Il 12 gennaio di 15 anni fa, un devastante terremoto di magnitudo 7.0 colpiva il cuore di Haiti, causando una delle tragedie più gravi nella storia recente del Paese. Il sisma, una catastrofe senza precedenti, ha ucciso più di 220mila persone e causato più di 1,5 milioni di sfollati, devastando le infrastrutture del Paese, comprese migliaia di scuole.

12 gennaio 2010, uno spartiacque nella storia di Haiti

“Questa è una data indimenticabile per tutto il mondo, non solo per noi ad Haiti. Il 12 gennaio del 2010 ha segnato uno spartiacque nella storia recente. Qui da noi si dice sempre ‘prima o dopo il terremoto’. Ogni famiglia nel Paese è stata toccata dal lutto, perché tutta Haiti ha familiari, amici o conoscenti nella capitale. La capitale ha racchiuso per anni tutto ciò che è centrale nella vita del Paese, e tutti, dalle province, vanno in capitale, continuano ad andare ancora oggi”. Lo racconta Maddalena Boschetti, missionaria a Haiti dal 2002.

Questa data ha segnato ogni haitiano non solo per il trauma vissuto, ma perché la catastrofe sembra non avere fine. Da quel devastante terremoto, la storia di questo popolo è costellata da un susseguirsi di disgrazie delle quali non si vede una fine.

Continua Maddalena: “All’uscita nord della capitale c’è una fossa comune dove sono stati raccolti i resti di 100.000 persone decedute in quell’evento. Questa zona, questo sacrario, come tante altre zone, è nelle mani dei banditi. Tutta la nostra capitale, tutto il nostro Paese sta vivendo una catastrofe umanitaria senza precedenti e non dichiarata, nascosta, oso dire, dal resto del mondo. Parliamo di una catastrofe alimentare, una catastrofe di sicurezza, una catastrofe in cui il cittadino, la persona, perde ogni valore davanti alla violenza e agli abusi di chi cerca il proprio beneficio in queste situazioni. Per favore, non dimenticateci!”.

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Haiti - Foto: Colin Crowley - Flickr

Haiti oggi: una crisi umanitaria silenziosa alimentata dalla violenza delle gang

Negli ultimi anni Haiti è piombata in una delle crisi più gravi e silenziose della sua storia recente. Non si tratta più solo delle cicatrici lasciate dal devastante terremoto del 2010 o delle difficoltà politiche ed economiche. La nuova emergenza che sta straziando il Paese è quella della violenza delle bande criminali, che controllano ormai l’80% della capitale, e quindi del Paese. Questa escalation di violenza ha causato solo nell’ultimo anno più di 700 mila sfollati, che fuggono dai loro quartieri a causa della presenza di gruppi armati, e la chiusura di almeno 1.000 scuole. Più della metà di questi sfollati è composta da bambini e adolescenti, maggiormente esposti alla violenza, in particolare alle aggressioni, allo sfruttamento e agli abusi sessuali. Inoltre, i minori sfollati e separati dalle loro famiglie vengono facilmente reclutati dalle bande armate. Le scuole, le strutture sanitarie e i mercati sono diventati obiettivi delle gang, che li utilizzano come mezzi per esercitare il controllo su intere zone.

La violenza ha imposto dei limiti anche nella consegna degli aiuti, ha causato un’impennata dei prezzi, aggravando in modo estremo la crisi alimentare nel Paese. Le persone sono costrette a vivere sotto una continua minaccia, senza la possibilità di accedere a cibo, acqua potabile, assistenza medica o istruzione.

Migliaia di famiglie sono costrette ad abbandonare le loro case, cercando rifugio in luoghi più sicuri, sebbene non esistano ad Haiti zone immuni dalla violenza.

Una prigione a cielo aperto

La continua violenza dei gruppi armati in questi anni ha paralizzato i progressi, lasciando il futuro dei bambini in bilico. Queste continue crisi stanno generando una infanzia interrotta per i bambini colpiti. Il loro futuro è segnato dai ripetuti spostamenti, dalle continue crisi e dalle frequenti interruzioni dell’istruzione che subiscono dal sisma del 2010 ad oggi. 

