Come in tutto il mondo, la comunità della Casa Generalizia a Roma si è radunata per la messa di ringraziamento in occasione dell’anniversario della fondazione dell’Istituto. Con gioia e speranza abbiamo raggiunto i 123 anni di vita e missione e in contemporanea anche le missionarie della Consolata festeggiano i loro 114 anni di fondazione. È tutto opera della Consolata. “Lei è la Fondatrice”, diceva l’Allamano che attribuirà sempre alla Consolata la fondazione di questa opera oggi presente in 28 paesi dell’Europa, Africa, America e Asia.
La messa celebrata nella capella della Casa Generalizia, a mezzogiorno del 29 gennaio, è stata presieduta dal Vice Superiore Generale, il Padre Michelangelo Piovano, che nella sua omelia, ha evidenziato le principali riflessioni del Padre Fondatore nel discernere il piano della fondazione dell'Istituto. Di seguito, pubblichiamo alcuni spunti della sua omelia:
“Oggi celebriamo e facciamo memoria del giorno della Fondazione dell'Istituto, nostro e delle nostre sorelle missionarie. È il compleanno dell'istituto, della nostra famiglia, nella quale un giorno siamo stati chiamati a farne parte.
Dalla vita e parole del Fondatore sappiamo che questa data è carica di significato, uno di quei giorni nei quali il Signore interviene quasi per dare il suo sigillo o per confermare una sua volontà e desiderio.
Siamo agli inizi del 900, Gennaio, mese, freddo, di influenze e malattie e anche l’Allamano è gravemente ammalato con una doppia polmonite, tanto che si teme non possa farcela e la morte lo raggiunga prima. Si prega per lui e alla Consolata si fa anche un triduo per chiedere la sua guarigione.
Ma qualche cosa di prodigioso succede. Tra il 28 e 29 Gennaio, l’Allamano si riprende e inizia a stare meglio contro ogni previsione. Come uomo di Dio, legge in questa guarigione, un segno che non cercava, ma che forse aspettava: quello della fondazione dell'Istituto, al quale stava pensando e lavorando da tempo.
Se la grave malattia non cessasse, da un lato fa dire al cardinal Agostino Richelmy (l’Arcivescovo di Torino) che lo incoraggia sulla sua ripresa, che un altro dovrà pensare alla fondazione, dall'altra la sua guarigione diventa per lui un segno assieme a una promessa fatta nel suo cuore al Signore: “Se guarirò, è segno che quest'opera deve essere fatta”.
Questa grazia, l’Allamano la attribuirà poi sempre alla Consolata anche se non ha mai voluto che si parlasse di miracolo o di qualche cosa di prodigioso. Dirà solo: “Guarii e si fece la fondazione, ecco tutto”.
Il quadretto della Consolata che è nella Cappella accanto alla sua tomba a Torino è quello che gli fu portato in quei giorni di malattia, lo tenne sempre con sé e solo nel 1924, su richiesta di Padre Nepote, lo diede al noviziato e di seguito accompagnerà le nostre case di noviziato in Italia.
Anche per questo e per tante altre ispirazioni ed aiuti l’Allamano attribuirà sempre alla Consolata la fondazione dell'Istituto. Lei è la Fondatrice, diceva. Sappiamo che in quell'anno passerà alcuni mesi a Rivoli per riprendersi e il 24 aprile scrive la famosa lettera per chiedere al Vescovo l'approvazione per la fondazione dell'Istituto.
L'approvazione dell'episcopato piemontese arriverà il 12 settembre 1900 ed il decreto di erezione del cardinale Richelmy, porta appunto la data del 29 gennaio 1901, un anno dopo la sua malattia e guarigione e giorno di festa di San Francesco di Sales a cui l’Allamano dava anche un significato particolare.
Con la fondazione dell'Istituto e l'arrivo dei primi missionari che in breve partiranno per il Kenya. inizia la nostra storia, presente nei piani di Dio fin dall'eternità, come dice san Paolo nella lettura dell’anniversario.
Avventura e storia con vicende liete e tristi, ancora negli anni in cui l’Allamano era vivo, ma per le quali ha sempre ha nutrito grande fede e fiducia nel Signore, perché l'opera era stata voluta da Dio, dalla Consolata, per cui loro ci avrebbero pensato.
