La missione di San Michele Arcangelo di Halaba, parte del vicariato di Meki, si trova nella zona sud dell'Etiopia. La missione è l'ultima del vicariato di Meki, e confina con il vicariato di Hossana ed è la più recente ad essere aperta dai missionari della Consolata in Etiopia. È servita da due sacerdoti: Abba Kidane Ashuro e Abba Takele Wolde Mariam.

Essendo situata in un contesto urbano, la missione serve persone di ogni ceto sociale, diverse provenienti da varie regioni dell'Etiopia che lavorano nella città di Halaba. La parrocchia è un punto di riferimento per i cattolici offrendo per l’accompagnamento spirituale e formazione alla fede. L'area è per lo più abitata da persone di fede musulmana. Nonostante questo, la scuola gestita dalla missione, con più di 800 alunni, è aperta a bambini di tutte le fedi.

20241125Etiopia3

Il 21 novembre 2024 è stato un giorno di festa per la parrocchia, che ha celebrato il suo secondo anniversario di erezione come parrocchia. È stata una bellissima celebrazione, arricchita da canti, e danze. La chiesa era splendidamente decorata per l’occasione. Erano presenti alla festa alcune suore, sacerdoti del vicariato di Meki, e di Hossana e i missionari della Consolata incaricati della parrocchia.

Nel suo saluto di benvenuto, padre Kidane Ashuro, il parrocco, a stento riusciva a contenere la gioia nel dare il benvenuto ai presenti. Questa celebrazione è stata una doppia benedizione, a ridosso della canonizzazione di San Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e della missionarie della Consolata, avvenuta il 20 Ottobre scorso.

Mons. Abraham Desta, vescovo del vicariato di Meki, che ha presieduto la celebrazione, si è congratulato con i missionari della Consolata e ha condiviso la gioia per la canonizzazione di Giuseppe Allamano, sottolineando che egli non è solo il santo dei missionari e delle missionarie della Consolata, ma di tutta la Chiesa.

20241125Etiopia5

Ha proseguito sottolineando che la santità di Allamano è una benedizione per la Chiesa d'Etiopia, poiché la sua idea iniziale era quella di inviare i suoi missionari in Etiopia. Oggi, con i suoi missionari in Etiopia, e nella missione di Halaba, i suoi sogni si stanno realizzando. Il vescovo ha incoraggiato i missionari nel continuare la loro opera, e ha esortato i cristiani ad essere annunciatori della parola di Dio, proprio come San Michele Arcangelo.

Durante la celebrazione una ventina di giovani hanno ricevuto la cresima. Il vescovo li ha incoraggiati a rendersi disponibili allo Spirito Santo nell’annunciare la parola di Dio senza paura, imitando San Michele Arcangelo.

La celebrazione si è conclusa con una splendida processione eucaristica attorno alla chiesa, Con canti, danze, tamburi a testimoniare la gioia dei fedeli nella celebrazione. E come una grande famiglia dell’Allamano, sotto la protezione di San Michele Arcangelo, la celebrazione è proseguita con il pranzo condiviso con tutti i presenti.

* Padre Edgar Nyangiya, IMC, Ethiopia.

 20241125Etiopia4

La diocesi di Marsabit in Kenya, nata nel 1964, grazie al lavoro del suo primo vescovo, il missionario della Consolata, mons. Carlo Maria Cavallera celebra questo lunedì, 25 novembre 2024, il suo 60° anniversario di fondazione. La Messa di ringraziamento è stata celebrata sabato, 23 novembre.

Nel 1981 la guida della diocesi fu affidata al vescovo Ambrogio Ravasi, IMC, fino al 2007, anno in cui gli ha succeduto il vescovo Peter Kihara, IMC, che in questa intervista, rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione a Roma, riflette sulla storia dell'evangelizzazione e la realtà della regione abitata da molti gruppi etnici, tra i principali: i Borana, i Gabra, i Burji, i Rendille, i Waata e i Turkana. Prima di diventare vescovo di Marsabit, mons. Peter è stato vescovo della diocesi di Morang’a per sette anni (1999 – 2006)

Video realizzato dall’Ufficio per la Comunicazione (in inglese)

Ringraziare Dio per i frutti dell’evangelizzazione

Negli ultimi mesi “ci siamo preparati per celebrare il 60° anniversario della creazione della diocesi e in retrospettiva possiamo vedere quanto la Chiesa ha realizzato nell'evangelizzazione di questo angolo del Kenya. All'inizio non c'erano cristiani, né chiese, né sacerdoti. I primi padri sono stati i missionari fidei donum della diocesi di Alba in Italia, poi sono arrivati altri missionari dalla Germania e un terzo gruppo dalla Romania”, ricorda mons. Peter Kihara.

“Dopo aver creato le parrocchie negli anni 1960, negli anni 1970 i missionari della Consolata, su richiesta del vescovo Cavallera, hanno consegnato le missioni ai padri fidei dorum, continuando il lavoro di prima evangelizzazione nel territorio dei Samburu dove oggi sorge la diocesi di Maralal.

