Come famiglia Consolata viviamo ancora in un'atmosfera di festa e di gioia per la canonizzazione di San Giuseppe Allamano. Vogliamo quindi condividere alcune testimonianze sulle caratteristiche del nostro Santo Fondatore per ascoltare ciò che lui ha da dirci oggi nella nostra vita e missione.
“Sono sempre stato affascinato dalla santità di Giuseppe Allamano, una santità che è stata una meta nella sua vita fin dalla formazione, in tutto il suo lavoro apostolico e missionario”, dice padre Aquileo Fiorentini, Superiore Generale dal 2005 al 2011, ora parroco della parrocchia di San Marco a San Paolo, in Brasile. “Quindi, questa santità che cercava per sé, la cercava anche per tutti i suoi figli e figlie, incoraggiandoli a vivere la dimensione della santità nella loro vita personale, comunitaria e apostolica”. (Video in protoghese)
“Vorrei anche sottolineare la dimensione della paternità dell'Allamano. Nella mia vita, fin da piccolo quando sono entrato nell'Istituto, ho ammirato molto questa dimensione di paternità nei suoi scritti e nelle sue conferenze. Ho sperimentato questa paternità nella mia vita e nel mio servizio all'Istituto. Quando incontravo i missionari vedevo nei loro cuori questa visione dell'Allamano come padre”.
Padre Aquileo ricorda anche un'altra caratteristica dell'Allamano: “la sua capacità di accompagnare, di essere un maestro per i missionari. Quindi per me l'Allamano è stato un padre, un maestro e una guida”.
“L'ultima cosa che vorrei sottolineare è la dimensione missionaria. Non potendo mettere in pratica lui stesso questa dimensione nei paesi di missione lontani da Torino (Italia), ha fondato i missionari e le missionarie della Consolata. Io sono un figlio e mi sento privilegiato di essere figlio di questo padre che è stato anche missionario nella Chiesa locale inviando missionari in tutto il mondo”.
“A voi che mi ascoltate - esorta padre Aquileo – facciamo in. modo che insieme possiamo sempre amare in San Giuseppe Allamano, nostro santo padre Fondatore, questa dimensione della santità nella nostra vita; la dimensione della paternità nella vita quotidiana e nell'incontro con le persone; e la dimensione della guida delle persone come metodologia per vivere la propria vocazione con amore e affetto”.
* Video realizzato dal Segretariato Generale per la Comunicazione.
Padre Aquileo con i vescovi della Consolata e la Direzione Generale durante la canonizzazione di San Giuseppe Allamano a Roma
Ricordo con piacere le diverse esperienze vissute nel noviziato. Una tra le principali è quella che mi mise in contatto profondo e spirituale con il nostro Padre Fondatore e che sconvolse tutta la mia vita cristiana e missionaria: la lettura dei tre volumi di “Le conferenze Spirituali del Servo di Dio Giuseppe Allamano”.
Il Maestro del noviziato ci aveva divisi in diversi gruppi e ad ogni gruppo aveva affidato un tema, con la responsabilità di approfondirlo. Il gruppo cui facevo parte doveva eseguire una ricerca su “Il Fondatore e la S. Scrittura”. Per noi è stato impressionante costatare che le parole del Padre, per esprimermi con le parole di un testimone, erano «come un mosaico di espressioni che riflettono e ricordano le Scritture, anche quando non sono una loro citazione diretta».
Appariva indubbio che il Fondatore aveva la Parola di Dio radicata nella mente e nel cuore e che «la sua vita ne era tutta impregnata». Nelle sue conferenze traspaiono evidenti la sua profonda sensibilità biblica ed il suo senso della fede, che gli consentivano di risalire alla sorgente della Scrittura e di leggerla con profonda intelligenza spirituale.
Diverse testimonianze sottolineano questo culto che Allamano aveva della Parola di Dio. Mi limito a riportarne due, che sono un po' la sintesi di tutte le altre. La prima è una deposizione al processo canonico di beatificazione: «Il Servo di Dio nutriva per la S. Scrittura un vero culto […]; circondava della massima venerazione la Parola del Signore […]; era grandemente avido di ascoltarla».
