Ascensione e Missione

“Gli Undici (discepoli) devono raggiungere la certezza della risurrezione, devono passare dalla perplessità alla fede nel risorto, dalle tenebre alla luce per poter essere testimoni della risurrezione”. Con questa affermazione, il biblista e professore, padre Antonio Magnante, IMC, ha iniziato la sua riflessione sull'Ascensione e la Missione nel ritiro predicato alla comunità della Casa Generalizia IMC questo sabato, 04 maggio a Roma.

“Il fondamento di tutto è fare un'esperienza personale di Cristo, come ha fatto l'Apostolo Paolo sulla via di Damasco", ha sottolineato.

“Nella finale del Vangelo di Luca si legge una versione dell’episodio dell’ascensione al cielo di Gesù (Lc 24,50-53). All’essere trasportato in cielo di Gesù corrisponde una prima reazione degli Undici: 'si prostrarono davanti a lui', riconoscendolo come il Kyrios glorificato (Atti 2,36). Un atto che è un implicito atto di fede nella divinità di Gesù.

La seconda reazione è di gioia: 'tornarono a Gerusalemme con grande gioia'. Questa loro gioia richiama quella annunciata dall’angelo ai pastori alla nascita del Salvatore (l’angelo: ecco vi annuncio una grande gioia Lc 2,10)”, spiega il biblista con anni di esperienza di insegnamento nelle facoltà teologiche di Londra e Nairobi.

Come di consueto, il ritiro si è concluso con la Messa nella cappella della Casa Generalizia. Condividiamo nel video l'omelia di padre Antonio Magnante. (Realizzazione: Fr. Adolphe Mulengezi)

Di seguito, pubblichiamo il testo integrale della meditazione di padre Antonio Magnante che ringraziamo per averla messa a disposizione di tutti.

 

Il Consigliere generale per l'America presenta il documento “effathá” che aiuterà a orientare la missione nel Continente e invita i missionari e le comunità a utilizzarlo nei loro progetti e programmi.

Aprirsi allo spirito del Continente

“Aprendoci allo spirito della continentalità, per mezzo dell'ascolto reciproco, impariamo a discernere e progettare insieme i processi che ci permettono di continuare a camminare come una sola famiglia in missione”. Questo è stato il lavoro svolto durante l'Assemblea continentale post-capitolare che si è tenuta a San Paolo (Brasile) nel mese di novembre 2023.

Ce lo ha spiegato padre Juan Pablo De los Rios, Consigliere generale per l'America, presentando il documento finale dell'incontro: “questo documento che abbiamo chiamato effathá non intende annullare il Progetto Missionario Continentale (2017), e nemmeno invalidare il grande lavoro di coordinamento che hanno svolto le commissioni continentali che sono state al servizio del Consiglio Continentale. Al contrario, il lavoro svolto è servito a rivedere e perfezionare i progetti, le attività e i processi in corso per poi –insieme e alla luce del XIV Capitolo Generale– introdurre miglioramenti che ci permetteranno di raggiungere una maggiore efficienza ed efficacia nella missione", afferma padre Juan Pablo.

Nel video che segue, il Consigliere Generale evidenzia i temi principali del documento, invitando tutti i missionari e le circoscrizioni presenti nel continente a leggerlo e a metterlo in pratica: “le riflessioni e le proposte sono utili per illuminare il lavoro delle commissioni che animano le opzioni e i servizi del IMC, così come per preparare le conferenze regionali in modo che siano in sintonia con la vita missionaria del continente americano”.

Vedi il video con il messaggio del padre Juan Pablo de los Rios

Nell'evidenziare alcune opzioni dell'Istituto nel continente, padre Juan Pablo ha ricordato che le commissioni per l'Amazzonia, la Pastorale indigena e la Pastorale afro hanno già alcune iniziative in corso per promuovere la riflessione, la ricerca, la qualificazione e l'organizzazione delle diverse esperienze. La sfida è quella di lavorare insieme “per generare legami e azioni insieme e non camminare in modo isolato”. Inoltre, “dobbiamo riconoscere gli altri attori che lavorano nello stesso territorio” con i quali dobbiamo unire le forze per essere più efficaci. “Nella Pastorale Afro - ha ricordato padre Juan Pablo - continua il discernimento per aprire una nuova presenza in America Centrale”.

