Nelle prime ore del 7 febbraio 1996, Sorino Yanomami partì per la caccia dalla sua maloca (abitazione collettiva Yanomami). Mentre era in foresta fu assalito e gravemente ferito da un giaguaro.

Secondo la popolazione locale, questo fu il secondo caso di un attacco di un giaguaro nella regione della Missione Catrimani, situata a 150 chilometri da Boa Vista, nello stato di Roraima in Brasile. Nel primo assalto, avvenuto alla fine del 1995, furono ritrovate solo resti del corpo della vittima.

Come sappiamo, Sorino Yanomami è stato soccorso in gravi condizioni dai Missionari e le Missionarie della Consolata che operano nella Missione Catrimani. Fu necessario trasferirlo d'urgenza all'Ospedale Generale della città di Boa Vista con un aerotaxi. La gente rimase scioccata e spaventata, e tutti credettero che non potesse sopravvivere. Per questo chiesero che Sorino rimanesse nella sua maloca per morire in compagnia della sua famiglia.

20240826Miracolo2017Con fede, fiducia e speranza, come coloro che nel Vangelo trasportarono il paralitico nella barella e lo calarono attraverso il buco nel tetto davanti a Gesù per essere guarito, così le Suore Missionarie della Consolata, dopo aver prestato il primo soccorso, rischiarono tutto per portare Sorino a Boa Vista. Cominciarono a pregare il Beato Giuseppe Allamano perché intercedesse per la sua guarigione. A Boa Vista, le suore fecero i turni all'Ospedale Generale per assistere Sorino e facilitare la visita e il soggiorno dei parenti.

Il canonico Giuseppe Allamano fondò l'Istituto dei Missionari della Consolata nel 1901 e la congregazione delle Suore Missionarie della Consolata nel 1910. Perciò, lui è il Padre Fondatore, un uomo tutto per Cristo e per la missione. Nel contesto della storia della guarigione miracolosa di Sorino Yanomami, Giuseppe Allamano è quel “buco nel tetto” attraverso il quale i quattro uomini del Vangelo fecero passare il paralitico perché potesse raggiungere Gesù ed essere guarito. Le suore hanno pregato costantemente il Beato Giuseppe Allamano per la guarigione di Sorino.

(La guarigione sciamanica di Sorino. Disegno: Trento Yanomami 2017)

I quattro uomini del Vangelo (Mt 9,1-8; Mc 2,1-12, Lc 5,17-18) ebbero fede in Gesù, credettero nel suo potere di guarigione. Era una fede pratica che li spinse a cercare a tutti i costi la guarigione del loro amico paralitico. Il paralitico sulla barella è in una situazione di impotenza, ha bisogno di aiuto. I quattro amici si fanno carico di lui, con fede libera, viva, incarnata in vari gesti. Secondo San Giacomo, “la fede senza le opere è morta” (Gc 2,17).

La fede, la fiducia nell'incrollabile bontà della potenza di Dio e la speranza spingono i quattro uomini a compiere un'azione senza precedenti. Superando i loro limiti, scoperchiarono il tetto della casa aprendolo e calando il paralitico con la sua barella al centro della casa dove si trovava Gesù. Non hanno paura della reazione della gente. Vogliono vedere il loro amico guarito.

La fiducia è la quinta essenza della speranza, diceva il padre Giuseppe Allamano ai suoi missionari e missionarie. Nella cosmologia greca, il quinto elemento è l'etere, qualcosa di magnifico, grande, molto più grande dell'aria che respiriamo. La quinta essenza è l'etere. Si può avere tutto: aria, fuoco, acqua e terra, ma se non si ha fiducia e speranza, si può morire.

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Il ruolo degli sciamani nel sostenere la volta celeste ed accompagnare i loro cari al momento della morte affinché possano attraversare la finestra verso l'eternità. Foto: Missione Catrimani

Nel Vangelo leggiamo che Gesù guarisce tutti i malati che incontra o che gli vengono portati. “... la gente gli portava tutti quelli che soffrivano di vari disturbi e tormenti: gli indemoniati, gli epilettici e i paralitici; ed egli li guariva” (Mt 4,24). Ma Gesù guarisce anche grazie alla fede di coloro che si rivolgono a lui per ottenere la guarigione, come nel caso dei quattro amici che, con fede, fiducia e speranza, fanno passare l'uomo paralitico attraverso il buco del tetto per ricevere la guarigione di Gesù.