La seconda è di una missionaria: «Posso attestare che quando ci radunava per farci qualche esortazione, noi eravamo veramente liete, perché sentivamo come la sua parola avesse alcunché di veramente penetrante e toccante, che dimostrava come egli attingesse la sua ispirazione e la sua convinzione dalla S. Scrittura».
Mons. Osório Citora Afonso durante l'omelia nella messa di ringraziamento per la canonizzazione di San Giuseppe Allamano
Fu così che nacque in me la passione per la S. Scrittura e che questa, fin dal mio primo anno di Teologia, ebbe una grandissima importanza anche nei miei studi. Ho voluto, come diceva il Fondatore, che il primo studio per importanza nella mia formazione teologica fosse la S. Scrittura. Non posso che condividere in pieno ciò che il Padre diceva: «Per noi la S. Scrittura è il primo studio, il sommo, e non c'è scusa […]. Ecco perché si dà tanta importanza nell'Istituto allo studio della S. Scrittura, in modo che si comincia dal primo giorno e si studia fino alla fine: questa è una scuola che non cessa mai».
Di conseguenza, nacque anche in me il desiderio di leggere la Parola di Dio con la mente e il cuore dell'Allamano. Cioè, si trattava di comprendere bene che cosa era la S. Scrittura per il nostro Padre Fondatore e che posto aveva nella sua vita, per poi vedere come io, Missionario della Consolata, dovevo impegnarmi a leggere la S. Scrittura e ad assumerne il messaggio nella situazione odierna.
Che cos'è la S. Scrittura per l'Allamano. Ecco come l'Allamano, parlando ai missionari, descrive la S. Scrittura e ne spiega la naturai: «La S. Scrittura è un sacramentale: e questo è certo perché è Parola di Dio e perciò conferisce la grazia, infonde consolazione». Inoltre: «Tutti i santi dicono che la S. Scrittura è un magazzino di ogni sorta di rimedi; è un arsenale pieno di armi per combattere contro i nemici della nostra anima, il demonio ed il mondo».
Prendendo l'esempio dal grande Vescovo di Milano, l'Allamano aggiungeva: “S. Carlo Borromeo diceva che la S. Scrittura era il suo giardino; e quando qualcuno lo invitava ad andare un po' a passeggio, ad andare un po' nel giardino, diceva che il giardino di un ecclesiastico è la S. Scrittura». Secondo Allamano, dunque, la S. Scrittura è: sacramentale, fonte di grazie e di consolazione; è un giardino di riposo spirituale per ogni cristiano e, in particolare, per ogni missionario.
Se tale è la concezione che l'Allamano ha della S. Scrittura, ne scaturisce questa conseguenza concreta: avere un'attenzione particolare per la Parola di Dio ed impegnarsi nella sua lettura, perché, come affermava ancora l'Allamano: «Se la leggiamo con queste disposizioni, la S. Scrittura ci farà del bene: ecciterà in noi l'amore di Dio, il desiderio della perfezione». In più, la S. Scrittura sarà il nostro sostegno e la nostra consolazione in missione. Cosi ribadiva Allamano: «Le S. Scrittura siano la nostra consolazione. In questi tempi [della prima guerra mondiale] tanto dolorosi per tutti, ed anche per noi, a chi ci rivolgeremo per avere consolazione?».
Preghiera presso la tomba di San Giuseppe Allamano nella Casa Madre a Torino
La S. Scrittura fonte di consolazione. L'Allamano indicava a chi ricorrere, secondo un ordine discendente: « Certamente a Gesù, [...] abbiamo anche Maria SS. Consolata..., ma poi [ricorrere] alla lettura della S. Scrittura». E qui citava, dall'Antico Testamento, la risposta che Giuda Maccabeo aveva dato ad Ario Re degli Spartani che gli offriva la propria alleanza: «Noi non abbiamo bisogno della vostra alleanza e del vostro aiuto; a noi basta la consolazione dei santi libri che sono nelle nostre mani» (1Mc 12,9).