“Per molti minori nel Paese – dice Chantal Sylvie Imbeault, direttrice di Save the Children a Haiti – la vita finora è stata una serie di crisi, dagli uragani ai terremoti fino alla violenza dilagante a cui assistiamo oggi. Molte famiglie con cui abbiamo parlato sono state sfollate otto, nove, dieci volte negli ultimi 15 anni. Oggi i gruppi armati hanno trasformato Port-au-Prince – la capitale di Haiti – in una prigione a cielo aperto per i bambini. Nessun luogo della città è sicuro. Non possono andare a scuola, né giocare all’aperto, né uscire dai loro quartieri. Il loro futuro sta scivolando via. La disperazione ha spinto i bambini a unirsi ai gruppi armati, alla ricerca di cibo e di un senso di protezione”.

Secondo l’UNICEF, il reclutamento di bambini da parte delle bande armate è aumentato del 70%. Vengono utilizzati come informatori, cuochi o schiavi sessuali. La violenza sessuale a scopo intimidatorio è aumentata del 1000%.

Per favore, non dimenticateci!

Un appello dal cuore e che arriva direttamente al cuore, quello lanciato da Maddalena Boschetti. Che non siano gli anniversari di eventi infausti come questo, né l’attesa di una nuova catastrofe a farci ricordare la sofferenza di questo popolo. Non rinunciamo a cercare i segni di speranza, anche grazie alla resilienza del popolo haitiano. “Con gli occhi della Fede crediamo in un futuro possibile, fatto di ricostruzione e nuove possibilità”.

"Chi vive in un paese in guerra anela alla Pace. Chi vive in un paese in guerra può solo augurare Pace, la Pace vera, quella che non è solo silenzio delle armi, ma vita vera, vita all’altezza della dignità dell’essere umano".

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Cosa sta facendo Caritas Italiana

Caritas Italiana, presente nel Paese dal 2010, con l’aggravarsi della crisi umanitaria e grazie a un fondo di emergenza stanziato dalla CEI, cerca di rispondere ai molteplici bisogni umanitari della popolazione sfollata. L’intervento, coordinato da Caritas e implementato da 5 partner locali, tra cui Caritas Haiti, ha come obiettivo quello di fornire, oltre un’assistenza alimentare, anche assistenza sanitaria e protezione all’infanzia e alle categorie più vulnerabili. Le attività si svolgeranno nell’area metropolitana della capitale haitiana, Port-au-Prince, dove si trova la maggior parte della popolazione sfollata e quindi più vulnerabile, e in altri 4 dipartimenti del Sud del Paese, che stanno accogliendo un gran numero di IDP che fuggono dalla Capitale. Un intervento verrà realizzato in Repubblica Dominicana, a favore della popolazione migrante haitiana che fugge dalla violenza e che vive nei bateyes.

Nell’isola, intanto, si continua a sostenere alcune realtà locali, tra cui la congregazione dei Petits Frères de Sainte Thérèse de l’Enfant Jésus (PFST), con la quale si sta portando avanti un intervento in ambito educativo, per la costruzione di alcune aule scolastiche a Cap Rouge, nella Diocesi di Jacmel, così da permettere ad un maggior numero di alunni di avere uno spazio sicuro dove svolgere al meglio la loro formazione.

Sempre in ambito educativo, con la congregazione dei padri Monfortani, si sta concludendo la costruzione di una scuola nella comunità di Gabriel, dipartimento della Grand-Anse, gravemente colpito dal terremoto del 2021.

* Originalmente pubblicato in: www.caritas.it

Lo scorso 26 dicembre 2024, il Teatro Tullio Giacconi di Chiaravalle (Ancona - Italia) ha ospitato "Note Solidali", uno spettacolo musicale di beneficenza patrocinato dai comuni di Monte San Vito e Chiaravalle.

Questo evento ha offerto un intrattenimento musicale di alta qualità e ha avuto un significativo scopo sociale: tutte le offerte raccolte sono state devolute all’Associazione Piccole Stelle d’Africa di Montemarciano, che sostiene i progetti dei missionari della Consolata in Costa d’Avorio. L'iniziativa ha unito la comunità attraverso la musica, le parole e le testimonianze, rendendo omaggio alla figura di padre Matteo Pettinari, missionario della Consolata scomparso nel 2024 in Costa d’Avorio.

