La novena del Beato Giuseppe Allamano inizia il 7 febbraio e si conclude il 15 febbraio, giorno precedente a quello in cui lui nacque al cielo. Giuseppe Allamano ha fondato i Missionari (1901) e le Missionarie (1910) della Consolata per l’annuncio del Vangelo ai non cristiani. Facendo questa novena, impariamo dagli esempi della sua vita e chiediamo la sua intercessione.

1° Giorno - Il Signore mi chiama oggi

La mia più grande consolazione è di aver sempre fatto il possibile per seguire la vocazione che il Signore mi aveva data. Da giovane avevo due fratelli: uno studiava medicina e l'altro legge; volevano che studiassi anch'io come loro. Ma io ho risposto: No, io voglio essere sacerdote! Volevano almeno che prendessi la licenza liceale e Mons. Gastaldi non era contrario. Ho guardato un poco i loro libri, e poi mi sono stufato e ho detto: Adesso il Signore mi vuole, chi mi assicura che da qui a tre anni il Signore mi chiamerà di nuovo? E ho fatto gli studi in seminario e sono contento. Dovrei stare in ginocchio tutta la vita con la testa china, per ringraziare il Signore della vocazione. (Allamano) 

Riflessione e proponimento

  • · Signore, che cosa vuoi da me oggi? Allarga il mio cuore affinché sia sempre pronto a fare ogni giorno la tua volontà.
  • · Dammi, Signore, una determinazione simile a quella del Beato Allamano nella realizzazione della vocazione che mi hai dato, segno del tuo amore per me.

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega me.

2° Giorno - Nel tuo nome getterò le reti

Dieci anni fa avevo incorso una gravissima malattia che mi portò fino alle porte del paradiso, donde fui ricacciato qui in terra, perché non ne ero ancora degno; il nostro Card. Arcivescovo veniva a trovarmi quasi tutte le sere, e siccome avevamo già parlato di questa istituzione, gli dissi: - Sicché ormai all'Istituto penserà un altro. E lo dicevo contento, forse per pigrizia di non sobbarcarmi ad un tale peso. Egli però mi rispose: No, guarirai, e lo farai tu. E sono guarito. Andai poi a Rivoli, e là, il giorno di S. Fedele da Sigmaringa (di cui sono sempre devoto in modo speciale dal Seminario) posi sull'altare una lunga lettera in cui si decideva la fondazione: celebrai la Messa in onore del Santo, indi andai a impostare la lettera che inviavo al Cardinale Arcivescovo. (Allamano) 

Riflessione e proponimento

  • · Chiediamo al Signore che accresca la nostra fede e fiducia in Lui che è nostro Padre provvidente. Ho fiducia nel Signore nei momenti difficili della mia vita?
  • · Donami, Signore, di imitare la grande fede del Beato Allamano in ogni situazione della vita.

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega me.

3° Giorno - Per più di un mese la “Consolatina” rimase chiusa e vuota

Partiti i primi missionari per l’Africa, partirono anche subito per le loro case i pochi rimasti, così la piccola casa madre (Consolatina) rimase vuota; dopo alcuni giorni ho chiuso la porta, mi sono messo le chiavi in tasca, le presentai alla Consolata e, pregando ogni giorno ai suoi piedi, le dissi che l’opera era sua, le chiavi erano sue, le missioni erano state da lei volute, che pensasse lei ad ispirare vocazioni missionarie, a riaprire la casa. Così nella preghiera io passavo tranquillamente i miei giorni aspettando divedere ciò che la SS. Consolata avrebbe fatto per le sue missioni. Però avendo anche un po’ di trepidazione per i cari missionari partiti, temevo di non potere poi presto aiutarli con altro personale. Ed ecco che subito dopo otto nuovi missionari sono entrati in questo Istituto. (Allamano)

Riflessione

  • Sono convinto che l’adesione alla volontà di Dio mi dia la forza per superare i momenti difficili che sembrano non avere una via d’uscita. Ripenso ad alcune istanze in cui  mi sono forse trovato nella situazione del Beato Allamano…
  • Come affronto, nella preghiera, le situazioni difficili della mia vita?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

4° Giorno - Voglio roba scelta

Ricordo la visita che ci fece il Cardinal Cagliero, da poco giunto dalle missioni d’America. Egli si intrattenne con la comunità in salone e fra l’altro ci spronava a fare un po’ di propaganda presso le nostre amiche e conoscenze affinché si decidessero ad entrare nell’Istituto perché le missioni avevano bisogno di apostole; e così dicendo ci insegnava anche il modo e il discorsetto da fare. Noi eravamo tutte raggianti e piene di entusiasmo a tali incitamenti; ma presto il nostro entusiasmo si calmò perché il Padre, un po’ scostato dietro il cardinale ci faceva un segno negativo con il dito e col capo e le sue labbra sussurravano un ‘no, no, no’. In conferenza poi ci disse “Ogni spirito… ma questo non è il nostro spirito”. (Una Missionaria)