La guarigione miracolosa di Sorino, come quella del paralitico, mette in evidenza il valore della fede concreta, della fiducia e della speranza, dimostrando che Dio è attento a coloro che lo invocano e si rivolgono a Lui nel momento del bisogno.

La guarigione dell'indigeno Sorino in piena foresta amazzonica è un segno visibile della presenza del Creatore nella vita del popolo Yanomami e conferma il carisma della missione ad gentes lasciata in eredità dal Beato Giuseppe Allamano.

* Suor Mary Agnes Njeri Mwangi è missionaria della Consolata keniota che lavora nella Missione Catrimani a Roraima.

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Tra preghiera, pittura e pennelli, padre Carlo Mondini, 86 anni dei quali 55 anni come sacerdote, prima di tornare in Italia parla dei 25 anni di servizio missionario in Argentina. Il suo impegno per la missione è evidente in ogni aspetto della sua vita.

Nella Casa Regionale dei Missionari della Consolata, nel quartiere di Flores, a Buenos Aires, da un quarto di secolo batte forte un cuore italiano. Padre Carlo Federico Mondini, 86 anni, bresciano di origine, ha dedicato una parte della sua vita a portare un messaggio di speranza e consolazione in Sud America.

Arrivò in Argentina il 7 luglio 1999 con la speranza di condividere la sua fede e servire i più bisognosi. Dopo un intenso periodo di studio dello spagnolo, la sua prima destinazione è stata la parrocchia di Pompeya, a Merlo, provincia di Buenos Aires. Lì, immerso nel calore della comunità di Buenos Aires, ha iniziato a costruire le basi di quella che sarebbe stata la sua missione in Argentina: il seminario di San Miguel, la pastorale di  Jujuy, a stretto contatto con le comunità indigene, e poi Mendoza.

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Padre Mondini ha lasciato la sua impronta artistica in Africa e in Argentina, dove ha dipinto immagini religiose

Una missione senza frontiere

Nella vita del padre Mondini la formazione è stato un aspetto importante; in Kenya e in Italia, prima ancora che in Argentina, ha dedicato forze e tempo all’animazione missionaria e alla formazione di giovani missionari. Con una profonda sensibilità interculturale e una solida conoscenza della spiritualità della Consolata, padre Mondini ha saputo trasmettere ai suoi studenti la passione per la missione ad gentes. La sua esperienza di animazione missionaria è stata fondamentale per rafforzare la vocazione di molti giovani.

20240826Mondini4“Nella preghiera non siamo mai da soli. Abbiamo un dialogo intimo con Dio, il nostro Padre amorevole. È in questo incontro personale che Egli ci rivela i suoi progetti e ci guida sulla strada che ha tracciato per ognuno di noi. Osate chiedergli: “Signore, cosa vuoi che faccia? Illuminami con il tuo Spirito Santo e dammi la forza di fare la tua volontà. Parlami, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” è il consiglio che padre Mondini dà ai giovani che iniziano la loro vocazione al sacerdozio.

Pennellate missionarie: la passione per la pittura

Padre Mondini ha unito la sua vocazione religiosa alla passione per la pittura. In Africa ha decorato cappelle e ha organizzato mostre d'arte con la comunità locale, i cui dipinti sono stati venduti per sostenere progetti comunitari. In Argentina, ha lasciato la sua impronta artistica a Jujuy, dove ha dipinto immagini religiose come la Vergine Consolata e il Sacro Cuore di Gesù, donando le sue opere alla comunità. Sebbene per lui la pittura sia solo un hobby, il suo talento ha contribuito a decorare gli spazi e a stabilire un contatto con le persone. Con le sue pennellate missionarie dimostra che l'arte può essere un potente strumento di evangelizzazione e di promozione dei valori umani e cristiani.

Il cuore di un missionario

Negli ultimi tre anni, padre Mondini ha fatto della spiritualità il centro della sua vita inspirandosi alla figura di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni. Ogni sua parola, ogni suo pensiero e ogni sua azione sono concepiti come un'offerta al Signore.