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Il programma musicale ha visto la partecipazione della Corale Nuova Speranza di Monte San Vito, diretta dal M° Carla Cardella con il pianoforte suonato da M° Silvia Ercolani. Si è esibita anche la Corale Polifonica Santa Maria in Castagnola, diretta dal M° Letizia Rossi e accompagnata al pianoforte da M° Manuel Manieri. Non sono mancate le performance della Banda Musicale città di Chiaravalle e della Banda Musicale Roberto Zappi di Monte San Vito, sotto la direzione dei M° Andrea Greganti e Emanuela Pettinari, cugina di padre Matteo. Questi gruppi hanno portato sul palco un repertorio variegato che ha coinvolto emotivamente il pubblico presente.

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Spettacolo musicale di beneficenza patrocinato dai comuni di Monte San Vito e Chiaravalle

L'evento si inserisce in un contesto più ampio di iniziative natalizie che mirano a promuovere la solidarietà e il sostegno alla missione ad gentes dei missionari in Costa d’Avorio. La scelta di dedicare una serata alla musica come strumento di raccolta fondi è particolarmente significativa in un periodo dell'anno in cui si celebra la generosità, la fraternità e la nascita del Salvatore. Attraverso la partecipazione attiva dei cittadini, lo spettacolo musicale ha rappresentato un'opportunità per riflettere sul valore del dono della vita del missionario chiaravallese Padre Matteo Pettinari e sull'importanza della cooperazione come espressione di consolazione e vicinanza universale. 

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Amici della Consolata della diocesi di Senigallia

"Note Solidali" è stato un evento musicale e una vera e propria celebrazione della cooperazione solidale. Con l'auspicio che questa iniziativa intorno alla persona di padre Matteo possa diventare un appuntamento annuale di riconoscenza e gratitudine per la sua vita donata alla missione, ricordando che ogni piccolo gesto può fare una grande differenza nella vita dei nostri fratelli e sorelle ivoriani.

* Padre Ariel Tosoni, IMC, missionario argentino in Costa d’Avorio.

È stata presentata nella Sala Stampa della Santa Sede questo lunedì, 09 dicembre, la campagna di solidarietà dal titolo "La vita è appesa a un filo" in favore dei difensori dei diritti umani e dei leader sociali che si occupano della custodia della Casa Comune in America Latina. La Chiesa cattolica non vuole lasciarli soli.

L’iniziativa, che ha come motto “Tessere il futuro, proteggere la vita” è promossa dal Consiglio Episcopale latinoamericano (Celam) insieme alla Piattaforma per la pace, la democrazia e i diritti umani e la Comunità di protezione latinoamericana.

La campagna durerà fino al 10 dicembre 2025, con attività lungo tutto l’anno del Giubileo della speranza con la finalità che la cultura della vita prevalga sulle spirali della violenza.

L’assassinato di Juan Antonio López

La notte del 14 settembre 2024, Juan Antonio López, noto difensore del fiume Guapinol e del parco nazionale Botaderos "Carlos Escaleras Mejías", è stato assassinato in Honduras. Juan è stato attaccato da sconosciuti che gli hanno sparato, dopo che aveva lasciato la parrocchia di San Isidro Labrador, situata nel comune di Tocoa, dove era consigliere comunale. Era membro della Rete ecclesiale mesoamericana (Remam) ed era attivo nella diocesi di Trujillo. Il suo lavoro di ambientalista è stato riconosciuto da diverse organizzazioni internazionali e mostrando l’importanza del lavoro che svolgono tanti uomini e donne che mettono a rischio la propria vita per proteggere quella degli altri.

La morte di López ha anche messo in evidenza la condizione di vulnerabilità in cui vivono i difensori dei diritti umani e ambientali in tutta l’America Latina. Molti di loro s’ispirano agli insegnamenti di Papa Francesco espresso nella Laudato si’, nella Laudate Deum e nella Fratelli tutti.

"La vita è appesa a un filo"

Il lancio ufficiale della campagna avverrà il 10 dicembre, in un evento virtuale che riunirà i rappresentanti di diversi settori sociali e religiosi dell'America Latina, in concomitanza con gli eventi che si svolgeranno nel comune di Tocoa (Honduras), in memoria di Juan Antonio López.

