All'Angelus dell'Immacolata Concezione, il Papa si sofferma sullo sforzo diffuso di possedere e dominare, sulla fame di denaro, sul desiderio di avere "amici potenti", sui "falsi modelli luccicanti" che arrivano dai media e da internet: cedano il posto alla docilità nella misericordia del Padre, come fece la Vergine con il suo "sì" all'Arcangelo Gabriele. "Oggi è un bel giorno per decidersi di fare una bella Confessione", consiglia. "Il Signore perdona tutto"

Maria ha posto il suo destino in buone mani. Ce lo ricorda la catechesi di Papa Francesco all'Angelus domenicale della Solennità dell'Immacolata Concezione, nell'imminenza dell'apertura della Porta Santa del Giubileo. La provenienza periferica di questa umile e sconosciuta fanciulla diventa il centro di una storia nuova. Quanto siamo disposti, in un'epoca angustiata e cupa, a fare come fece lei di fronte all'Arcangelo Gabriele? Questa la domanda centrale che il Pontefice rivolge oggi.

Desiderio di dominio o affidamento alla misericordia di Dio?

La contemplazione della scena raccontata all'inizio del Vangelo di Luca - che il Papa raccomanda di andare a rileggere, spendendoci un poco di tempo, perché "vi assicuro che vi farà bene" - è accordata ai tempi di oggi. Ancora una serie di domande pone il Successore di Pietro, come aveva fatto nell'omelia della Messa celebrata poco prima in basilica. Ancora una volta, è l'individualismo e ciò che ne consegue, a preoccupare il Papa:

Nel nostro tempo, agitato da guerre e concentrato nello sforzo di possedere e dominare, dove ripongo la mia speranza? Nella forza, nel denaro, negli amici potenti, oppure nella misericordia infinita di Dio? E di fronte ai tanti falsi modelli luccicanti che circolano nei media e in internet, dove cerco io la mia felicità? Dov’è il tesoro del mio cuore? Sta nel fatto che Dio mi ama gratuitamente, che il suo amore sempre mi precede, ed è pronto a perdonarmi quando ritorno pentito a Lui? Oppure mi illudo nel cercare di affermare a tutti i costi il mio io e la mia volontà?

Lggi qui il testo integrale della Catechesi

In Maria l'incontro di umano e divino

Umano e divino si congiungono "con una delicatezza meravigliosa" in quella parolina detta da Maria. È "un istante benedetto", sottolinea il Papa. Da quell'atteggiamento di una donna di Nazaret, sono dipese le sorti dell'intera umanità.

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Come nella scena della creazione di Adamo dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina, dove il dito del Padre celeste sfiora quello dell’uomo; così anche qui, l’umano e il divino si incontrano, all’inizio della nostra Redenzione, nell’istante benedetto in cui la Vergine Maria pronuncia il suo “sì”.

Prendersi del tempo per una bella Confessione

Il Papa infine dà appuntamento a piazza di Spagna, dove si recherà nel pomeriggio come di consueto in questo giorno di festa, per l'Atto di venerazione a Maria Immacolata che rimanda, lo ricorda, a quel servizio della Parola di Dio che ciascuno è chiamato a rinnovare nel quotidiano. Qui Francesco a braccio aggiunge un consiglio: "Oggi è un bel giorno per decidersi di fare una bella confessione. Se oggi non potete andare, in questa settimana, fino a domenica prossima, aprite il cuore e il Signore perdona tutto, tutto, tutto. E così nelle mani di Maria saremo più felici...". Perché Maria è affidamento puro, amore incondizionato. 

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In lei non c’è nulla che faccia resistenza alla sua volontà, nulla che si opponga alla verità e alla carità. Ecco la sua beatitudine, che tutte le generazioni canteranno. Rallegriamoci anche noi perché l’Immacolata ci ha donato Gesù nostra salvezza!

* Antonella Palermo - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

"Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra, tutta la famiglia umana è sconfitta!" Queste le parole di Papa Francesco pronunciate al termine della preghiera dell'Angelus nella prima domenica di Avvento.

