La diocesi di San Cristóbal, situata nella regione andina che comprende lo Stato di Táchira, nell'estremo nord-ovest della Venezuela al confine con la Colombia, ha visto il 14 dicembre 2024, l'insediamento del suo sesto vescovo, Mons. Lisandro Alirio Rivas Durán, IMC, che da due anni e mezzo prestava servizio come vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Caracas.

Durante i vespri solenni del giorno precedente il suo insediamento, nel bellissimo Santuario di Nostra Signora della Consolazione di Tariba, Patrona della diocesi, Mons. Lisandro Rivas ha affidato tutto il suo lavoro pastorale alla materna intercessione della Vergine Maria venerata come Signora della Consolazione, amata da tutto il popolo di Tachira fin dai primi anni del 1600, quando l'immagine fu portata dai frati francescani che evangelizzarono questo territorio.

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Nel suo discorso, il nuovo vescovo, utilizzando alcune parole della preghiera propria di questo Santuario, ha chiesto l'assistenza della Madre della Consolazione “di giorno, di notte, nel lavoro, nel riposo, nella salute, nella malattia, nella vita, nella morte, nel tempo e nell'eternità” con umiltà e disponibilità per essere al servizio del popolo santo di Dio affidato alle sue cure pastorali.

La diocesi di San Cristóbal, che nel 2022 ha celebrato il suo centenario di fondazione ha accolto con gioia il vescovo Lisandro in una cerimonia liturgica alla quale, oltre ad alcune autorità civili, hanno partecipato il Nunzio Apostolico, l'Arcivescovo di Caracas e una ventina di vescovi, tra cui cinque della Provincia Ecclesiastica di Nueva Pamplona nella vicina Colombia.

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Questa diocesi ha più di 100 parrocchie e canoniche e un clero di circa 160 sacerdoti e 30 diaconi permanenti. Nell'omelia durante l’insediamento mons. Lisandro ha evidenziato l'immagine del “Buon Pastore” che viene a dare la vita, a proteggere e ad accompagnare amorevolmente le sue pecore. Egli ci chiama. Viene come Buon Pastore e ci chiama per nome, per dirci quanto siamo preziosi ai suoi occhi, per curare le nostre ferite e prendere su di sé le nostre debolezze, per radunarci nel suo gregge e renderci come una famiglia di fratelli e sorelle con il Padre.

Nelle sue parole ha ricordato che “il Signore è venuto perché tutti abbiano la vita in abbondanza” (Gv 10,10), chiamandoci ad essere suoi discepoli missionari ‘perché in lui tutti abbiano la vita. Dopo aver chiamato le pecore, il pastore le conduce fuori. Prima le chiama, le fa entrare nel gregge, poi le conduce fuori. “Così anche noi, prima siamo riuniti nella famiglia di Dio per essere costituiti suo popolo, sua Chiesa; ma poi siamo mandati nel mondo perché, con coraggio e senza paura, possiamo essere annunciatori della Buona Novella. Siamo tutti chiamati a uscire dalla nostra confort zone e a raggiungere le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.

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Monsignor Mario del Valle Moronta, ora vescovo emerito di San Cristóbal e che ha guidato questa diocesi per 25 anni, ha consegnato al vescovo Lisandro il pastorale episcopale (foto sopra) come segno di autorità pastorale e gli ha chiesto di rimanere vicino a tutti i fedeli e a coloro che hanno bisogno di lui. “Resta vicino a tutti, in particolare ai poveri, agli esclusi, agli abbandonati e ai migranti”, ha detto il vescovo.

Album fotografico: Comunicazione della diocesi di San Cristóbal

* Padre Juan Pablo De Los Ríos Ramírez, IMC, è Consigliere generale per le Americhe.

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Mons. Lisandro Rivas con alcuni missionari della Consolata

In una dichiarazione pubblicata mercoledì 11 dicembre 24, la Conferenza Episcopale del Mozambico (CEM) riconosce che “il Paese sta attraversando tempi estremamente difficili, segnati da manifestazioni che generano instabilità e sofferenza per tutti, una situazione che richiede un atteggiamento di umiltà, sincerità, unità, riflessione e una sincera ricerca di soluzioni pacifiche”.

Per far fronte a questa situazione, i vescovi invitano tutti, indipendentemente dal loro credo religioso, a unirsi in una catena di preghiera per la pace e l'armonia nazionale.