E ci hanno pensato: quando la casa si è svuotata dopo la prima partenza dei missionari, quando sembravano mancare i mezzi materiali per portarla avanti, quando è scoppiata la guerra o quando sono arrivati giorni difficili per la morte del canonico Giacomo Camisassa e altre difficoltà che ogni istituzione religiosa come la nostra deve affrontare
L’Allamano così scriveva nel 1908 a Fratel Benedetto Falda: “L'albero dell'Istituto è piantato saldamente. Cadranno anche delle foglie, forse dei rami si piegheranno, ma l'albero crescerà gigantesco, ne ho le prove in mano”.
“Il nostro istituto durerà sempre, finché ci saranno anime da salvare. Vedete la perpetuità dell'Istituto”.
Nel 1922 confidò ad un missionario: “Guarda Ferrero, l'Istituto andrà giù, giù; ma non si perderà, perché è della Consolata”.
Questo istituto con 123 anni ora siamo noi, siamo quella famiglia voluta da Dio per opera della Consolata e dell’Allamano. Lo guardiamo e crediamo che è quell'albero, gigantesco, rigoglioso e secolare.
Dalla Parola di Dio raccogliamo alcuni pensieri e illuminazioni per la nostra vita affinché, attraverso di essa, possiamo continuare a tenere viva la grazia della chiamata nell'Istituto e corrispondervi con tutto noi stessi.
Paolo nell'inno agli Efesini (Ef 1, 3-14) ci invita a ringraziare Dio per il dono della sua scelta, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità.
Crediamo che nel disegno e piano di Dio circa la fondazione del nostro Istituto ognuno di noi era già presente, già ne faceva parte ed il Signore tutto ha predisposto perché questo si realizzasse. È il mistero della sua chiamata e di una volontà che Dio realizza e attua in noi, servendosi di noi.
Santi e immacolati, perché salvati e redenti dal sangue di Gesù. E questo ci incoraggia e dà forza e speranza perché, nonostante i nostri limiti e fragilità, Dio conduce questa storia e cammino del nostro Istituto, allo stesso tempo santo e peccatore.
Il Vangelo (Gv 15, 4-15) ci indica una dimensione importante di questa santità, quella di essere tralci uniti alla vite, uniti a Gesù, in comunione con ognuno, ma sappiamo quanto è difficile questo cammino. Anche l’Allamano amava applicare questa immagine evangelica alla vita di ogni missionario e dell’Istituto. Uniti alla vite per crescere nella santità e portare frutti, uniti in quell’amore che spinge fino a dare la vita.
Padre Michelangelo Piovano, Vice Superiore Generale.
Una santità che passa attraverso la carità, il volersi bene, il rispettarsi, l'accettarsi, lo stimolarci a vicenda e anche il correggerci mutuamente. Oggi è il giorno e celebrazione di famiglia per ridirci questo e, non a caso, è stata scelta questa Parola di Dio per questa celebrazione.
Celebriamo l'anniversario della Fondazione dell'Istituto all'inizio di questo triennio, nel quale avremo il Beato Allamano come speciale protettore.
Ci aspettano celebrazioni ed eventi particolari, come il centenario della sua morte e la sua canonizzazione tanto attesa. Anche questi momenti devono portarci a vivere in profondità il significato e la grazia che vogliono trasmetterci.
Un Allamano morto quasi cento anni fa, ma che deve continuare vivo in noi, nell'attuazione e incarnazione del suo carisma. Un Allamano che verrà proclamato Santo, ma che deve essere santificato innanzitutto nella nostra vita.
Il miracolo che porterà alla canonizzazione è il miracolo della missione e santità dell'Istituto e dei suoi missionari in tutti questi anni di vita. Il miracolo del bene fatto bene, con cura, con attenzione, con fedeltà e costanza.
Una storia centenaria costruita sulla fedeltà, coraggio, fede, intraprendenza di tanti nostri confratelli e consorelle. Per questo è importante e bello ricordarli e raccontarli, seguirne le orme anche oggi e lasciarsi ispirare dal loro operato.