“Tutto ciò che faccio, ciò che dico, ciò che penso, ogni respiro della mia bocca e ogni battito del mio cuore è un'offerta al Signore”, dice padre Mondini, riflettendo la profondità della sua dedizione.  Nella sua vita consacrata il missionario cerca di unire il suo cuore a quello di Dio e quindi di intercedere per tutte le persone, soprattutto quelle più bisognose. La sua testimonianza ci invita a riflettere sull'importanza della preghiera e dell'offerta personale come mezzi per trasformare il mondo.

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Missionari della Consolata residenti nella Casa Regionale: Guillermo Pinilla, Mario Guglielmin, James Macharia, Carlos Monidini, Marcos Im Sang Hun e Nino Bigani.

Oggi padre Carlo, che ha lasciato un segno profondo e tanta gratitudine nella comunità argentina, ha deciso di tornare in Italia, sua terra d'origine. All’età di 86 anni, questo ritorno è il risultato di una maturazione personale e spirituale che si è sviluppata negli ultimi mesi. Padre Mondini sente il bisogno di riconnettersi alle sue radici, alla sua lingua, alla sua cultura e, soprattutto, ai suoi cari. In Italia lo aspettano nipoti, parenti e amici con cui condividerà questa nuova tappa.

Ad ogni modo questa sua partenza non significa la conclusione della sua vocazione missionaria: porterà con sé il fuoco dell'apostolato che ha acceso in tanti cuori. Dalla sua patria, continuerà a dedicarsi alla preghiera e alle offerte per le necessità del mondo, ispirando altri a seguire le sue orme.

* Padre Guillermo Pinilla, IMC, superiore della Casa Regionale di Buenos Aires e Celina Atencio, insegnante a Mendoza.

In continuità alla preparazione per la canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, pubblichiamo la terza riflessioni dal titolo “Il Fondatore e la Missione”. L’invito è quello di “ascoltare un Padre che ama i suoi figli e figlie, seduti attorno a Lui, sentendolo vicino e presente nelle nostre vite e nei cammini della missione” in vista del grande evento il prossimo 20 ottobre 2024 a Roma e Torino.

La prima riflessioni pubblicata il 16 giugno ci invitava a meditare sul Fondatore e la “sua Consolata”. La meditazione per il 16 luglio 2024, a sua volta, evidenziava l'amore del Beato Allamano per l'Eucaristia. Questa terza riflessione presenta “Il Fondatore e la Missione”

“La missione fu per Padre Fondatore un sogno e una vocazione, che Egli realizzò secondo i piani di Dio, sempre attento a comprendere la sua Volontà. Giuseppe Allamano nasce, infatti, in un’epoca di forte fervore missionario. Ha l’occasione, da giovane, di incontrare Fra Guglielmo Massaia, Cappuccino diventato famoso per la sua incredibile attività di evangelizzazione nel Kaffa (Etiopia): l’Etiopia e la missione resteranno per sempre nel cuore del Fondatore”, ricorda la meditazione dalle due Direzioni Generali IMC – MC per il 16 agosto 2024 che pubblichiamo di seguito.

Percorso spirituale 16 agosto 2024: “Il Fondatore e la Missione”

A dieci anni dalla visita di Francesco per VI Giornata della Gioventù Asiatica, da Daejeon la testimonianza di padre Diego Cazzolato, missionario della Consolata.

Illustra l'opera di prossimità ai nuovi poveri, i migranti, che arrivano da soprattutto da Filippine e Nigeria, l'impegno a favore del dialogo interreligioso e la speranza che con la GMG del 2027 a Seoul le nuove generazioni trovino stabilità, accompagnamento, guide sapienti e attente

Ritrovare lo slancio che Papa Francesco aveva impresso nella popolazione della Corea del Sud in occasione del viaggio che, dieci anni fa, dal 13 al 18 agosto del 2014 lo aveva portato in quella regione del mondo per la VI Giornata della Gioventù Asiatica. Questo il messaggio che oggi padre Diego Cazzolato, missionario della Consolata da oltre trent’anni nel Paese asiatico, condivide con Radio Vaticana – Vatican News. Dalla sfida del dialogo interreligioso a quella del sostegno ai nuovi poveri - i tanti migranti che giungono dalle Filippine ma anche dalla Nigeria -, l’opera di questi religiosi tiene viva la speranza per una riconciliazione interna e per una fratellanza universale.

