Ho avuto l’opportunità di vivere un’esperienza missionaria con la archidiocesi di Torino. Io e altri 20 ragazzi siamo partiti per tre settimane, dall’1 al 21 agosto, per il Kenya. Quando vivi un’esperienza missionaria, i sentimenti che ti travolgono sono tanti e contrastanti tra di loro. Sicuramente l’amore e l’empatia sono quelli predominanti: vedere così tanti bambini, ragazzi e adulti sempre felici e disponibili all’incontro è un qualcosa che riempie il cuore.
Per loro, avere qualcuno con cui giocare, parlare e trascorrere qualche ora, che stia lì e che semplicemente sia presente e c’è, è qualcosa di magico. Ma a dire il vero, non siamo stati tanto noi a donare qualcosa a loro, quanto più il contrario.
Padre John Kinyua Nkinga del CAM di Torino, Suor Valentina Melis e Aaron John Mutuma sono state le nostre guide: ci hanno permesso di vivere a pieno quest’esperienza e di vedere tante realtà diverse. Ci sono stati vicini nei momenti di difficoltà e sconforto e hanno vissuto con noi momenti di gioia e felicità. Fin dai primi giorni, tutti noi abbiamo stretto un forte legame, che ogni giorno cresceva, vivendo come una grande comunità.
Seppur ognuno di noi avesse storie diverse alle spalle, avesse vissuto esperienze differenti, ciò che ci accomunava era il sogno di essere lì, di cambiare noi stessi, di aprirci a nuove esperienze, al mondo e di fare del bene per quanto più possibile nel nostro piccolo.
Abbiamo imparato che non serve fare grandi cose, grandi discorsi, ma l’importante è esserci. Non abbiamo solo imparato balli, canzoni e giochi locali, ma i ragazzi che abbiamo incontrato hanno rispolverato in noi la spensieratezza, la semplicità e ci hanno permesso di capire la vera importanza delle cose.
Al contrario di come comunemente si possa pensare, loro non vedono la loro condizione come una situazione di povertà, ma più come semplicità. Sono infatti grati di ciò che hanno e apprezzano i semplici sorrisi e abbracci. Credo che questo dovremmo davvero imparare anche noi ad apprezzarlo, slegandoci dalle cose materiali e iniziare a dare importanza ai momenti che viviamo, perché sono quelli che possono cambiarti la vita e il modo di approcciarti al mondo.
Al tempo stesso però, durante quest’esperienza sono stati forti anche i sentimenti di rabbia e impotenza. Rabbia perché purtroppo molte di queste persone sono dimenticate dallo Stato, che non si occupa di tutelarle e non garantisce loro il pieno rispetto dei diritti e della loro dignità. Mi sono quindi chiesta perché io sì e loro no? Perché io posso vivere in una casa di mattoni e loro no? Perché io posso avere cure mediche gratuite e loro no? Perché i bambini in Italia possono andare a scuola e loro no? Ma non ho trovato una risposta a questo e purtroppo non penso che ci sia.
Penso però che, se ciascuno di noi si chiedesse le stesse cose, qualcosa potrebbe cambiare. Si parlerebbe di più di com’è la vita africana, di come lo Stato non agisca per risolvere le disuguaglianze, e davanti a questo noi non possiamo più rimanere impassibili.
Un altro sentimento che spesso era predominante nei nostri cuori era il senso di impotenza. Per quanto lo desideravamo, noi, da soli, non potevamo cambiare la situazione. Non potevamo fare nulla per permettere di andare a scuola a quel bambino che era sdraiato nel letto di una capanna da tutti e nove i suoi anni di vita. Non potevamo fare nulla per garantire a Benson una vita felice in una famiglia in cui fosse veramente amato e in cui potesse vivere la spensieratezza di un bambino adolescente della sua età. Non potevamo fare nulla per quelle persone che vivevano in quindici in una casa di lamiera non più grande di cinque metri quadri. Non potevamo fare nulla per permettere a questi bambini di avere accesso a un’istruzione dignitosa all’interno di una scuola che avesse almeno un bagno.
Abbiamo provato tanta rabbia nei nostri cuori davanti a queste ingiustizie, perché non è giusto che qualcuno possa vivere in condizioni del genere e che nessuno pensi a loro.
Quando racconto della mia esperienza in Kenya, dico sempre che è come se ad un certo punto ti togliessero gli occhi con cui sei partito per mettertene altri. Cambia radicalmente il modo di vedere le cose. Perché si parla di com’è la vita in un villaggio africano, ma vederla con i propri occhi è tutt’altra storia. I tuoi occhi e il tuo cuore iniziano ad avere altre priorità: capisci che non è importante l’aspetto materiale ma impari ad apprezzare gli abbracci, i sorrisi, la disponibilità delle persone. Anche quando torni in Italia le tue priorità cambiano. Cambia il modo con cui pensi e ti approcci all’altro. Cambia il tuo modo di vedere ciò che hai e impari ad esserne veramente grato.