Secondo i promotori, "situazioni come l'omicidio di Juan Antonio López non sono eventi isolati, ma fanno parte di un modello sistematico in America Latina, una delle regioni più letali per i difensori dell'ambiente e dei diritti umani". Secondo Global Witness, l'85% degli omicidi di difensori dell'ambiente nel 2023 è avvenuto in questa regione del mondo. L'Honduras, ad esempio, che ha uno dei più alti tassi di omicidio pro capite, ha registrato 18 uccisioni di ambientalisti nel 2023, tra cui tre attivisti della comunità Guapinol.

Conferenza Stampa

Sono stati invitati alla Sala Stampa vaticana a parlare della campagna il card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale (Dssui), il neo-cardinale Jaime Spengler, presidente del Consiglio Episcopale latinoamericano (Celam) e arcivescovo di Porto Alegre (Brasile), il card. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima (Perù) e il card. Fernando Chomalí, arcivescovo di Santiago (Cile), ed Emilce Cuda, segretaria della Pontificia Commissione per l'America Latina.

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La conferenza di presentazione della campagna solidale in America Latina e Caraibi. Foto: Vatican Media

Il valore del dialogo

Nel suo intervento, il cardinale Michael Czerny, ha sottolineato il valore “del dialogo, la fratellanza e l’amicizia sociale per risolvere i conflitti”. E ha aggiunto che “spetta a tutti noi farci carico dei nostri fratelli, soprattutto dei più vulnerabili, e della cura della casa comune”. Il prefetto del Dicastero ha riassunto le ragioni alla base della campagna: “la vita è un dono sacro di Dio. Non possiamo essere indifferenti dinanzi alla vita minacciata di quanti difendono i diritti umani e ambientali. Non possiamo lasciarli soli!”

Il neo-cardinale Jaime Spengler, presidente del Celam, ha ricordato che “la vita è sacra” e che “il sangue di centinaia di leader assassinati in America Latina e nei Caraibi chiede giustizia e noi non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla vita minacciata di coloro che difendano i diritti umani ed ambientali, abbiamo il dovere quindi di assisterli nei loro sforzi e di denunciare la cultura della morte”. Nel suo intervento, il card. Spengler ha ricordato come “la fede che ci unisce ci chiami a ricostruire il tessuto sociale con azioni per sensibilizzare e dare visibilità alle lotte dei difensori dei diritti umani e ambientali”.

Nel Peru “c’è una situazione generalizzata di violenza. Sono entrate le mafie nelle miniere illegali ma anche nella città in modo che si uccidono otto persone al giorno”, denuncia il card. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima. “Abbiamo bisogno di rafforzare la democrazia con una partecipazione più amplia. Credo che dobbiamo tornare a quello che il Papa ha sottolineato: i movimenti popolari. La Chiesa non può smettere di animare, ispirare, accompagnare le iniziative di base nel mondo”, ha affermato il cardinale.

Emilce Cuda, segretaria della Pcal, nel suo intervento, ha sottolineato che “tutto ciò che fa la Chiesa non lo fa né per motivi politici né per motivi economici, lo fa per il Vangelo”. Ha poi aggiunto che l’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco “offre un prezioso strumento per difendere queste vite che sono appese a un filo”, che è il dialogo sociale, “che consiste nel far sì che le parti si siedano e mettano sul tavolo il conflitto per renderlo visibile, per negoziare condizioni migliori e portarle avanti”.

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Sala Stampa della Santa Sede a Roma. Foto: Vatican Media

I cinque assi tematici della campagna

La Campagna “La vita è appesa a un filo” è sostenuta dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano e dalla Pontificia Commissione per l'America Latina. L'obiettivo è evidenziare casi emblematici di difensori dei diritti umani e dell'ambiente in base a cinque assi tematici: il modello estrattivista (che comprende tra le altre attività come la deforestazione, l'estrazione di minerali, gli idrocarburi, l'agricoltura su larga scala, ); il narcotraffico e la criminalità transnazionale; le limitazioni alla libertà di espressione e di partecipazione dei cittadini; i conflitti armati interni; la limitazione delle donne nella loro attività di difesa dei diritti umani e nel loro ruolo in politica.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione. Con informazioni del Dicastero per la Comunicazione.