In seguito l’Allamano commentò: avete sentito cosa ha detto il Cardinale della propaganda? Secondo lui bisogna far venire tutti! Adagio… Tutti i giorni ci sono delle domande; io ne accetto poche. Mi dicono che non le voglio; non è vero; io le provo. Voglio roba scelta!

Riflessione

  • Riesco a vivere nella mia vita lo “stile” dell’Allamano: roba scelta, pochi ma di prima qualità, non il numero ma la qualità? Come posso esprimere questo suo “stile”?
  • Quale segno del dito farebbe il Beato Allamano oggi, guardando al mio agire quotidiano?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

5° Giorno - La messa era il centro della sua giornata sacerdotale

Il Canonico Allamano era sacerdote di grandi virtù sacerdotali. Era ammirabile nella pietà, che rifulgeva in modo speciale nella celebrazione della S. Messa. Nessuna cosa od occupazione lo dispensava da una buona preparazione e da un fervoroso ed accurato ringraziamento, che spesso prolungava fino all'ammirazione di quanti lo avvicinavano.

Per conto mio attesto che mi sono formato allo spirito ecclesiastico anche solo nel mirarlo a celebrare la S. Messa, nel vedere la sua compostezza e fervore mentre pregava.

La Messa celebrata da lui era veramente un mistero d'amore. All'elevazione era mia abitudine guardarlo, perché gli veniva sempre un sorriso sincero come se sorridesse a qualcuno. Ho notato che nella celebrazione sembrava un angelo. (Testimoni) 

Riflessione

  • · Com’è la mia Messa? La considero il centro, fonte e culmine della mia vita?
  • · Signore, dammi un cuore eucaristico, traboccante d'amore per te e per i miei fratelli e sorelle!

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega me.

6° Giorno – Sentirci figli e figlie della Madonna

La pietà mariana non è solo garanzia di predestinazione, ma anche di santificazione. Chi vuole giungere alla santità senza la Madonna, vuol volare senza ali. Più ricorriamo a Lei per avere grazie e santità, e più facciamo piacere a nostro Signore. Tutti i santi furono devoti della Madonna. La più bella omelia di S. Girolamo è quella sulla Madonna. Non avrei mai creduto che questo santo piuttosto rustico fosse tutto tenerezza nel parlare di Lei. S. Bernardo dice che la Madonna è fonte e canale. È fonte di grazia, basta andare a prenderla; ed è canale, perché tutte le grazie passano da Lei. Ciò che Dio può per onnipotenza, la Madonna può con la preghiera. La Madonna è onnipotente per grazia. In Dio e con Dio può tutto. È tesoriera e dispensatrice di tutte le grazie. Al dire dei santi, Ella è l’onnipotenza supplichevole. (Dagli insegnamenti dell’Allamano)

Riflessione

  • Quale posto ha la Madonna nella mia vita? Nutro per lei una fiducia simile a quella dell’Allamano?
  • Quali espressioni di devozione mariana prediligo e perché? Come posso migliorare il mio rapporto con la Madre di Gesù?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

7° Giorno - Quel coretto sia la nostra gioia

L’Allamano faceva frequenti e lunghe visite a Gesù Sacramentato dai coretti del Santuario e, durante le medesime, si intratteneva in fervida preghiera. Anche alla sera, prima del riposo, di quando in quando si recava dai coretti a fare la visita. Così che quando io lo cercavo e non lo trovavo in camera o nel suo confessionale, ero certo di trovarlo in preghiera nei coretti del santuario, che gli offrivano, data la loro ubicazione, situati a pochi passi dalla sua camera, l’occasione propizia di espandere il suo cuore dinnanzi a Gesù Sacramentato, e trattenersi con Lui in fervido colloquio. (C. Scovero)

“Va sul coretto che dà nel santuario e fa compagnia alla SS. Consolata e a Gesù Sacramentato. Quando sono libero ti faccio chiamare” (G. Cravero)

Riflessione

  • Il Fondatore si è creato i suoi luoghi di preghiera. Quali sono i miei? Quanto li frequento? Sono convinto che senza preghiera non ci può essere vera vita cristiana?
  • Esiste anche nella mia vita una speciale predilezione per l’Eucaristia e la Madonna Consolata?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

8° Giorno – Un sospiro di soddisfazione…

Avendo noi detto al Papa che il nostro apostolato non consiste soltanto nei catechismi, ma che, come introduzione e in parallelo ad esso, ci occupavamo pure della salute e del progresso materiale degli africani, sia con le cure degli ammalati, sia con l’abituarli al nostro tipo di lavoro, Sua Santità diede un sospiro di soddisfazione: “Ma bene, ma bene, fateli laboriosi e saranno anche dei buoni cristiani”.