Per questo la celebrazione della Fondazione dell'Istituto è festa di famiglia, della nostra famiglia. Di tutti coloro che ne hanno fatto parte in passato, ne fanno parte ora e lo faranno in futuro. Famiglia di Gesù, di coloro che ascoltano la Parola e la osservano, di coloro che compiono la volontà del Padre.
La Consolata, che tutto ha fatto e disposto perché il nostro Istituto avesse vita, continui ad operare nella nostra vita e famiglia. Continui ad operare e disporre le cose in modo che questa famiglia viva nella comunione tra i suoi figli, come lo desidera ogni mamma.
Affidiamo a Lei l’Istituto che in questi primi mesi dell’anno, nelle varie circoscrizioni, sta celebrando le Conferenze regionali per attuare gli orientamenti del Capitolo Generale e concretizzare in ogni realtà quella missione per la quale siamo stati fondati.
Siamo giovani e anziani, chi con salute fisica e spirituale e chi con le sue difficoltà o ferite, siamo di realtà e culture diverse, e, così come siamo, siamo la famiglia dell’Allamano e ci vogliamo bene anche se non sempre riusciamo a dircelo o a dimostrarlo come vorremmo.
Tendiamo la mano a chi si trova in difficoltà e lasciamoci aiutare quando siamo noi ad averne bisogno. Ringraziamo oggi per questa nostra famiglia e continuiamo ad essere fieri di essere missionari e missionarie della Consolata.
Padre Michelangelo Piovano, IMC, Vice Superiore Generale.
Nel cuore della pittoresca Certosa di Pesio, tra le maestose vette delle Alpi Marittime, si staglia la figura di Fratel Gaetano Borgo, missionario della Consolata e custode di una melodia unica di dedizione e armonia. Con una laurea in Ingegneria Meccanica conseguita presso il London Hendon College, ha plasmato una carriera che lo ha portato da Sagana Technical in Kenya al Consolata Seminary, per poi radicarsi saldamente nella comunità della Certosa di Pesio in Italia.
Nato ad Alpignano, Torino nel 1939, Fratel Borgo non è solo un "fratello lavorioso", ma un artigiano che intreccia l'amore per la vita in ogni suo gesto. Dalla meccanica alla carpenteria, dalle connessioni elettriche alla manutenzione quotidiana, affronta ogni compito con una fusione di pazienza, maestria e amore. La sua dedizione emerge come una melodia che permea il tessuto stesso della Certosa.
Il primo incontro con Fratel Gaetano è stato un'immersione in questa melodia. La sua accoglienza calorosa, la gioia nel salutare un nuovo "fratello" e il suo sorriso gentile hanno gettato le basi per una storia di ispirazione. Durante il mio soggiorno alla Certosa, ho avuto il privilegio di partecipare a un corso pratico organizzato da Fratel Gaetano. Egli ha dedicato del tempo speciale per me, organizzando un corso mirato a insegnarmi pratiche competenze come la meccanica, l'elettricità, la manutenzione, e altro ancora.
Nel suo laboratorio, la sua prima parola fu un invito a unirsi alla melodia dell'amore fraterno: "La nostra vita religiosa deve essere un esempio senza rumore, come insegnava il Beato Giuseppe Allamano: 'Il bene deve essere fatto senza rumore'".
Il corso pratico è stata un'esperienza unica, un'armonia di apprendimento e condivisione. Gaetano ha condiviso le sue conoscenze con passione, sottolineando che la vita religiosa va oltre l'opera meccanica, abbracciando l'arte di vivere con amore e dedizione. Alla fine del corso, oltre all'attestato di partecipazione, mi ha accolto con un gesto di generosità: un buon vino, dolci preparati con cura e un fiore, creando un momento di armonia comunitaria.
Nel suo laboratorio, la sua maestria abbraccia la manutenzione delle turbine, dimostrando una versatilità che riflette la sua dedizione al servizio incondizionato. La sua melodia si fa sentire in ogni gesto, in ogni competenza condivisa.