Accoglienza per bambini e medicinali per malati

Padre Luca Bovio, missionario della Consolata in Polonia, ha compiuto diversi viaggi nel Paese in conflitto dall’inizio dell’invasione russa. Ogni volta per portare tutto l’aiuto che gli è possibile, anche grazie alla generosità di molti amici della Consolata.

A inizio novembre è stato a Fastow, vicino alla capitale Kiev, e a Kherson, sul fronte Sud della guerra.

«Ti auguro la pace dal cielo», è il saluto che spesso ci si scambia in Ucraina salutandosi alla fine di un incontro.

È un augurio con un significato concreto: ti auguro che nessun missile o drone cada dal cielo. In tempo di guerra, è un augurio essenziale.

Ma è anche un’invocazione: il Signore che sta nei cieli ci aiuti ad avere la pace.

Dal marzo 2022, quando compimmo il nostro primo viaggio nell’Ucraina invasa dalla Russia, siamo tornati nel Paese diverse volte. I Missionari della Consolata e la Chiesa polacca non smettono di portare il loro aiuto alle popolazioni colpite dal conflitto.

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Charkiv. Nelle cantine della città, trasformate in rifugi sotterranei a causa dei bombardamenti. Novembre 2022.

In questi ultimi mesi siamo tornati in Ucraina diverse volte. L’ultima pochi giorni fa. Un viaggio iniziato nella comunità dei Domenicani a Fastow, non lontano dalla capitale Kiev, proseguito a sud fino alla città di Kherson e conclusosi con il ritorno a Kiev.

A Fastow c’è una vivace comunità di Domenicani impegnati non solo nel guidare la parrocchia locale e alcune chiese limitrofe, ma anche, con l’aiuto di numerosi volontari, in molte opere sociali.

Tra queste, l’accoglienza di bambini che qui possono stare sotto un tetto sicuro e caldo, e ricevere istruzione.

Poco lontano è stato aperto un centro di riabilitazione con una nuova cappella benedetta domenica 3 novembre dal Nunzio apostolico.

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Don Massimo, parroco di Kherson, mostra i segni lasciati dagli attacchi dei russi.

Dopo aver partecipato alla giornata di festa, allietata anche da diversi cori, tra cui un coro di giovani non autosufficienti e un gruppo musicale di soldati, ci siamo diretti ancora una volta nella città di Kherson, posta a sud del Paese, sulla riva occidentale del fiume Dniepr.

In questi giorni la città celebra il secondo anniversario della liberazione, avvenuta l’11 novembre del 2022, quando, dopo una breve occupazione russa, è ritornata sotto il controllo ucraino.

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Padre Luca Bovio (il primo a sinistra) una famiglia di Słoneczne che prende l’acqua.

Da quel momento non si può dire che la città viva in pace, anzi di fatto è un fronte di prima linea. Il fiume, in questo momento, determina il confine naturale tra i due eserciti: gli ucraini a ovest, i russi a est.

Le condizioni di vita in questo luogo sono difficili a motivo dei continui lanci che da una sponda all’altra si scambiano gli eserciti giorno e notte.

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Fumo dopo un bombardamento.

La città che contava quasi 300mila abitanti prima dell’invasione, si è vista ridotta a 30mila. Oggi si assiste a un timido ritorno, e oggi si calcola che in città vivano circa 70mila abitanti. Alcuni, infatti, nonostante il pericolo, hanno deciso di tornare non avendo la possibilità di vivere per un lungo periodo da altre parti.

Don Massimo con il suo vicario, anche lui don Massimo, e un catechista che vive con loro, Sergio, stanno nell’unica parrocchia latino cattolica della città, dedicata al Sacratissimo Cuore di Gesù, posta non lontano dalla riva del fiume.

Sono impegnati a tenere viva la piccola comunità cristiana che ogni giorno si ritrova nella chiesa per celebrare la santa Messa, ma anche nel distribuire aiuti umanitari.

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Don Massimo nella sua parrocchia dedicara al sacro Cuore a Kherson.

