Nel pomeriggio di mercoledì 15 novembre, nel Municipio di Castelnuovo Don Bosco, si è tenuto il conferimento della cittadinanza onoraria per Padre James Bhola Lengarin e Madre Lucia Bortolomasi, Superiori generali dei Missionari e Missionarie della Consolata.
Tale evento è ormai una tradizione che si ripete da più di vent’anni, ma è soprattutto il segno forte di un legame profondo, che unisce i nostri Istituti missionari alle radici del Padre Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano. Come ha affermato Padre James: “Fin dai primi passi nell’Istituto, il legame con questa terra fa parte di ogni missionario della Consolata”.
Il Sindaco, Antonio Rago, ha sottolineato che, attraverso questo gesto, i Castelnovesi vogliono arrivare a tutti i Missionari e Missionarie della Consolata, ai quali sono grati sia per la presenza significativa nel paese, sia per il servizio missionario in tante parti del mondo.
Alla cerimonia erano presenti le due Direzioni generali e un gruppo di Missionari e Missionarie provenienti da Torino. Nel primo pomeriggio si è celebrata nella casa del Fondatore la Messa di suffragio per i confratelli e consorelle deceduti nell’ultimo anno.
*Suor Stefania Raspo è Missionaria della Consolata
Siamo veramente orgogliosi di ricevere questo riconoscimento perché non è un riconoscimento personale, ma è riferito ad un noi, Missionari e Missionarie della Consolata sparsi nel mondo. Siamo e ci sentiamo sempre stati parte di voi. Questo è quel che conta per me ed è per questo che vi ringrazio dal profondo del cuore perché questo segno è la conferma di questa reciproca appartenenza.
Castelnuovo Don Bosco è per noi, Missionari e Missionarie della Consolata, il luogo in cui è conservata come un tesoro, la nostra memoria storica. Tutti noi, appena entrati nella Famiglia della Consolata, studiamo e facciamo tesoro della storia di Castelnuovo, terra di Santi, recuperando e valorizzando le sane e profondamente sentite tradizioni della gente di questa terra.
Sono vivamente grato a Lei ed al Consiglio Comunale per questo gradito privilegio che, attraverso la mia persona, onora l'intero Istituto Missioni Consolata e rafforza la memoria del Beato Giuseppe Allamano che, insieme ad altre grandi figure, come il Cardinale Guglielmo Massaja, San Giuseppe Cafasso, San Giovanni Bosco, San Domenico Savio, Monsignor Francesco Cagliero, Monsignor Giovanni Battista Bertagna etc... hanno illustrato il nome e l'operosità di Castelnuovo Don Bosco nel mondo. Con voi come non ricordare con stima e profonda gratitudine, tutti i cittadini e le cittadine che hanno dato la vita per questa terra rendendola ricca di fede, di spiritualità e di umanità.
Lettera di Giuseppe Allamano ai Missionari e alle Missionarie della Consolata in occasione della celebrazione dei 50 anni di vita sacerdotale. Scritta da Torino il 1 ottobre del 1923.
Con il cuore ripieno di intima consolazione ho celebrato il Cinquantenario della mia Sacra Ordinazione Sacerdotale. Fu questa per me una grazia singolare, che umanamente non potevo aspettarmi; e solamente la bontà di Dio si degnò concedermi. La debolezza abituale della mia salute, e le molte sollecitudini nei vari stati di mia vita mi prostrarono sovente di forze; eppure, il Signore mi conservò a questo giorno a preferenza di altri compagni più robusti e migliori di me.
Preparandomi alla Festa con i S. Spirituali Esercizi ebbi tempo di ricordare le tante grazie che il buon Dio mi elargì nei passati cinquant’anni. Prima di tutte la celebrazione quasi continua di S. Messe con le benedizioni ch’esse apportano al celebrante che bene le celebra. E poi tante altre spirituali e temporali da non potersi numerare. Enumera stellas, si potes [Conta le stelle, se puoi].
Quante responsabilità gravarono sul mio capo; ma è Dio che così volle e la sua grazia era con me: Gratia Dei mecum [La grazia di Dio era con me]. Fu Egli che mi volle Direttore Spirituale nel Seminario, poi Rettore del Convitto ecclesiastico e del Santuario della Consolata, e più tardi strumento della vostra santificazione, e per mezzo vostro della salute di tante anime infedeli.
