Il gruppo di formatori riunito a Roma per il corso di formazione permanente, questo sabato 7 settembre, ha visitato la comunità formativa di Porta Pia - Nomentana.
Dall'inizio del corso, il 2 settembre, è stata la prima volta che il gruppo è uscito della Casa Generalizia, sede del corso. La visita era contemplata nel programma come un momento di famiglia tra formatori e formandi che fanno parte delle nostre comunità a Roma.
La comunità di Porta Pia è stata aperta ufficialmente nel 2015 e successivamente, nel 2022, è stata costituita come casa di specializzazione dove gli studenti professi, dopo la teologia di base, vivano la loro fase finale di formazione e fanno la specializzazione in vari campi teologici presso le università pontificie di Roma. Attualmente la comunità è composta da 9 studenti, 3 diaconi che stanno completando i loro programmi di specializzazione e 3 sacerdoti. Due dei membri pionieri di questa comunità sono già stati ordinati sacerdoti: padre Yowasi Tumusiime il 10/08/2024 in Uganda e padre Henrinques Mario Juma il 01/09/2024 in Mozambico. Padre Yowasi è stato destinato in Taiwan, mentre padre Juma in Argentina.
Il padre Antonio Rovelli presiede la santa messa
L'incontro è iniziato con le preghiere dei primi vespri seguite dalla benedizione e poi dalla celebrazione eucaristica. La chiesa della comunità, Corpus Domini, è aperta al pubblico e questo ha dato ai formatori l'opportunità di interagire con i cristiani e di animarli attraverso il canto e la celebrazione eucaristica. È stato un momento per condividere con la comunità le attività formative dell'Istituto e per conoscere i luoghi delle nostre missioni in cui abbiamo una casa di formazione nel mondo.
Al riflettere sulla Parola di Dio e in particolare il Vangelo, che presentava l'episodio di un sordomuto che viene a Gesù accompagnato dagli abitanti del suo villaggio per esse guarito, padre Antonio Rovelli, ha spiegato che il lavoro dei formatori è quello di accompagnare i formandi all'incontro con Gesù, che li apre alla sua missione e dà loro il potere di ascoltare la sua parola e di parlarne agli altri nel loro ministero di evangelizzazione. Padre Rovelli ha sottolineato il fatto che è Cristo ad agire sugli studenti, come nel caso del sordomuto. Dopo che il sordo è stato presentato a Cristo dal suo popolo, è stata l'azione di Cristo a permettergli di riacquistare l'udito e la parola. È Cristo che con la sua azione prepara e potenzia i suoi ministri.
Dopo la condivisione alla mensa del Signore, la comunità si è riunita intorno alla tavola con i visitanti per condividere il pasto. È stato un momento gioioso non solo di famiglia e condivisione del pasto, ma anche di ricongiungimento, dato che alcuni studenti nelle fasi precedenti della formazione (noviziato e teologia di base) avevano vissuto con alcuni di questi formatori.
* Padre Josephat Mwanake, IMC, Comunità Formativa Porta Pia di Roma.
Questa canzone, “Mtakatifu Yosefu Allamano”, è stata composta come tributo al nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, che sarà canonizzato il 20 ottobre 2024, a Roma, proprio nella Giornata Missionaria Mondiale.
La sua vita di dedizione e di lavoro missionario mi ha ispirato profondamente e questa canzone è un inno alla sua eredità, fede incrollabile e amore universale che lui ha condiviso attraverso il carisma donato ai suoi missionari e missionarie, oggi presenti in 35 paesi. Che il suo esempio possa aiutarci a continuare il suo sogno di vivere come una famiglia, in unità e pace.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, studia Comunicazioni Sociali a Roma.
Il Missionario della Consolata, padre Iseo Antonio Zanette, è morto il 18 agosto 2024 a Rivoli, in Italia. Aveva 85 anni, 63 di professione religiosa e 58 di sacerdozio. Come missionario del Beato Allamano, possiamo dire che la sua vita è stata segnata dal carisma ad gentes.