Nelle periferie urbane delle grandi città, dove vivono molti migranti, abbiamo delle parrocchie e a questo proposito “il documento ci invita a creare uno strumento, qualcosa di simile a un direttorio, per guidare la missione nelle parrocchie delle città secondo le linee che sono nostre e proprie dell'Istituto”.

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Assemblea continentale post-capitolare che si è tenuta a San Paolo (Brasile) nel mese di novembre 2023. Foto: Julio Carldeira

Struttura del documento

Nelle sue 30 pagine, il documento effathá propone, in un primo momento, una narrazione storica per collocarci nel contesto del cammino percorso finora dai Missionari della Consolata nel continente. In secondo luogo mette in evidenza gli aspetti con i quali il XIV Capitolo generale illumina il continente americano e che aiutano a rivedere e dare nuovo significato al nostro impegno missionario. In terzo luogo, dà voce ai membri della Famiglia della Consolata, esterni all'Assemblea, che hanno assunto nella loro vita la ricchezza del carisma lasciatoci dal Beato Allamano.

Alla fine presenta il “piano strategico per l'attuazione e il miglioramento continuo della missione, come risultato di un grande sforzo per organizzare piani d'azione comuni, che ci permettono di vivere la missione nello spirito della continentalità”, .

L'obiettivo è indicare nuove strade e fare nuove proposte, per alleggerire e qualificare i servizi della gestione e dell'organizzazione missionaria nel continente. Effatha mostra “il grande desiderio di camminare insieme, di lavorare in sinodalità e di celebrare la missione in uno spirito di famiglia, tutti uniti per il bene del Vangelo”.

* Jaime C. Patias e Fr. Adolphe Mulengezi, IMC, Segreteria per la Comunicazione.

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Partecipanti all'Assemblea continentale post-capitolare presso il Santuario di Aparecida, San Paolo (Brasile). Foto: Jaime C. Patias

“Il missionario nella comunità, la nostra missione ad gentes, l’organizzazione e l’economia per la missione”, sono questi i temi più importanti per continuare il percorso di evangelizzazione fatto dai missionari della Consolata in Africa”, spiega il padre Erasto Colnel Mgalama nel  presentare il Documento finale dell’Assemblea continentale tenuta in Tanzania dopo il XIV Capitolo Generale.

Nel video che pubblichiamo di seguito, il Consigliere generale per l'Africa sottolinea che il cuore dei temi che guideranno la missione dell’istituto nel sessennio è “il missionario nella comunità”. Questo è anche, “il cuore del XIV Capitolo generale che ci invita a una profezia radicale. Siamo consacrati per la missione vivendo come una famiglia in comunità”. In questo senso, secondo padre Erasto, una domanda fondamentale è: “il nostro stile di formazione aiuta a formare missionari che possono vivere nella comunità?”

Dunque il tema centrale contiene tre movimenti:

L’identità: questo “aspetto sarà sottolineato in modo diverso in ogni cultura nelle circoscrizioni in cui lavoriamo.

La formazione: la nostra consacrazione “richiede un costante rinnovamento spirituale e un impegno personale attraverso una profonda vita di preghiera, al fine di vivere veramente per Dio e solo per Dio”.

Il carisma: “Siamo inviati a servire per fare risplendere l'amore di Dio nel mondo, e in particolare nella vita dei poveri e di coloro che vivono ai margini della società a causa delle disuguaglianze e delle ingiustizie”. In questo senso, è importante incoraggiare la non violenza come stile e mezzo  per riprendere l’impegno per la Giustizia, la pace e l’integrità del Creato - GPIC).

Vedi qui il video con il messaggio di padre Erasto Mgalama (Realizzazione: SGC)

Il nostre ad gentes

Nel continente africano abbiamo già presenze tradizionali che durano nel tempo e in queste missioni dobbiamo avere una “presenza qualificata e qualificante”. Ciò significa che, oltre il lavoro nelle parrocchie “dobbiamo spronare la Chiesa locale ad abbracciare la dimensione ancora più profonda, l’impegno per la missione,  altrimenti, perderemmo la nostra identità missionaria”.