Il Pontefice, dopo aver ricordato il 40° anniversario del Trattato di Pace e di Amicizia tra Argentina e Cile, raggiunto con la mediazione della Santa Sede - "dimostra che, quando si rinuncia all’uso delle armi e si fa il dialogo, si fa un buon cammino" -, si è detto rallegrato "per il cessate-il-fuoco che è stato raggiunto nei giorni scorsi in Libano" e ha auspicato "che esso possa essere rispettato da tutte le parti, permettendo così alla popolazione delle regioni interessate dal conflitto - sia libanese sia israeliana - di tornare presto e in sicurezza a casa, anche con l’aiuto prezioso dell’esercito libanese e delle forze di pace delle Nazioni Unite".

Papa Francesco ha quindi rivolto "un pressante invito a tutti i politici libanesi, affinché venga eletto subito il Presidente della Repubblica e le istituzioni ritrovino il loro normale funzionamento, per procedere alle necessarie riforme e assicurare al Paese il suo ruolo di esempio di convivenza pacifica tra le differenti religioni".

La speranza del Papa è "che lo spiraglio di pace che si è aperto possa portare al cessate-il-fuoco su tutti gli altri fronti, soprattutto a Gaza. Ho molto a cuore la liberazione degli israeliani che ancora sono tenuti in ostaggio e l’accesso degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese stremata. E preghiamo per la Siria, dove purtroppo la guerra si è riaccesa causando molte vittime. Sono molto vicino alla Chiesa in Siria".

Infine, il Pontefice ha ribadito la sua "preoccupazione" e "dolore" per "il conflitto che continua a insanguinare la martoriata Ucraina. Assistiamo da quasi tre anni a una tremenda sequenza di morti, di feriti, di violenze, di distruzioni. I bambini, le donne, gli anziani, le persone deboli, ne sono le prime vittime".

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Il simbolo della pace sulla Lennon Wall, un muro dedicato al musicista scomparso a Prega. Foto: Shutterstock

La guerra è orrore che offende Dio

"La guerra è un orrore, offende Dio e l’umanità, non risparmia nessuno, la guerra è sempre una sconfitta per l’umanità intera!", ha aggiunto il Papa, invitando tutti a pensare "che l’inverno è alle porte, e rischia di esacerbare le condizioni di milioni di sfollati. Saranno mesi difficilissimi per loro. La concomitanza di guerra e freddo è tragica".

Da qui un nuovo l'appello "alla comunità internazionale e ad ogni uomo e donna di buona volontà, affinché si adoperino in ogni modo per fermare questa guerra e per far prevalere dialogo, fraternità, riconciliazione. Si moltiplichi, ad ogni livello, un rinnovato impegno".

"E mentre ci prepariamo al Natale, mentre attendiamo la nascita del Re della pace, si dia a queste popolazioni una speranza concreta. La ricerca della pace è una responsabilità non di pochi, ma di tutti. Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra, tutta, tutta la famiglia umana è sconfitta. Tutta la famiglia umana è sconfitta! Cari fratelli e sorelle, non stanchiamoci di pregare per quella popolazione così duramente provata e di implorare da Dio il dono della pace", ha concluso.

Leggi il testo integrale delle parole di Papa Francesco all’Angelus

* Con informazioni del Dicastero per la Comunicazione.

Francesco lo ribadisce nella Nota di accompagnamento al testo votato il 26 ottobre dall’Assemblea del Sinodo sulla sinodalità e da lui approvato. Sottolinea che “non è strettamente normativo” e che “la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni”. Ma impegna “fin da ora le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso è indicato”. Perché il cammino del Sinodo oggi “prosegue nelle Chiese locali”

Il Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, approvato da Papa Francesco il 26 ottobre scorso, “partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro e come tale chiedo che venga accolto”. Il Papa, nella Nota di accompagnamento del Documento, firmata ieri, solennità di Cristo Re dell’Universo, e diffusa oggi, ribadisce, come detto in occasione dell’approvazione, che esso “non è strettamente normativo” e che “la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni”. Ma “questo non significa che non impegni fin da ora le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso è indicato”. Infatti il documento stesso “rappresenta una forma di esercizio dell’insegnamento autentico del Vescovo di Roma che ha dei tratti di novità”, ma corrisponde a quanto affermato da Francesco nell’ottobre 2015 sulla sinodalità, che è “la cornice interpretativa adeguata per comprendere il ministero gerarchico”.