20241124Peter13

Mons. Peter Kihara, IMC, con il gruppo di sacerdoti della diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit

Vorrei quindi ringraziare Dio per tutto ciò che i missionari fidei donum hanno realizzato. Al loro posto sono poi arrivati missionari di quattro congregazioni: alcuni missionari della Consolata, Salesiani di don Bosco,  Benedettini e Missionari Comboniani. Hanno fatto crescere la nostra diocesi e nell’anno 1993 è stato ordinato il primo sacerdote diocesano. Oggi abbiamo 17 sacerdoti diocesani, un'équipe di 12 preti fidei donum e altri 13 missionari, in totale circa 40 sacerdoti. Ringraziamo Dio per il gruppo di sacerdoti che abbiamo.

Nella diocesi operano anche 44 religiose di varie congregazioni e cinque fratelli religiosi. Questi sono gli agenti di evangelizzazione che abbiamo. Anche se, in 60 anni il numero non è magari significativo, guardando indietro possiamo vedere quanto la nostra Chiesa sia riuscita a mettere le sue fondamenta qui. Il numero dei cattolici è cresciuto fino a oltre 50 mila. Abbiamo recentemente ordinato quattro diaconi che presto saranno ordinati sacerdoti, tutti questi sono segni di gioia nel segno delle celebrazioni di ringraziamento (per i 60 anni). Abbiamo inoltre costruito 17 parrocchie e l'ufficio per la segreteria diocesana”.

20241124Perter13

Il nuovo ufficio per la segreteria diocesana. Foto: Diocesi di Marsabit

L’educazione come priorità

“Nell'attuale situazione osserviamo che molti giovani si impegnano soprattutto per studiare, formarsi  e prepararsi al loro futuro, con l'aiuto della famiglia, dei genitori e l’aiuto anche di borse di studio da parte di donatori. I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita.

Il territorio di Marsabit  e la sua popolazione sono confrontate con molte sfide a causa del clima arido. Con la siccità, capita che le famiglie rimangano senza il bestiame fonte di cibo e di un modesto introito; quindi, rischiano sovente di non aver nulla per contribuire alle spese per gli studi dei figli e delle figlie.

20241124Peter6

"I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita". Ragazzi a Marzabit. Foto: Jaime C. Patias

Un altro grande problema è stato la pandemia di Covid-19, quando con le restrizioni (lockdown) i giovani sono rimasti senza aiuti economici per pagare le rette scolastiche, sia da parte dei genitori che dei donatori,  con il pericolo di dover sospendere i loro studi. Noi auspichiamo che il nostro governo possa provvedere l'educazione gratuita a tutti i livelli. Non è un'affermazione politica chiedere di fare la cosa giusta. Questo darebbe speranza alle generazioni dei nostri giovani e illuminerebbe il loro futuro, perché a questo serve l’educazione

Anche gli studenti che entrano in seminario sono coscienti che la loro scuola primaria, frequentata nelle loro zone di provenienza, non era di grande qualità, quando poi entrano in seminario devono recuperare quanto è mancato precedentemente , formarsi negli studi religiosi per poi diventare pastori delle comunità cristiane e di questi pastori ne abbiamo tanto bisogno. Quindi è necessaria una partecipazione congiunta (famiglia, sponsors, diocesi) per sostenerli negli studi.

20241124Peter10

Il lavoro della Caritas nella diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit

La partecipazione della Diocesi

Come Chiesa abbiamo due scuole secondarie, una per i ragazzi e una per le ragazze. Circa 600 di questi studenti sono in parte sostenuti dalla diocesi.

La situazione economica delle famiglie è precaria, quindi quando un figlio vuole diventare sacerdote, la famiglia deve mantenere la casa e gli altri figli e figlie a scuola, e allo stesso tempo sostenere il figlio studente in seminario. Tuttavia, siamo convinti che Dio provvede, sia per i poveri che per i ricchi e coloro che rispondono alla loro vocazione diventano aiuto per gli altri. Sono convinto che alla fine, non diventeranno sacerdoti solo perché ricchi o per merito dei loro genitori, ma soprattutto per grazia di Dio.

 20241124Peter3

Cattedrale di Nostra Signora della Consolata, diocesi Marsabit. Foto: Jaime C. Patias

Stiamo quindi sostenendo in particolare i nostri giovani in Kenya di fronte alla problematica situazione politica ed economica della Nazione, mentre il paese dovrebbe fare di più e  meglio”.