Auguro a tutti di vivere un’esperienza missionaria, di ricevere così tanto amore e di essere aperti al cambiamento. Se ciascuno di noi si rendesse conto di cosa siano le vere cose importanti, vivremmo in un mondo diverso. Se ciascuno di noi vedesse con i propri occhi quello che abbiamo avuto la fortuna di vedere noi, probabilmente le cose cambierebbero e il mondo diventerebbe un posto più giusto e equo.
* Claudia Rizzo, studentessa di 22 anni, iscritta a Scienze della Formazione primaria presso l’Università degli studi di Torino e insegnante di scuola primaria.
Decine di persone provenienti dall'area di Lisbona, dal nord del Portogallo, da Fatima e da Mira de Aire partiranno quest'estate per una missione in Marocco, Guinea-Bissau e Mozambico. I volontari stanno svolgendo diverse attività di raccolta fondi con l'obiettivo di migliorare le condizioni dei centri educativi e delle case di accoglienza per i rifugiati in questi luoghi di missione.
Stiamo parlando di 50 persone provenienti da diverse parti del Portogallo, di età compresa tra i 17 e i 55 anni, disposte a donare il loro tempo e servizio alla missione. I volontari studiano o lavorano in settori quali medicina, infermieristica, psicologia, informatica, educazione di base, assistenza sociale e contabilità. I gruppi saranno accompagnati da un missionario laico della Consolata, da una religiosa missionaria e da alcuni sacerdoti missionari della Consolata, oltre che da capi scout. I volontari si recheranno in cinque punti dell'Africa. Alcuni andranno a Oudja, in Marocco, altri a Empada, in Guinea-Bissau. In Mozambico, ci saranno gruppi a Massinga, Funhalouro e Boroma.
Un gruppo proveniente dal nord del Portogallo andrà in missione a Oujda, in Marocco, vicino al confine con l'Algeria. Dal 16 al 30 agosto, questi volontari vivranno con i tre padri Missionari della Consolata nella parrocchia di Saint Louis. "L'obiettivo della nostra missione è la ricostruzione dei dormitori e dei bagni per i rifugiati che la missione di Oujda accoglie ogni giorno. Dopo le recenti guerre e crisi nei Paesi africani, il numero di rifugiati che arrivano alla missione è aumentato. Ogni anno arrivano a Oujda tra mille e duemila persone. “Di solito questo è l'ultimo punto di riposo in Africa prima di avventurarsi nella pericolosa traversata del Mar Mediterraneo per raggiungere l'Europa”, spiega Maria Fernandes, una delle volontarie, alla rivista “Fátima Missionária”.
Gruppo viaggiarà verso Oujda, in Marocco, per lavorare con i migranti
Il gruppo ha partecipato a diversi programmi di formazione per prepararsi allo scenario che incontreranno e ha svolto attività di raccolta fondi. Il denaro raccolto sarà destinato alla "ricostruzione dei dormitori e dei bagni", spiega Maria, aggiungendo che il valore del progetto che promuovono è di 20.000 euro, e che all'inizio dell’iniziativa il gruppo aveva già ricevuto "quattromila euro per acquistare materiale necessario alla ricostruzione di dormitori e bagni, oltre a 46 chili di vestiti caldi", che nel frattempo sono già arrivati a destinazione.
Paula Santos e Noémia Dias sono tra i volontari del gruppo e non vedono l'ora di partire. “Il progetto non è affatto facile e ciò che mi preoccupa di più è la parte emotiva. Spero di essere all'altezza di ciò che mi è stato chiesto” spiega Paula. Noémia crede che questa esperienza la porterà a connettersi “profondamente con gli altri” e con se stessa, e spera di poter "fare la differenza" nella realtà che incontrerà. Questo gruppo si chiama “Oujda. Un rifugio lungo la strada” e la sua attività può essere seguita su Facebook e Instagram.
Un altro gruppo proveniente dal nord del Portogallo sarà in missione per tutto il mese di agosto a Empada, in Guinea-Bissau, dove alloggerà nella casa delle Suore Missionarie della Consolata. "Riabiliteremo una scuola materna, chiamata “Jardim Consolata”, frequentata da circa cento bambini, per lo più provenienti da famiglie povere o orfani che non sono in grado di pagare la loro istruzione. La ristrutturazione riguarderà le aule, il refettorio, i servizi igienici e il muro della scuola", spiega Cláudia Duarte, missionaria laica della Consolata e animatrice del gruppo.
I volontari stanno realizzando attività di raccolta fondi, tra cui un concerto e una cena di solidarietà. "I fondi raccolti saranno utilizzati per il progetto di riabilitazione della scuola", dice Cláudia, aggiungendo che il gruppo ha già inviato "denaro a Empada per preparare i materiali per la ristrutturazione".