Guarda il video sul viaggio del Papa in Corea

La consolazione di Francesco e le molte conversioni

Daejeon, dieci anni dopo la visita del Pontefice per la VI Giornata della Gioventù Asiatica. Padre Cazzolato vive qui dal 1988 e se li ricorda molto bene i momenti in cui ebbe modo di incontrare il Papa in quel viaggio apostolico: nella Messa allo stadio, poi in un grande centro per disabili e nella celebrazione conclusiva. “È stato molto bello perché qualche mese prima era successa una grande tragedia che aveva scosso profondamente il cuore dei coreani. C’era una nave traghetto che trasportava studenti delle superiori che andavano in gita in un’isola semi tropicale al sud della Corea. Per cause ancora non pienamente identificate quella nave affondò e morirono 360 ragazzi e ragazze di 17-18 anni. Il Papa con il suo arrivo effettivamente è riuscito a ridare pace e speranza a tutto il popolo. È stata una visita provvidenziale”.

Ancora si compiace, il religioso, per il bel modo in cui la televisione nazionale trasmise integralmente quei momenti, per i gesti e le parole di Francesco che volle incontrare anche alcuni genitori di figli annegati. “È riuscito a dare una certa consolazione al Paese e tutti glielo riconoscono tuttora”, sottolinea. E rileva che quella fu una occasione propizia da cui nacquero molte conversioni: “C’è stato un aumento considerevole dei catecumeni, infatti in diversi sono rimasti molto toccati e hanno deciso di diventare cattolici”.

La speranza di una riconciliazione

Nel ricordo lieto che padre Diego ha di quelle giornate alberga tuttavia l’amarezza, espressa senza infingimenti, per una sorta di occasione per così dire 'sfumata' nel tempo: “Allora c’erano molte speranze anche riguardo alla riconciliazione tra le due Coree. Il presidente cattolico che subentrò alla presidente in carica in quel momento fece di tutto per aprire vie di dialogo e offrire opportunità di unione. Da un paio di anni a questa parte, purtroppo, quel lavoro di ricucitura è andato completamente distrutto soprattutto da parte dell’atteggiamento di chi governa la Corea del Nord ma anche dal governo attuale che riafferma la contrapposizione con la Corea del Nord più che la ricerca di una pacificazione. In questo momento direi che le relazioni sono al loro punto più basso nella storia degli ultimi 50 anni”.

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La fede cristiana e il servizio accogliente per i migranti

Missionari tra i migranti, i “nuovi poveri”

Il missionario italiano trapiantato in Corea dà conto di come nel tempo è cambiata la prossimità umana e spirituale ai coreani: “All’inizio il nostro desiderio era stare accanto ai poveri, evangelizzare i poveri. Eravamo riusciti ad avere una presenza molto semplice in uno dei quartieri periferici della grande città di Seoul dove allora i poveri si radunavano a vivere in case malfatte, senza tanti servizi però con un minimo di dignità umana ed economica. Poi, i piani governativi di ammodernamento di quelle zone - prima con le Olimpiadi dell’88, poi con i Mondiali di calcio del 2002 – le hanno di fatto smantellate e i poveri sono andati via”. Si rimodula pertanto la missione che si orienta verso “i nuovi poveri”. Sono i migranti che, riferisce padre Cazzolato, arrivano da tante parti del mondo in cerca di un po’ di sicurezza economica. “Ce ne sono tanti! La maggior parte dalle Filippine, poi un grosso gruppo arriva dalla Nigeria. Dall’America Latina, in particolare dal Perù, arrivavano di più in passato, ora sono stati quasi tutti rimpatriati. Poi c’è il sud est asiatico: Vietnam, Timor-Leste, Cambogia, Thailandia, alcuni dalla Mongolia”.

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La comunità cristiana accoglie i piccoli

Quella frontiera asiatica dove il Papa torna per dare impulso al dialogo

Sì, la Mongolia, quella terra sconfinata dove il Papa si è recato esattamente un anno fa, confermando la volontà di abbracciare chiese minuscole ma calorose. Lo sguardo costante alla frontiera asiatica, dove Papa Bergoglio è in procinto di tornare a settembre, “è importante perché si fa presente nelle periferie, perché è segno di entusiasmo. Sono molto incuriosito dalla tappa in Indonesia – confida Cazzolato -, il Paese con più alto numero di musulmani, dove le relazioni tra cristianesimo e islam non sono facilissime. Credo che il Papa darà ancora impulso al dialogo”.