Secondo il vescovo, nelle ultime manifestazioni contro le nuove tasse, la corruzione e il malgoverno i giovani si sono sentiti ingannati. “I giovani non sono felici, sono arrabbiati. Preghiamo che la lotta per la giustizia porti dei risultati per il popolo. Dicono che l'educazione sarà gratuita, allora perché il governo non trova le risorse per realizzarla? Un sostegno all’educazione da parte dello stato sarebbe un sollievo per i genitori che non posson o permettersela per i figli e un grande investimento per il futuro della nazione”

“D'altra parte, chiediamo ai giovani di pensare alla loro vita e ciò che vorrebbero fare, nella chiesa per il popolo di Dio. Questo perché tutti noi siamo stati creati per un fine, come diceva Sant'Agostino. Una volta capito cosa vogliamo fare non importa cosa sia, se è diventare un sacerdote, un pastore o qualsiasi altra professione, dobbiamo fare il meglio che possiamo basandoci sui valori cristiani che abbiamo imparato. Mi piacerebbe chiede ai giovani di continuare ad essere persone migliori, migliori discepoli, migliori cristiani e figli di Dio scoprendo la loro vocazione e rispondendo alla loro chiamata, per essere parte della benedizione della Chiesa, della famiglia, dell’umanità e perché no, a gloria di Dio, perché Dio sia conosciuto, amato e servito. Quindi, noi preghiamo per la gioventù e speriamo che rispondano generosamente alla loro vocazione per la maggiore gloria di Dio”.

20241124Peter9

Scuola Padre John Memorial, diocesi di Marsabit.

La promozione umana per oltre 60 anni

“E abbiamo ancora molto di cui essere orgogliosi perché nella diocesi c’è tanta promozione umana, tanta educazione, abbiamo più di 80 istituti scolastici, scuole tecniche, scuole materne e scuole elementari, ecc. dove frequentano tante persone di diverse classi e religioni, musulmani, non battezzati, cristiani, tutti insieme perché, quando c'è del bene da fare lo si deve fare a tutti, non bisogna essere selettivi ma includere tutti.  Dobbiamo anche ringraziare Dio perché le vocazioni stanno arrivando. Abbiamo anche quattro seminaristi che studiano teologia. Quindi invito i nostri ascoltatori a pregare per noi e con noi per elevare i nostri cuori pieni di gioia al Signore affinché possa benedirci ancora di più anche con il vostro aiuto”.

20241124Peter12

Breve storia

La diocesi di Marsabit eretta da Papa Paolo VI, ricavandone il territorio dalla diocesi di Nyeri (oggi arcidiocesi), si trova nella regione nord-orientale del Kenya, a circa 560 km da Nairobi e si estende su un’area di circa 78.078 kmq. Il territorio della diocesi è una vasta pianura compresa tra 300 e 1800 m sul livello del mare. È situata, in una zona semi-arida e l’80% della popolazione è composta da pastori nomadi, il 10% pratica agricoltura di sussistenza, principalmente intorno alle zone più montuose che godono di più precipitazioni durante l’anno. Circa il 7% della popolazione si dedica ad attività commerciali e la restante percentuale vive di lavoro dipendente. Il 15 giugno 2001 la diocesi ha ceduto una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Maralal.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.

20241124Peter16

 Diacono John Lekamaya, una delle nuove vocazioni per la diocesi. Foto: Diocesi di Marsabit

 20241124Peter11

Maria Mfariji Shrine (Santuario) a Marsabit. Foto: Jaime C. Patias

20241124Peter7

Il ringraziamento per il nuovo santo

  • , Ott 22, 2024
  • Pubblicato in Notizie

Il popolo di San Giuseppe Allamano in festa

Roma, 21 ottobre. «Questa mattina, alla sessione del sinodo, sono andato a ringraziare il Santo Padre, che era lì con noi, per il dono della canonizzazione», racconta il cardinale Giorgio Marengo, in chiusura alla sua omelia della messa di ringraziamento per il santo Fondatore.

Nella splendida cornice della basilica di San Paolo Fuori le Mura, si ritrovano i missionari, le missionarie e centinaia di pellegrini, che il giorno prima hanno partecipato alla canonizzazione di Giuseppe Allamano. «Mi ha colpito - continua Marengo -, perché, sedutomi davanti a lui, mi ha preso le mani e mi ha detto “Coraggio, avanti”. Quello che ci diceva sempre San Giuseppe Allamano».

20241022Ringrazia1

La celebrazione inizia con una danza africana realizzata da suore e novizie, che scalda subito l’atmosfera. Sfilano vestite con colori africani, a dominante azzurra. Dietro alle danzatrici, fanno il loro ingresso centodieci sacerdoti vestiti di bianco, due fratelli missionari, seguiti da ventidue vescovi e, in ultimo, dal cardinale Marengo. È lui che, con la sua solita semplicità, ma al tempo stesso profondità, prende la parola: «Oggi è un giorno di ringraziamento per san Giuseppe Allamano. È il primo giorno nel quale possiamo chiamarlo così». Le sue parole, quasi emozionate, scatenano l’euforia dei presenti.

HIGHLIGHTS MESSA DI RINGRAZIAMENTO (Fr. Adolphe Mulenguzi)

Sono di tanti Paesi, svariate lingue e culture a ritrovarsi, oggi pomeriggio, nell’abside della basilica.

Spicca una folta delegazione di fedeli di Roraima, lo stato del Brasile dove è avvenuto il miracolo della guarigione dell’indigeno yanomami Sorino. Sono riconoscibili da una maglietta fatta fare per l’occasione, con la scritta in portoghese: «Annunziate la mia gloria alle nazioni» (Is 66,19), e con i loghi della diocesi di Roraima e quello ufficiale della canonizzazione. Poi tante fedeli africane, con vestiti dai tipici colori sgargianti, e moltissime religiose. Ci sono anche i laici missionari della Consolata, e i tanti amici del nuovo santo venuti da quattro continenti. Quasi tutti hanno al collo il foulard realizzato per la canonizzazione.