La lezione più preziosa di Fratel Gaetano è l'amore per il lavoro. Ogni mattina, nonostante la sua età, si alza presto per pulire e organizzare la Certosa, dimostrando che la dedizione al lavoro è un atto di amore, una testimonianza tangibile della sua fede e della sua missione. La sua passione per l'agricoltura non è solo un contributo pratico alla comunità, ma una testimonianza della sua connessione profonda con la natura.
Fratel Borgo emerge come una sinfonia di dedizione, versatilità e amore. La sua vita racconta una storia di armonia fraterna e competenza pratica, una storia che ha il potere di trasformare il mondo, una nota alla volta. Un incontro con Fratel Gaetano è un viaggio nell'anima di un uomo che ha dedicato la sua vita a intessere una melodia unica di amore e competenza nella Certosa di Pesio.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, studente in Comunicazione a Roma.
La seconda Conferenza della Regione IMC Europa, che si svolge dal 22 al 27 gennaio a Fátima, nel Portogallo, riflette su una serie di tematiche che fanno parte della vita e della missione dell’Istituto. Pubblichiamo di seguito la cronaca del lavoro svolto il 24 e il 25 gennaio, quando i 51 partecipanti alla Conferenza hanno riflettuto su i migranti, i giovani, la formazione, la comunicazione e il carisma.
Iniziata la giornata sotto la protezione di San Francesco di Sales, uno dei patroni dell’Istituto, la maratona continua! E come qualsiasi corsa che si rispetti il ritmo resta essere serrato.
La prima bella salita che oggi abbiamo attaccato ci ha portato a condividere il nostro vissuto e la nostra riflessione su una realtà che ci contraddistingue e che è parte del nostro DNA: la consolazione. Padre Edwin Osaleh che lavora con i migranti a Oujda in Marocco ci ha portato attraverso l’icona biblica della visitazione di Maria a Elisabetta a vivere la consolazione come esperienza personale di essere consolati per poter uscire dinamicamente verso chi ha bisogno di consolazione: i “pauperes” (i poveri).
Partecipanti alla Seconda Conferenza della Regione IMC Europa a Fatima, Portogallo.
Essere consolati e consolatori è un processo continuo di ascolto, attenzione, vicinanza fisica, presenza reale nei contesti di povertà. Per noi la scelta dei poveri non è solo una opzione di vita ma è necessaria alla possibilità di essere e vivere la nostra identità come missionari della Consolata.
Il nostro sguardo si è poi focalizzato sul gruppo dei “pauperes” che è trasversale a tutta la geografia abitata da noi in Europa cioè i migranti. L’esperienza di Oujda non esaurisce il nostro impegno come regione verso i migranti ma è solo l’avamposto di un impegno che ci deve vedere in prima fila in tutte le nostre realtà nella accoglienza concreta, la difesa e la cura dei migranti. I tavoli di condivisione hanno poi apportato una serie di riflessioni e proposte concrete anche ardite per realizzare questa nostra caratteristica.
Protagonisti della seconda parte sono stati i giovani. Da sempre al centro della nostra animazione ed attenzione, diventano ora l’ambito privilegiato della nostra azione pastorale. Padre Piero Demaria ci ha presentato le caratteristiche di questi giovani, considerati generazione fragile, che vivono con un senso di precarietà e con una serie di problematiche psicologiche che li rendono bisognosi di presenze adulte, vicine ed identificate con la loro vocazione.
Sono giovani che vivono nel digitale e del digitale, mondo nel quale dobbiamo essere presenti in modo qualificato e competente. Appassionarli alla missione significa accompagnarli con le loro difficoltà e fragilità certi che queste non spengono gli aneliti profondi di una vita nello Spirito né il desiderio di una vita per gli altri o il fascino di una vita donata alla missione. I tavoli poi pur riaffermando l’opzione del mondo giovanile hanno messo in evidenza che questa non può essere sganciata dal mondo delle famiglie e dei rapporti tra le generazioni che anche noi siamo chiamati a vivere nelle nostre comunità.
L’invito è di lavorare in rete con tutti coloro che si interessano e vivono i giovani e con i giovani ed essere capaci da parte nostra di creare esperienze significative di accoglienza, crescita e spiritualità missionaria anche ridimensionando con serenità certe nostre presenze. Il mandato è a lavorare sulla significativa e qualità delle nostre presenze che diventano criteri per le scelte future.
