero portato allo scoraggiamento. Ecco le sue parole:
«Ricordate sempre che ognuno riceverà la mercede “secundum proprium laborem”, e non secondo il risultato ottenuto. Nelle vite dei Santi quanti esempi non abbiamo fatiche apostoliche straordinarie e perseveranti senza che essi avessero in vita la consolazione di raccoglierne i frutti. Questi seminarono senza la consolazione di mietere (...) Ancora ricordati che l'essenziale si è che lavorando costanti adempiate la volontà di Dio e che possiate dire come Nostro Signore: “Meus cibus est ut faciam voluntatem Eius qui misit me, ut perficiam opus Eius” (Gv 4,34)».
Avendo concluso da poco il Capitolo Generale, la lettera del Allamano si adatta davvero alle nostre esigenze. Mentre ci avviamo verso l'attuazione degli orientamenti del Capitolo, preghiamo affinché, per intercessione della Consolata e la guida di Beato Giuseppe Allamano, possiamo anche noi continuare ad essere strumenti della misericordia e del perdono di Dio nel mondo.
* Padre Jonah M. Makau, Missionario della Consolata (Roma)
Il 27 maggio, un incontro online ha riunito decine di missionari laici provenienti da Africa, America ed Europa, e sacerdoti e i missionari riuniti a Roma per il XIV Capitolo Generale del Missionari della Consolata
Questo incontro rappresenta un momento importante di fraternità e di condivisione del carisma lasciato in eredità dal Beato Giuseppe Allamano alla "Famiglia della Consolata", che comprende anche le Missionarie della Consolata (anche loro stanno celebrando il loro Capitolo Generale riunite a Nepi–Viterbo).
“Questo carisma è vissuto da tanti amici sparsi nel mondo, che condividono la missione in modi e in esperienze diverse”, ha sottolineato uno dei partecipanti.
Durante l'incontro, ogni coordinatore continentale dei Laici Missionari della Consolata d'Africa, America ed Europa, ha presentato il cammino che sta percorrendo, cosa si aspetta dai Missionari della Consolata e cosa propone per intensificare la comunione e la collaborazione fra Laici e Missionari della Consolata.
Il Superiore Generale dei Missionari della Consolata, P. Stefano Camerlengo, ha ricordato i legami che ci uniscono tutti come membri della Famiglia della Consolata.
"Siamo tutti missionari, membri della famiglia della Consolata... e insieme vogliamo fare un passo avanti. Il carisma non è proprietà di nessuno, è un dono fatto dallo Spirito Santo alla Chiesa per il servizio dell'umanità. Non esiste un noi e un voi, ma solo un ‘noi della Consolata’ è questo è ciò che conta!"
Il prossimo incontro come "Famiglia della Consolata" si terrà il 3 giugno 2023, anche online, dove sono invitati tutti i laici, le laiche, le suore, i fratelli, i sacerdoti e i Vescovi Missionari della Consolata.
“Come Direzioni Generali, in spirito di famiglia e consapevoli della bellissima esperienza del Convegno Murang'a 2, svoltosi nel giugno 2022, abbiamo deciso di aprire uno spazio comune di riflessione e condivisione durante la celebrazione dei due Capitoli”. Così recita il comunicato ufficiale emesso dal comitato di coordinamento dell'incontro.
A seguito di questa importante giornata, il giorno successivo, 4 giugno, a Roma, le due Assemblee capitolari dei Missionari e delle Missionarie della Consolata si incontreranno per raccogliere i frutti della condivisione e preparare una riflessione di sintesi derivante dalla riunione del giorno precedente.
*Julio è missionario della Consolata, comunicatore sociale e partecipa ai lavori del Capitolo Generale
Carissimi, un caro saluto a conclusione dei lavori della prima settimana capitolare. Sono arrivati in questi giorni molti saluti e gesti di vicinanza da tanti di voi. Per questo vi ringraziamo sentendoci rafforzati dal vostro ricordo e dalla vostra preghiera. Il clima di fraternità e l’accoglienza dei confratelli che vivono nella casa generalizia stanno aiutando tutti i capitolari a vivere con impegno e attiva partecipazione queste prime giornate.