Don Massimo si reca quasi ogni giorno nei villaggi attorno alla città per portare acqua potabile. Qui l’acqua è abbondante nel sottosuolo, tuttavia, a motivo della guerra, le falde sono inquinate. Le esplosioni di magazzini di fertilizzanti usati dai contadini hanno causato un doppio  danno: la perdita dei concimi e l’inquinamento delle falde.

La fonte di acqua che si trova sotto la parrocchia è ancora pura, e con essa viene riempita una cisterna di 1000 litri che va settimanalmente nei villaggi.

Al mattino, passando i vari check point dei militari, arriviamo nel piccolo villaggio di Sloneczne dove lasciamo la cisterna.

Da Sloneczne ci dirigiamo verso la città e visitiamo la nuova lavanderia che i Domenicani hanno aperto affidandola ad alcune donne del posto.

Da poche settimane qui sono messe a disposizione 10 lavatrici e 10 asciugatrici dove chiunque, soldati compresi, possono gratuitamente lavare i panni.

Nel pomeriggio ritorniamo a visitare il piccolo ospedale di Bylozerka, per consegnare i medicinali che abbiamo portato.

Ritroviamo la giovane chirurga Natalia, l’unica rimasta a lavorare qui. È molto contenta di ricevere i medicinali che portiamo. Le condizioni di lavoro in questo piccolo ospedale che serve una grande regione, sono molto difficili. Ogni giorno il villaggio, e, a volte, l’ospedale stesso, sono colpiti dai droni o dall’artiglieria russi.

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Ospedale di Bylozerka.

I segni delle esplosioni sono visibili. Tutte le finestre sono coperte con i sacchi di sabbia per attutire i colpi.

Delle quattro ambulanze disponibili prima della guerra, ne è rimasta una sola. Le altre sono state tutte distrutte.

Purtroppo, ha perso la vita anche una equipe medica che era a bordo di una di esse. Ultimamente è stata distrutta anche la caldaia dell’ospedale.

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La caldaia (distrutta dai russi) dell’ospedale di Bylozerka.

I medicinali che consegniamo erano esauriti. Tra questi, ci racconta Natalia, mancano anche gli antidolorifici. L’incontro con lei è breve. La stessa dottoressa ci incoraggia a tornare in città perché fra poco calerà il sole e potrebbero di nuovo iniziare le esplosioni.

Una volta tornati, riusciamo a fare ancora una breve passeggiata nei dintorni della Parrocchia in una città completamente al buio. I parchi sono tutti chiusi, ed è pericoloso attraversarli. Tra le foglie abbondanti che coprono i giardini e i marciapiedi in questa stagione autunnale, sono mischiate alcune mine a forma di foglia lanciate dai droni, pericolose perché difficili da riconoscere.

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Mercato di Kherson.

Notiamo la presenza di tanti cani randagi che girano per le strade deserte. Soprattutto nelle ore serali. È meglio evitarli. Il loro abbaiare è l’unico suono che si sente nel profondo silenzio di questa citta, alternato solo dai rumori degli spari che rimbombano da lontano.

Finita la visita a Kherson, torniamo a Kiev e da lì di nuovo in Polonia. Pensiamo che, nonostante la lunghezza del conflitto e la stanchezza che tutti sentiamo di avere, in primis coloro che abitano in Ucraina, la situazione richiede ancora molta preghiera e molto aiuto. E affidiamo questo Paese all’intercessione del nostro santo fondatore Giuseppe Allamano.

Padre Luca Bovio, IMC, in Polonia. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

Nel primo discorso presso il Centro Congressi di Trieste, Francesco sottolinea che “l’indifferenza è un cancro della democrazia”, forte l’invito alla partecipazione che va allenata – afferma il Papa - con solidarietà e sussidiarietà perché la fraternità fa fiorire i rapporti sociali. Preoccupa l'astensionismo elettorale

È un discorso sottolineato da molti applausi quello che Papa Francesco rivolge ai partecipanti alla 50.ma Settimana sociale dei cattolici sul tema: “Al cuore della democrazia. Partecipazione tra storia e futuro” che si chiude in questa domenica, 7 luglio, a Trieste. Giunto poco prima delle 8 nella città di frontiera tra l’Italia e i Balcani, il Pontefice intreccia il suo discorso con il ricordo personale, parlando del nonno che aveva combattuto sul Piave e che per primo gli aveva fatto conoscere Trieste. 

