Nella preghiera dell'Angelus al termine della Messa di canonizzazione di Giuseppe Allamano, undici martiri di Damasco, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra, domenica 20 ottobre, il Papa Francesco ha lanciato un appello in favore del popolo Yanomami.

«La testimonianza di San Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e più vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla canonizzazione odierna. Faccio appello alle autorità politiche e civili, affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

Il miracolo che ha portato alla canonizzazione del Beato Giuseppe Allamno è avvenuto tra gli Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana dove i missionari e le missionarie della Consolata sono presenti sin dal 1948. Il 7 febbraio 1996, Sorino Yanomami, assalito e gravemente ferito da un giaguaro è guarito e ha recuperato completamente la salute grazie all'intercessione di Giuseppe Allamano.

 

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Oggi Giuseppe Allamano è santo

  • , Oct 20, 2024
  • Published in Notizie

Reportage da piazza San Pietro

Città del Vaticano. Oggi, 20 ottobre 2024, Giuseppe Allamano è ufficialmente santo. La messa di proclamazione, in piazza San Pietro, nella Giornata Missionaria Mondiale è stata intensissima.

Fin dalle 7 del mattino, a giorno non ancora fatto, lunghe code di pellegrini aspettano ai controlli della polizia, necessari per entrare nella piazza. Il popolo di Giuseppe Allamano è arrivato dai quattro continenti il giorno prima.

Nella coda, tra la gente che si stropiccia gli occhi, si sentono decine di lingue: portoghese, spagnolo, francese, inglese, italiano, kishawili... Ma anche l’Asia c’è, con la Corea, la Mongolia e Taiwan.

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Su alcune bacchette viene issata l’immagine del futuro santo, nella sua versione colorata o «pop art», che resta un riferimento tra la marea di teste.

Oggi saranno, infatti, «canonizzati», termine tecnico, anche Elena Guerra, Marie-Léonie Paradis e gli undici martiri di Damasco (Manuel Ruiz e compagni). Ci si distingue anche per il foulard, bianco ma colorato con le 35 bandiere dei paesi dove lavorano i missionari e le missionarie della Consolata, e con l’effige di Allamano e della Consolata. L’organizzazione ha anche previsto per tutti un badge verde con il logo studiato specificamente per questo giorno.

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Entriamo tra i primi, dopo il controllo metal detector. La platea davanti alla scalinata di San Pietro è ancora da riempire.
I pellegrini sono assonnati, ma si vede la gioia e l'eccitazione. Molti si salutano, si abbracciano. È spesso un rivedersi dopo anni, talvolta un incontrarsi per la prima volta, entrando subito in sintonia.
Intanto si è fatto giorno. È nuvoloso, ma non piove.

È ancora un momento di attesa, e si approfitta per farsi delle foto, dei video, scambiarsi un contatto o un sorriso. Vediamo una folta delegazione dall’Uganda, poi la bandiera del Kenya (primo paese di missione dei Missionari della Consolata). Il Congo Rdc è presente, così come la Costa d’Avorio.

A un certo punto compare la bandiera del Marocco: è il gruppo di Oujda, del quale fanno parte anche alcune migranti subsahariane. Vediamo anche il gruppo dei laici della Consolata del Portogallo, con le magliette del loro 25° anno di esistenza, i laici del Brasile, Canada, Colombia.... E poi tantissime suore, di svariate età e nazionalità. Così metà della piazza, quella con i posti a sedere, si è riempita.

Intanto, alla sinistra dell’altare si siedono cardinali, vescovi, sacerdoti e i fratelli. Alla destra, invece, le autorità e i diplomatici.

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Dopo il rosario in latino, inizia uno scampanio, poi il coro ufficiale intona alcune canzoni diffuse con i potenti altoparlanti in tutta la piazza. L’attesa si fa più intensa tra le migliaia di persone da tutto il pianeta, spaccato di umanità.

Alle 10,20, quasi all’improvviso, arriva Papa Francesco sulla sua carrozzina e si siede sulla poltrona papale. Tenue, quasi sotto voce, sul lato destro della platea, un gruppo di pellegrini intona: «Papa Francesco, papa Francesco». Altri iniziano, è come se il coro si spostasse nello spazio antistante alla basilica, e intanto diventa «Papa Francisco», per culminare con un grande applauso. Nel frattempo è comparso un tenue sole.