Nel comunicato dal titolo “Pregate senza sosta” (1 Tess 5,17), firmato dal vescovo Inácio Saure, IMC, arcivescovo di Nampula e presidente della CEM, i vescovi mozambicani propongono che la giornata di preghiera si svolga tra il 15 e il 23 dicembre, in tutto il Paese, alle ore 12.00.

Sempre nel comunicato, i vescovi chiedono che questo sforzo comune, guidato da uno spirito di unità, solidarietà e sincero desiderio di bene comune, contribuisca a costruire una società più giusta, pacifica e fraterna nel Paese.

Leggi qui il testo integrale della dichiarazione della CEM.

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Pellegrinaggio diocesano al Santuario di Zobuè nella diocesi di Tete, Mozambico. Foto: Diocesi di Tete

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No alle donazioni frutto di attività minerarie illegali. Lo ha deciso la Conferenza Episcopale del Ghana al termine della sua Assemblea Plenaria.

“Non accetteremo donazioni frutto di attività minerarie illegali”, ha affermato Matthew Kwasi Gyamfi, vescovo di Sunyani, presidente della Conferenza Episcopale ghaniana, annunciando un provvedimento che ricorda quello deciso dai vescovi del Kenya che hanno respinto donazioni elargite dal Capo di Stato keniano.

Mons. Gyamfi - riferisce l'agenzia vaticana Fides - ha annunciato inoltre misure sanzionatorie nei confronti di coloro che sono impegnati nel “galamsey”, ovvero le attività di estrazione artigianale, illegale e non regolamentata, di minerali (soprattutto oro) che stanno arrecando danni gravissimi all’ambiente e alle popolazioni.

“Le sanzioni saranno ulteriormente inasprite, al punto che se vi impegnate apertamente nel galamsey, dopo avervi avvisato, se continuate a persistere in questa attività pericolosa, potremmo persino rifiutarvi la Santa Comunione", ha avvertito mons. Gyamfi.

Il presidente della Conferenza Episcopale ha quindi fatto appello alla popolazione per segnalare le attività di estrazione mineraria illegale e per impegnarsi nella protezione delle risorse naturali.

"Le persone dovrebbero prendere in mano la situazione per proteggere la loro terra e non dovrebbero permettere a qualcuno proveniente da altri parti di venire da loro a inquinare le loro acque”. Allo stesso tempo mons. Gyamfi ha ricordato che le stesse comunità locali hanno delle responsabilità per quello che sta accadendo sul loro territorio. “È forse il governo che sta inquinando l'acqua? Persino alcuni di noi nelle comunità locali stanno facendo il galamsey. Quindi diciamo che il governo dovrebbe venire a salvarci da noi stessi. No, non è possibile”.

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La Conferenza Episcopale del Ghana è da tempo una delle voci più importanti nel denunciare i danni ambientali e i costi umani delle miniere illegali. A ottobre l’Arcidiocesi di Accra in collaborazione con la Conferenza dei Superiori Maggiori dei Religiosi del Ghana (Cmsr-Gh) ha promosso la “Passeggiata di Preghiera per l’Ambiente” (Environmental Prayer Walk) conclusasi con la presentazione di una petizione al palazzo presidenziale per chiedere azioni concrete per fermare l’estrazione illegale.

E in Kenya l’arcivescovo di Nairobi annuncia: “restituiamo i fondi donati dal presidente”

“Questi fondi saranno restituiti ai rispettivi donatori”, ha affermato Philip Arnold Subira Anyolo, arcivescovo di Nairobi, nell’annunciare di aver respinto le donazioni versate dal presidente del Kenya, William Ruto, e dal governatore di Nairobi Johnson Sakaja, all’arcidiocesi di Nairobi.

Durante una funzione religiosa tenutasi domenica 18 novembre - riferisce Fides -, il presidente Ruto ha donato 600.000 scellini keniani (4.384,85 euro) al coro della parrocchia cattolica di Soweto e ha promesso altri 2 milioni di scellini (14.628,39 euro) per la costruzione di una residenza per sacerdoti.

Il presidente ha anche promesso altri 3 milioni di scellini (21.942, 59 euro) per comprare un autobus per la parrocchia, mentre il governatore Sakaja ha offerto 200.000 scellini (1.459,76 euro).

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Il presidente William Ruto incontra la Conferenza dei vescovi del Kenya (KCCB) a Nairobi il 12 aprile 2024. Foto: PCS

In coerenza con la recente dura presa di posizione della Kenya Conference of Catholic Bishops (KCCB) nei confronti della politica del presidente, mons. Anyolo ha deciso il 19 novembre di respingere queste donazioni affermando che la Chiesa cattolica è vincolata dai principi delineati nel Public Fundraising Appeals Bill 2024, che proibisce contributi che potrebbero confondere il confine tra politica e religione.