E commentava: «Che bella cosa è mai questa! I poveri ebrei erano sempre in guerra, eppure dicono che non hanno bisogno di aiuto, che la loro consolazione erano i santi libri, è la S. Scrittura. Così dev'essere anche per noi: la S. Scrittura dev'essere la nostra consolazione. La S. Scrittura ci consola, ci fortifica e ci sostiene nelle tribolazioni, affinché stiamo fermi nella speranza. Tutta la S. Scrittura, sia l'Antico Testamento come il Nuovo, dobbiamo leggerla per essere consolati. Tutti i santi trovavano nella S. Scrittura una fonte di consolazione e di vita. La Parola di Dio penetra come una spada nell'anima e provvede a tutti i nostri bisogni. [...]. Inoltre, il leggere la S. Scrittura eccita nel nostro cuore l'amore di Dio, scalda il cuore. Vedete un poco i discepoli di Emmaus che, venendo da Gerusalemme e accompagnando N. Signore, quando lo hanno riconosciuto, dicevano: non ardeva il nostro cuore mentre ci parlava? Le sue parole ci scaldavano la mente: eppure non lo conoscevano ancora. Le parole di Nostro Signore sono di fuoco».
Ecco, in sintesi, come l'Allamano spiega il valore della S. Scrittura: rende perfetti coloro che la studiano e li prepara a compiere ogni opera buona; è un vero tesoro, un magazzino di medicinali, un arsenale di armi, in cui possiamo trovare tutto quello di cui abbiamo bisogno per la vita. È la vera fonte di consolazione. Questo valeva allora, quando l'Allamano spiegava ai giovani missionari queste cose, e vale allo stesso modo anche oggi.
Come leggere la S. Scrittura. E come leggerla? L'Allamano insegnava anche come leggere la Parola di Dio: «Le S. Scritture sono un “pozzo profondo” che esige fatica a tirare acqua; ma è fatica dolce e consolante. Si sbagliano quelli che non l'hanno sempre tra mani, o che credono di capire tutto subito; solo ai semplici si rivela Dio, e si nascondi ai superbi». Ecco i consigli pratici dell'Allamano. Il primo è: per leggerla e capirla bisogna anzitutto pregare ed avere retta intenzione. Diceva: «Pregare mentre si legge la S. Scrittura che il Signore ci illumini; mettere in mezzo tante giaculatorie... e poi bisogna leggerla con purità di intenzione, non come certi dottoroni che scrutano la S. Scrittura ma per trovare la prova dei loro errori... Bisogna leggerla con quello spirito con cui fu scritta, leggerla con riverenza, non voler penetrare più di quello che si può».
Chiesa di Sant'Andrea a Castenuovo don Bosco
Inoltre, è necessario leggere la Parola di Dio con rispetto: «S. Carlo Borromeo la leggeva sempre a capo scoperto ed in ginocchio. […]. Andiamo avanti: non basta leggerla, ma bisogna scrutarla, andare a fondo. Nostro Signore non ha detto solo di leggerla, ma di scrutarla; non leggerla solo di passaggio, ma fermarsi sopra; prendere, per esempio, tre versetti e fermarsi lì. Fortunati voi che la leggete a tavola! Bisogna stare attenti non solo al latino, ma anche alle traduzioni ed alle note».
Come si vede, i consigli del Padre sono quanto mai saggi e concreti: leggere la Parola di Dio, meditarla, approfondirla, impregnarsi dalla sua ricchezza e farne uso nella nostra vita. Purtroppo, anche oggi la S. Scrittura è ignorata e manipolata. Ecco perché è importante averla spesso tra le mani e leggerla «con quello spirito con cui fu scritta». Per noi missionari, in più, è indispensabile farla arrivare al popolo che Dio ci ha affidato. L'Allamano voleva che i suoi figli la portassero con sé, assicurando che «in missione avrete almeno il Nuovo Testamento e, se possibile, anche tutta la Bibbia». Per quel tempo era già un passo enorme.