Leggi qui il testo integrale della Nota di Papa Francesco

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Papa Francesco in chiusura del Sinodo dei Vescovi - XVII Congregazione Generale. Foto: Vatican Media

Comunione, partecipazione e missione

Il Pontefice conferma che il cammino del Sinodo da lui avviato nell’ottobre 2021, nel quale la Chiesa, in ascolto dello Spirito Santo, è stata chiamata “a leggere la propria esperienza e a identificare i passi da compiere per vivere la comunione, realizzare la partecipazione e promuovere la missione che Gesù Cristo le ha affidato”, prosegue nelle Chiese locali, facendo tesoro proprio del Documento finale. Un testo che è stato “votato e approvato dall’Assemblea in tutte le sue parti”, e che anche Papa Francesco ha approvato e, firmandolo, ne ha disposto la pubblicazione, “unendomi al ‘noi’ dell’Assemblea”.

I temi affidati ai dieci gruppi di studio

Ricordando quanto dichiarato il 26 ottobre, il Papa ribadisce che “c’è bisogno di tempo per giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta”, e che “questo vale in particolare per i temi affidati ai dieci gruppi di studio, ai quali altri potranno aggiungersi, in vista delle necessarie decisioni”. E sottolinea nuovamente, citando quanto scritto nell’Esortazione postsinodale Amoris laetitia, che “non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”. Come pure che “in ogni Paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali”.

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Le indicazioni che già possono essere recepite nelle Chiese locali

Francesco aggiunge che il Documento finale contiene indicazioni che “già ora possono essere recepite nelle Chiese locali e nei raggruppamenti di Chiese, tenendo conto dei diversi contesti, di quello che già si è fatto e di quello che resta da fare per apprendere e sviluppare sempre meglio lo stile proprio della Chiesa sinodale missionaria”. D’ora in poi, scrive il Pontefice, “nella relazione prevista per la visita ad limina ciascun vescovo avrà cura di riferire quali scelte sono state fatte nella Chiesa locale a lui affidata in rapporto a ciò che è indicato nel Documento finale, quali difficoltà si sono incontrate, quali sono stati i frutti”.

Ora le parole condivise siano accompagnate dai fatti

Il compito di accompagnare questa “fase attuativa” del cammino sinodale, conclude Papa Francesco, è affidato alla Segreteria Generale del Sinodo insieme ai Dicasteri della Curia Romana. E ribadisce ancora, come detto il 26 ottobre, che il cammino sinodale della Chiesa Cattolica, “ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti”. Lo Spirito Santo, dono del Risorto, è la sua preghiera finale “sostenga e orienti la Chiesa tutta in questo cammino”.

* Alessandro Di Bussolo, Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

Al termine della celebrazione, il tradizionale passaggio dei Simboli della GMG tra Lisbona e Seoul

Si celebrerà domenica 24 novembre 2024, Solennità di Cristo Re dell’Universo, la 39° edizione della Giornata Mondiale della Gioventù. Quest’anno, il Santo Padre ha scelto come tema il brano del Libro del profeta Isaia: «Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi» (cfr Is 40,31).

La Giornata Mondiale della Gioventù si svolgerà in tutto il mondo, a livello di Chiese particolari, e farà seguito alla 38° edizione e alla celebrazione internazionale svoltasi a Lisbona, in Portogallo, nell’agosto del 2023.

Come di consueto, il Santo Padre Francesco presiederà la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro alle ore 9.30. Al termine, si svolgerà il tradizionale passaggio dei simboli della Giornata Mondiale della Gioventù, dando inizio al loro pellegrinaggio verso Seoul 2027.

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Leggi qui il Messaggio di Papa Francesco per la 39° Giornata Mondiale della Gioventù

I simboli della GMG - la Croce dei Giovani e l’Icona di Maria Salus Populi Romani - verranno consegnati, prima dei riti di conclusione, da una delegazione di giovani portoghesi ad una delegazione di giovani coreani, accompagnati dai loro pastori. I giovani coreani potranno così dare il via al pellegrinaggio dei simboli in Corea e in vari paesi dell'Asia, portandoli ovunque – nelle città, nelle campagne, fra i sofferenti, i carcerati, i poveri, con particolare riferimento ai giovani senza speranza – per recare a tutti vicinanza e consolazione. Tale pellegrinaggio è particolarmente significativo dato che si svolgerà in Paesi prevalentemente non cristiani.