Francesco si sofferma poi sulla parola “cuore” che declina accanto al termine “democrazia” e citando il Beato Giuseppe Toniolo la lega al bene comune.

È evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo.

Da qui l’appello ad una assunzione di responsabilità per “costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”, dando “attenzione alla gente che resta fuori o ai margini dei processi”.

Una crisi trasversale

Ricordando la Nota Pastorale con cui nel 1988 la Chiesa italiana ha ripristinato le Settimane sociali, il Papa sottolinea la concordanza con la visione promossa dalla Dottrina Sociale della Chiesa, che guarda alle “dimensioni dell’impegno cristiano" e ad "una lettura evangelica dei fenomeni sociali” non solo per l’Italia ma per l’intera società umana.  

Così come la crisi della democrazia è trasversale a diverse realtà e Nazioni, allo stesso modo l’atteggiamento della responsabilità nei confronti delle trasformazioni sociali è una chiamata rivolta a tutti i cristiani, ovunque essi si trovino a vivere e ad operare, in ogni parte del mondo.

Cuore ferito

La crisi della democrazia è vista dal Papa come un cuore ferito. "Costruzione e intelligenza" mostrano un cuore “infartuato” ma preoccupano le diverse forme di esclusione sociale.

Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questa è la cultura dello scarto.  Il potere diventa autoreferenziale, - è una malattia brutta questa -  incapace di ascolto e di servizio alle persone.

Preoccupazione per l'astensionismo

Ricordando le parole di Aldo Moro per cui lo Stato è democratico se a servizio dell’uomo, Francesco sottolinea come la democrazia è tale se ci sono le condizioni per esprimersi e partecipare. 

Nel frattempo a me preoccupa il numero ridotto della gente che è andata a votare. Cosa significa quello? Non è il voto del popolo solamente ma esige che si creino le condizioni perchè tutti si possano esprimere e possano partecipare. 

Una democrazia da allenare

“La partecipazione – afferma il Papa - non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va ‘allenata’, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche”. Il Papa insiste poi sull’apporto che il cristianesimo può dare allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società:

…promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona. Le ideologie sono seduttrici. Qualcuno le comparava come a quello che a Hamelin suonava il flauto; seducono, ma ti portano a negarti.

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In ascolto di Papa Francesco

L'indifferenza è il cancro della democrazia

Fecondi restano i principi di solidarietà e di sussidiarietà. “La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal ‘fare il tifo’ al dialogare”. "Ogni persona ha un valore; ogni persona è importante". 

Tutti devono sentirsi parte di un progetto di comunità; nessuno deve sentirsi inutile. Certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone ...Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia e è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo. E cosa c’è dietro questo prendere distanze dalla realtà sociale? C’è l’indifferenza, e l’indifferenza è un cancro della democrazia, un non partecipare.

Partecipare con creatività

Papa Francesco, parlando del cuore risanato,  elenca numerosi esempi di segni dell’azione dello Spirito Santo che sono espressione di creatività. Ricorda, ad esempio, chi assume nella propria attività una persona con disabilità o le comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale. "Tutte queste cose  - afferma - non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto; non solo la beneficenza, prendersi cura di questo …, no: del tutto!".

La fraternità fa fiorire i rapporti sociali; e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo…In effetti, «è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo». Una democrazia dal cuore risanato continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Sognare il futuro. Non avere paura di quello.

Non una scatola vuota

L’esortazione del Papa è a non cercare soluzioni facili, ma ad appassionarsi al bene comune e come cristiani “avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico”.

Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale.

Una voce che denuncia e il "fiuto" del popolo

I cattolici, sottolinea Francesco, non devono accontentarsi di "una fede marginale o privata", hanno qualcosa da dire, “non per difendere i privilegi”, ma perché devono essere “voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce”, agendo senza la pretesa di essere ascoltati ma avendo “il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico”. “Questo – afferma il Papa - è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause”. "Una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni". 

Formiamoci a questo amore, per metterlo in circolo in un mondo che è a corto di passione civile. Impariamo sempre più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere lievito di partecipazione in mezzo al popolo di cui facciamo parte. E questa è una cosa importante nel nostro agire politico, anche dei pastori nostri: conoscere il popolo, avvicinarsi al popolo. Un politico può essere come un pastore che va davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al popolo. Davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino; in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo. Un politico che non abbia il fiuto del popolo, è un teorico. 