Questa legislazione proibisce qualsiasi sollecitazione o accettazione di donazioni da parte di personaggi politici per garantire che le Chiese rimangano libere da influenze politiche.

“Questi fondi saranno restituiti ai rispettivi donatori. Inoltre, i promessi ulteriori 3 milioni di scellini per la costruzione della casa dei padri, così come la donazione di un autobus parrocchiale da parte del Presidente, vengono con la presente rifiutati", ha affermato mons. Anyolo.

"La Chiesa è chiamata a mantenere l'integrità rifiutando contributi che potrebbero inavvertitamente compromettere la sua indipendenza o facilitare un ingiusto arricchimento", ha aggiunto, per poi concludere affermando che “la Chiesa deve rimanere un’entità neutrale per servire il suo vero scopo nella società”.

* Originalmente pubblicato in: www.fides.org

Una rivolta che cresce, tra morti e feriti, con migliaia di persone che protestano contro i brogli elettorali in Mozambico. «In piazza in questi giorni abbiamo visto sia giovani senza futuro né occupazione, ma soprattutto nuove generazioni disorientate, donne e uomini ingannati dalla politica che tanto ha promesso e nulla mantenuto», racconta da Maputo il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi della capitale, mons. Osório Citora Afonso, Missionario della Consolata.

Dalle elezioni del 9 ottobre, il Mozambico sta assistendo a una radicalizzazione dei discorsi politici e a una spirale di violenza preoccupante. Infatti, Venancio Mondlane, leader dell’opposizione, ha organizzato diverse proteste a Maputo, contro il governo, a seguito delle controverse elezioni presidenziali dello scorso mese di ottobre.

Mondlane, ex deputato e pastore riformato, aveva inizialmente promesso di guidare una marcia per contestare la vittoria del candidato del partito al governo, Daniel Chapo, che ha ottenuto il 71% dei voti secondo i risultati ufficiali.

Intanto le manifestazioni dei giorni scorsi hanno provocato almeno 24 morti e spinto le autorità a limitare l’accesso a internet. L’Onu e diversi ambasciatori hanno esortato alla calma, mentre il Sudafrica ha chiuso il principale confine terrestre e sconsigliato viaggi in Mozambico.

Leggi anche: “Mi auguro che il voto di oggi sia libero, corretto e pacifico”

Sul tema si sono espressi anche i vescovi cattolici del Mozambico hanno definito le elezioni del 9 ottobre come “fraudolente” e “manipolate” e hanno esortato le autorità a non “certificare una bugia”. Il presidente della conferenza episcopale, l’arcivescovo Inacio Saure, ha lamentato gravi irregolarità, come brogli elettorali e falsificazioni nei risultati, denunciando anche l’assassinio di due leader dell’opposizione prima del voto.

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I quattro principali candidati alle elezioni mozambicane del 9 ottobre. Foto: CNE

I vescovi hanno avvertito del rischio di un ritorno alla violenza, invocando pace e giustizia per il Mozambico. Sullo sfondo delle tensioni politiche, la provincia settentrionale di Cabo Delgado continua a soffrire per l’insurrezione islamista, attiva dal 2017, che ha causato oltre un milione di sfollati e migliaia di vittime

Human Rights Watch ha denunciato la polizia che avrebbe sparato con proiettili veri e di gomma per disperdere la folla, causando numerosi feriti, compresi bambini colpiti da gas lacrimogeni nelle proprie abitazioni. A Chimoio e Gondola, nella provincia di Manica, e a Nampula, diverse persone sono morte per ferite da arma da fuoco, mentre a Maputo le forze di sicurezza hanno lanciato gas lacrimogeni indiscriminatamente nelle case vicine alle proteste. Human Rights Watch ha chiesto un’indagine imparziale sugli episodi di violenza e ha esortato le autorità a garantire il rispetto dei diritti alla libertà di espressione e di assemblea previsti dalla Costituzione.

Gran parte dei mozambicani ha avuto esperienza diretta o indiretta della guerra civile, durata 16 anni fino al 1992. Per questo in molti, a partire dai vescovi e dai preti delle parrocchie del Paese si stanno dimostrando particolarmente apprensivi davanti alla crescente radicalizzazione dei discorsi, senza che all’orizzonte sia visibile una soluzione politica.