La prima parte del Documento finale dall'assemblea tenutasi in Tanzania nel dicembre 2023, presenta “la nostra presenza storica nel continente africano. La seconda parte, a sua volta, presenta la storia e la realtà del continente. La terza parte parla del lavoro svolto dalle commissioni continentali e dalle circoscrizioni che hanno evidenziato le priorità, frutto della riflessione di tutti i missionari”.

Questi e tanti altri aspetti del cammino che l'Istituto dovrà fare nel sessennio si trovano nel Documento che dovrebbe essere conosciuto da tutti i missionari che operano nei diversi paesi dell’Africa.

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Partecipanti alla XII Conferenza regionale IMC in Tanzania. Foto: Paulino Madeje

A nome della Direzione Generale, il padre Erasto Mgalama invita tutti i missionari studiare il Documento nelle Conferenze di Circoscrizione e nelle comunità locali. “Il nostro impegno è quello di contestualizzare le decisioni del XIV Capitolo generale nella realtà del Continente”.

* Padre Jaime C. Patias e Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, Segretariato per la Comunicazione.

“In Brasile, la Pastorale afro ha mosso i primi passi nel 1988, ma ha ancora bisogno di essere strutturata in tutte le diocesi come parte dell'azione evangelizzatrice della Chiesa”, dice padre Ibrahim Musyoka, IMC, coordinatore della Pastorale afro dell'arcidiocesi di Feira de Santana (Bahia).

E’ questa un pastorale che cerca di porre attenzione ai gruppi di afrodiscendenti presenti nella società brasiliana. “Un Sinodo dei vescovi sulla Pastorale afro, come è stato fatto per l'Amazzonia, aiuterebbe molto in questo difficile lavoro”, afferma il missionario.

Quest'anno si conclude il Decennio internazionale per le persone di origine africana (2015-2024), proclamato dalle Nazioni Unite per incoraggiare gli Stati membri a promuovere attività con il fine di riconoscere, rendere giustizia e facilitare lo sviluppo dei milioni di persone di origine africana nel mondo che ancora soffrono dello stigma del razzismo, della discriminazione e dell'inferiorità che ha accompagnato le loro vite da quando i loro antenati sono stati sradicati dall'Africa e portati in altri Paesi in condizioni di schiavitù.

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Padre Ibrahim Muinde Musyoka, missionario della Consolata kenyota in Brasile. Foto: Ed Santos/Acorda Cidade

La Pastorale afro, che la Chiesa in Brasile (e in altri Paesi) ha creato, ha forse accolto questa iniziativa dell'ONU per dare nuova linfa al lodevole sforzo di inclusione, valorizzazione e dialogo interreligioso che dal 1988 si sta realizzando per le persone di origine africana? “A quanto pare, no”. Padre Ibrahim, missionario della Consolata del Kenya, in Brasile dal 2016, dove ha studiato teologia ed attualmente vicario della parrocchia di São Roque da Matinha, la prima parrocchia quilombola in Brasile (eretta nel 2021) – spiega che questa iniziativa dell'ONU non ha avuto alcuna ripercussione nella Chiesa, perché essa “non mostra ancora molto piacere nel parlare della questione”.

Nell’intervista, il padre Ibrahim ha parlato della Pastorale afro che porta avanti nella parrocchia di Matinha, di come è strutturata, nonché dello sforzo di aiutare la popolazione, tutta di origine africana, a superare  steccati e barriere, anche se in generale più abituata a pensare di non avere nulla da dare e nulla da pretendere. Così, nell'illustrare le numerose attività svolte (in campo educativo, culturale, religioso e storico), il missionario sottolinea che esse sono orientate ad accrescere l'autostima degli afrobrasiliani e la visione generale dell'Africa, che viene sempre mostrata a partire da una prospettiva negativa. La Pastorale afro “cerca di presentare l'altra faccia dell'Africa e della popolazione afrobrasiliana”, ribadisce.

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Un momento culturale della Pastorale afro nella parrocchia di São Roque da Matinha, Bahia. Foto: Jaime C. Patias

La Pastorale afro in Brasile è iniziata in modo strutturato nel 1988, proprio con la Campagna della Fraternità promossa dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) durante la Quaresima di quell’anno che aveva come tema “Fraternità e il popolo nero” e come motto “Ascolta il grido del mio popolo”. Purtroppo, “a molti membri della Chiesa manca ancora” - secondo il nostro intervistato – “un atteggiamento e un'educazione che li porti a considerare e ad abbracciare la Pastorale afro come parte integrante dell'azione evangelizzatrice della Chiesa e non solo come carisma particolare di pochi. È necessario ascoltare davvero il grido di questo popolo”. Dobbiamo ricordare che “la Pastorale afro non è una fantasia, ma uno sguardo sincero e onesto sulla vita reale della gente” - sottolinea padre Ibrahim.