20241022Ringrazia

Iniziano le letture. Poi il salmo viene recitato da uno studente e una studentessa missionari, e il coro risponde cantando in maniera delicata «Popoli tutti, lodate il Signore».

Dopo la seconda lettura, parte di nuovo il coro, diretto dall’accalorato Douglas Lukunza del Kenya. I musici - tastiera, batteria, due djembé (tamburi africani) e pure un bravo violino - sono altri studenti missionari, tutti africani. Il coro variegato segue i movimenti del direttore, che non si limita a muovere le braccia, ma praticamente balla. Una danza contagiosa, che in pochi secondi prende tutti i presenti che, chi più chi meno, si muovono a ritmo di musica. E parte l’entusiasmo della grande festa.

 

Con la preghiera dei fedeli torna la calma. Alcuni lettori e lettrici si alternano nelle diverse lingue: italiano, inglese, portoghese, spagnolo, coreano, swahili e francese. A leggere quest’ultima è una ragazza migrante del Burkina Faso, attualmente a Oujda in Marocco (dove c’è una missione della Consolata). La sua è una supplica toccante, forse perché nasce dall’esperienza personale: chiede di pregare affinché i governi rendano più vivibili i Paesi del mondo, in modo tale che i giovani non siano più costretti a partire.

20241022Ringrazia9

Nella cerimonia di ringraziamento, come nei giorni precedenti, il collegamento con l’Amazzonia è forte: all’offertorio, oltre al pane e al vino, viene portato anche un tipico copricapo indigeno, fatto di piume blu e gialle del grande pappagallo ara, mandato da coloro, spiega la voce di commento, «che sono assetati di fede e di giustizia».

Ma oltre alla festa, il ringraziamento è pure un momento di riflessione, stimolata dalle parole, talvolta provocatorie, del cardinale Marengo che nella sua omelia si è soffermato sull’importanza della contemporaneità: l’impegno deve essere «una successione continua di oggi e qui», e occorre «attingere la forza per la missione dalla contemplazione».

«Dobbiamo dircelo: la sua santità (di Allamano, ndr) ci deve scuotere, altrimenti non ci gioverà. I nostri istituti attraversano un momento delicato della loro storia, con incertezze nei cammini del mondo. Oggi non è solo un punto di arrivo, deve essere anche un punto di ripartenza».

20241022Ringrazia4

Card. Giorgio Marengo, IMC, Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar (Mongolia)

Considerando il percorso e gli sforzi fatti per arrivare a questa canonizzazione, «tutto sarà ripagato se prenderemo sul serio questo oggi, l’avere gli occhi fissi sul Signore, teneramente amato e servito da san Giuseppe Allamano, e realizzeremo davvero il suo desiderio di vederci famiglia della Consolata che si vuole bene e che arde di zelo apostolico».

La cerimonia si avvia alla conclusione con il canto del Magnificat in versione africana, danzato e cantato da tutti i presenti. Il cardinale incensa lo stendardo con il volto di Giuseppe Allamano, che pare sorridente come non mai. Anche lui, oramai coinvolto nella festa per il nuovo santo.

 20241022Ringrazia8

La messa di ringraziamento conclude la fase romana delle celebrazioni, composte da veglia, canonizzazione in piazza san Pietro e, appunto, ringraziamento.

Nei prossimi giorni seguiranno eventi e celebrazioni a Castelnuovo don Bosco (At), paese natale di Allamano (il 23 ottobre) e a Torino, alla Consolata (il 24) e nella chiesa del santo in corso Ferrucci 18 (il 25).

* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.

TESTIMONIANZA DEI PELLEGRINI (Video: Fr. Adolphe Mulengezi

Messa di ringraziamento presso la Basilica di San Paolo Fuori le Mura (Lunedì 21 ottobre 2024)

MAGNIFICAT! Per il dono di SAN GIUSEPPE ALLAMANO! (Video: Suor Stefania Raspo)

20241022Ringrazia2

20241022Ringrazia11

20241022Ringrazia14

20241022Ringrazia12

20241022Ringrazia15

Le due Direzioni Generali IMC e MC con il card. Marengo,

20241022Ringrazia10

 I vescovi presenti alla celebrazione Eucaristica

«Andate e invitate al banchetto tutti» (cfr. Mt 22,9) è il versetto dal quale trae spunto Papa Francesco per il messaggio in vista della Giornata Missionaria Mondiale che celebreremo quest’anno nella domenica 20 ottobre, il giorno della canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, uomo appassionato della missione ad gentes.

Papa Francesco ci invita a rinnovare il dinamismo missionario di ogni battezzato e ci spinge nuovamente ad essere una “Chiesa in uscita” per rendere accessibile a tutti la possibilità di partecipare al grande banchetto per tutti i popoli annunciato dal profeta Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6).

Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale

20241019GMM

La missione come un sospiro

Siamo lieti di pubblicare la Prolusione tenuta oggi dal Cardinale Giorgio Marengo, missionario dell'Istituto della Consolata e Prefetto apostolico di Ulaanbaatar, in occasione della giornata di inaugurazione della Pontificia Università Urbaniana. L'intervento, intitolato "Chiesa missionaria e missionarietà della Chiesa: uno sguardo dall'Asia", suggerisce in maniera confortante il mistero di grazia e gratitudine a cui attinge ogni autentico dinamismo missionario.

La prolusione del Cardinale Marengo è stata preceduta dell'intervento introduttivo del Cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione (Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari) e Gran Cancelliere dell'Urbaniana.
Dopo l'intervento di Suor Lourdes Fabiola Martinez Sandate, svolto a nome degli studenti dell'Ateneo, le considerazioni conclusive sulle prospettive di studio e ricerca del nuovo Anno Accademico cono state delineate dal Professor Vincenzo Buonomo, Delegato Pontificio e Rettore Magnifico della Pontificia Università Urbaniana

Egregio Gran Cancelliere,
Eminenze e Eccellenze Reverendissime,
Stimato Delegato Pontificio e Rettore Magnifico,
Autorità Accademiche,
Esimi Professori e cari Studenti,

- È con gioia e trepidazione che prendo la parola in mezzo a voi, per la prima volta dopo aver frequentato a lungo questi ambienti universitari dalla parte vostra, degli studenti. Sono molto onorato di trovarmi qui all’apertura di questo nuovo anno accademico, che vedrà ancora una volta insegnanti, ricercatori, studenti e personale amministrativo recarsi quotidianamente su questo colle per dare il meglio di sé, a servizio della Chiesa.

La missione come un sospiro

Il 26 maggio dell’anno scorso è venuto a mancare improvvisamente Padre Stephano Kim Seong-hyeon, sacerdote coreano di Daejeon, con il quale condividevo il servizio missionario in Mongolia. È stata una grave perdita per tutti. Anche lui, come il sottoscritto, aveva studiato in questa Università e ricordo quando parlava dei suoi studi all’Urbaniana. Da sacerdote che si preparava a rientrare nel proprio Paese per iniziare il ministero in diocesi, si chiedeva quale vantaggio avrebbe avuto dallo studiare in questa università. La risposta gli venne da un missionario che aveva speso anni in Paesi a maggioranza mussulmana, in zone di cultura araba. Avendogli chiesto di pronunciarsi sulle teorie del momento, quel missionario non aveva dato una risposta teorica, ma aveva fatto un lungo sospiro: “Ah, la missione!”

Un misto di esultanza e di malinconia, forse anche di frustrazione; gli occhi di quel missionario brillavano e rimandavano a un qualcosa di struggente e di sacro, che aveva plasmato ormai completamente la sua vita. Quel sospiro aveva profondamente interrogato Don Stephano Kim e gli aveva aperto uno squarcio sul mistero della missione come orizzonte che abbraccia la vita, anche quella del sacerdote diocesano. Da quel sospiro aveva deciso di leggere tutto il suo ministero in chiave missionaria. E aveva poi avuto il dono di poter anche partire per la Mongolia.

20241018Marengo2

Un’icona biblica: l’incontro di Emmaus

“Ah, la missione!”. Questo sospiro fa riflettere anche noi, oggi. Guardiamo per esempio all’episodio dei discepoli amareggiati che escono da Gerusalemme, “il primo giorno della settimana”. Siamo al capitolo 24 del Vangelo di Luca. “Solo tu sei forestiero!” (cfr. Lc 24, 18), come a dire: “Solo tu non sai!”. È uno sbotto di delusione e stizza. “Noi speravamo…” (cfr. Lc 24, 21).
A volte anche noi siamo presi da sospiri disillusi; le cose non stanno come avremmo voluto e ce ne andiamo con gli occhi bassi, incapaci di riconoscere il misterioso Viandante che pure è lì con noi. C’è bisogno che Lui ci scuota con la sua parola forte: “Stolti e lenti di cuore!” (Lc 24, 25). Presto si capisce che non è uno sterile rimprovero, ma il richiamo a fare un salto di qualità, di profondità. “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24, 27).

Ebbene sì, l’oggetto della ricerca, dell’insegnamento e dello studio non è l’opinione di questo o quel pensatore, è invece “tutto ciò che si riferisce a Lui”, al Signore e Salvatore, che rivelando il volto del Padre ha cambiato le sorti dell’umanità, innescando il dinamismo della missione. A poco a poco il cuore dei discepoli si apre, fino a trasalire in un sospiro inedito: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24, 32).

Sono l’eucaristia e la Parola a convertire il nostro cuore. Il lavoro accademico che si compie in questa rinomata Università dovrebbe nutrirsi sempre di adorazione e studio meditato in spirito di preghiera e non procedere parallelamente alla vita spirituale, quasi come se fossero binari tenuti insieme a stento. Da qui nasce l’annuncio, non da altro: “Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane” (Lc 24, 35). Finché, proprio “mentre essi parlavano di queste cose” (Lc 24, 36), Gesù in persona si fa presente in mezzo a loro e comunica la pienezza che tutta la storia attende: “Shalom a voi!” (Lc 24, 36).