L’auspicio è che tanti giovani diventino “instancabili missionari della gioia” (cfr. Papa Francesco, Messaggio per la 39° Giornata Mondiale della Gioventù) e che anche chi non ha mai partecipato ad una GMG, nei prossimi tre anni, percorra un cammino, soprattutto interiore, per arrivare a dare una coraggiosa testimonianza di Cristo.

Il 24 novembre saranno presenti in Basilica: una delegazione di circa 100 giovani portoghesi, accompagnati dal Patriarca di Lisbona, S. Ecc. Mons. Rui Manuel Sousa Valério, e dal Coordinatore generale della GMG di Lisbona 2023, S. Em. Card. Américo Manuel Alves Aguiar; una delegazione di circa 100 coreani, accompagnati dall’Arcivescovo di Seoul, S. Ecc. Mons. Peter Chung Soon-taek, e dal Coordinatore generale della GMG di Seoul 2027, S. Ecc. Mons. Paul Kyung Sang Lee; giovani romani che concluderanno la celebrazione della GMG a livello diocesano con il loro Vescovo, papa Francesco.

Considerando l’universalità del momento, rappresentanti di altre parti del mondo proclameranno le letture e la preghiera universale dei fedeli: giovani di madrelingua coreana, portoghese, italiana, inglese, francese, spagnola e cinese si alterneranno nel corso della celebrazione liturgica. Durante la presentazione delle offerte, poi, saranno presenti giovani provenienti dai 5 continenti. Attraverso la vita e le storie di questi giovani, è rappresentata anche la ricchezza e la diversità vocazionale di ognuno, poiché tra di loro ci sono giovani sposati, non sposati e religiosi.

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La storia dei simboli della GMG

La Croce dei Giovani venne affidata ai giovani da San Giovanni Paolo II in occasione del primo Raduno dei giovani, nel 1984.

Alla fine dell’Anno Santo della Redenzione, dopo aver chiuso la Porta Santa, Papa Giovanni Paolo II consegnò la Croce alla gioventù del mondo con queste parole: “Portatela nel mondo, come segno dell'amore del Signore Gesù per l'umanità ed annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c'è salvezza e redenzione”.

Dal 2003, la Croce è accompagnata dall’icona di Maria Salus populi romani, segno della tenerezza materna di Maria e della maternità stessa della Chiesa per tutta l’umanità.

Tutte le tappe, dal 1984 ad oggi, della Croce dei giovani e dell’Icona Salus populi romani si possono trovare sul sito del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

* Con informazioni del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

“La preghiera del povero sale fino a Dio” (cfr Siracide 21,5).

"Lo dico alla Chiesa, lo dico ai Governi degli Stati e alle Organizzazioni internazionali, lo dico a ciascuno e a tutti: per favore, non dimentichiamoci dei poveri". Sono le parole con cui papa Francesco ha concluso la sua omelia nella Messa per la VIII Giornata Mondiale dei Poveri, questa domenica, 17 novembre 2024.

Francesco ha invitato la Chiesa a sentire “la stessa compassione del Signore” davanti agli ultimi, e chiesto ai cristiani di diventare “segno della presenza del Signore”, vicini alla sofferenza dei bisognosi per lenire le loro ferite e cambiare la loro sorte”: Solo così la Chiesa “diventa se stessa, casa aperta a tutti”.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo nella XXXIII Domenica del Tempo Ordinario.

Le parole che abbiamo appena ascoltato potrebbero suscitare in noi sentimenti di angoscia; in realtà, sono un grande annuncio di speranza. Infatti, se da una parte Gesù sembra descrivere lo stato d’animo di chi ha visto la distruzione di Gerusalemme e pensa che ormai sia arrivata la fine, allo stesso tempo Egli annuncia qualcosa di straordinario: proprio nell’ora dell’oscurità e della desolazione, proprio quando tutto sembra crollare, Dio viene, Dio si fa vicino, Dio ci raduna per salvarci.

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Papa Francesco durante l’omelia. Foto: Vatican Media

Gesù ci invita ad avere uno sguardo più acuto, ad avere occhi capaci di “leggere dentro” gli avvenimenti della storia, per scoprire che, anche nelle angosce del nostro cuore e del nostro tempo, c’è un’incrollabile speranza che brilla. In questa Giornata Mondiale dei Poveri, allora, soffermiamoci proprio su queste due realtà: angoscia e speranza, che sempre si sfidano a duello nel campo del nostro cuore.