Oggi possediamo non solo tutto l'Antico e il Nuovo Testamento, ma anche molti altri testi con approfondite esegesi e adeguati commenti, di modo che possiamo continuare “scrutarla” sempre più. Il nostro ideale, come figli e figlie di San Giuseppe Allamano, è di rassomigliargli almeno un po': che anche le nostre «parole siano un mosaico di espressioni che riflettono e ricordano le Scritture» come era per lui. Saremo così testimoni della Parola di Dio che è la Verità per gli esseri umani di tutti i tempi.
* Mons. Osório Citora Afonso, IMC, è vescovo ausiliare dell’Archidiocesi di Maputo, Mozambico.
La recente canonizzazione di San Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata, è stata motivo di gioia per il mondo missionario. La cerimonia si è svolta il 20 ottobre in Piazza San Pietro in Vaticano, mentre la celebrazione di ringraziamento in Venezuela si è tenuta domenica 27 ottobre nell'archidiocesi di Caracas.
La giornata è stata organizzata congiuntamente dalle Pontificie Opere Missionarie del Venezuela, dal Segretariato di Pastorale Giovanile di Caracas e dai Missionari della Consolata.
Di buon mattino, circa 400 giovani provenienti da varie parrocchie e scuole della capitale si sono riuniti per la 23 Camminata della Gioventù Missionaria, che quest'anno ha cambiato il suo tradizionale percorso –lungo la strada della Montagna di Avila che circonda Caracas– per spostarsi in Plaza Washington del Paraíso e da lì unirsi alla celebrazione della Santa Messa nella parrocchia di Sant’Alfonso Maria de Liguori, El Paraíso, presieduta da Mons. Lisandro Rivas IMC, vescovo ausiliare di Caracas, alla presenza di numerosi parrocchiani. La quantità di persone che hanno seguito la celebrazione era davvero impressionante: pieno fino alla massima capienza perfino il secondo piano della chiesa.
La celebrazione ha incluso tradizioni ed elementi che hanno permesso di mostrare il modo di celebrare e vivere la liturgia in altri continenti dove i membri della famiglia fondata dall'Allamano portano il Vangelo.
Alcuni momenti sono stati accompagnati da danze liturgiche, il Padre Nostro è stato recitato in diverse lingue: warao, portoghese, inglese, lingala, swahili e spagnolo, mentre anche i canti erano rappresentativi dei cinque continenti.
Il vescovo ha esordito condividendo con i presenti la gioia, la gratitudine e l'entusiasmo “per questo modello di santità. Questo è un giorno di festa perché la consolazione di Dio ha toccato e continua a toccare l'umanità attraverso il sogno dell'Allamano di inviare missionari per evangelizzare fino ai confini della terra”.
Il presule ha ricordato l'importanza di chiedersi cosa chiede oggi la Chiesa a noi battezzati: discernere per aprire il nostro cuore all'universalità seguendo l'esempio e il pensiero dell'Allamano, che ci ricorda di essere prima santi e poi missionari. Dobbiamo “trasformare l'ordinario in straordinario e risplendere come discepoli missionari del Signore”, ha detto.
Il vescovo ha anche parlato del carattere simbolico del miracolo che ha portato Giuseppe Allamano alla santità a favore dell'indio Sorino Yanomami dell'Amazzonia brasiliana. Lui ci ricorda “la predilezione di Dio per i poveri e per coloro che il mondo considera scartati. Loro sono e devono essere l'opzione dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Anche nel Venezuela di oggi i Missionari devono essere testimoni di speranza”.
Per concludere ha fatto riferimento al mese delle missioni; al lavoro di animazione delle Pontificie Opere Missionarie e all'importanza della cooperazione missionaria. Ha sottolineato che la priorità è l'annuncio dove nessuno vuole andare, cioè alle periferie esistenziali.
