La parola Minga appartenente alle culture indigene andine ed indica una forma di azione collettiva che nasce dall'incontro di diversi attori, conoscenze e strumenti alla ricerca di un obiettivo comune. È un lavoro organizzato e comunitario, finalizzato al progresso e alla resistenza socio-politica. 

È in questo stesso contesto che, nel tempo di Dio e nel calendario amazzonico della Vita, si svolge la Seconda Minga Amazzonica di Frontiera celebrata in questi primi giorni di Novembre nella città amazzonica di Puerto Leguízamo, centro amministrativo, commerciale, militare e religioso dell'Amazzonia colombiana, peruviana ed ecuadoriana.

Popoli che vivono insieme

Secondo la saggezza costruita per secoli dai popoli ancestrali che abitano questo territorio, anche questa seconda Minga continua ad alimentare il grande progetto secondo il quale "tutti in Cristo hanno vita in abbondanza": indigeni, afrodiscendenti, contadini, urbani, colombiani, peruviani, ecuadoriani, migranti o residenti, nativi o coloni. Per tutti, questo territorio ricco, colorato e vario è offerto come una "casa comune" che può essere usata in fraternità, goduta in amicizia e curata responsabilmente.

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Con Gesù nel territorio

"Tutto ciò che accade alla Terra, accadrà ai figli della Terra", sono state le parole che hanno introdotto la riflessione sul territorio che abitiamo, luogo sacro della vita. 

I popoli che vivono in questo territorio hanno una memoria di resistenza, storie di esperienze e la vicinanza di un Dio che cammina con loro. Sono piccoli popoli ma camminano insieme, hanno alti e bassi ma lottano e sopravvivono grazie alle loro credenze ancestrali e alle loro esperienze, che li rendono forti e con una identità propria. La loro storia ci insegna "l'arte di imparare camminando" e in essa scopriamo e comprendiamo la nostra stessa fede.

Come il Popolo d'Israele, anche noi camminiamo in questo territorio dell'Amazzonia, ascoltando e consolando, costruendo una Chiesa dal volto amazzonico, una Chiesa samaritana che cammina con gli altri. 

Sull'esempio di Gesù, che ha percorso il territorio della Galilea nel suo ministero itinerante, abitiamo il territorio nella sua diversità di luoghi; ci impegniamo nei compiti quotidiani stabiliti dalla vita di ogni popolo; siamo chiamati a lasciarci segnare dal territorio e a lasciare un'impronta che ci aiuti a costruire i sogni di unità che ci permettano di sentirci parte dello stesso corpo anche in mezzo alla diversità.

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Una Chiesa sinodale

Monsignor Joaquín Pinzón, missionario della Consolata e vescovo da dieci anni della chiesa di questa regione, il Vicariato di Puerto Leguízamo-Solano, ha notato che il cammino di accompagnamento dei processi, dei volti e delle opzioni apostoliche è stato guidato dalla Parola di Dio, incarnata nel Piano Pastorale. La strada e il cammino ci hanno aiutato a scoprire il modo di essere Chiesa nello stile di Gesù e del suo Regno: una Chiesa samaritana, casa comune, sorella e madre che accompagna, ascolta e guida, annunciando e vivendo la misericordia dalla giustizia e dalla pace, affinché tutti abbiano una vita piena, in abbondanza, di qualità. "Come credenti continuiamo a sognare un territorio possibile e una Chiesa possibile e fraterna".

* Salvador Medina è missionario della Consolata in Colombia.

La visita è una componente della nostra esperienza umana, un fatto antropologico che assume caratteristiche particolari in ogni tempo e luogo, a seconda delle culture, dei popoli e delle società, diventando così un fatto culturale.

Nella Bibbia Dio è spesso presentato come colui che visita e consola il suo popolo con buone notizie di liberazione e di pace. Gesù è la migliore espressione della visita di Dio all'umanità, e dopo di lui seguono le visite dei suoi discepoli missionari, inviati fino ai confini della terra e alla fine dei tempi.

Anche nel Vicariato di Puerto Leguízamo Solano, nei territori amazzonici del Caquetá e Putumayo (Colombia) e ai confini con l'Ecuador e il Perù, la visita è una parte importante dell’impegno pastorale di Mons. Joaquín Pinzón e tutti i missionari che lo accompagnano, fa parte della loro quotidianità missionaria.