Tânia Pais e Margarida Xavier fanno parte di questo gruppo. "Andare in missione mi provoca un misto di sentimenti e di gioia profonda. Il desiderio di un'avventura come questa è sempre stato presente in me. Sarà un'esperienza unica. Posso solo immaginare l'impatto che avrà ogni progetto che realizzeremo e come faremo la differenza nella vita di qualcuno. Basterà una sola persona perché il viaggio non sia stato vano. Ciò che conta davvero per me è quello che posso cambiare nella vita di qualcun altro. Sono venuta con il cuore pieno", ritiene Tânia. Margarida si sente toccata da tutta la solidarietà coinvolta. "È stato molto gratificante sentire che le persone vogliono aiutarci e che contribuiscono al successo del nostro progetto. Sento già che ne è valsa la pena e non sono ancora salita sull'aereo", sottolinea. Questo è il gruppo "Crescere in Guinea", e la loro esperienza può essere vista su Facebook e Instagram.
I volontari di Lisbona andranno in Mozambico e svolgeranno attività a Massinga, Funhalouro e Boroma
I volontari dell'area di Lisbona andranno in Mozambico ad agosto. Una parte del gruppo soggiornerà a Funhalouro e l'altra a Massinga. Alloggeranno nella casa delle Missionarie della Consolata. "A Funhalouro sono previste visite al centro sanitario e alle famiglie. Si lavorerà con bambini, giovani e famiglie. Il progetto principale sarà la costruzione di un'aula per la piccola scuola. A Massinga, la scuola per bambini sarà riabilitata. Si svolgeranno attività pastorali nella comunità, visite all'ospedale, alla casa di riposo e all'istruzione scolastica. Il progetto principale sarà la ricostruzione del tetto del centro femminile. Oltre a queste missioni, “due o tre esperti di informatica sosterranno le suore nella scuola di informatica”, spiega Catarina Guerra, animatrice del gruppo.
Il gruppo è stato coinvolto nella formazione e nella raccolta di fondi in vista della partenza in missione. Rodrigo Nunes è uno dei volontari del gruppo. "Sono curioso di vivere questa esperienza. Credo che fare questa esperienza cambierà molto il mio modo di pensare e penso che integrarsi in una cultura diversa possa essere un'opportunità unica per imparare cose che non potremmo imparare altrove". L'attività di questo gruppo, chiamato "Mission Etu", può essere seguita su Facebook e Instagram.
I volontari di Fátima e Mira de Aire, un villaggio del comune di Porto de Mós, saranno in missione dal 23 luglio al 24 agosto a Boroma, nella provincia di Tete, in Mozambico, e pernotteranno anche nella casa di una congregazione di religiose. "Durante il periodo di volontariato, saremo impegnati nella costruzione di un asilo nido che accoglierà circa cento bambini all'anno, di età compresa tra i tre e i cinque anni. Il nostro obiettivo principale sarà quello di costruire strutture sanitarie per l'asilo e creare un parco giochi per bambini. Inoltre, forniremo supporto al centro sanitario locale e daremo ripetizioni di matematica, inglese e altre materie in una scuola associata alla missione", spiega Artur Gomes, uno degli animatori del gruppo, illustrando alcuni degli aspetti della missione in programma.
"Il gruppo si sta preparando per la missione dall'ottobre dello scorso anno, organizzando raccolte di fondi e altre attività di sensibilizzazione. Stiamo pianificando il piano pedagogico con l'aiuto di insegnanti ed educatori di questa fascia d'età in Portogallo, oltre a chiedere sostegno per il materiale didattico e medico da portare e lasciare in missione. Dato che abbiamo anche membri che si occupano di arte, è nostra intenzione rendere lo spazio interno più invitante per l'apprendimento attraverso dipinti legati a contenuti educativi".
"Sono molto felice di farlo e di vivere questa esperienza come scout. Mi sento un po' ansiosa" - Vitória Filipe
Tra i volontari ci sono Vitória Filipe e Leonardo Gomes, membri del Gruppo 276 - Scout di Mira de Aire. Vitória ritiene che questa missione possa cambiare il suo modo di vedere il mondo. "Sono molto felice di farlo e di vivere questa esperienza come scout. Mi sento un po' ansiosa. Non ho mai trascorso così tanto tempo fuori dalla mia zona di comfort, ma ho intenzione di fare del bene e voglio davvero andare. Mi aspetto un'esperienza che mi cambierà la vita. Sono sicura che mi innamorerò dell'esperienza e delle persone", dice.
Leonardo è un altro volontario che ritiene che la missione a Boroma sarà una pietra miliare nella sua vita. "È un'opportunità unica. So che affronteremo qualcosa che ci segnerà profondamente, ma non sono nervoso, sono solo estremamente motivato. Ho cercato di contribuire il più possibile, sapendo che l'esperienza e le conoscenze che acquisiremo supereranno di gran lunga quelle che possiamo offrire. Non ho dubbi che questa sarà un'esperienza incredibile che segnerà la mia vita in un modo mai visto prima. Sono pronto ad aiutare!". L'esperienza di questo gruppo può essere seguita su Facebook e Instagram, attraverso le pagine Mira de Aire Scouts e Consolata Jovem.
* Juliana Batista è giornalista della rivista Fátima Missionária. Originalmente pubblicato in: www.fatimamissionaria.pt