Il piemontese Giuseppe Allamano visse dal 1851 al 1926. Da giovane crebbe nell’oratorio di Don Bosco ma a solo ventidue anni era già un giovane sacerdote diocesano con il sogno di andare in missione. Purtroppo la sua salute non era perfetta e, senza mai dimenticare il sogno, dovette impegnarsi in altre cose.
A 29 anni fu mandato a dirigere il più grande santuario mariano di Torino dedicato alla Madonna Consolata. Lo riportò all'antico splendore e precisamente a partire da lì l’antico sogno delle missioni si trasformò in una grande opera: i Missionari della Consolata, che fondò nel 1901 e, su richiesta di Pio X, nel 1910, anche le Missionarie della Consolata. Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 7 ottobre 1990.
“La sua testimonianza ci ricorda l'attenzione che dobbiamo prestare alle popolazioni più fragili e vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami della foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto il miracolo legato all'odierna canonizzazione”, ha detto Papa Francesco parlando dell'Allamano.
La Messa è stata seguita da una condivisione fraterna.
Fonte: PPOOMM Venezuela con informazioni di José Luis Andrade
Papa Francesco ha scelto il 20 ottobre per proclamare santo il nostro Fondatore. Nella parrocchia “Maria Speranza Nostra” di Torino, abbiamo inaugurato domenica 27 ottobre il primo “angolo” dedicato a San Giuseppe Allamano, sette giorni dopo essere stato proposto come modello di santità per tutta la Chiesa.
In questo angolo abbiamo voluto riunire i temi principali della canonizzazione di Giuseppe Allamano. Vogliamo mostrare l'opera dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, il miracolo di Sorino, la vita e la missione di San Giuseppe Allamano.
Per realizzare l'opera, Marcello Morello e io abbiamo raccolto varie idee che hanno dato forma a questo piccolo spazio della nostra chiesa parrocchiale dedicato a San Giuseppe Allamano e al suo sogno missionario. Un sogno che ha attraversato tutta la sua vita, ma che si è realizzato nel 1901 con la fondazione dei Missionari e nel 1910 con la fondazione delle Missionarie della Consolata. La missione ad gentes intesa come consolazione (cfr. Isaia 40,1-2) è il cuore di questo sogno: illumina i suoi missionari e missionarie e cerca di raggiungere nuovi orizzonti e realtà umane bisognose di vera consolazione.
Santa Messa presieduta dal parroco. padre Nicholas Muthoka, IMC.
L'immagine del Santo è quella che è stata appesa al balcone del Vaticano il giorno della sua canonizzazione. Lo vediamo come un faro che permette al carisma della consolazione di raggiungere tutti i popoli e le culture e all'annuncio della Buona Novella di arrivare fino agli estremi confini della terra: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzando nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho detto” (cfr. Mt 28,19-20). Nella foresta amazzonica, tra il popolo Yanomami, San Giuseppe Allamano guarda Sorino e lo guarisce. Oggi, da qui, continuerà a guardarci e a guarirci.
La parte più importante del nostro “angolo dell'Allamano” simboleggia la missione che si estende in tutto il mondo: è la missione che inizia in una chiesa locale e si estende fino ad abbracciare la chiesa universale. È la missione qui, là e oltre. È la missione che risponde a tutti i bisogni profondi di un'umanità dispersa e ferita.
Per San Giuseppe Allamano la Consolata “è la Fondatrice”. Nell'“angolo” è inquadrata nell'Eucaristia, con il suo Santuario, come un Sole che illumina la missione. La Consolata è colei che ci consola, l'illuminata che ci illumina.
L'indigeno Sorino Yanomami, il giaguaro che lo ferì a morte, la “maloca” (abitazione comune) in cui viveva, il fiume Catrimani, ricordano un miracolo che diventa simbolo della missione ad gentes incarnata in Amazzonia brasiliana, dove avvenne questo evento prodigioso.