Anzitutto l’angoscia. È un sentimento diffuso nella nostra epoca, dove la comunicazione sociale amplifica problemi e ferite rendendo il mondo più insicuro e il futuro più incerto. Anche il Vangelo oggi si apre con un quadro che proietta nel cosmo la tribolazione del popolo, e lo fa utilizzando il linguaggio apocalittico: «Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno…» e così via (Mc 13,24-25).

Se il nostro sguardo si ferma soltanto alla cronaca dei fatti, dentro di noi l’angoscia ha il sopravvento. Anche oggi, infatti, vediamo il sole oscurarsi e la luna spegnersi, vediamo la fame e la carestia che opprimono tanti fratelli e sorelle che non hanno da mangiare, vediamo gli orrori della guerra, vediamo le morti innocenti. Davanti a questo scenario, corriamo il rischio di sprofondare nello scoraggiamento e di non accorgerci della presenza di Dio dentro il dramma della storia. Così ci condanniamo all’impotenza; vediamo crescere attorno a noi l’ingiustizia che provoca il dolore dei poveri, ma ci accodiamo alla corrente rassegnata di coloro che, per comodità o per pigrizia, pensano che “il mondo va così” e “io non posso farci niente”. Allora anche la stessa fede cristiana si riduce a una devozione innocua, che non disturba le potenze di questo mondo e non genera un impegno concreto nella carità. E mentre una parte del mondo è condannata a vivere nei bassifondi della storia, mentre le disuguaglianze crescono e l’economia penalizza i più deboli, mentre la società si consacra all’idolatria del denaro e del consumo, succede che i poveri, gli esclusi non possono fare altro che continuare ad aspettare (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 54).

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Foto: Jaime C. Patias

Ma ecco che Gesù, in mezzo a quel quadro apocalittico, accende la speranza. Spalanca l’orizzonte, allarga il nostro sguardo perché impariamo a cogliere, anche nella precarietà e nel dolore del mondo, la presenza dell’amore di Dio che si fa vicino, che non ci abbandona, che agisce per la nostra salvezza. Infatti, proprio mentre il sole si oscura e la luna smette di brillare e le stelle cadono dal cielo, dice il Vangelo, «vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria»; ed Egli «radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo» (vv. 26-27).

Con queste parole, Gesù sta indicando anzitutto la sua morte, che avverrà di lì a poco. Sul Calvario, infatti, il sole si oscurerà, le tenebre scenderanno sul mondo; ma proprio in quel momento il Figlio dell’uomo verrà sulle nubi, perché la potenza della sua risurrezione spezzerà le catene della morte, la vita eterna di Dio sorgerà dal buio e un mondo nuovo nascerà dalle macerie di una storia ferita dal male.

Fratelli e sorelle, questa è la speranza che Gesù ci vuole consegnare. E lo fa anche attraverso una bella immagine: guardate alla pianta del fico – dice –, perché «quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, significa che l’estate è vicina» (v. 28). Allo stesso modo, anche noi siamo chiamati a leggere le situazioni della nostra vita terrena: laddove sembra esserci soltanto ingiustizia, dolore e povertà, proprio in quel momento drammatico, il Signore si fa vicino per liberarci dalla schiavitù e far risplendere la vita (cfr v. 29). E si fa vicino con la nostra vicinanza cristiana, con la nostra fratellanza cristiana. Non si tratta di buttare una moneta nelle mani di quello che ha bisogno. A quello che dà l’elemosina io domando due cose: “Tu tocchi le mani della gente o butti la moneta senza toccarle? Tu guardi negli occhi la persona che aiuti o guardi da un’altra parte?”.

Siamo noi i suoi discepoli, che grazie allo Spirito Santo possiamo seminare questa speranza nel mondo. Siamo noi che possiamo e dobbiamo accendere luci di giustizia e di solidarietà mentre si addensano le ombre di un mondo chiuso (cfr Enc. Fratelli tutti, 9-55). Siamo noi che la sua Grazia fa brillare, è la nostra vita impastata di compassione e di carità a diventare segno della presenza del Signore, sempre vicino alle sofferenze dei poveri, per lenire le loro ferite e cambiare la loro sorte.