Di dialogo si intende padre Diego: a questo ambito si dedica la sua comunità a Daejeon. “Entriamo in contatto con leaders e fedeli di altre religioni, soprattutto con buddisti e confuciani o di altre religioni autoctone della Corea. Cerchiamo di creare relazioni di pace tra tutti e di ricerca insieme della verità”. Ammette che dopo una stagione più entusiasta si sta vivendo ora una stagione più di “bassa marea” ma, dice, “andiamo avanti”.

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L'impegno in parrocchia

Verso la GMG 2027, serve una proposta per lo scoraggiamento dei giovani

Che ne è di quei giovani che dieci anni fa incontravano in Corea la guida della Chiesa cattolica universale? Il missionario non nega che oggi i giovani, in generale, “cercano la verità fuori dalle chiese, dalle parrocchie, dai templi buddisti”. Esprime lo stato di forte preoccupazione che hanno per il proprio futuro, per un lavoro che non è più così sicuro. A dispetto degli elevati livelli di progresso tecnologico che il Paese ha raggiunto sul piano internazionale, le nuove generazioni “fanno fatica a trovare un impiego, si sentono abbastanza abbandonati dagli adulti e hanno un estremo bisogno di guide capaci che li sostengano. E devo dire che non sempre, come cristiani, riusciamo a provvedere a questa necessità”. La speranza è riposta nei preparativi della GMG del 2027 che in Corea avrà luogo e per la quale, dice padre Diego, si sta pensando a molte iniziative. “Il mood tra i ragazzi è di grande scoraggiamento. Speriamo si riallaccino i rapporti con la gioventù che negli ultimi anni si sono persi. Serve una proposta buona, seria”.

* Antonella Palermo - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in:www.vaticannews.va/it

I missionari della Consolata celebrano con gioia e gratitudine a Dio, dieci anni di presenza in Angola (2014-2024).

In risposta all'XI Capitolo Generale del 2005 tenutosi a San Paolo (Brasile), si sono aperte nuove strade nel Continente Africano, con l’apertura di una nuova presenza dei missionari della Consolata in Angola. Era il 1° agosto 2014 quando i primi tre missionari, padre Fredy Gomez (Colombiano), padre Dani Romero (Venezuelano) e padre Sylvester Ogutu (Keniano), sono arrivati nella diocesi di Viana. Lì hanno iniziato la loro missione nella neonata parrocchia di Santo Agostinho, situata alla periferia di Luanda, nel quartiere di Capalanga.

Dopo due anni, nel 2016, è stata avviata una seconda missione nella diocesi di Caxito, nella zona agricola di Funda, dove è iniziata la nuova parrocchia della Consolata. Desiderosi di riaffermare il carisma ad gentes dei missionari della Consolata di  una missione oltre i confini, nel 2018 fu iniziata una nuova avventura missionaria nella diocesi di Luena nell'Angola orientale, esattamente nel remoto territorio di Luacano, con la creazione della parrocchia di Santa Maria Madre di Dio.

Tre presenze in dieci anni di Consolazione

Siamo grati a Dio per le meraviglie di questi primi anni di missione, per le gioie e i dolori, per i sogni e per la grande apertura e accoglienza del popolo Angolano. La missione della Consolata in Angola ha come obiettivo principale l'evangelizzazione e la promozione umana, aiutando a consolidare la Chiesa locale, creando nuove comunità cristiane e accompagnando famiglie e giovani.

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"Dieci anni di missione, dieci anni di consolazione, dieci anni di evangelizzazione"

Il Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata, ha sempre incoraggiato i suoi figli e le sue figlie a elevare l'ambiente circostante nella loro evangelizzazione. Questa è stata una delle grandi sfide e dei compiti portati avanti in questi anni in Angola. Le attività sociali e umanitarie più importanti della missione in Angola comprendono il prendersi cura dei bambini malnutriti, la formazione e l'emancipazione delle donne in vista di una loro autonomia, l'alfabetizzazione e l'accompagnamento dei giovani.