Se al mio posto fosse stato un santo quanto maggior bene avrebbe operato, ed acquistatisi più meriti!
Mi consola però che cercai sempre di fare la volontà di Dio riconosciuta nella voce dei Superiori. Se il Signore benedì molte opere cui posi mano, da eccitare talora ammirazione, il secreto mio fu di cercare Dio solo e la Sua Santa Volontà, manifestatami dai miei Superiori. Questa fu ed è la mia consolazione in vita, e sarà la mia confidenza al Tribunale di Dio. Non credo superbia propormi a vostro esempio e modello nella virtù dell’ubbidienza. Credetemi: Vir obediens loquetur victoriam [L’uomo obbediente canterà vittoria].
Finite con comune soddisfazione le Feste, e ringraziatone il Signore e la nostra cara Madre, devo rendere grazie a quanti si degnarono di parteciparvi. Già ho mandato umili grazie al Sommo Pontefice Pio XI per il Breve indirizzatomi troppo lusinghiero per la mia persona. Vado ringraziando gli Em.mi Cardinali che si degnarono scrivere le belle lettere. In modo particolare ringraziai S. E. il Card. Van Rossum, Prefetto di Propaganda e nostro Superiore diretto. Egli non volle solo rallegrarsi con me e con voi, ma con animo delicato prese questa occasione per concederci la definitiva approvazione delle nostre Costituzioni. Grande grazia, che pone il suggello alla stabilità del nostro Istituto.
A voi, miei cari figli e figlie, che tanto affetto mi dimostraste in questi giorni, dirò Deo gratias e vi prego dalla SS. nostra Consolata una intiera corrispondenza alla vostra sublime vocazione.
Che dirò a voi tutti delle nostre tre Missioni Africane? Missionari, Missionarie, Seminaristi, Suore indigene e Catecumeni avete cooperato alla mia festa con funzioni pubbliche e preghiere per me, e mi inviaste molte lettere comuni e private per esprimermi i vostri vivi auguri.
Vi ringrazio tutti; e tutti vi raccomandai nella mia Messa d’oro.
Attribuisco a voi se non sono deceduto nel passato inverno, ma con sufficiente salute giunsi al bel giorno. Sono le vostre preghiere ed i vostri sacrifici apostolici che mi ottennero la grazia.
Continuate a pregare perché in me ed in voi si compia sempre la S. Volontà di Dio. Mi rincresce di non poter rispondere alle vostre care lettere; scrivetemi tuttavia, e se non potrò scrivere raccomanderò al Signore i vostri bisogni. Mi servirò dei vostri Angeli Custodi per farvi giungere i miei pensieri e desideri. Del resto, fatevi coraggio nelle difficoltà; non dimenticate mai il fine per cui siete costì, e la mercede magna nimis [molto grande] che vi aspetta dopo pochi anni nel bel Paradiso.
Vi benedico paternamente ai piedi della nostra Patrona. Aff.mo in Gesù Cristo, Canonico Giuseppe Allamano
Al suono dei tamburi è iniziata la bella celebrazione eucaristica per il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale del nostro caro padre Chrispine Oduor. La celebrazione si è svolta nella parrocchia di Nostra Signora dell'Incarnazione, situata a Caucagua, nello Stato di Miranda (Venezuela), con una massiccia partecipazione dei villaggi di Tapipa, Panaquire e El Clavo, dove si trovano le tre parrocchie, e delle frazioni circostanti assistite pastoralmente dai Missionari della Consolata.
La colorata scenografia della chiesa, i costumi degli organizzatori, del coro, dei bambini e dei parrocchiani in generale, hanno dato un tocco speciale in cui si poteva apprezzare e percepire in ogni dettaglio l'unione dei continenti Africa e America in un unico sentimento: l'immensa gratitudine a Dio per il dono della vocazione sacerdotale e l'apprezzato per il lavoro di Padre Chrispine.
La celebrazione è stata presieduta dallo stesso festeggiato ed è stata accompagnata da tutti i missionari della Consolata presenti in Venezuela: loro si trovavano riuniti in Assemblea ed era più che opportuno chiudere l’importante evento comunitario con questa celebrazione nella quale si ricordava il meraviglioso dono del sacerdozio.