Alla domanda sul contributo che il Sinodo dei vescovi per l'Amazzonia potrebbe dare anche per la Pastorale afro e sulla necessità di un Sinodo dei vescovi sul tema degli afrodiscendenti, il vicario della parrocchia di São Roque di Matinha risponde che “Tale sinodo è necessario e urgente” e ipotizza la sua tenuta a livello continentale o in paesi dove l’esperienza della pastorale afro sembra già assodata come Brasile, Colombia, Caraibi...

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Francisca das Virgens Fonseca, membro dell'équipe di formazione Pastorale afro dell'Arcidiocesi di Feira de Santana. Foto: Ed Santos /Acorda Cidade

Nell’intervista si citano anche argomenti espressi su questo tema nei documenti della chiesa come l'incoraggiamento del Concilio Vaticano II per l'inculturazione e l'inclusione dei popoli; le conferenze continentali latinoamericane come Puebla, Medellin, Santo Domingos e altre, che hanno in qualche modo creato un clima favorevole alla Pastorale afro. Nella sua valutazione il padre Ibrahim Muinde dice “mancano le risorse umane e materiali, così come una maggiore volontà di vitalizzare questa Pastorale”.

La questione della necessità di un maggiore dialogo interreligioso tra il cristianesimo e le religioni di origine africana, un tempo considerate “primitive”, e il tema della teologia africana non sono assenti da questa ampia conversazione. Si tratta di temi che vengono presi in considerazione anche negli incontri di Pastorale afro a livello nazionale e continentale e risultano molto utili per uno scambio generale sui vari aspetti del lavoro che la Chiesa deve fare per riconoscere pienamente l'importanza e il contributo dei discendenti dell'Africa al Brasile.

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Incontro continentale di Pastorale afro nel 2022 in Messico. Foto: archivio personale di p. Ibrahim Musyoka

In realtà, il prossimo incontro continentale si terrà nel 2025 e potrebbe svolgersi in Argentina, un Paese la cui patrona, la Madonna di Lujan, è legata alla figura di un afrodiscendente schiavizzato, tuttavia l’Argentina è uno di quei Paesi in cui la presenza storica dei afrodiscendenti è stata, in gran parte, negata, rifiutata.

Trovi qui l'audio integrale dell'intervista a padre Ibrahim Muinde Musyoka (Radio Vaticana)

Fonte: Pubblicato originalmente in www.vaticannews.va

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IV Festival della Fede e della Cultura nell'Arcidiocesi di Cali, Colombia. Foto: Jaime C. Patias

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Incontro di Pastorale Afro dei missionari della Consolata presso il Centro di Pastorale e Spiritualità Afro di Cali, Colombia (dal 26 settembre al 2 ottobre 2022). Foto: Jaime C. Patias.

 

Il missionario della Consolata è deceduto il 04 aprile 2024 ad Alpignano, in Italia. Aveva 87 anni di età, di cui 62 di Professione Religiosa e 59 anni di Sacerdozio. La sua culla-casa era quella di Giovanni e Maria Bernardi, il suo nome completo Ezio Maria Roattino.

Un uomo di frontiera

Padre Ezio era originario dell’Istria, - una nazione che non era nazione e che ha subito gli effetti di una delle più burrascose vicende del secolo XX - e quindi fin dalla sua nascita, il 19 novembre del 1936, divenne costruttore di ponti: tra il mare liquido e la terraferma, tra la Croazia, l'Italia e l’antica Jugoslavia, tra il cristianesimo cattolico e il comunismo, tra la Chiesa europea e i territori e le realtà di missione al di là della frontiera.