San Paolo con la festa della sua conversione apre la giornata di oggi invitandoci a metterci proprio in quest’ottica per affrontare i temi che ci attendono in questa sessione dei lavori: la formazione continua, la formazione di base, la comunicazione e il carisma.
Coscienti della vastità dei contenuti di questi ambiti ci siamo messi inizialmente all’ascolto di padre Antonio Rovelli. Con le sue doti oratorie ha illustrato come il cambio del nome da formazione permanete a continua implica una vera conversione: si passa dalla concezione di una formazione fatta di momenti di aggiornamento, studio, riflessione spirituale alla coscienza di essere in una tensione formativa costante che coincide con tutte le età evolutive della nostra vita.
Una formazione quindi attenta a tutte le nostre dimensioni l’umana, quella relazionale, l’intellettuale, quella spirituale e quella pastorale. Si deve passare quindi dal paradigma della formazione in generale a quello della cura: la cura di sé stessi e degli altri in tutti gli aspetti della nostra vita. Alcuni sono preposti più di altri a questo scopo come il superiore locale, la direzione generale e quella regionale, la commissione apposita, ma ciò non toglie che sia necessario un prendersi cura gli uni degli altri. Nessuno è privo del bisogno di cura e tutti siamo chiamati ad esse cura per gli altri. Aspetti questi che sono stati poi sottolineati anche con alcune proposte concrete dai tavoli di condivisione.
Dalla formazione continua si è passati a trattare il tema della comunicazione rilevando, innanzi tutto, come non si sia ancora riusciti a realizzare i punti presenti nella programmazione precedente. Ribadite sia l’importanza sia la necessità di una comunicazione di contenuto ed efficace, ci si è proposti di riprendere seriamente, anche attraverso interventi concreti gli obiettivi che già erano stati fissati.
Nel pomeriggio, padre George Kibeu si è cimentato nella presentazione della formazione di base presentando sia la conformazione attuale dei giovani in formazione sia gli obiettivi e gli strumenti che caratterizzano la nostra formazione di base IMC. Interessante è stata la sottolineatura dell’appartenenza dei nostri giovani in formazione al mondo digitale entrato anche lui a pieno titolo nella realtà delle comunità formative.
Di nuovo è emerso un quadro molto ambizioso, ma anche impossibile, sia del profilo del formatore sia degli obiettivi da tener presente per formare i nostri seminaristi ed offrire loro la possibilità di diventare uomini sereni con se stessi, con la propria vocazione, capaci di un rapporto costante con il Signore, preparati per una pastorale di prossimità e consolazione, capaci di essere uomini di vicinanza e condivisione fuori e dentro le nostre comunità.
Come era prevedibile, il tema della formazione di base ha reso molto vivaci i tavoli di conversazione dai quali possiamo dire che seppur sia uscita una preoccupazione per la difficoltà di formare oggi e trovare formatori preparati, nello stesso tempo si è evinta una sollecitudine comune per questo ambito che stimola la nostra regione ad una coscienza che la formazione di base non può essere delegata ad alcuni ma deve essere impegno di tutti. In particolare l’esperienza delle nuove comunità pastorali formative ha catalizzato l’interesse e parte della discussione.
Padre Piero Trabucco chiamato a parlare del Carisma, ha voluto declinarlo attraverso la presentazione di iniziative concrete che la commissione regionale ha già messo in cantiere. L’invito è quello di approfondire e riappropriarci del carisma sia a livello personale che comunitario non solo attraverso gli strumenti e proposte offerti ma anche rendendosi fisicamente presenti sui luoghi del fondatore.
L’Eucarestia celebrata da padre Erasto Colnel della Direzione Generale ha chiuso questa lunga giornata ricordandoci come l’Allamano, ispirandosi proprio all’apostolo delle genti, abbia incitato i suoi missionari ad essere forti, determinati e generosi nella nostra vita missionaria come San Paolo lo fu nell’annuncio del Vangelo.
L'obiettivo della Conferenza è analizzare il lavoro missionario svolto dai Missionari della Consolata in Europa negli ultimi anni e delineare un piano d'azione per i prossimi sei anni alla luce del XIV Capitolo Generale.