Per presentare padre Iseo Antonio Zanette è sufficiente ricorrere agli appunti del mio diario di campo; la mattina del 30 giugno 2010 ebbi un incontro con lui che era parroco nella missione di Sanza in Tanzania ma stava per trasferirsi nella missione di Manda. Queste le sue raccomandazioni:
«Qui c'è bisogno di una persona che ami i Wagogo. Sono necessari diversi progetti per la cura della vita spirituale e la promozione umana di queste persone; vorrei citarne alcuni: organizzare una scuola materna; promuovere lo sport; cinema per bambini e giovani; catechesi per i giovani organizzata in tre anni. Nel terzo anno dovrebbero essere introdotti alle responsabilità e agli impegni comunitari. In questo programma”, mi disse, ”fate in modo che conoscano bene Mwalimu Julius Kambarage Nyerere”.
Padre Antonio Zanette saluta la comunità di Manda prima di trasferirsi al Noviziato di Morogoro nel 2018
Attenzione! L'economia è la spina dorsale di tutto. Con essa si può impoverire ulteriormente la gente o salvare la vita di molti. Studiate bene il programma di economia in partita doppia dei Missionari della Consolata. Curate il diario delle entrate e uscite della parrocchia: annotate tutto, tutto per favore! L'autofficina dovrebbe avere un registro indipendente; il motivo è semplice, è l'unico posto dove si spendono molti soldi e serve ad aiutare il tuo confratello a non avere problemi con te. Altrimenti un solo registro di entrate e uscite potrebbe essere sufficiente.
Assicuratevi di fare quotidianamente il registro contabile; se non ci riuscite, non lasciate mai passare più di una settimana, altrimenti avrete problemi non indifferenti. Il giorno 25 di ogni mese presentate i conti alla comunità e ogni tre mesi inviateli anche all’amministratore provinciale. Non lasciate i registri solo sul computer, ma tenetene una copia su disco.
Ogni due mesi fate una riunione con i catechisti per valutare e organizzare i mesi successivi, fissate le date delle visite alle comunità per tutto l'anno e siate chiari nel programma parrocchiale. Tutti i catechisti devono sostenere l'esame orale e, se non lo superano, non possono essere catechisti.
La comunità di Manda ringrazia il padre Zanette per la sua dedizione alla missione
E per concludere occupatevi della casa degli anziani; formate gli operai perché siano disciplinati nel lavoro; insegnate loro a risparmiare, ne avranno bisogno quando saranno vecchi o malati; curate la chiesa parrocchiale in tutti i suoi dettagli».
Padre Iseo Antonio era un uomo di preghiera, lo vedevo sempre con il breviario in mano, soprattutto quando era in parrocchia. A volte si sedeva da solo nel cortile, fumando la sigaretta e meditando durante le ore del mattino e della sera prima della preghiera comunitaria.
Per lui la formazione dei catechisti era fondamentale: ogni comunità aveva un catechista ben preparato e un asilo infantile. Il numero di bambini in ogni centro era impressionante: io, che amo registrare tutto, sapevo che c'erano più di tremila giovani nel programma catechistico di tutta la parrocchia.
Padre Iseo Antonio aveva uno stile di vita semplice. Molto attento ai bisognosi, era uomo di poche parole ma duro contro le ingiustizie, trasparente e povero nell'uso del denaro, discreto ed equilibrato.
“Watu waache vizuri” (lasciateli mangiare bene). Aveva un programma per distribuire cibo a tutti gli anziani in tempi di siccità, il loro numero era impressionante. Aveva un magazzino con più di duemila sacchi di mais, ognuno del peso di cento chili. E poi c'era anche il bisogno di acqua. Furono aperti pozzi d'acqua in quasi tutti i villaggi; si può dire che l'organizzazione del villaggio si costruiva intorno al pozzo d'acqua.
Padre Zanette era anche un punto di riferimento a livello governativo. Molti venivano a chiedere il suo parere prima di avviare un programma di sviluppo nella regione in cui viveva.
Nato il 14 giugno 1939 a S. Biagio Callalta, in provincia di Treviso, Zanette era entrato nell'Istituto in giovane età. Fece la prima professione religiosa il 2 giugno 1960 nella Certosa di Pesio e la professione perpetua il 2 ottobre 1964 a Torino. Qui è stato ordinato diacono il 3 ottobre 1965 e sacerdote il 18 dicembre dello stesso anno a Pero (Treviso).