La missione tende proprio a rendere concretamente possibile questo incontro; sì, perché laddove i discepoli si riuniscono a testimoniare Cristo, Lui si offre in modo nuovo, inedito, attirando tutti nel Suo amore. È Lui, il Risorto, ad aprire le nostre menti a comprendere il senso profondo delle Scritture e a mandarci esplicitamente nel mondo: “Di questo voi siete testimoni” (Lc 24, 48). E lo possiamo essere solo nella potenza del Suo Spirito: “ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso” (Lc 24, 49).

20241018Mongolia3

Una vocazione ancora valida: la missione ad gentes

Se questo dinamismo che tende all’annuncio della sconvolgente novità del Vangelo vale per ogni battezzato in quanto discepolo-missionario - come ci ricorda spesso il Santo Padre, va ricordato che esiste anche una dimensione specifica della missionarietà, quella che chiamiamo prima evangelizzazione o missione ad gentes. Ci si riferisce qui a quel dono di grazia di annunciare il Vangelo in contesti dove esso non è ancora conosciuto e dove semplicemente non ci sono altri a testimoniarlo. È vero che ogni azione della Chiesa è impregnata di missione, perché essa ne costituisce l’obiettivo e ne rappresenta l’orizzonte; ma un conto è porla in atto in situazioni dove la possibilità dell’incontro esplicito con Cristo è offerta in una varietà di declinazioni, rese possibili da comunità credenti già formate e dotate di una moltitudine di carismi e ministeri; diverso – o quanto meno peculiare - è dedicarsi alla testimonianza evangelica laddove non ci sono altri soggetti ecclesiali, perché la comunità non è ancora costituita e strutturata.

È indubbiamente vero che oggi la mobilità umana sta creando situazioni nelle quali l’altro si è avvicinato notevolmente, non è più necessario solcare i mari per incontrarlo. In molte parti del mondo esiste già una porzione locale di Chiesa ed è compito proprio della Chiesa particolare che si trova in quel territorio assumere le sfide derivanti da società sempre più multiculturali e interreligiose. Per quelle regioni più segnate da fenomeni come la secolarizzazione e il calo delle vocazioni sacerdotali, probabilmente si dovrà agire in modo diverso rispetto a tempi passati, ma resta il fatto che la Chiesa è già presente in quei territori. Spesso non pensiamo al dato che invece esistono intere regioni del pianeta in cui la Chiesa non si è ancora pienamente costituita o è ai primi passi del suo radicamento locale.

In Mongolia, per esempio, la Chiesa visibile è presente solo da 32 anni ed è costituita da un piccolo gregge di circa 1500 fedeli locali, accompagnati da un bel gruppo di missionari e missionarie, tra i quali uno solo è un sacerdote locale. Si sta tuttora lavorando a completare la traduzione completa della Bibbia in lingua locale; alcuni testi liturgici devono ancora essere approvati dalla Sede Apostolica. Nelle comunità cattoliche si propone un cammino di introduzione alla fede che dura circa due anni e richiede molto impegno da parte di catechisti e catecumeni, che compiono una scelta di fede piuttosto in controtendenza rispetto alla società in cui vivono, che ha tradizionalmente altri punti di riferimento. Tutto è nuovo e ha un impatto dirompente, che necessita profondità, solidità di dottrina, qualità di testimonianza.

Vivere e operare in tali situazioni è quanto convenzionalmente si chiama missione ad gentes, che continua ad avere un suo valore specifico, perché specifica ne è la vocazione. La maggioranza di tali situazioni in cui l’annuncio evangelico e la vita che ne consegue sono ancora agli inizi si trova in Asia, Continente dove vive circa il 61% della popolazione mondiale, di cui però meno del 13,1% si identifica con il Cristianesimo. Serie di fallimenti storici? Errori procedurali? È difficile dirlo. Soprattutto perché i criteri non possono essere quelli del successo o del fallimento come lo intende il mondo. Il riferimento restano le parole di Gesù sul Regno e la sua incidenza nel mondo, segnata da una sproporzione evidente: poco nel tanto, lievito nella massa, marginalità feconda. In ogni caso, è importante ricordare che esiste questo tipo di servizio missionario specifico, anche all’interno di una Chiesa tutta missionaria.