Suor Felicita Muthoni, MC, testimone del miracolo di Sorino partecipa all'inaugurazione dell'Angolo dell'Allamano”
Questo angolo della nostra chiesa vuole essere un luogo di incontro che stabilisce un ponte tra l'umano e il divino, tra la natura e il trascendentale, tra la missione e l'invio. Il giorno in cui Giuseppe Allamano è stato riconosciuto Santo era la Giornata Missionaria Mondiale: tutta la sua vita è stata permeata di missionarietà e di impegno “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a tutta la creazione” (Mc 16,15). Oggi la Chiesa lo propone come modello di santità, uomo di Dio, e dal nostro “angolo” continua ad invitarci a riflettere sulla nostra missione nel mondo.
* Padre Elmer Peláez Epitacio, IMC, parrocchia Maria Speranza Nostra di Torino, Italia.
Torino, 25 ottobre. È una mattina piovosa, ma il cortile della Casa Madre si sta già animando con i primi gruppi di pellegrini, reduci delle tre giornate di Roma e delle due piemontesi. Oggi il ritrovo è il santuario di san Giuseppe Allamano a «casa sua», in corso Ferrucci. Nella chiesa fervono i preparativi.
Incontriamo il gruppo giunto da Oujda, in Marocco, quello della Costa d’Avorio, del Congo Rd, i mozambicani, i laici del Brasile e della Colombia. Ma anche padre Jasper, kenyano arrivato da Taiwan, padre Dieudonné, congolese dalla Mongolia, e la signora Lina, dal Kazakistan insieme a una suora che lavora nel paese dell’Asia centrale. Solo per citarne alcuni. Poi gli europei, e molti amici dei missionari e delle missionarie di Torino e del quartiere. Tutto il mondo è qui.
Padre Antonio e padre Sandro, i responsabili dell’organizzazione di accoglienza dei pellegrini a Roma e Piemonte, corrono indaffarati per gli ultimi dettagli.
Allo scoccare delle 10,30 fanno il loro ingresso nella chiesa affollata le danzatrici: sono le novizie delle suore, vestite con abiti africani a dominante verde intenso. Danzano e cantano fino all’altare seguite dai cinque vescovi e dai sacerdoti che celebreranno la messa. Alle ali dell’altare siedono almeno un centinaio di preti nei loro abiti bianchi, la maggior parte missionari della Consolata. Altrettante sono le missionarie o forse di più.
Padre Gianni Treglia prende la parola ed esordisce arringando i presenti: «Allamano!». E tutti rispondono:«Viva!». E ancora padre Gianni «Viva!» e tutti «Allamano!». E poi, tutti insieme: «Grazie per averci dato Giuseppe Allamano!».
Il superiore della Regione Europa ringrazia il Signore per il dono di san Giuseppe Allamano: «Questo è anche il luogo del suo sogno missionario che, non potendolo realizzare personalmente lo ha realizzato con la fondazione di due istituti missionari. [...] Il sogno stesso di Dio che vuole che tutta l'umanità abbia la salvezza. Giuseppe Allamano l’ha affidato a noi, suoi figli e figlie missionari».
La celebrazione è presieduta da monsignor Francisco Múnera Correa, IMC, arcivescovo di Cartagena e presidente della Conferenza episcopale colombiana.
Le letture vengono fatte in italiano e kiswahili.
È poi monsignor Osório Citora Afonso, mozambicano e neo vescovo ausiliario della capitale Maputo, che affronta l’omelia: «Dopo i fasti di piazza san Pietro […] ci siamo recati nei paesi che videro la vita quotidiana di san Giuseppe Allamano, prima a Castelnuovo don Bosco, quindi al santuario della Consolata, e oggi qui in Casa Madre, dove si trova il suo sepolcro. È un luogo che ci invita a sostare, in preghiera, in meditazione. Un luogo che è anche un’oasi di relazione. È una casa. È la sua dimora dalla quale continua a spandere benedizione, incoraggiamento e consolazione».
Riferendosi al Vangelo appena letto (Marco 16,14) monsignor Osorio dice: «Gesù, l’ultimo gesto, quello del mandato missionario, lo fa in una casa, un luogo di relazione, così non è casuale che anche noi veniamo nella casa di Allamano per riascoltare il mandato missionario. È in questa casa che si sente ancora: “Andate e predicate”».