La prima settimana di lavori è stata dedicata al tema dell’ascolto. Ci siamo messi in ascolto di Dio, del mondo e dell’Istituto. Prima di iniziare a trattare i temi presenti nell’Instrumentum Laboris è necessario mettersi in un atteggiamento di ascolto. La Parola di Dio è la base da cui partire. Il nostro stare insieme è segnato anzitutto dal mettersi alla scuola dell’ascolto della Parola di Dio che orienta e illumina. Come abbiamo accenato nella prima comunicazione abbiamo iniziato i lavori con una giornata di ritiro.
Continuando l’esercizio dell’ascolto abbiamo rivolto la nostra attenzione al mondo in cui lavoriamo e all’Istituto a cui apparteniamo e che vogliamo servire. L’approccio ad una realtà cosi vasta e così anche problematica, necessita l’aiuto di esperti qualificati in vare discipline, sacerdoti e laici. Questa è stata la base da cui siamo partiti per poi, nelle prossime settimane, provare a discerene e finalizzare le decisioni più opportune, volte a qualificare la missione dell’Istituto.
Tra gli ospiti incontrati ci sono stati il prof. Leonardo Becchetti ordinario di Economia politica che ha presentao il tema: “Etica e responsabilità d’impresa di fronte alle nuove sfide globali”, il docente ha evidenziato come siano intrecciati sul pianeta i temi della distribuzione delle ricchezze e le relative aspettative dei popoli.
Don Luca Pandolfi, professore di Antropologia culturale della Pontificia Università Urbaniana ha sottolineato i temi che a suo modo di vedere sono presenti spesso nei nostri documenti e nelle nostre condivisioni. Ne è uscito un quadro interessante che ci aiuterà nei prossimi giorni durante lo svolgimento dei lavori
Il signor Francesco Vignarca, laico impegnato da anni sui temi della mondialità e della pace, ci ha presentato un’interessante e per alcuni versi preoccupante conferenza sul mercato mondiale delle armi. Un mercato che non solo produce ricchissimi guadagni a vantaggio di pochi ma che alimenta guerre sparse in tutto il mondo.
Don Armando Matteo, Professore straordinario di Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Urbaniana ha iniziato il suo intervento dalla domanda: quale missione oggi?
“La nostra missione dei cristiani è sempre quella di portare Gesù a tutti e nello stesso tempo di portare tutti a Gesù. Si tratta di “annunciare” Gesù in modo che questo annuncio possa toccare il cuore di chi lo ascolta e spingerlo verso il desiderio una possibile fede. Per questo ci tocca sempre conoscere/amare Gesù e i “tutti”.
L’ascolto di tutte queste tematiche è stato fatto non solo in sala plenaria ma anche attraverso il lavoro per gruppi. Per dare possibilità a tutti i presenti di fare le proprie riflessioni e comment,i ci siamo divisi in gruppi di lavoro nei quali ci scambiano le riflessioni che vengono raccolte e riportate poi in asssemblea.
Don Maurizio Praticiello parroco a Caivano (Napoli), ha celebrato una S. Messa condividendo la sua forte esperienza pastorale che sta vivendo in un contesto di forte disagio sociale che denuncia con coraggio e fermezza, sostenuto da una grande fede.
Per poter decidere meglio le linee guida dell’Istituto occorre mettersi al suo ascolto. L’esercizio di conoscenza dell’Istituto è una vera scuola di allargamento dei propri orizzonti conoscitivi che ogni capitolare è chiamato a fare. Ognuno di noi infatti con diverse responsabilità è inserito in una parte dell’Istituto in un determinato paese e in servizio che svolge.
La Direzione Generale ha il compito di guidare con lo sguardo su tutto l’IMC presente nel mondo. Ampio spazio ha trovato la relazione di p. Stefano Camerlengo Superiore Generale che ha riassunto il servizio degli ultimi anni e i temi attuali con le loro sfide e problematicità. La relazione del p. Generale è stata seguita dai contributi di tutta la direzione generale, del Vice Superiore e dei Consiglieri.
L’Economo Generale p. Rinaldo Cogliati ha presentato un quadro della situazione generale dell’Istituto mostrando lo sfide attuali e le criticità a cui occorre fare attenzione, in una realtà complessa del mondo d’oggi come quella economica.
La settimana di lavori si è conclusa con un incontro online coi LMC rispettivamente di Europa, America e Africa.