In seguito l’Allamano commentava: “Noi non abbiamo fatto altro che mettere in pratica il consiglio datoci da S. S. Papa Pio X nelle udienze concesseci. Fu lui l’ispiratore, fu lui che insistette che i missionari non si accontentassero di evangelizzare, battezzare, ma prima di tutto lavorassero la terra insegnando l’agricoltura agli indigeni” (F. Gaberutti).

Riflessione

  • Il metodo apostolico dei primi missionari della Consolata si riflette oggi il metodo della “nuova evangelizzazione”: annuncio dell’amore di Dio che salva e dono di sé al prossimo, particolarmente ai più poveri.
  • Come posso applicare il metodo voluto dall’Allamano alla mia vita di ogni giorno?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

9° Giorno – Santità di vita

«È certo che io ebbi fin da principio l'impressione di aver veduto e parlato con un santo, parlando e vedendo e trattando col can. Allamano. […]. Ho veduto in lui non la santità delle cose straordinarie, che è piuttosto la santità “ad extra”, ma la “vera santità”, cioè quella interna, personale, che si manifestava all'esterno nella decorosa nobiltà del portamento, congiunta con modestia e umiltà; gravità nell'incedere senza fasto o rudezza o rigidità; graziosità sobria nel parlare, temperanza nei gesti, riverenza nel trattare con tutti, temperanza nel ridere, nel discorrere e tutto con la più grande naturalezza, e non solo qualche volta, ma continuamente, in ogni circostanza, con qualunque persona, in ogni luogo. […].

Sembrava che avesse davvero l'aureola della santità attorno a sé, ché difatti da tutta la sua persona traspariva come un fluido spirituale, e all'esterno veniva rispecchiata la grandezza, la bellezza, lo splendore della sua anima. Ma come fare a descriverlo? Bisogna averlo veduto! Chi l'ha veduto ha visto un uomo tutto di Dio […]. Sapeva di essere nipote di un santo [Giuseppe Cafasso] e voleva ad ogni costo essere santo anche lui, diceva, e ci riuscì» (G. Cravero)

Riflessione

  • Giuseppe Allamano credeva che la santità fosse la prima e vera vocazione di ogni cristiano. Come vivo io la chiamata alla santità? Uso tutti i mezzi per raggiungerla?
  • “Essere straordinari nelle cose ordinarie”: questo fu il suo segreto. Qual è il mio?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

Preghiera per chiedere la canonizzazione del Beato G. Allamano

Dio nostro Padre,
ti ringraziamo per aver annoverato
Giuseppe Allamano tra i Beati della Chiesa.

Egli ha fatto risplendere tra di noi
la tenerezza della tua paternità;
ha onorato Maria Consolata
come madre piena d’amore
e ispiratrice della Missione tra i popoli.

Ti chiediamo ora di donare alla Chiesa
la gioia di venerarlo tra i santi
come testimone esemplare
dell’annuncio di Gesù e del suo vangelo.

Umilmente ti supplichiamo
di esaudire per sua intercessione
quanto il nostro cuore, con fiducia, ti chiede.
Per Cristo nostro Signore.

Amen.

Con l'obiettivo di preparare la quinta Conferenza che si terrà il prossimo aprile 2024, si sono riuniti a San Pedro, la capitale della Costa d’Avorio, dal 22 al 29 di gennaio, gli undici missionari di sei nazionalità (Italia, Mozambico, Kenya, Uganda, Tanzania e Argentina) che lavorano in Costa d’Avorio.

Nella tradizione dell'Istituto, fino un anno dopo il Capitolo Generale, ogni circoscrizione (gruppo, delegazione o regione) deve realizzare ciò che si conosce con il nome di Conferenza. Lo scopo è quello di contestualizzare i frutti del Capitolo Generale che si celebra ogni sei anni. Nel capitolo, oltre all’elezione del Superiore Generale e del suo Consiglio, si riflette sulla vita e la missione ad gentes; si valuta il cammino percorso; si prendono decisioni sull'organizzazione e si proietta il futuro con creatività e rinnovato slancio missionario.