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Mons. Osório Citora Afonso durante messa nella chiesa di San Giuseppe Allamano a Torino, Italia. Foto: Jaime C. Patias

Eppure è proprio dalla Chiesa locale che molto prima della tornata elettorale, era portato un progetto di sensibilizzazione e informazione delle persone, come racconta mons. Osório Citora Afonso, IMC, nato a Ribaue in Mozambico:

«La comunità cristiana è stata preparata attraverso una nota pastorale dei vescovi della Conferenza Episcopale del Mozambico, del 22 di aprile scorso, in occasione della realizzazione censimento elettorale e anche dell'elezione generale del 9 ottobre. Con questa nota pastorale, firmata dall’Arcivescovo di Nampula e presidente della conferenza episcopale, (CEM), il Missionario della Consolata, mons. Inacio Saure, abbiamo preparato i cristiani ad arrivare a quel momento così importante della vita del popolo mozambicano, consapevoli della loro responsabilità. Per questo motivo avevamo preso la frase biblica del Salmo 106, 3 “Beati coloro che osservano ciò ch'è prescritto, che fanno ciò ch'è giusto, in ogni tempo”. In questa nota, il primo aspetto che, come vescovi, abbiamo sottolineato è quello del camminare insieme, la sinodalità: “Insieme per una nazione più fraterna e democratica».

All'approssimarsi dell'elezione generale, «ci siamo detti», continua il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Maputo «vogliamo offrire ai fedeli una riflessione che nasce dalle varie lezioni imparate dalle ultime elezioni in Mozambico. E allora abbiamo sottolineato quanto fosse importate camminare insieme per costruire una nazione più fraterna e più democratica. Abbiamo fatto un Appello a tutti coloro che sono coinvolti nel processo elettorale: agli organi elettorali, i partiti politici, i candidati, le organizzazioni della società civile, gli osservatori elettorali, i media e tutti i, i partiti politici, i candidati, le organizzazioni della società civile, gli osservatori elettorali, i media e tutti i mozambicani».

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Le manifestazioni in Mozambico hanno provocato almeno 24 morti e spinto le autorità a limitare l’accesso a internet.

Questo documento è stato inviato i cristiani e a tutte le parrocchie nell'aprile di quest’anno, così che avessero diversi mesi per arrivare pronti alle elezioni di ottobre. Purtroppo, però non ha arginato le violente proteste per presunti brogli elettorali. «In questi giorni abbiamo visto in piazza e per le strade abbiamo visto dei mozambicani affamati della giustizia elettorale. Hanno difeso la verità delle urne elettorali che, secondo loro, non erano trasparenti e che c'erano molte frodi. Sono delle generazioni disorientate, donne e uomini che si sentono ingannati dai politici che tanto hanno promesso e nulla mantenuto. Questo li ha portati nelle strade di Maputo, ma anche di grandi città come Beira e Nampula. Queste persone vogliono il cambiamento. La società ha bisogno di un cambiamento, un’alternativa governativa ed un nuovo modello di governo. Dopo 50 anni con lo stesso partito nel potere hanno bisogno di un altro modo di fare governare che risponde alle ansietà dei giovani e che cerca il bene comune, dove i giovani hanno un luogo e un valore nella gestione della nazione», commenta mons. Osório Afonso.

Leggi anche: Messaggio di solidarietà della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Africa australe

Che conclude:«Davanti alle atrocità che si vedevano nel dopo elezione, noi i vescovi abbiamo fatto una seconda nota, del 22 ottobre scorso, dove affermavamo: “Chiediamo il rispetto del diritto alla manifestazione politica, ma avvertiamo anche i giovani di non lasciarsi strumentalizzare e trascinare in azioni di vandalismo e destabilizzazione”.

Messaggio do mons. Joao Carlos, Arcivescovo di Maputo e vice-presidente della Conferenza episcopale

Inoltre, si leggeva che “noi, i vescovi cattolici del Mozambico, chiediamo a tutti coloro che sono direttamente coinvolti in questo processo elettorale e nel conflitto generato di fare l'esercizio del riconoscimento della colpa e del perdono e del coraggio della verità. Il Mozambico non deve tornare alla violenza”, hanno insistito.

Questo messaggio è stato ripetuto da mons. Joao Carlos, Arcivescovo di Maputo e vice-presidente della Conferenza episcopale, la sera del 6 novembre quando si aspettava la giornata del 7 in cui si era programmato una grandissima manifestazione nella capitale: “Evitiamo spargimenti di sangue e violenze. Viviamo questa situazione nei vespri del giubileo dell’Anno Santo che ha come tema: “pellegrini di speranza”. Invitiamo a tutti noi ad essere i pellegrini di speranza in questo Mozambico».