Questo incontro è stato un bel momento di fraternità e di condivisione del carisma lasciatoci dal B. Giuseppe Allamano e condiviso da tanti amici e amiche sparsi nel mo ndo che condividono in diverse forme ed esperienze la missione. Ogni rappresentante di ogni continente ha avuto modo di raccontare il cammino fatto e di presentare i suggerimenti per migliorare la collaborazione tra IMC e LMC.
Come potete intuire la settimana trascorsa è stata intensa e ricca di lavoro. Per questo la domenica di Pentecoste siamo andati a fare una gita ad Assisi, luogo di pace e di bellezza.
Qui ci siamo riposati un pò in un clima fraterno e allegro, all’ombra di S. Francesco, di S. Chiara e del b. Carlo Acutis nostro protettore per quest’anno e qui sepolto, per poi ritornare e continuare il lavoro che ci attende.
I Missionari della Consolata hanno iniziato a Roma il XIV Capitolo Generale. L'incontro si svolge dal 22 maggio al 25 giugno con la partecipazione della Direzione Generale, i Superiori e i Delegati delle tredici circoscrizioni di Africa, Asia, America ed Europa. Il tema centrale dell'incontro è: "Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra" (At 1,8) come consacrati per la missione ad gentes.
Il Superiore Generale, Padre Stefano Camerlengo, inaugurando il capitolo, ha detto rivolgendosi ai capitolari: “questo è un momento profetico e visionario per affrontare le sfide del mondo di oggi, dove insieme possiamo essere più fedeli al nostro carisma, segnando il nostro comune impegno per la missione ad gentes”. Padre Stefano ha invitato tutti a lasciarsi “guidare dallo Spirito del Risorto”, simboleggiato dalla luce del cero pasquale, che illumina il cammino dei discepoli missionari per essere “una Chiesa in uscita”.
Al XIV Capitolo Generale partecipano 41 missionari: 24 africani, 9 europei, 6 latinoamericani e 2 asiatici, in rappresentanza di 13 circoscrizioni. La diversità della provenienza dei partecipanti a questo Capitolo mostra il volto multiculturale dell’Istituto con le sue relative dinamiche interculturali. I rappresentanti hanno diversi volti e storie, ma tutti sono identificati con il Carisma lasciatoci dal Fondatore, il b. Giuseppe Allamano:"consacrati per la missione ad gentes per tutta la vita". Questo è un segno di speranza.
Il cammino di preparazione al XIV Capitolo Generale ha seguito un percorso ispirato alla pratica della sinodalità. È iniziato più di un anno fa con il documento preparatorio inviato a tutti i missionari e alle comunità. L'ispirazione biblica tratta dal libro dell'Apocalisse ci ha invitato ad ascoltare "ciò che lo Spirito dice oggi all'Istituto". Con le risposte e i contributi la Commissione precapitolare e la Direzione generale hanno preparato il documento dei Lineamenta che ha sviluppato due nuclei tematici: a) Identità e Carisma: bere alla propria fonte; b) Missione: un Istituto in uscita.
Con i contributi dello studio dei Lineamenta, è stato preparato l'Instrumentum Laboris per il XIV Capitolo Generale. I temi principali sono: il missionario nella comunità (identità e carisma); un Istituto in uscita (la nostra missione ad gentes); organizzazione ed economia per la missione.
Celebrato ogni sei anni, il Capitolo Generale è un momento di grazia in cui l’Istituto si ferma a riflettere sulla vita e sulla missione ad gentes. Oltre all'elezione del Superiore Generale e del suo Consiglio, è l'occasione anche per valutare il cammino percorso, prendere decisioni sull'organizzazione e proiettare il futuro con creatività e rinnovato slancio missionario.
Coi suoi 122 anni di storia, l'Istituto dei Missionari della Consolata è oggi una Congregazione multiculturale e internazionale che conta 906 missionari provenienti da 30 paesi, che vivono in 231 comunità in 29 paesi in Africa, America, Asia ed Europa.