Scorgiamo evidente, in prima fila del gruppo di sedie delle autorità, il presidente Sergio Mattarella.

La celebrazione ha inizio. Vengono lette le brevi biografie dei nuovi santi. Quando è nominato Giuseppe Allamano, parte un applauso dalla piazza.

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«Vince non chi domina, ma chi serve per amore» dice il Papa nella sua omelia, a commento del Vangelo del giorno. «Gesù svela pensieri nel nostro cuore smascherando, talvolta, i nostri desideri di vanità e di potere».
E poi ci insegna lo «stile di Dio», ovvero il «servizio». Le parole magiche per il Papa sono: «Vicinanza, compassione e tenerezza, applicate all’azione di servire. […] A questo dobbiamo anelare». Uno stile che nasce dall’amore e non ha una scadenza o un limite. «I nuovi santi hanno vissuto questo stile di Gesù: il servizio» continua il Papa.

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All’Angelus papa Francesco mette l’accento sui popoli indigeni: «La testimonianza di san Giuseppe Allamano ci ricorda la necessaria attenzione verso le popolazioni più fragili e vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami, nella foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto proprio il miracolo legato alla sua canonizzazione. Faccio appello alle autorità politiche e civili affinché assicurino la protezione di questi popoli e dei loro diritti fondamentali e contro ogni forma di sfruttamento della loro dignità e dei loro territori».

Il nome «Yanomami», dunque, echeggia in piazza san Pietro, proprio grazie al nuovo Santo.

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Papa Francesco conclude con un giro in carrozzina a salutare i cardinali, per poi salire sulla papamobile, e fare un lungo percorso nella piazza. I pellegrini e i fedeli hanno oramai lasciato le loro sedie e si affollano alle transenne per salutare il Santo Padre.

Una volta passato, inizia il lento deflusso di alcune migliaia di persone, mentre gruppi di svariate nazionalità e lingue si fanno le ultime foto sulla piazza, con lo sfondo della Basilica di San Pietro sulla quale spicca lo stendardo di san Giuseppe Allamano.

* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.

Santa Messa con Canonizzazione e preghiera dell’Angelus 20 ottobre 2024 (Vatican News)

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Il fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata sarà tra i nuovi santi proclamati da Papa Francesco nella mattinata di domenica 20 ottobre. L'arcivescovo di Manaus: il suo desiderio di condividere il Vangelo è un'ispirazione. Madre Bortolomasi: il suo stile missionario era di vicinanza alla gente. Padre Lengarin: nella "società dei TikTok", riscopriamo la meditazione

"Ci aiuta tantissimo nel volere essere sempre in cammino. Sempre imparando, ma imparando ascoltando". Così il cardinale Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus in Amazzonia, traccia un ritratto dell'eredità lasciata dal beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, e tra coloro che Papa Francesco canonizzerà domenica 20 ottobre sul sagrato della basilica di San Pietro, insieme a Manuel Ruiz López e sette Compagni e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra.

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Il beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata

Gli ospiti del "Meeting point"

L'occasione per inquadrare la figura di Allamano è stata il "Meeting point" organizzato presso la Sala Stampa della Santa Sede in vista delle canonizzazioni. Presenti, oltre al cardinale Steiner, anche Júlio Ye’kwana presidente dell’Associazione Wanasseduume Ye’kwana (Seduunme) e leader indigeno del territorio Yanomami nello Stato di Roraima; monsignor Evaristo Pascoal Spengler, vescovo di Roraima e presidente della Rete Ecclesiale Pan-amazzonica (Repam Brasile); madre Lucia Bortolomasi, superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata dal 2023; padre James Bhola Lengarin superiore generale dei Missionari della Consolata.

La fondazione delle missioni

In una serie di brevi interventi iniziali, gli ospiti hanno ricordato la storia della missione di Allamano, concretizzatasi nella fondazione dell'Istituto Missioni Consolata, risalente al 1901, e quello successivo delle Missionarie della Consolata nel 1910. Successivamente, i relatori si sono messi a disposizione dei giornalisti per rispondere alle loro domande e presentare la figura del missionario originario di Castelnuovo d'Asti.