L'omelia è stata tenuta dal Vice Superiore, P. Rodrick Minja, che ha fatto un resoconto storico della vita di P. Chrispine, della sua infanzia, della sua famiglia, dei suoi studi, della sua chiamata e del suo servizio missionario in diversi luoghi.
Tra i tanti dettagli in suo onore –oltre alle danze e la festa dei bambini, le parole e le preghiere delle autorità presenti– è stato emozionante ascoltare e vedere i saluti di sua madre e dei suoi fratelli giunti per mezzo di una registrazione video.
Dopo l’eucaristia ci siamo trovati per un delizioso pranzo presso il collegio “La Encarnación”, e abbiamo anche avuto la fortuna di essere accompagnati da Monsignor Tulio Ramírez, Vescovo di Guarenas. Poi è stato il momento degli eventi e delle espressioni culturali della comunità afro di questa città di Barlovento. Chrispine e a tutti i Missionari della Consolata, che con la loro testimonianza di vita sono diventati anche loro “barloventeños” (cittadini di questo paese), si sono visti attorniati dal calore e dall’affetto di tutti coloro che in questo modo hanno voluto ringraziare per l’esperienza di vita e di fede che i missionari, per mezzo della consolazione, condividono con questo popolo.
Dopo qualche giorno dedicato alla spiritualità, la seconda parte dell'incontro dei Missionari della Consolata che lavorano in Asia è stata caratterizzata dalla Conferenza Regionale che si è svolta dal 15 al 18 ottobre 2023. In particolare il martedì 17 ottobre si è eletto il nuovo Superiore Regionale: P. Clement Kinyua Gachoka. Lui svolgerà il suo servizio insieme con coloro che già facevano parte del consiglio: P. Kyoung Ho (Pietro) Han, come Vice Superiore Regionale, e P. Dieudonné Mukadi come Consigliere. La conferenza si è conclusa la sera di mercoledì 18 ottobre con un intervento della Direzione Generale che ha sottolineato l'importanza del promuovere lo spirito di fraternità e l'impegno a favore della missione. In particolare p. James Lengarin, Superiore Generale, ha sottolineato l'unicità della regione asiatica e la necessità di una riflessione personale e comunitaria sulla nostra identità e missione ad gentes.
Dopo la conferenza alcuni missionari sono ritornati nelle loro comunità e luoghi di lavoro ma il gruppo dei più giovani, con meno di dieci anni di ordinazione, si sono recati al Seminario Maggiore Cattolico di Taipei, dove hanno iniziato un incontro di formazione permanente di tre giorni. Si trattava di condividere le sfide che la missione dell'Asia offriva loro e pensare anche a possibili risposte, strategie e soluzioni.
In un primo momento abbiamo ascoltato le nuove esperienze di p. Matthews Odhiambo IMC, di p. Raphael dell'arcidiocesi di Taipei e di Augustine, un laico cristiano convertito dal buddismo.
Sabato 21 ottobre è stata l'occasione di una gita di carattere culturale nella città di Taipei: abbiamo visitato il Tempio di Confucio; il Chiang Kai-shek Memorial Hall (costruito in onore di Kai Shek, lider nazionalista cinese e artefice dell'attuale -e conflittiva- "indipendenza" di Taiwan) e anche l'iconico edificio Taipei 101, il più alto di Taiwan e uno dei più alti al mondo.
Domenica 22 ottobre, giornata missionaria mondiale, abbiamo partecipato alla Messa con gli immigrati filippini a Zhongli, nella diocesi di Hsinchu. Con loro abbiamo celebrato questa domenica con respiro universale e il padre Kenneth Oriando nell'omelia ha detto: "Grazie al Battesimo, tutti siamo missionari; anche voi migranti dalle Filippine, dovete usare il dono della fede che avete ricevuto dallo Spirito Santo per testimoniare Cristo a Taiwan. Oggi, voi e noi sacerdoti siamo missionari a Taiwan". Il gruppo ha poi condiviso il pranzo con gli immigrati e sono ripartiti per la Corea e la Mongolia i missionari che lavorano là.
È stato un momento meraviglioso per pregare, pianificare, condividere, scherzare e sognare insieme come fratelli. Il salmista dice meglio: "Quanto è bello e piacevole quando i fratelli vivono insieme nell'unità!" (Salmo 133). Grazie a tutti.