Vi propongo S. Giuseppe in particolare come modello di fedeltà e di vita interiore. Egli non ha fatto miracoli, non ha predicato, eppure fu così santo perché fu umile e fedele alle piccole cose. Fedeltà alle piccole cose, questo è il segreto delle comunità. La grazia che gli ho domandato per voi è di avere una fedeltà ferrea, fedeltà dal mattino alla sera, senza perdersi d’animo (...) Questa deve essere in voi una devozione “incarnata”. Dopo nostro Signore e la Madonna viene S. Giuseppe, senza cercare altri. (Così vi voglio, n. 190)
Questa pagina, che raccoglie riflessioni del Fondatore a proposito di San Giuseppe, è scritta con un linguaggio semplice ma contiene molti spunti, vorrei sottolinearne due che mi sembrano utili per illuminare la nostra vita missionaria.
Di Giuseppe la prima cosa che possiamo dire è che non parla niente, non si ricorda nel vangelo una frase detta da lui, ma dice comunque tante. Possiamo imbatterci in una infinità di libri su di lui ma nel vangelo non si ricorda nemmeno una sua parola. Eppure, come ricorda un sacerdote, “di Giuseppe non sappiamo come parlava ma sappiamo bene come pensava, cosa sognava e cosa faceva, e questo non è poco”.
Una prima immagine che possiamo prendere per la nostra vita, come ci ricorda anche il Fondatore, è la fedeltà alle piccole cose. Nella vita non ci capita tutti i giorni di fare grandi scelte o fare gesti forti, ma nella vita siamo chiamati al tran tran quotidiano e magari a ripetere tante cose, per tanto tempo e per tanti anni. Il Fondatore ci invita a valorizzare queste piccole cose perché il segreto sta nel modo come le affrontiamo. Far bene le piccole cose, con amore ed entusiasmo, è pur sempre fare qualcosa di grande. Quindi in questo tempo nel quale siamo alla ricerca di scelte coraggiose ed opzioni radicali non dimentichiamo che tutto questo, anche il martirio come la donazione della vita, nascono dalle scelte quotidiane, dal coraggio di accettare il quotidiano. Quante volte sogniamo qualcosa di diverso che non abbiamo e non ci accorgiamo dei fratelli e delle sorelle, delle circostanze e del lavoro che abbiamo lì. Giuseppe ci insegna la fedeltà a queste cose.
Un altro elemento che mi sembra forte nella persona di Giuseppe è la sua forza davanti alle sofferenze e alle crisi della vita che anche lui ha dovuto affrontare. Giuseppe si è trovato in notti oscure e di sofferenza. Immaginate la crisi quando scopre che la sua sposa è incinta e che lui, secondo la legge, avrebbe dovuto denunciarla per farla lapidare. Deve aver vissuto una crisi profonda con la volontà di Dio che gli chiedeva qualcosa di umanamente difficile da accettare e con la sua legge che gli stava chiedendo qualcosa che non avrebbe voluto fare. La storia di Giuseppe non comincia come una favola ma è sofferenza, sacrificio, lotta, combattimento. Assieme a Maria si trova a vivere un progetto che cambia tutti i loro progetti.
Questo mi fa pensare alla sofferenza nella missione: le incomprensioni e le difficoltà che oggi non ci fanno vivere bene il nostro carisma; lo scoprirci in qualche occasione inadeguati, in affanno e in ritardo su tante cose; l’impedimento di non capire sempre bene questo mondo, la nostra comunità, quello a cui siamo chiamati. La sofferenza anche di vivere l’eucaristia nei momenti più complicati quando abbiamo a che fare con situazioni pesanti e dure.
Eppure Giuseppe era un uomo giusto che ha sognato le cose di Dio e ha saputo viverle e metterle in pratica. Anche questo elemento fa parte della nostra vita. In tanti anni di servizio all’Istituto ho trovato missionari entusiasti ma anche missionari amareggiati e delusi, e queste sono le crisi profonde che dobbiamo affrontare con la forza, il coraggio e l’onestà di Giuseppe. Giuseppe non è un santo facile, ha dovuto affrontare l’oscurità e la sofferenza ma l’ha fatto con la gioia del dono totale di se al Signore.
Anche noi cerchiamo allora di essere uomini giusti e, come Giuseppe, disposti a fare i sogni di Dio e la sua volontà. Chiediamo il coraggio, anche nei momenti difficili, di andare avanti nella missione sapendo che stiamo vivendo qualcosa che è molto più grande di noi.
* Padre Stefano Camerlengo è Superiore Generale dei Missionari della Consolata