Il giovane seminarista Alfredo Cortés ha voluto raccontare la visita a Puerto Refugio, territorio indigena ed ancestrale del Putumayo, per mezzo di tre doni –tre sacramenti– che sono stati motivo di festa per la comunità cristiana di questo territorio: il battesimo, la comunione e la cresima.

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Il dono del battesimo che è frutto della fede. "Sono stati celebrati tre battesimi e, per mezzo di questo sacramento, tre vite che sono state consacrate a Dio. I genitori sono incoraggiati a continuare i progetti di Colui che ha voluto abitare nei loro piccoli cuori".

Il dono della comunione che consolida la comunità. "Dieci erano coloro che diventavano una cosa sola con Gesù ricevendo il suo Corpo e il suo Sangue. Dopo la messa anche la tavola è stata imbandita e tutti abbiamo assaportato una grande zuppa patronale che ha sottolineato la comunione e il vissuto comunitario".

Il dono dello Spirito che anima l'impegno della vita cristiana. "Cinque giovani indigeni hanno ricevuto la pienezza dello Spirito Santo. Monsignor Joaquín li ha ascoltato la loro testimonianza e confermato la loro fede per mezzo dell'olio santo che inumidisce la fronte di chi vuole seguire da vicino il Signore". 

Monsignor Joaquín ha presieduto la celebrazione di questi tre doni e sacramenti ed è stato accompagnato all'altare dai padri Fernando e Alejandro, missionari dal volto amazzonico che accompagnano i processi di fede in questi territori che si affacciano sul fiume Putumayo.

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Il Vicariato di Puerto Leguízamo Solano (Colombia), nato dall'ex giurisdizione ecclesiastica del Vicariato di San Vicente, ha appena festeggiato 10 anni di fondazione e l’ha fatto con il suo primo vescovo, Mons. Joaquín Pinzón, Missionario della Consolata, che pochi giorni fa ha anche lui festeggiato il decimo anniversario di ordinazione episcopale. Recentemente è stato a Roma per la visita "ad limina" di una parte dell'episcopato colombiano; gli abbiamo chiesto quali sono stati i tre più grandi successi e le tre più grandi sfide di questa giovane chiesa che ha guidato fin dalla sua creazione.

Il cammino fatto

Un primo aspetto positivo del cammino di questo vicariato è stato quello di essere più vicini come Chiesa alle comunità che nella geografia amazzonica vivono in luoghi periferici e spesso a notevole distanza dai centri abitati più importanti. La prima cosa che la Chiesa ha voluto fare in questo territorio è stata quella di farsi presente. È una presenza umile ma disposta a incoraggiare, accompagnare e sostenere la popolazione nel su cammino e nella su quotidianità non sempre facile.

Una seconda conquista è stata quella di entrare in sintonia con il Sinodo dell'Amazzonia prestando attenzione ai diversi volti che compongono la pluralità etnica di questa regione: gli indigeni, i contadini, gli afro-discendenti. La nostra chiesa è fatta da loro, sono loro che disegnano il volto unico e plurale di questa chiesa amazzonica.

Un terzo risultato è aver ottenuto dei giovani che in prima persona si stanno impegnando in un cammino vocazione serio: saranno loro i ministri del domani. È bello vedere questo piccolo gruppo di giovani che vogliono mettersi al servizio dell'Amazzonia e della frontiera.

Il cammino da fare

Non sono poche le sfide che abbiamo davanti e in qualche modo loro rappresentano indicatori, percorsi e orizzonti verso i quali orientare il cammino della Chiesa che vuole rispondere ai bisogni e ai sogni della gente di questo immenso territorio. 

Un primo percorso è quindi il processo di accompagnamento degli animatori indigeni e campesinos, affinché possano emergere i diversi ministeri necessari alla crescita e alla maturità di questa chiesa.

Un secondo percorso è quello di rafforzare le vocazioni indigene; uomini e donne che, desiderosi di seguire Gesù, si impegnano nella crescita di questa Chiesa amazzonica e di frontiera.

Una terzo orizzonte invece ci invita a tessere relazioni sempre più profonde con le Chiese vicine, quelle dell'Ecuador e del Perù, che consideriamo come sorelle perché con loro condividiamo tutto: il territorio, la preoccupazione per l'ambiente e l'impegno per vivere in questa casa comune, fragile ed esuberante, che ci accoglie. I nostri popoli sono vicini e sono fratelli e sorelle. Con tutti loro, in Cristo, vogliamo avere vita piena. 

* Mons. Joaquín Pinzon, Missionario della Consolata, è il vescovo di Puerto Leguízamo (Colombia)

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