Fratelli e sorelle, non dimentichiamolo: la speranza cristiana, che si è compiuta in Gesù e si realizza nel suo Regno, ha bisogno di noi, ha bisogno del nostro impegno, ha bisogno di una fede operosa nella carità, ha bisogno di cristiani che non si girano da un’altra parte. Io guardavo una fotografia che ha fatto un fotografo romano: uscivano da un ristorante, una coppia adulta, quasi anziani, in inverno; la signora ben coperta con la pelliccia e l’uomo pure. Alla porta, c’era una signora povera, sdraiata sul pavimento, che chiedeva l’elemosina e ambedue guardavano dall’altra parte… Questo succede ogni giorno.

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Domandiamoci noi: io guardo da un’altra parte quando vedo la povertà, le necessità, il dolore degli altri? Un teologo del Novecento diceva che la fede cristiana deve generare in noi “una mistica dagli occhi aperti”, non una spiritualità che fugge dal mondo ma – al contrario – una fede che apre gli occhi sulle sofferenze del mondo e sulle infelicità dei poveri per esercitare la stessa compassione di Cristo. Io sento la stessa compassione del Signore davanti ai poveri, davanti a coloro che non hanno lavoro, che non hanno da mangiare, che sono emarginati dalla società? E non dobbiamo guardare solo ai grandi problemi della povertà mondiale, ma al poco che tutti possiamo fare ogni giorno con i nostri stili di vita, con l’attenzione e la cura per l’ambiente in cui viviamo, con la ricerca tenace della giustizia, con la condivisione dei nostri beni con chi è più povero, con l’impegno sociale e politico per migliorare la realtà che ci circonda. Potrà sembraci poco cosa, ma il nostro poco sarà come le prime foglie che spuntano sull’albero di fico, il nostro poco sarà un anticipo dell’estate ormai vicina.

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Carissimi, in questa Giornata Mondiale dei Poveri mi piace ricordare un monito del Cardinale Martini. Egli disse che dobbiamo stare attenti a pensare che c’è prima la Chiesa, già solida in sé stessa, e poi i poveri di cui scegliamo di occuparci. In realtà, si diventa Chiesa di Gesù nella misura in cui serviamo i poveri, perché solo così «la Chiesa “diventa” sé stessa, cioè la Chiesa diventa casa aperta a tutti, luogo della compassione di Dio per la vita di ogni uomo» (C.M. Martini, Città senza mura. Lettere e discorsi alla diocesi 1984, Bologna 1985, 350).

E lo dico alla Chiesa, lo dico ai Governi, lo dico alle Organizzazioni internazionali, lo dico a ciascuno e a tutti: per favore, non dimentichiamoci dei poveri.

Progetto di carità per la Siria e il pranzo con i poveri

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Il Papa ha pranzato in Aula Paolo VI insieme a 1.300 poveri. Foto: Jaime C. Patias

Prima della Messa, simbolicamente Papa Francesco ha benedetto 13 chiavi, che rappresentano i 13 Paesi in cui la Famvin Homeless Alliance (FHA), della Famiglia Vincenziana, con il Progetto "13 case" per il Giubileo, costruirà nuove abitazioni per persone disagiate. Tra questi Paesi c’è anche la Siria, le cui 13 case saranno finanziate direttamente dalla Santa Sede come gesto di carità per l'Anno Santo. Un atto di solidarietà reso possibile grazie alla generosa donazione da parte di UnipolSai, che con entusiasmo ha voluto contribuire in vista dell’Anno Santo a questo segno di speranza per una terra ancora martoriata a causa della guerra.

Al termine della Messa e dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha pranzato in Aula Paolo VI insieme a 1.300 poveri. Il pranzo, organizzato dal Dicastero per il Servizio della Carità, è stato offerto quest'anno dalla Croce Rossa Italiana e allietato dalla loro Fanfara Nazionale. Al termine del pranzo a ciascuna persona è stato distribuito uno zaino offerto dai Padri Vincenziani (Congregazione della Missione), contenente dei viveri e dei prodotti per l'igiene personale.

* Padre Jaime C. Patias, IMC. Con informazioni del Dicastero per la Comunicazione 

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