* Padre Enzo Viscardi, IMC, residente a Biella, Piemonte.
È iniziata nel pomeriggio di questo lunedì 22 gennaio, presso il Seminario della Consolata a Fátima, nel Portogallo, la seconda Conferenza della Regione IMC Europa. La programmazione che durerà fino a sabato 27, è stata posta sotto la protezione della Vergine di Fátima, con l’intercessione del Beato Allamano –all'inizio del triennio a lui dedicato (2024-2026)– e della Fondatrice dell’Istituto, la Madre Consolata.
Partecipano alla Conferenza 51 missionari, una suora missionaria della Consolata e due laici provenienti dalle nazioni in cui siamo presenti nel Continente (Italia, Portogallo, Spagna, Polonia) in rappresentanza di quasi tutte le comunità IMC. È presente anche tutta la Direzione Generale che ha già partecipato alle assemblee post Capitolo Generale dell'America a San Paolo (Brasile) e dell'Africa a Dar es Salaam (Tanzania) e alla Conferenza dell'Asia a Taiwan, secondo il programma sessennale dell'Istituto.
Dopo le parole de benvenuto da parte del Superiore Regionale, P. Gianni Treglia, che ha ringraziato tutti per la presenza e si è congratulato per lo svolgimento di questa seconda Conferenza, il Vice Superiore Generale, P. Michelangelo Piovano, ha fatto una riflessione spirituale per illuminare i lavori programmati.
Il Vice Superiore Generale, P. Michelangelo Piovano e il Superiore della Regione IMC Europa, P. Gianni Treglia.
“All’inizio del cammino di questa seconda Conferenza, andiamo all’immagine biblica ed icona che aveva ispirato le due fasi della prima Conferenza svoltasi on line a inizio giugno del 2021 e poi in presenza, qui a Fatima in settembre”, ha ricordato il P. Michelangelo. “L’immagine era quella dei germogli tratta da Isaia 43, 19 “Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non ve ne accorgete? Sì, io aprirò una strada nel deserto, farò scorrere dei fiumi nella steppa”, sottolinea il Vice Superiore Generale e continua: “Assieme alla Parola di Dio vogliamo anche farci ispirare ed illuminare dal nostro Fondatore e da alcuni aspetti emersi maggiormente nel XIV Capitolo Generale. La nostra missione e presenza in Europa è il germoglio di una realtà che è sbocciata, che sta crescendo, ma che non è ancora compiuta, sempre in divenire, nuova e antica, compiuta e imperfetta”. Oggi, si chiede il padre Michelangelo, “quale immagine o icona evangelica potrebbe guidarci in questo momento del cammino dell'Istituto in Europa? Propongo l'icona della nuova famiglia di Gesù, la famiglia che germoglia dalla sua predicazione e che si costituisce attorno a Lui”. Padre Michelangelo ricorda che “il Maestro, apre su una famiglia più grande: quella dei suoi discepoli, quella della Chiesa, quella delle nostre comunità, quella dell'umanità che gli sta attorno”. Anche noi missionari in Europa possiamo riconoscerci “come il germoglio di una famiglia e di una missione, quella nata attorno al carisma del Beato Allamano”.
“Dalle caratteristiche indicate ed espresse da Gesù –prosegue P. Michelangelo– possiamo fare alcune applicazioni anche per la nostra vita e missione in quattro momenti: volgere lo sguardo (senti); sedersi (racconta); ascoltare (risuona); e praticare (sintetizza)”.
E conclude con una citazione della XIV Capitolo Generale sulla composizione dell’Istituto: “Siamo una famiglia interculturale e intergenerazionale. Il tesoro del nostro carisma ci porta a essere fratelli e sorelle nella comunione, in unità nella diversità: missionari, missionarie, laici e laiche che vivono la missione in uscita. Il ‘bene fatto bene’ del Beato Allamano è un richiamo ancor oggi a una vita semplice, umile, vicina alla gente, carica di umanità” (XIV CG – Allegato 2). “Siamo la famiglia di coloro che hanno accolto nella loro vita la chiamata alla vita missionaria nella volontà di Dio che per noi si è manifestata con il dono del carisma del beato Giuseppe Allamano”.