Una formazione specifica

La missione ad gentes richiede dunque una formazione specifica. 397 anni fa, poco dopo l’istituzione della Sacra Congregazione De Propaganda Fide, nasceva il Collegio Urbano, primo nucleo di questa prestigiosa Istituzione Accademica. Si può “imparare” la missione? Sì, come i discepoli di Emmaus hanno dovuto mettersi in ascolto del Risorto che “spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. È soprattutto questione di sondare sempre e di nuovo, sotto tutti gli angoli possibili, il mistero di Cristo e della Chiesa sua Sposa.
La missione ha bisogno della filosofia, ma anche delle scienze sociali, della linguistica, del diritto canonico; soprattutto della teologia. Lo zelo da solo potrebbe non bastare. Il Beato Giuseppe Allamano, Fondatore dei Missionari e Missionarie della Consolata e che proprio fra pochi giorni sarà canonizzato in Piazza San Pietro, usava dire: “Non basta infatti per un missionario la santità, ma è pur necessaria la scienza, e questa secondo il nostro fine. La pietà può formare un buon eremita, ma solo la scienza unita alla pietà, può formare un buon missionario”.

E ancora: “Anche dalla tradizione appare manifesta la necessità della scienza. Papi, Concili, Santi Padri, tutti e sempre dichiararono la necessità della scienza per i sacerdoti. Su questo punto la Chiesa ha sempre insistito con esplicite direttive ai Superiori dei seminari, perché non ammettano agli Ordini coloro che non posseggono la necessaria scienza. Questo spiega perché, in alcune comunità Religiose, non si mandino in Missione che i più dotti”. E concludeva: “Credetemi: farete molto o poco bene, o anche del male, secondo lo studio che avrete o non avrete fatto. Un missionario senza scienza è una lampada spenta”.

Si studia dunque non soltanto perché “ci tocca”, in quanto si è stati inviati dai propri superiori e neanche per nutrire vane ambizioni di carriera: non esiste la carriera nella Chiesa. E sarebbe davvero meschino che un’istituzione accademica così unica nel suo genere venisse considerata come fucina di semplici “impiegati” di strutture diocesane, che non si distinguano per zelo e scienza specificamente orientati alla missione. Si studia per amore di Cristo, della Chiesa e delle persone a cui siamo inviati come missionari. È proprio questo specifico tipo di missione a esigere una preparazione adeguata. È questione di rispetto del mistero dell’incarnazione del Verbo, che si riverbera in quello della Chiesa da Lui inviata non come megafono di un messaggio ideologico, ma come corpo mistico e popolo di Dio, che si trova a proprio agio in tutte le culture, fecondandole con il Vangelo.

Si tratta di prendere sul serio l’incontro tra Vangelo e Culture

Rufina Chamyngerel, anche lei ex-studentessa di questa Università, oggi direttrice dell’Ufficio Pastorale della Prefettura Apostolica di Ulaanbaatar, lo ha detto in maniera disarmante. Nel 2019, in occasione della veglia di preghiera in San Pietro per il mese missionario straordinario indetto da Papa Francesco, ricordò che quando la Chiesa decise nel 1992 di riprendere la missione in Mongolia – interrotta dal settantennio di rigido regime filo-sovietico – non mandò pacchi di libri, ma persone in carne ed ossa, che si sarebbero inserite e avrebbero offerto una testimonianza viva e incarnata del Vangelo.

Sì, l’incontro con Cristo può avvenire nei modi più diversi, per lo più a noi sconosciuti; ma solitamente ha bisogno di mediazioni umane, persone concrete che diano carne alle parole di Gesù e invitino al banchetto del Regno. Lo aveva ricordato con forza San Paolo VI, nell’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi e vale la pena riprendere le sue parole oggi: “Gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna - ciò che S. Paolo chiamava ‘arrossire del Vangelo’ - o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?”. Questa scuola di discepolato e di missione apre sempre nuovi percorsi di apprendimento, perché entrando in punta di piedi nelle case ad ogni latitudine scopriamo mondi affascinanti da amare e conoscere a fondo.

Grazie allo studio appassionato, all’approfondimento serio, alla ricerca scientifica, quattro secoli dopo la fondazione del nostro Ateneo continuiamo a sondare le infinite profondità del messaggio di Cristo e a decifrare linguaggi culturali che ci permettono di raggiungere il cuore di popoli e persone. Quanti sospiri custodiscono queste mura! La lontananza da casa e una lingua che ancora non si riesce a dominare fanno sospirare; ma anche una traccia di ricerca che sembra perdersi tra le pagine lette in biblioteca o verità storiche difficili da accettare possono trasformarsi in sospiri. Tutto però diventa anelito, perché nella consapevolezza della mancanza ci si apre di più a Dio e al prossimo.