* Originalmente pubblicato in: www.famigliacristiana.it

Il Papa Francesco ha nominato il missionario della Consolata, mons. Lisandro Alirio Rivas Durán, finora vescovo ausiliare dell'arcidiocesi Metropolitana di Caracas, vescovo di San Cristóbal de Venezuela (Venezuela). In un'intervista al nostro Ufficio per la Comunicazione a Roma, il vescovo parla sulla missione della Chiesa di fronte la grave situazione sociale e politica del Venezuela.

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Cristóbal de Venezuela, presentata dal vescovo Mario del Valle Moronta Rodríguez, il 10 febbraio, in occasione del suo 75° compleanno, come riferisce la Sala Stampa della Santa Sede nel bollettino del 31 ottobre 2024. Contemporaneamente, mons. Lisandro Rivas, finora vescovo titolare di Dardano e vescovo Ausiliare di Caracas, è stato nominato vescovo della stessa diocesi.

Pochi giorni fa, mons. Lisandro Rivas era a Roma per partecipare alla canonizzazione di San Giuseppe Allamano e ha parlato della situazione sociale e politica del Venezuela e della missione della Chiesa in un Paese che negli ultimi anni vive una grave crisi economica, sociale e politica. Ascoltiamo l'intervista in spagnolo.

“In questo momento sto accompagnando la gente più povera nei quartieri della periferia di Caracas. Quando il Santo Padre mi ha nominato vescovo, ho cominciato a entrare in questa realtà complessa, difficile e impegnativa”, spiega mons. Lisandro Rivas. “Dopo il 28 luglio 2024, quando si sono svolte le elezioni presidenziali, abbiamo una Venezuela diverso, soprattutto per la situazione di violenza, la violazione dei diritti umani, della dignità della persona umana nei suoi diritti fondamentali alla vita, all'educazione, alla libertà di espressione e al diritto di scegliere liberamente il destino del Paese”. 

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Quartiere nella periferia di Caracas, la capitale venezuelana.

Mons. Lisandro dice che le elezioni sono state “un'esperienza straordinaria di democrazia, perché tante persone hanno espresso le loro preferenze, ma quello che abbiamo sperimentato dopo il ballottaggio è stato un grande broglio elettorale”. Il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha dichiarato la vittoria del presidente Nicolás Maduro, lasciando fuori Edmundo González Urrutia, che per la maggioranza sarebbe stato eletto”.

Anche di fronte alle pressioni internazionali, il regime di Nicolás Maduro non ha ancora presentato i verbali che attestano i risultati delle elezioni. Poiché il principio di trasparenza non è stato rispettato, molti Paesi non riconoscono la vittoria proclamata dell'attuale presidente con il 51,2% dei voti. L'opposizione non ha riconosciuto il risultato e parla di irregolarità.

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Manifestazioni dopo le elezioni del 28 luglio 2024 a Caracas. Foto: Brasil de Fato

“Ciò ha avuto gravi conseguenze – spiega il vescovo -. In primo luogo, c'è una persecuzione di tutti coloro che si sono opposti a questa decisione: molti giovani, più di 1.200, soprattutto minorenni, sono stati arrestati dalla polizia. Allo stesso tempo, sono stati perseguitati coloro che hanno partecipato delle manifestazioni. Questo ha avuto conseguenze a livello economico, politico e sociale, e soprattutto in termini di migrazione, che entro la fine di quest'anno si prevede sarà di oltre 9 milioni di venezuelani che lasceranno il Paese in cerca di opportunità, lasciando un vuoto enorme. Rimangano nel Paese soltanto i bambini, gli adolescenti e gli anziani. La forza lavoratrice se n'è andata”.

Mons. Lisandro Rivas ha parlato inoltre, delle sfide per la missione della Chiesa. “La Chiesa, che ha sempre accompagnato il popolo, è dalla parte di chi soffre ed è anche espressione di speranza con azioni concrete. Di fronte alla fame, la Chiesa cerca di sfamare rafforzando la solidarietà in modo che le persone possano portare a casa un piatto di minestra. La Caritas si occupa anche della salute con la distribuzione di medicinali e giornate di assistenza medica”.