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Papa Francesco accanto a monsignor Renna, Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali

“Organizzare la speranza”

In conclusione l’invito del Papa al laicato cattolico italiano, sull’esempio di Giorgio la Pira, è quello di alimentare progetti di buona politica che possono far rinascere la speranza. Francesco indica un orizzonte di lavoro, guardando al prossimo Giubileo, invitando a promuovere iniziative di formazione politica e sociale dei giovani, prevedendo luoghi di confronto e di dialogo e favorendo sinergie per il bene comune.

Non smettiamo mai di alimentare la fiducia, certi che il tempo è superiore allo spazio... Tante volte pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi, no! È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi. Il tempo è superiore allo spazio e non dimentichiamo che avviare processi è più saggio di occupare spazi. Io mi raccomando che voi nella vostra vita sociale, abbiate il coraggio di avviare processi, sempre. È la creatività e anche è la legge della vita. Una donna quando fa nascere un figlio, incomincia a avviare un processo e lo accompagna. Anche noi nella politica dobbiamo fare lo stesso.

Artigiani e testimoni

“Vi benedico – conclude il Papa - e vi auguro di essere artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione”.

Questo è il ruolo della Chiesa: coinvolgere nella speranza, perché senza di essa si amministra il presente ma non si costruisce il futuro. Senza speranza, saremmo amministratori, equilibristi del presente e non profeti e costruttori del futuro.

Il video integrale dell'incontro con i congressisti a Trieste

* Benedetta Capelli – Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

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Parliamo del Giubileo della Speranza

Sicuramente abbiamo sentito dire che l'anno 2025 è l'anno del Giubileo, o quello che è conosciuto anche come "Anno Santo";...

Benvenuti in Mongolia

13-01-2025 Missione Oggi

Benvenuti in Mongolia

Dal 2003 i missionari e le missionarie della Consolata operano in Mongolia. La Mongolia è un paese asiatico vasto cinque volte...

Haiti a 15 anni dal terremoto. “Per favore, non dimenticateci!”

13-01-2025 Notizie

Haiti a 15 anni dal terremoto. “Per favore, non dimenticateci!”

Il 12 gennaio di 15 anni fa, un devastante terremoto di magnitudo 7.0 colpiva il cuore di Haiti, causando una...

Diocesi di Tete conclude il restauro della Missione di Boroma

12-01-2025 Missione Oggi

Diocesi di Tete conclude il restauro della Missione di Boroma

Fondata nel giugno 1885, i lavori di restauro delle infrastrutture della Missione São José di Boroma in Mozambico sono iniziati...

I volti che sostengono la missione

11-01-2025 I missionari dicono

I volti che sostengono la missione

Quando si pensa al lavoro missionario, spesso si immaginano i missionari: le figure visibili che portano speranza e fede alle...

La prima udienza giubilare del Papa per l’Anno Santo

11-01-2025 Notizie

La prima udienza giubilare del Papa per l’Anno Santo

Papa Francesco ha inaugurato oggi 11 gennaio il nuovo ciclo di udienze giubilari del sabato, un momento per "accogliere e...

Formatori e Formazione: CAF Torino, padre Samuel Kibara

08-01-2025 I missionari dicono

Formatori e Formazione: CAF Torino, padre Samuel Kibara

Nello storico quartiere torinese di Barriera di Milano, il più multietnico della città, si trova la parrocchia Maria Speranza Nostra...

Battesimo del Signore - “Tu sei il Figlio mio, l'amato...”

08-01-2025 Domenica Missionaria

Battesimo del Signore - “Tu sei il Figlio mio, l'amato...”

Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22 Nella festa del Battesimo del Signore che conclude il tempo del Natale, la...

Il Noviziato di Manaus inizia l'anno canonico

07-01-2025 I missionari dicono

Il Noviziato di Manaus inizia l'anno canonico

Nel giorno dell'Epifania, il 6 gennaio 2025, due novizi colombiani hanno iniziato il loro anno di formazione nel Noviziato Continentale...

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