Nel 2014 abbiamo iniziato la nostra missione in Angola durante l'anno dedicato al Beato Giuseppe Allamano. Ora, nel 2024, mentre celebriamo dieci anni di presenza, abbiamo la grata notizia della canonizzazione del nostro Fondatore da parte di Papa Francesco a Roma il 20 ottobre prossimo. Questo è un grande segno che il nostro Fondatore e la nostra Madre Consolata continuano a benedire, curare e proteggere i loro missionari.

Questa gioia non è solo nostra, dei missionari della Consolata in Angola, ma di tutta la Famiglia della Consolata, che rimane fedele al carisma ricevuto dallo Spirito Santo attraverso la Consolata e il Beato Allamano.

Dieci anni di missione, dieci anni di consolazione, dieci anni di evangelizzazione. Continuiamo il nostro cammino con la stessa fede, dedizione e amore che ci hanno portato fin qui, cercando sempre più di annunciare il messaggio di speranza e consolazione in ogni angolo dell'Angola.

Santa Messa di ringraziamento

I cattolici della diocesi di Viana a Capalanga e della diocesi di Caxito a Funda si sono riuniti domenica 4 agosto 2024 per celebrare, con gioia e gratitudine a Dio, il decennio di presenza dei Missionari della Consolata in Angola.

La celebrazione di ringraziamento tenutasi nella parrocchia di Santo Agostinho, nella diocesi di Viana, è stata presieduta dal Superiore, padre Sisto Elias, giunto dal Mozambico appositamente per rappresentare la Regione del Mozambico e dell'Angola. Egli ha dato testimonianza della dedizione e del duro lavoro di evangelizzazione e promozione umana svolto dai missionari in questi dieci anni.

Nella sua omelia, padre Sisto ha espresso la sua profonda gratitudine al popolo Angolano per aver accolto i missionari e aver camminato con loro in questa missione fatta di evangelizzazione e promozione umana. Ha evidenziato le sfide affrontate e i risultati raggiunti, sottolineando l'importanza della collaborazione e dello spirito comunitario.

Alla celebrazione erano presenti i padri Fredy Gomez, Dani Romero, John Kyara e Douglas Getanda, punti di riferimento della missione in Angola, e dalla lontana missione di Luacano, i padri Fernando Chissano e Bernard Maina. Tutto questo simbolizza la continuità e l'impegno dell'Istituto Missioni Consolata nel portare avanti la sua missione evangelizzatrice in questa terra d’Angola.

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L’augurio è che la missione dei Missionari della Consolata continui a prosperare, portando speranza

Momenti di condivisione e fraternizzazione

A seguito della Messa, ci fu un momento di agape fraterna, segno della comunione e dello spirito di fraternità che caratterizzano le comunità cattoliche locali. Nel pomeriggio poi, si sono svolti attività ricreative, tra cui esibizioni di canti, e manifestazioni culturali e religiose. Queste attività non sono state solo una rappresentazione delle varie realtà culturali delle nostre comunità, ma hanno anche rafforzato i legami di amicizia e solidarietà tra tutti i partecipanti.

Ringraziamenti e speranza per il futuro

Alla celebrazione ha partecipato anche un gruppo di giovani volontari Italiani del "Servizio Empegnase", la cui partecipazione ha sottolineato il carattere internazionale e interculturale della missione dei Missionari della Consolata. La celebrazione del decimo anniversario è stata un'occasione per ringraziare Dio per le benedizioni ricevute e per rinnovare l'impegno nella missione.

La comunità ha espresso un fervido desiderio che la missione continui a dare frutti a Capalanga, Funda e Luacano, chiedendo a Dio un aumento delle vocazioni missionarie. Questo evento non è stato solo la celebrazione del passato, ma anche uno sguardo al futuro con speranza e determinazione, con il grande desiderio di rafforzare la presenza e l'opera dei missionari della Consolata in Angola.

L’augurio è che la missione dei Missionari della Consolata continui a prosperare, portando speranza, fede e amore alle varie comunità. La celebrazione di questi dieci anni è una pietra miliare significativa, ma anche un promemoria del fatto che c'è ancora molto da fare e molte persone a cui annunciare il Vangelo.

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* Padre Dani Romero, IMC, missionario venezuelano in Angola.

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