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Immigrati venezuelani ricevono cibo a Boa Vista, Stato di Roraima, Brasile

La voce dei vescovi Venezolani

“La Chiesa si è sempre pronunciata attraverso comunicati, soprattutto dopo le ultime elezioni, facendo sentire la sua missione profetica da un punto di vista morale ed etico”, sottolinea il vescovo Lisandro. “La Chiesa sta anche cercando di riflettere su come affrontare questa realtà. Una cosa che ci è chiara come pastori è che dobbiamo accompagnare le persone che gridano al cielo implorando giustizia in termini di dignità umana e di diritti fondamentali. Come Chiesa, siamo parte di questo popolo e siamo un segno di speranza. Come pastori, dobbiamo essere con il popolo nei luoghi in cui gridano, a volte davanti alla gente, a volte in mezzo, a volte dietro, per non permettere a nessuno di prendere la strada sbagliata”, ribadisce il vescovo.

Mons. Lisandro vede il futuro del Venezuela incerto e non si sa quando ci sarà un cambiamento nella presidenza. “La missione della Chiesa nei diversi scenari è continuare ad accompagnare le persone che vogliono un'alternativa alla situazione attuale. Le persone che escono a manifestare sono quelle che vivono nelle periferie di Caracas e che prima appoggiavano il ‘chavismo’, ma che oggi stanno subendo le maggiori conseguenze di quanto sta accadendo. Come Chiesa, siamo chiamati a essere discepoli missionari nelle periferie esistenziale come segno di speranza che accompagna il popolo nella ricerca di soluzioni per il bene del Venezuela”, conclude il vescovo.

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Distribuzione di minestra comunitaria a Carapita nella periferia di Caracas.

Ringraziamenti e preghiere

L'ufficio stampa della diocesi di San Cristóbal ha condiviso le parole del vescovo Mario del Valle, che ha incoraggiato la comunità a ricevere il vescovo Lisandro Rivas con affetto e preghiere: “Accoglietelo con affetto, entusiasmo e come figlio di Táchira... Vi chiedo di cuore di pregare per lui e per il suo ministero in questo momento”.

Mons. Lisandro Rivas è il sesto vescovo della diocesi e ha espresso gratitudine al Papa Francesco per la sua nomina: “Il Santo Padre mi ha veramente sorpreso con questa notizia, che mi fa andare incontro alle persone che sono in pellegrinaggio a San Cristóbal”.

Diocesi de San Cristábal

Eretta da Papa Pio XI il 12 ottobre 1922, la diocesi di San Cristobal si trova nello Stato di Táchira, al confine con la Colombia, ed è suffraganea dell'arcidiocesi di Mérida. Durante questi 100 anni di storia ha fondato il Giornale Cattolico, il Seminario San Tommaso d'Aquino, l'Università Cattolica di Táchira, diverse scuole cattoliche e di tre chiese sono state elevate a basiliche minori e 94 parrocchie. Attualmente, la diocesi conta 173 sacerdoti, tra cui diversi religiosi Redentoristi, Agostiniani, Francescani e Domenicani, tra gli altri, e 225 seminaristi. Mons. Juan Alberto Ramírez, è il vescovo ausiliare, dal 2020.

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La celebrazione del centenario della diocesi di San Cristobal nel 2022. Foto: Archivio diocesano

Breve biografia del nuovo vescovo di San Cristóbal

20241103Lisandro2Mons. Lisandro Alirio Rivas, IMC, è nato il 17 luglio 1969 a Boconó, nello Stato di Trujillo. Nel 1985 è entrato nel Seminario Filosofico della Consolata. Al termine del noviziato, ha emesso la professione religiosa il 7 gennaio 1990 a Bucaramanga (Colombia) e il 3 dicembre 1994 la professione perpetua. Nel 1990 ha studiato teologia a Londra (Regno Unito) e il 19 agosto 1995 è stato ordinato sacerdote nella sua città natale ed è partito in missione per il Kenya dove ha lavorato fino 2000; al ritorno in Venezuela è stato responsabile della formazione e rettore del Seminario Filosofico; vice superiore e superiore della propria congregazione; rettore del Seminario Teologico di Bogotá in Colombia; dal 2014 rettore del Pontificio Collegio San Paolo a Roma.

Il 23 dicembre 2021 è stato nominato vescovo titolare di Dardano e ausiliare dell'arcidiocesi metropolitana di Caracas e ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 12 marzo 2022.

Nella Conferenza episcopale venezuelana è direttore dell'Istituto Nazionale di Pastorale (INPAS), membro della Commissione episcopale per la vita consacrata e della Commissione per le missioni, l'indigenismo e gli afroamericani.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Comunicazione Generale, Roma.

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