Dopo l'ordinazione è stato inviato a Londra dove ha studiato dal 1966 al 1967 e poi è andato come missionario in Tanzania. Vi rimase per tutti gli anni attivi della sua vita missionaria. È stato viceparroco a Kipengere (1967-1969), parroco a Makambako (1969-1970), parroco a Kipengere (1970-1971), parroco a Kisinga (1971-1974), parroco a Igwachanya (1974-1975) e parroco a Kipengere (1975-1987). Nel 1987 ha prestato servizio come amministratore regionale a Iringa ma, al termine del suo servizio, è tornato al lavoro pastorale nella missione di Sanza (2001-2012). Nel periodo 2012-2018 è stato assegnato alla cura pastorale di Manda e la sua ultima missione in Tanzania è stata quella di far parte dell'équipe di formazione del Noviziato di Morogoro (2018-2022).
Nel 2022 è tornato in Italia e ha trascorso i due anni che gli restavano tra la Casa Madre di Torino e la casa per missionari anziani di Alpignano, dove è morto il 18 agosto.
Un gruppo di studenti ringrazia padre Zanette per il suo contributo alla loro formazione
Padre Zanette ci insegna tre cose: A) “Bisogna avere il fuoco per essere missionari” Sono parole dello stesso Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano. La missione ha bisogno di persone determinate; la missione ad gentes ci pone di fronte a sfide davvero difficili. Spesso la nostra gente vive in situazioni molto precarie e noi dobbiamo essere lì con loro. B) “Dobbiamo fare il bene, bene e senza rumore”. Padre Zanette era un uomo che parlava poco anche se alzava la voce quando scopriva che qualcuno veniva manipolato e privato dei suoi diritti fondamentali. Ha sempre lavorato in zone con scarsissima comunicazione e mezzi poveri: mancanza di Internet, di trasporti, di acqua... questo non era un motivo per chiedere di essere sostituito. C) Infine, padre Antonio Zanette ci invita a dare priorità all'educazione per integrare le nostre comunità.
* Padre Thomas Ishengoma, missionario della Consolata proveniente dalla Tanzania, lavora nella parrocchia di San Miguel Arcangel a Yuto, in Argentina.
Chiesa parrochiale di Manda in Tanzania costruita da padre Zanette
Nelle prime ore del 7 febbraio 1996, Sorino Yanomami partì per la caccia dalla sua maloca (abitazione collettiva Yanomami). Mentre era in foresta fu assalito e gravemente ferito da un giaguaro.
Secondo la popolazione locale, questo fu il secondo caso di un attacco di un giaguaro nella regione della Missione Catrimani, situata a 150 chilometri da Boa Vista, nello stato di Roraima in Brasile. Nel primo assalto, avvenuto alla fine del 1995, furono ritrovate solo resti del corpo della vittima.
Come sappiamo, Sorino Yanomami è stato soccorso in gravi condizioni dai Missionari e le Missionarie della Consolata che operano nella Missione Catrimani. Fu necessario trasferirlo d'urgenza all'Ospedale Generale della città di Boa Vista con un aerotaxi. La gente rimase scioccata e spaventata, e tutti credettero che non potesse sopravvivere. Per questo chiesero che Sorino rimanesse nella sua maloca per morire in compagnia della sua famiglia.
Con fede, fiducia e speranza, come coloro che nel Vangelo trasportarono il paralitico nella barella e lo calarono attraverso il buco nel tetto davanti a Gesù per essere guarito, così le Suore Missionarie della Consolata, dopo aver prestato il primo soccorso, rischiarono tutto per portare Sorino a Boa Vista. Cominciarono a pregare il Beato Giuseppe Allamano perché intercedesse per la sua guarigione. A Boa Vista, le suore fecero i turni all'Ospedale Generale per assistere Sorino e facilitare la visita e il soggiorno dei parenti.