Troppe sofisticazioni nella predicazione del Vangelo

Intervistato dai media vaticani, il cardinale Steiner ha individuato l'eredità lasciataci dal beato Allamano in relazione all'area geografica nella quale è chiamato ad operare oggi. "Il nostro contesto non è complicato, è semplice", ha affermato l'arcivescovo di Manaus. "E per questo tante volte è difficile, perché noi siamo troppo sofisticati, anche nel modo di voler trasmettere il Vangelo". Per fare fronte alle presenti complicazioni, il cardinale Steiner ha richiamato proprio la figura di "padre Giuseppe", dal quale "possiamo imparare tantissimo". Specialmente, dal suo "desiderio di portare il Vangelo" a tutti coloro che "non hanno ancora ascoltato Gesù."

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Ascolta l'intervista al cardinale Steiner, arcivescovo di Manaus

Il Regno di Dio è "semplice"

Una figura, quella del beato Allamano, dalla quale secondo l'arcivescovo di Manaus si può trarre ispirazione per "uscire da noi stessi". "Il bene fa poco rumore", era una delle frasi che amava ripetere, eppure il cardinale Steiner ha notato una necessità di fare rumore "quando si tratta delle ingiustizie" subite, ad esempio, dalle popolazioni indigene residenti in Amazzonia. "Vogliamo fare rumore perché la giustizia venga alla luce. Vogliamo fare rumore quando non c'è fraternità, perché la fraternità sia la nostra luce. Vogliamo fare rumore dove Dio è dimenticato, perché Lui è la nostra luce. Vogliamo fare rumore quando le nostre relazioni sono diventate troppe sofisticate". Un invito ribadito con fervore, per condividere il "modo di vivere del Vangelo" e fare esperienza di quel Regno di Dio che in fondo è "semplice". "Semplice come gli uccelli, semplice come I fiori del campo".

Il futuro della Chiesa amazzone

La futura canonizzazione del beato fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata è un'occasione per riflettere anche sull'avvenire della Chiesa amazzone. L'auspicio del cardinale Steiner è quello di potere fare esperienza di comunità "sinodali" ed "in missione". Quest'ultima caratteristica, così bene compresa ed attuata dal beato Allamano "è molto importante" nella regione sudamericana. "Quando ci riuniamo nelle diverse diocesi, anche con i laici", ha raccontato l'arcivescovo di Manaus, "la questione riguarda sempre il come evangelizzare". 

Vicinanza alle comunità

"Ci voleva sante, sante prima che missionarie", è invece l'affermazione e la vocazione percepita da madre Bortolomasi nel descrivere il beato Allamano. Il suo stile missionario viene riassunto in un'intensa "comunione con Dio" e una vicinanza alla gente caratterizzata da tanta "umiltà" quanta "semplicità". "Esserci. Essere veramente vicino al popolo e alla gente". Un concetto che può suonare contradditorio, per una persona che "non amava le grandi assemblee", ma che tuttavia amava "il rapporto persona a persona". In relazione ai carismi del beato Allamano, madre Bortolomasi evidenzia la costanza nell'annuncio del Vangelo "ai popoli che ancora non conoscono Gesù". Sulla scia delle affermazioni del cardinale Steiner, viene ribadito come attraverso l'evangelizzazione si può "uscire da noi stessi" per incontrare il prossimo e portare ad egli l'annuncio della Parola.

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Ascolta l'intervista a madre Lucia Bortolomasi

Il miracolo attribuito al beato Allamano

La conversazione con la superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata è stata anche l'occasione per ricordare il miracolo ricevuto dall'indigeno Sorino Yanomami, nato nella comunità di Maimasik (Roraima-Brasile), presumibilmente nel 1955. Assalito alla testa da un giaguaro, Yanomami viene soccorso da "una nostra sorella", chiamata dai locali e accortasi immediatamente della "gravità della situazione". L'assistenza arriva dalla vicina città di Boa Vista, dove l'idigeno viene soccorso dai medici. Nel frattempo Suor Felicita, questo il nome della soccorritrice, inizia a pregare insieme a tutta la comunità il beato Allamano per ottenere un miracolo. Un segno prodigioso, il risveglio di Yanomami, che si registra il 16 febbraio, data non casuale in quanto proprio in quel giorno ricorre "la festa del nostro fondatore", come ricordato da madre Bortolomasi. Inizialmente "non l'abbiamo preso in mano", ha ammesso la superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata in relazione al miracolo, "e adesso il Papa l'ha riconosciuto santo".