"Valgono allora anche qui gli insegnamenti indicati da Gesù: lo sguardo l'ascolto e la fedeltà".
La programmazione
L'obiettivo della Conferenza è analizzare il lavoro missionario svolto dalla comunità dei Missionari della Consolata in Europa negli ultimi anni e delineare un piano d'azione per i prossimi sei anni alla luce del XIV Capitolo Generale.
La programmazione prevedi momenti di riflessione, preghiera, discernimento, condivisione, ascolto e dibattito dove tutti i partecipanti daranno il loro contributo. L'incontro sarà l'occasione per discutere una serie di tematiche che fanno parte della vita e della missione dell’Istituto, come i contesti della consolazione e della Chiesa Locale, formazione e carisma, comunicazione, economia e amministrazione, cooperazione e Animazione Missionaria, governo e altri temi emersi in Assemblea.
Nella conclusione dei lavori, i missionari dovranno prendere una serie di decisioni e delineare un “percorso per i prossimi sei anni fatto di proposte concrete”, affermano gli organizzatori dell’incontro in un comunicato. “Si tratta essenzialmente di un esercizio di ascolto. Ascoltiamoci a vicenda”.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, con informazione di Padre Albino Braz.
Nel pomeriggio di mercoledì 15 novembre, nel Municipio di Castelnuovo Don Bosco, si è tenuto il conferimento della cittadinanza onoraria per Padre James Bhola Lengarin e Madre Lucia Bortolomasi, Superiori generali dei Missionari e Missionarie della Consolata.
Tale evento è ormai una tradizione che si ripete da più di vent’anni, ma è soprattutto il segno forte di un legame profondo, che unisce i nostri Istituti missionari alle radici del Padre Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano. Come ha affermato Padre James: “Fin dai primi passi nell’Istituto, il legame con questa terra fa parte di ogni missionario della Consolata”.
Il Sindaco, Antonio Rago, ha sottolineato che, attraverso questo gesto, i Castelnovesi vogliono arrivare a tutti i Missionari e Missionarie della Consolata, ai quali sono grati sia per la presenza significativa nel paese, sia per il servizio missionario in tante parti del mondo.
Alla cerimonia erano presenti le due Direzioni generali e un gruppo di Missionari e Missionarie provenienti da Torino. Nel primo pomeriggio si è celebrata nella casa del Fondatore la Messa di suffragio per i confratelli e consorelle deceduti nell’ultimo anno.
*Suor Stefania Raspo è Missionaria della Consolata
Siamo veramente orgogliosi di ricevere questo riconoscimento perché non è un riconoscimento personale, ma è riferito ad un noi, Missionari e Missionarie della Consolata sparsi nel mondo. Siamo e ci sentiamo sempre stati parte di voi. Questo è quel che conta per me ed è per questo che vi ringrazio dal profondo del cuore perché questo segno è la conferma di questa reciproca appartenenza.
Castelnuovo Don Bosco è per noi, Missionari e Missionarie della Consolata, il luogo in cui è conservata come un tesoro, la nostra memoria storica. Tutti noi, appena entrati nella Famiglia della Consolata, studiamo e facciamo tesoro della storia di Castelnuovo, terra di Santi, recuperando e valorizzando le sane e profondamente sentite tradizioni della gente di questa terra.
Sono vivamente grato a Lei ed al Consiglio Comunale per questo gradito privilegio che, attraverso la mia persona, onora l'intero Istituto Missioni Consolata e rafforza la memoria del Beato Giuseppe Allamano che, insieme ad altre grandi figure, come il Cardinale Guglielmo Massaja, San Giuseppe Cafasso, San Giovanni Bosco, San Domenico Savio, Monsignor Francesco Cagliero, Monsignor Giovanni Battista Bertagna etc... hanno illustrato il nome e l'operosità di Castelnuovo Don Bosco nel mondo. Con voi come non ricordare con stima e profonda gratitudine, tutti i cittadini e le cittadine che hanno dato la vita per questa terra rendendola ricca di fede, di spiritualità e di umanità.