P. Ashenafi Yonas Abebe è arrivato in Polonia nel primo gruppo di missionari della Consolata che hanno raggiunto questo paese. La nostra presenza, decisa nel capitolo del 2005, è iniziata nel 2008, con tre missionari, accompagnati inizialmente dalla Direzione Generale, che hanno dovuto avvicinarsi a una cultura, una lingua lontane da quelle dei loro paesi di origine e i paesi in cui si sono formati. Padre Ashenafi era uno di loro.
Originario dell’Etiopia y formato negli ultimi anni della teologia in Colombia, appena ordinato ha accettato la sfida di una missione nuova e così impegnativa. In quella c’è stato quindici anni vivendo le incertezze, i discernimenti, le riflessioni, le scelte che hanno accompagnato il sorgere della comunità dei Missionari della Consolata in quel paese europeo. Oggi una presenza missionaria e significativa per tutti noi. L’abbiamo sentito nella comunità di Roma dove è giunto pochi mesi fa per studiare Storia della Chiesa e prepararsi ad un altro servizio per l’Istituto.
La decisione di aprire in Polonia è stata presa dal capitolo del 2005 e si è cominciato con un gruppo di tre missionari, fra i quali c’ero anch’io, che si è recato in quel paese alla fine del 2008. La data dell’apertura forse non è stata la più fortunata. Sono nato in Etiopia e mi sono formato nell’ultima tappa della mia vita come seminarista in Colombia, quindi al caldo, in paesi abitati da gente solare, come il loro clima. Dalla mattina alla sera siamo “atterrati” in un contesto che non poteva essere più diverso. Per trovare la gente bisognava scavare sotto cappotti, sciarpe e berretti che lasciavano intravedere solo gli occhi che, per motivo della loro storia, guardavano sempre con sospetto tutti gli stranieri.
È tragica la storia di questa nazione. Convertita al cristianesimo già nel decimo secolo ha fatto sempre da cuscinetto fra due grandi nazioni con antiche tradizioni imperialiste: la nazione tedesca e quella Russia. Imperi che si sono fronteggiati e spesso si sono anche spartiti il territorio della Polonia. Dal 1795, i tempi della rivoluzione francese, fino alla fine della prima guerra mondiale letteralmente sparì dalla carta geografica divisa fra Russia, Prussia e Impero Austro Ungarico. La sua essenza così radicalmente cattolica ha permesso in qualche modo preservare la cultura e le tradizioni indenni dalle contaminazioni dei paesi occupanti di religione ortodossa e protestante. Precisamente per questo motivo la chiesa in Polonia ha una consistenza che non si trova in altre regioni dell’Europa e, può sembrare strano ma è vero, anche i risultati delle ultime votazioni fanno vedere i segni dell’antica spartizione, si vota in modo diverso nelle diverse regioni.
Il gelo che abbiamo percepito nei primi giorni poi poco a poco si è sciolto e al suo posto abbiamo scoperto gesti sorprendenti si solidarietà e vicinanza: famiglie che si facevano in quattro per aiutare, che prestavano la macchina perché noi non l’avevamo, che cominciavano a frequentare anche la nostra cappella, anche quella provvisoria che abbiamo avuto in una tenda che in inverno andava abbondantemente sotto zero... noi chiusi in casa per non congelarci e loro là che recitavano con devozione il santo rosario davanti all’immagine della nostra Consolata.
Dobbiamo evidentemente ringraziare i Missionari Comboniani che ci hanno accolto nella loro casa quasi due anni, mentre facevamo i primi passi impegnativi e difficili anche a causa di una lingua niente affatto facile. Ma poi poco a poco abbiamo cominciato ad aprirci spazio soprattutto nel mondo giovanile che, a differenza di quel che succede in altri paesi, vive e anche cerca una spiritualità profonda e spesso esigente. Con loro bisognava preparasi bene, la nostra prima attività “aperta al pubblico” è stata la Lectio Divina e partecipazione annuale al pellegrinaggio Mariano a Czestochowa. Ne venivano tanti ma se non ti preparavi come dovuto non tornavano più.
I giovani, sotto tanti punti di vista, sono stati l’attrattivo di questo paese. Bisogna ricordare che fino alla caduta della cortina di ferro (1989) nessuno poteva uscire dalla Polonia e quasi nessuno poteva avere il passaporto... solo i rappresentati del Partito Comunista e le persone in diverso modo legate ad alcuni incarichi nella Chiesa che di fatto hanno contribuito in modo importante al cambio accelerato che è venuto a continuazione, Giovanni Paolo II ne è l’esempio lampante. È arrivato il tempo della democrazia, è arrivato l’ingresso all’Unione Europea e sono stati soprattutto loro, i giovani, quelli che poi sono usciti, hanno fatto fortuna a volte, hanno riportato in patria capitale ed idee... stanno oggi cambiando il paese.