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Il indigeno Sorino Yanomami, la cui miracolosa guarigione è attribuita al beato Giuseppe Allamano

Ascolto e costruzione di scuole e centri medici

Il dialogo con padre Lengarin ha invece rappresentato l'opportunità per riflettere sulla "spiritualità" del beato Allamano, così celebre da attrarre cardinali da tutte le parti del mondo, fino dal sud dell'Etiopia. La sua testimonianza di sofferenza e di mancata conoscenza della Parola di Dio da parte del suo popolo fu l'input che fece scattare nel beato Allamano "l'idea di diventare missionario". Nonostante le sue fragili condizioni di salute non glielo permettessero in prima persona, egli elaborò comunque una sorta di vademecum sul tema, predicando l'ascolto delle persone ma anche la concreta costruzione di scuole e centri medici.

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"Innamorato" della Parola

Padre Lengarin ha ricordato i contatti decennali con il popolo Yoruba, originario dell'Africa occidentale. Inizialmente "non volevamo nemmeno celebrare i battesimi", ha spiegato, poiché il metodo di lavoro prevedeva che fossero le persone stesse a notare "qualcosa di diverso" nei missionari e farsi avanti in prima persona, domandando "cosa c'è di diverso in voi? Perché siete qui con noi?" Una domanda che ha rappresentato l'inizio di tante conversazioni che non tralasciavano, tuttavia, i bisogni materiali e spirituali dei locali. Questo poiché "siamo noi a volere dare la nostra vita" per loro. Tra i valori ancora oggi attuali che caratterizzavano il beato Allamano, il superiore generale dei Missionari della Consolata ha individuato innanzitutto quello della "fedeltà". Il missionario era prima di tutto "un brav'uomo" che "seguiva ciò che gli era richiesto di fare". Tale pregio si rifletteva soprattutto nell'ascolto della Parola, di cui era "innamorato", "alla lettera", mettendosi in cammino sulla "strada" da essa indicata.

Meditare, nella "società dei TikTok"

Lasciarsi conquistare dal Vangelo significa ritrovare quei valori fondamentali, spesso ricercati "dentro di noi", quando in realtà essi "si ritrovano dentro di noi". Padre Lengarin ha ricordato l'importanza che il beato Allamano attribuiva all'istruzione e alla formazione. Un tratto rilevante più che mai al giorno d'oggi, immersi in una società che "non legge" e che "non si informa". La società "dei TikTok", dove le cose si muovono "veloci", spesso anche troppo, mentre invece sarebbe importante riscoprire la "meditazione sulle cose" per trovare "ciò che è davvero importante".  In ultimo, il superiore generale dei Missionari della Consolata ha riconosciuto la saggezza e il rispetto, provato dal beato Allamano verso il prossimo, "nel modo in cui egli o ella è". "A volte scherzo e dico che Dio è cieco perché non conosce i colori", ha concluso con un sorriso padre Lengarin, "e ci crea così come siamo, così che il nostro cuore possa aprirsi e ognuno di noi possa pensare al prossimo".

* Edoardo Giribaldi - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-10/canonizzazione-beato-allamano-steiner-missionari-consolata.html

Oggi, 31 ottobre, celebriamo la memoria liturgica della Beata Irene Stefani, Missionaria italiana della Consolata che fece della sua vita la missione di Dio come "Nyaatha", madre di ogni misericordia.

Nata ad Anfo (Brescia) il 22 agosto 1891, suor Irene fu una delle prime religiose ad entrare nella comunità delle Missionarie della Consolata, fondata nel 1910 dal canonico Giuseppe Allamano, e fu ricevuta dallo stesso Fondatore. Nel 1915, dopo il noviziato, partí per l’Africa e lavorò prima in Tanzania e poi in Kenya. Morì a Gikondi, con una reputazione di santità, il 31 ottobre 1930, a soli 39 anni, lasciando un esempio di dedizione che le valse il titolo di "Nyaatha", madre di ogni misericordia. È stata beatificata il 23 maggio 2015 in Kenya.