Il canonico Giuseppe Allamano fondò l'Istituto dei Missionari della Consolata nel 1901 e la congregazione delle Suore Missionarie della Consolata nel 1910. Perciò, lui è il Padre Fondatore, un uomo tutto per Cristo e per la missione. Nel contesto della storia della guarigione miracolosa di Sorino Yanomami, Giuseppe Allamano è quel “buco nel tetto” attraverso il quale i quattro uomini del Vangelo fecero passare il paralitico perché potesse raggiungere Gesù ed essere guarito. Le suore hanno pregato costantemente il Beato Giuseppe Allamano per la guarigione di Sorino.
(La guarigione sciamanica di Sorino. Disegno: Trento Yanomami 2017)
I quattro uomini del Vangelo (Mt 9,1-8; Mc 2,1-12, Lc 5,17-18) ebbero fede in Gesù, credettero nel suo potere di guarigione. Era una fede pratica che li spinse a cercare a tutti i costi la guarigione del loro amico paralitico. Il paralitico sulla barella è in una situazione di impotenza, ha bisogno di aiuto. I quattro amici si fanno carico di lui, con fede libera, viva, incarnata in vari gesti. Secondo San Giacomo, “la fede senza le opere è morta” (Gc 2,17).
La fede, la fiducia nell'incrollabile bontà della potenza di Dio e la speranza spingono i quattro uomini a compiere un'azione senza precedenti. Superando i loro limiti, scoperchiarono il tetto della casa aprendolo e calando il paralitico con la sua barella al centro della casa dove si trovava Gesù. Non hanno paura della reazione della gente. Vogliono vedere il loro amico guarito.
La fiducia è la quinta essenza della speranza, diceva il padre Giuseppe Allamano ai suoi missionari e missionarie. Nella cosmologia greca, il quinto elemento è l'etere, qualcosa di magnifico, grande, molto più grande dell'aria che respiriamo. La quinta essenza è l'etere. Si può avere tutto: aria, fuoco, acqua e terra, ma se non si ha fiducia e speranza, si può morire.
Il ruolo degli sciamani nel sostenere la volta celeste ed accompagnare i loro cari al momento della morte affinché possano attraversare la finestra verso l'eternità. Foto: Missione Catrimani
Nel Vangelo leggiamo che Gesù guarisce tutti i malati che incontra o che gli vengono portati. “... la gente gli portava tutti quelli che soffrivano di vari disturbi e tormenti: gli indemoniati, gli epilettici e i paralitici; ed egli li guariva” (Mt 4,24). Ma Gesù guarisce anche grazie alla fede di coloro che si rivolgono a lui per ottenere la guarigione, come nel caso dei quattro amici che, con fede, fiducia e speranza, fanno passare l'uomo paralitico attraverso il buco del tetto per ricevere la guarigione di Gesù.
La guarigione miracolosa di Sorino, come quella del paralitico, mette in evidenza il valore della fede concreta, della fiducia e della speranza, dimostrando che Dio è attento a coloro che lo invocano e si rivolgono a Lui nel momento del bisogno.
La guarigione dell'indigeno Sorino in piena foresta amazzonica è un segno visibile della presenza del Creatore nella vita del popolo Yanomami e conferma il carisma della missione ad gentes lasciata in eredità dal Beato Giuseppe Allamano.
* Suor Mary Agnes Njeri Mwangi è missionaria della Consolata keniota che lavora nella Missione Catrimani a Roraima.
Tra preghiera, pittura e pennelli, padre Carlo Mondini, 86 anni dei quali 55 anni come sacerdote, prima di tornare in Italia parla dei 25 anni di servizio missionario in Argentina. Il suo impegno per la missione è evidente in ogni aspetto della sua vita.
Nella Casa Regionale dei Missionari della Consolata, nel quartiere di Flores, a Buenos Aires, da un quarto di secolo batte forte un cuore italiano. Padre Carlo Federico Mondini, 86 anni, bresciano di origine, ha dedicato una parte della sua vita a portare un messaggio di speranza e consolazione in Sud America.