«Perché una casa è un luogo di vita, di incontri, dove i religiosi e i laici cercano di vivere e testimoniare la passione per la missione. Parlando dello spirito di famiglia, Allamano parlava della casa dove si sta insieme, dove si vive il quotidiano. Casa come luogo di invio missionario: è da casa che si parte. […]».
Ritorna poi su una famosa frase del santo: «Allamano diceva: “Siate straordinari nell’ordinario”.
Per vivere questa santità, ripartiamo dalle nostre case, ripartiamo dalle relazioni, dalle piccole cose.
Sono partiti da Torino tanti anni fa, erano quasi tutti piemontesi, e per questo motivo adesso siamo qua in tanti, e veniamo da molte parti del mondo».
E per evidenziare questa «mondialità» chiede: «Dove è avvenuto il miracolo? Non a Torino, Roma, o in una grande città, ma tra il popolo dell’Amazzonia».
Un aspetto del popolo di Giuseppe Allamano che ci ricorda anche la preghiera dei fedeli, letta in tante lingue: inglese, portoghese, francese, kiswahili, italiano e spagnolo.
La celebrazione continua, si canta seguendo il coro italiano diretto da padre Sergio. L’atmosfera è quella delle grandi feste. C’è gioia, c’è voglia di viverla tutti insieme, provenienti da tante nazioni e da popoli dei quattro continenti, ma in sintonia.
Suor Lucia Bortolomasi, madre generale delle missionarie dalla Consolata, prende infine la parola, con la sua voce dolce, ma ferma: «È qui che vogliamo esprimere il nostro grazie a Dio e alla Consolata, per questo immenso dono, che è san Giuseppe Allamano. Vogliamo ringraziare tutti voi, amiche e amici, perché ci siete stati vicino in questi giorni di festa, e anche perché, in diversi modi, ci accompagnate nella nostra missione. Un grazie tutto speciale alle nostre missionarie e missionari e alle persone che sono ammalate, ma che ogni giorno offrono la loro preghiera e la loro sofferenza a Dio per l’annuncio del Vangelo, e per sostenerci. Ci danno forza».
Poi aggiunge: «Vogliamo fare un regalo speciale a san Giuseppe Allamano. Vogliamo regalargli il nostro impegno di vivere quella santità che lui ci ha sempre indicato. Essere presenze umili, semplici di consolazione, nella vita di tutti i giorni».
Padre James Lengarin, superiore generale dei missionari, visibilmente contento, quasi euforico, esprime il suo ringraziamento: «Sono qui per dire grazie a tutte le persone che hanno fatto partire questa macchina organizzativa. Tutto è andato bene vero?». E parte un applauso alla commissione organizzatrice.
«Tutti i 35 paesi del mondo in cui siamo presenti, erano rappresentati in questo momento speciale. Siamo una famiglia grande, che si vuole bene».
Ringrazia l’arcidiocesi di Torino, «dove siamo nati e da dove siamo partiti. E anche per gli aiuti concreti che sono arrivati da qui» alle missioni.
Ricorda poi i missionari e le missionarie defunte: «Fanno parte di questa grande famiglia. Loro ci hanno aiutato a essere ciò che siamo oggi. Anche in cielo sono tutti in festa».
Ringrazia la Regione Europa e la Casa Madre e tutti «fratelli vescovi che hanno partecipato».
Conclude con un grazie caloroso «a tutti i pellegrini che sono venuti. Siamo tutti membri di questa famiglia. Ripartiamo da questo santo. Portiamo la consolazione nel mondo e siamo seminatori di speranza».
Con le parole di padre James, si chiude la celebrazione, ma la festa continua, e i pellegrini si accalcano presso la tomba di san Giuseppe Allamano, per un saluto, una preghiera, ma anche per portare a casa una foto con lui, perché da oggi c’è un santo in famiglia.
* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.