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Il Superiore Generale, P. James Lengarin con il P. Ezio Roattino nella comunità di Alpignano. Foto: Jaime C. Patias

Questa dimensione della sua esistenza lo ha reso cittadino del mondo, fratello universale, personalità forte, appassionata e compassionevole. tra le sue scelte solidali e missionarie ha cercato i poveri nelle favelas urbane del Brasile, come quella di Telégrafo di Rio de Janeiro. I contadini della regione del Magdalena Medio, in Colombia. Gli indigeni del Nord del Cauca, sempre in Colombia, con i quali ha camminato per gran parte della sua vita e dove certamente avrebbe voluto morire ed essere sepolto, insieme al Nasa Pal Alvaro Ulcué Chocué, suo amico sacerdote e martire, della comunità indigena dei Paeces.

Per costruire questi ponti ecologici, culturali, religiosi, politici e ideologici, senza compromettere la propria identità e la propria missione, senza chiudersi alla novità degli altri, imparò le lingue e coniugò i verbi in croato e in italiano, in sloveno e in inglese, in portoghese e in spagnolo, in latino, in paez o nasa, e altri ancora.

Discepolo missionario

Emise la sua professione religiosa con i Missionari della Consolata il 2 ottobre 1962 nella Certosa di Pesio (Cuneo), ed è stato ordinato sacerdote dal vescovo Maccari di Mondovì il 19 dicembre 1964.

Come i primi chiamati dal Maestro di Galilea, Ezio ha ricevuto una solida formazione umana e spirituale, filosofica, teologica e missionaria. In questo modo ha imparato a stare con il Maestro, di cui ha cercato di essere fedele discepolo fino alla fine della sua vita, il 4 aprile 2024, ad Alpignano, in Italia, lontano dalla Cordigliera delle Ande, senza sapere bene perché, o per cosa. Forse solo per morire.

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Padre Ezio Roattino partecipa alla celebrazione per ricordare il padre Álvaro Ulcué, assassinato nel 1984 a Toribio, in Colombia.

Uomo di fede, giovane e di bell'aspetto, capace di leggere la vita non come una catena di coincidenze ma di provvidenze che lui amava chiamare “dio-cidenze" per prima parte, fiducioso come il padre Abramo, per l'immenso Brasile; poi torna a prestare servizio in Italia come animatore e formatore missionario; e alla fine ritorna nel continente americano –indigena, afro e latino– questa volta in Colombia, come membro di una "équipe missionaria", che aveva l'intenzione di vivere una missione evangelizzatrice di inculturazione - liberazione, mai più di colonizzazione.

Fratelli, amici e compagni, Antonio Bonanomi, Salvatore Mura, Ezio Roattino, Vincenzo Pellegrino e Sergio Gruppo, si sono dedicati a vivere, costruire e mostrare agli altri la missione di consolazione e liberazione tra i più poveri, i più lontani e gli esclusi. A loro si sono aggiunti negli anni altri missionari: religiosi della Consolata, sacerdoti diocesani e istituzioni laiche locali e straniere.

Ezio ha  saputo unire il suo impegno missionario con altri servizi all'Istituto della Consolata: è stato formatore di studenti di teologia a Londra, superiore della Regione Colombia-Ecuador e maestro dei Novizi a Buenos Aires in Argentina. Ma nel suo caso ogni allontanamento dalla sua opzione prioritaria, il popolo indigeno, è sempre stato accompagnato dall'impegno di ritornare per essere fedele all’eredità che aveva ricevuto nel 1984 a Toribio –paese indigeno– dalla volontà e dal cuore di padre Alvaro Ulcué.

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Incontro tra amici della missione. P. Juan Pablo de los Rios, P. Ezio Roattino, P. Venenzio Mwangi e P. Francisco Pinilla

Aveva fatto suo il progetto o piano di vita del popolo Nasa, che il padre Alvaro aveva ideato e avviato e per il quale fu assassinato. Ezio lo ha ricevuto dal suo amico e compagno, lo ha condiviso con tutti i missionari della Consolata della Regione e tutti noi lo abbiamo fatto nostro con gratitudine e speranza.

Hai voluto chiamarti Ezio Guadalupe e con questo nome hai preso come maestra la madonna che papa Giovanni Paolo II definí la “pedagoga del Vangelo pienamente inculturato nel mondo azteco”. Anche grazie al tuo umile e persistente impegno il cammino di inculturazione del vangelo si è espanso in tutto il continente e nel mondo intero. Grazie Ezio Maria –Guadalupe– Roattino. Oggi la tua eredità viene consegnata e condivisa.

* Padre Salvador Medina è missionario della Consolata in Colombia.

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