Arrivò in Argentina il 7 luglio 1999 con la speranza di condividere la sua fede e servire i più bisognosi. Dopo un intenso periodo di studio dello spagnolo, la sua prima destinazione è stata la parrocchia di Pompeya, a Merlo, provincia di Buenos Aires. Lì, immerso nel calore della comunità di Buenos Aires, ha iniziato a costruire le basi di quella che sarebbe stata la sua missione in Argentina: il seminario di San Miguel, la pastorale di Jujuy, a stretto contatto con le comunità indigene, e poi Mendoza.
Padre Mondini ha lasciato la sua impronta artistica in Africa e in Argentina, dove ha dipinto immagini religiose
Nella vita del padre Mondini la formazione è stato un aspetto importante; in Kenya e in Italia, prima ancora che in Argentina, ha dedicato forze e tempo all’animazione missionaria e alla formazione di giovani missionari. Con una profonda sensibilità interculturale e una solida conoscenza della spiritualità della Consolata, padre Mondini ha saputo trasmettere ai suoi studenti la passione per la missione ad gentes. La sua esperienza di animazione missionaria è stata fondamentale per rafforzare la vocazione di molti giovani.
“Nella preghiera non siamo mai da soli. Abbiamo un dialogo intimo con Dio, il nostro Padre amorevole. È in questo incontro personale che Egli ci rivela i suoi progetti e ci guida sulla strada che ha tracciato per ognuno di noi. Osate chiedergli: “Signore, cosa vuoi che faccia? Illuminami con il tuo Spirito Santo e dammi la forza di fare la tua volontà. Parlami, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” è il consiglio che padre Mondini dà ai giovani che iniziano la loro vocazione al sacerdozio.
Padre Mondini ha unito la sua vocazione religiosa alla passione per la pittura. In Africa ha decorato cappelle e ha organizzato mostre d'arte con la comunità locale, i cui dipinti sono stati venduti per sostenere progetti comunitari. In Argentina, ha lasciato la sua impronta artistica a Jujuy, dove ha dipinto immagini religiose come la Vergine Consolata e il Sacro Cuore di Gesù, donando le sue opere alla comunità. Sebbene per lui la pittura sia solo un hobby, il suo talento ha contribuito a decorare gli spazi e a stabilire un contatto con le persone. Con le sue pennellate missionarie dimostra che l'arte può essere un potente strumento di evangelizzazione e di promozione dei valori umani e cristiani.
Negli ultimi tre anni, padre Mondini ha fatto della spiritualità il centro della sua vita inspirandosi alla figura di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni. Ogni sua parola, ogni suo pensiero e ogni sua azione sono concepiti come un'offerta al Signore.
“Tutto ciò che faccio, ciò che dico, ciò che penso, ogni respiro della mia bocca e ogni battito del mio cuore è un'offerta al Signore”, dice padre Mondini, riflettendo la profondità della sua dedizione. Nella sua vita consacrata il missionario cerca di unire il suo cuore a quello di Dio e quindi di intercedere per tutte le persone, soprattutto quelle più bisognose. La sua testimonianza ci invita a riflettere sull'importanza della preghiera e dell'offerta personale come mezzi per trasformare il mondo.
Missionari della Consolata residenti nella Casa Regionale: Guillermo Pinilla, Mario Guglielmin, James Macharia, Carlos Monidini, Marcos Im Sang Hun e Nino Bigani.
Oggi padre Carlo, che ha lasciato un segno profondo e tanta gratitudine nella comunità argentina, ha deciso di tornare in Italia, sua terra d'origine. All’età di 86 anni, questo ritorno è il risultato di una maturazione personale e spirituale che si è sviluppata negli ultimi mesi. Padre Mondini sente il bisogno di riconnettersi alle sue radici, alla sua lingua, alla sua cultura e, soprattutto, ai suoi cari. In Italia lo aspettano nipoti, parenti e amici con cui condividerà questa nuova tappa.
Ad ogni modo questa sua partenza non significa la conclusione della sua vocazione missionaria: porterà con sé il fuoco dell'apostolato che ha acceso in tanti cuori. Dalla sua patria, continuerà a dedicarsi alla preghiera e alle offerte per le necessità del mondo, ispirando altri a seguire le sue orme.
* Padre Guillermo Pinilla, IMC, superiore della Casa Regionale di Buenos Aires e Celina Atencio, insegnante a Mendoza.