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Santuario della Beata Irene Stefani, nella chiesa del miracolo della moltiplicazione dell'acqua a Nipepe, Mozambico. Foto: MC

Il miracolo della moltiplicazione dell’acqua

Avvenuto per intercessione di suor Irene Stefani ha un profondo significato nelle pagine della spiritualità missionaria. L’episodio avvenne nella missione di Nipepe, nel Mozambico settentrionale, tra il 10 e il 13 gennaio 1989, quando il paese era sommerso da un bel pò di anni in una sanguinosa guerra civile. Nipepe era un centro catechistico che aveva accolto 50 famiglie provenienti da diverse missioni della provincia di Niassa e lì lavoravano i padri Franco Gioda e Giuseppe Frizzi. 

Il 10 gennaio il villaggio era stato attaccato dalla Resistenza Nazionale Mozambicana (Renamo) che si opponeva al governo e i guerriglieri volevano costringere il padre Frizzi e un gruppo di uomini a portare della merce rubata e accompagnarli alla loro base. Seguendo la tradizione Macua, il sacerdote si sedette a terra in segno di rifiuto e ne seguí un lungo periodo di stallo. Le famiglie, nel frattempo, si erano rifugiate e in chiesa silenziose ma, col passare delle ore, cominciarono a farsi sentire la fame e la sete.

Irene: Acqua, Ponte e Fuoco (Video: Missionarie della Consolata 2023)

Allora alcune madri cominciarono a dare ai bambini l'acqua del fonte battesimale ed anche altre persone ne bevettero. Questo era scavato in un tronco d’albero e la sua capacità era di soli 6 litri d’acqua, chiaramente insufficiente per tante persone.

La gente allora si ricordò di chiedere l'intercessione di suor Irene, di cui aveva sentito parlare e che avevano imparato a invocare nei momenti di difficoltà. L'acqua in quelle ore non si è mai esaurita, fu sufficiente per tutti, anche per lavare un neonato. Questa "moltiplicazione dell'acqua" fu un miracolo di Suor Irene.

Dopo un bel può di ore i guerriglieri presero la decisione di sequestrare un certo numero di catechisti che furono obbligati a lavorare per loro come trasportatori ma, pochi giorni dopo, riuscirono a fuggire e tornarono sani e salvi a Nipepe.

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Urna funeraria nella quale riposano i resti della Beata Irene Stefani nella cattedrale di Nyeri, Kenya. Foto Jaime C. Patias

Esempio di santità Missionaria

Nel 1913 l'Allamano inviò le prime 15 suore della Consolata in Kenya per lavorare con i missionari già presenti. Suor Irene Stefani partì nel 1915 e il suo primo campo di lavoro fu il Tanzania come infermiera della Croce Rossa durante la prima guerra mondiale. A Gikondi, in Kenya, arrivò nel maggio 1920, cioè 16 anni dopo la famosa Conferenza di Murang'a che definì la metodologia del lavoro missionario. Irene fu esemplare nel mettere in pratica i principi di questa Conferenza e ne fece il suo ideale nella missione. Diceva: “Gesù solo! Tutto con Gesù. Nulla da me. Tutta di Gesù. Nulla di me. Tutto per Gesù, nulla per me”

La sua vicinanza ai catechisti ha fatto di loro veri testimoni del Vangelo e modelli di vita. Suor Irene lavorava anche nella scuola, ma era durante le sue visite ai villaggi che incontrava "la gente e le anime", come diceva lei. Per questo ha ricevuto il nome di "Nyaatha", madre di ogni misericordia. Aveva sempre qualcosa da dare del poco che portava, ma soprattutto, sapeva fare della sua vita "la missione di Dio" nel cuore della gente. Era una vera tessitrice di fraternità universale e ad gentes. Come una madre, parlava al cuore dell'ascoltatore e usando il linguaggio e la teologia che conosceva. Ha celebrato più di quattromila battesimi.

La vita e la missione della Beata Irene Stefani è un modello per tutti coloro che seguono l'invito di San Giuseppe Allamano ad essere "santi missionari, sante missionarie". In questo tempo in l'umanità affronta così tante guerre, conflitti, violenza e distruzione, il nome Irene richiama il desiderio di PACE. Per l'intercessione di "Nyaatha" chiediamo a Dio la grazia della carità, della misericordia e della PACE. Beata Irene Stefani, prega per noi!

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Comunicazione Generale, Roma.

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