Di giovani ne abbiamo avuti quando ci siamo avvicinati alle parrocchie dove tradizionalmente si celebrano alcuni giorni di esercizi spirituali durante l’avvento e la quaresima una volta all’anno; quando abbiamo aperto la nostra tenda e poi la nostra cappella per le celebrazioni liturgiche; quando siamo stati accolti nelle scuole per raccontare la nostra vita e la nostra missione; quando –questa è stata la mia esperienza personale– sono diventato professore nell’università, insegnante di tradizioni, religione e culture africane preso la Facoltà Orientale della Università di Varsavia; quando ci siamo fatto presenti e abbiamo accompagnato i loro tradizionali pellegrinaggi... che si fanno non con i mezzi di trasporto ma a piedi, macinando chilometri; quando abbiamo offerto loro anche la possibilità di aprirsi a esperienze di volontariato missionario internazionale. Oggi i giovani stanno comunque cambiando: evidentemente sono diventati più europei e simili ai loro coetanei degli altri paesi del continente. Hanno assunto ideali nuovi, vivono sogni davvero diversi da quelli dei loro genitori, si mantengono ancora attaccati alla loro chiesa ma con atteggiamenti più critici, almeno si lasciano interrogare dalla nostra esperienza missionaria e dal nostro modo di essere chiesa, così diverso dal loro e da quello che hanno sempre vissuto.
Noi Missionari della Consolata cosa possiamo portare a questo paese e a questa chiesa così solida, consistente e sotto tanti punti di vista abituata o incluso obbligata ad essere autosufficiente? La risposta è una sola, noi stessi, la nostra ricchezza, la missione.
Di missione parliamo o cerchiamo di parlare tutto il tempo, ci siamo anche avvicinati e facciamo parte delle Pontificie Opere Missionarie e quella collaborazione aiuta non poco la nostra visibilità. Il lavoro è tanto: c’è da scalfire l’idea che la missione sia semplicemente la Giornata Missionaria Mondiale per mezzo della quale si collabora con le chiese lontane delle quali non si sa quasi niente ma che in qualche modo hanno bisogno del nostro aiuto; c’è da cambiare la percezione di cosa sia la chiesa che in Polonia per motivi storici è legata a doppio filo con la nazionalità polacca; dobbiamo anche “vendere” una immagine nuova dello stesso ministero sacerdotale così legato in Polonia a tradizioni sacrosante e così sacralizzato da riti, ruoli e perfino talari.
In questo ci hanno aiutato anche i seminaristi di Roma... loro stanno cominciando ad andare là per esperienze e studi. Anche la loro presenza aiuta ad aprire gli occhi ed aprire il cuore verso una chiesa che non è polacca, ma è cattolica e universale.
Questa missionarietà che vogliamo insegnare, evidentemente, la dobbiamo in qualche modo vivere noi stessi. Per quello abbiamo sempre preso l’occasione che ci è stata offerta di visitare e intervenire anche in chiese limitrofi: nei tre paesi baltici, in Bielorussia e anche in Ucraina. A motivo della guerra, che in Polonia risveglia spettri che non si vogliono affatto ricordare, abbiamo collaborato con la straordinaria solidarietà che ha accolto migliaia di profughi e ha portato conforto a tanti che sono rimasti nel paese sotto il fuoco nemico. Attualmente l’Istituto Missioni Consolata è ancora particolarmente coinvolto con la situazione dell’Ucraina e continua la sua missione di consolazione e aiuto materiale con i missionari presenti in Polonia. Sono due le comunità presenti in Polonia: una a Kielpin vicino a Varsavia e l’altra a Bialystok nei pressi della frontiera con la Bielorussia. I missionari presenti in questo momento sono sei e, curiosamente, di sei paesi diversi: Italia, Kenia, Mozambique, Congo, Argentina e Tanzania. Anche questa è una grande ricchezza che possiamo offrire per una chiesa locale che ha bisogno di far crescere al suo interno la dimensione missionaria della chiesa universale.