Dal sospiro al sussurro

Il sospiro allora diventa sussurro. Permettetemi di concludere facendo risuonare qui, dove è stata approfondita come categoria missiologica, l’espressione di Mons. Thomas Menamparampil che mi piace proporre per descrivere sinteticamente la missione: sussurrare il Vangelo al cuore delle culture. La missione è un mistero che ci fa sospirare di amore vero innanzitutto per Lui, il Risorto che ci associa a Sé per rendersi presente agli altri. Cristo e il suo Vangelo sono il cuore e l’unico contenuto dello slancio missionario che anima la Chiesa, oggi come sempre. “Guai a me se non predicassi il Vangelo”, ci ricorda San Paolo (1Cor 9, 9). Il mondo ha bisogno di ricevere questa buona notizia e ne ha il diritto. In un’epoca di sfiducia generale nelle grandi narrazioni, di revisionismo storico post-coloniale, di paura di qualsiasi pensiero che non sia debole (perché ritenuto potenzialmente offensivo e minaccioso) la Chiesa continua ad annunciare il Vangelo, in fedeltà al mandato che ha ricevuto dal suo Signore e che campeggia a caratteri cubitali all’esterno dell’edificio principale, Euntes docete. Questo è più che un semplice messaggio, è una parola di salvezza e di pienezza, incarnata nella vita e destinata al cuore, cioè alle fibre più profonde della persona e della cultura in cui essa vive e si comprende. È l’evangelizzazione del cuore a chiedere impegno di decifrazione, studio, approfondimento del meraviglioso intreccio di cultura, tradizione religiosa, lingua, letteratura, arte, musica, ma anche territorio, simboli, tendenze. Quando si è dentro a questa relazione di profonda conoscenza, stima e amicizia viene spontaneo condividere, sussurrare con delicatezza e discrezione ciò che ci sta più a cuore.

Il sussurro dice anche atteggiamento orante, dimensione contemplativa, proprio come nelle antichissime tradizioni religiose nate in Asia, nelle quali prevale il registro della parola meditata, ripetuta, salmodiata. E del silenzio. Ce lo ha ricordato Papa Francesco l’anno scorso proprio in Mongolia, quando si è rivolto così alla piccola Chiesa locale: “Sì, è Lui la buona notizia destinata a tutti i popoli, l’annuncio che la Chiesa non può smettere di portare, incarnandolo nella vita e ‘sussurrandolo’ al cuore dei singoli e delle culture. Questa esperienza dell’amore di Dio in Cristo è pura luce che trasfigura il volto e lo rende a sua volta luminoso. Fratelli e sorelle, la vita cristiana nasce dalla contemplazione di questo volto, è questione di amore, di incontro quotidiano con il Signore nella Parola e nel Pane di vita, e nel volto dell’altro, nei bisognosi in cui Gesù è presente”. Possa questo nuovo anno accademico all’Urbaniana avvicinare tutti a questo Volto e renderci sempre più raggianti e radiosi nel farlo riflettere intorno a noi.

* Originalmente Pubblicato in: www.fides.org (Agenzia Fides 15/10/2024)

Gli ultimi articoli

Corea: Il ringraziamento per la santità di Giuseppe Allamano

10-12-2024 I missionari dicono

Corea: Il ringraziamento per la santità di Giuseppe Allamano

Non appena abbiamo saputo la data della canonizzazione del nostro Fondatore, il nostro Superiore Regionale, padre Clement Gachoka, è andato...

«La vita è appesa a un filo». Campagna solidale in America Latina e Caraibe

09-12-2024 Missione Oggi

«La vita è appesa a un filo». Campagna solidale in America Latina e Caraibe

È stata presentata nella Sala Stampa della Santa Sede questo lunedì, 09 dicembre, la campagna di solidarietà dal titolo "La...

Essere Fratello: una vocazione appagante

09-12-2024 I missionari dicono

Essere Fratello: una vocazione appagante

Infiammato dal suo zelo apostolico e avendo compreso la missione della Chiesa, San Giuseppe Allamano si interessò al mondo intero...

Il Papa: in un tempo di guerre e seduzioni digitali, affidiamo a Dio ogni speranza

09-12-2024 Notizie

Il Papa: in un tempo di guerre e seduzioni digitali, affidiamo a Dio ogni speranza

All'Angelus dell'Immacolata Concezione, il Papa si sofferma sullo sforzo diffuso di possedere e dominare, sulla fame di denaro, sul desiderio...

Formatori e formazione: Seminario di Merrivale, padre Simon Mbala

04-12-2024 I missionari dicono

Formatori e formazione: Seminario di Merrivale, padre Simon Mbala

Il padre Simon Mbala Mizingu, missionario della Consolata originario della Repubblica Democratica del Congo, è formatore nel Seminario teologico di...

Professoressa Lenir Rodrigues: gratitudine e gioia per la canonizzazione

04-12-2024 Allamano Santo

Professoressa Lenir Rodrigues: gratitudine e gioia per la canonizzazione

È stata significativa la partecipazione di molti laici e laiche, amici della famiglia Consolata provenienti da tutto il mondo, agli...

Sei giovani missionari della Consolata pronti a servire Dio e l’umanità

04-12-2024 I missionari dicono

Sei giovani missionari della Consolata pronti a servire Dio e l’umanità

Un sì per sempre. Sei giovani missionari della Consolata, provenienti dal Kenya, Uganda e Colombia, si apprestano a vivere due...

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria - Solennità

04-12-2024 Domenica Missionaria

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria - Solennità

Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38 La festa dell’Immacolata Concezione ci fa contemplare il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo...

L'Ufficio Storico: Apprezziamo e condividiamo la nostra storia

04-12-2024 I missionari dicono

L'Ufficio Storico: Apprezziamo e condividiamo la nostra storia

In un mondo che oggi guarda troppo al futuro, molte persone non vedono il valore della storia. La preoccupazione per...

onlus

onlus