I missionari della Consolata sono presenti nella Costa d'Avorio dall’inizio del 1996 e attualmente lavorano nelle diocesi di Odienne e di San Pedro e nell’archidiocesi di Abidjan. Dopo i suoi 28 anni di storia, la delegazione IMC della Costa d'Avorio terrà la sua quinta Conferenza con la partecipazione della Direzione Generale.

L'Assemblea di quest'anno è iniziata con un ritiro orientato dal Padre John Baptist Okaro, formatore nel seminario IMC e membro del Consiglio di delegazione. Nella sua riflessione dal titolo “Tutto per il Vangelo”, ispirata nella prima lettera di San Paolo ai Corinzi (9,16-23), il Padre Okaro si è soffermato su tre punti principali.

In primo luogo, ha delineato il significato di “Tutto per il Vangelo” che –spiega– comprende cinque aspetti importanti: lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, come fece l'Apostolo Filippo (cf. Atti 8, 26-40); avere Cristo al centro della propria vita; uscire e incontrare l'altro; vivere il triplice aspetto dell’ad gentes (cioè, ad pauperes: ai poveri; ad vitam: per tutta la vita; ad extra: fino alle estremità della terra) e la santità di vita. E poi ha chiesto a tutti i missionari presenti di dare un significato personale a queste parole dell’Apostolo Paolo.

Continuando la sua riflessione ha sottolineato alcune sfide contemporanee che dobbiamo affrontare nel vivere il Vangelo come religiosi e soprattutto come missionari. Queste sfide includono l'individualismo, il favoritismo, la mancanza di creatività, la comodità con lo status quo, la “sindrome di Giona”, il chiudersi nei fallimenti o nei risultati.

Padre Okaro ha continuato dando orientamenti o vie da seguire per rispondere alla sublime vocazione missionaria nonostante le sfide: in primo luogo, non bisogna perdere la memoria del primo incontro con Cristo, le radici della propria vocazione missionaria; e poi coltivare uno spirito che ci spinge ad andare altrove e muoverci verso altre realtà sconosciute.

Dopo questa giornata di spiritualità e la valutazione della Conferenza Continentale tenutasi a Bunju, in Tanzania, dal 4 al 9 dicembre 2023, guidati dalla Commissione preparatoria della Conferenza e dal superiore regionale, il padre Matteo Pettinari, i missionari hanno studiato e analizzato insieme gli Atti del XIV Capitolo Generale che si è tenuto a Roma nei mesi di maggio e giugno 2023 e anche valutato i risultati della precedente Conferenza della delegazione che si da parte del Superiore, il Padre Matteo Pettinari, era celebrata nell’anno 2018.

* Padre Boniface Oohieng Mtanda, IMC, missionario nella Costa d’Avorio. Pubblicato nel Portale Consolata Africa.

In occasione dell'anniversario della fondazione dei due Istituti, il 29 gennaio, a Torino, i Missionari e le Missionarie della Consolata si sono riuniti per una Messa di ringraziamento.

“Sono 123  e 114 anni di storia divina e umana, che ha segnato la vita della Chiesa grazie al sì iniziale a Dio del Beato Allamano e di migliaia di missionari e missionarie che hanno testimoniato, con la loro vita consacrata e il sacerdozio come si ama, si lavora e ci si sacrifica per la Chiesa e per l’annuncio del Vangelo”. Ecco quanto ha ricordato il Padre Pietro Luigi Moretti, parroco della parrocchia Maria Regina delle Missioni, durante la celebrazione eucaristica presieduta da lui nella cappella della Casa Madre delle Missionarie della Consolata, nel giorno in cui festeggiava il suo Giubileo d’oro sacerdotale: 50 anni di ordinazione.

20240202Torino2Contemporaneamente, Suor Ana Ortiz (foto), missionaria della Consolata brasiliana, che lavora nella infermeria della Casa Madre IMC a Torino, ha festeggiato il suo Giubileo di vita consacrata.

“Devo solo dire grazie per i miei 50 anni di vita religiosa. Non pensavo di arrivare, ma con la grazia di Dio ce l'ho fatta”, disse Suor Ana, aggiungendo: “Sono felice di aver camminato con Lui e per Lui cercando sempre di testimoniare il suo amore per noi nelle missioni in Portogallo, Tanzania e ora in Italia. Non mi sono mai pentita di aver seguito la chiamata missionaria. Dio è sempre stato con me. Dal profondo del cuore, ringrazio Gesù per la sua chiamata. Sono grata anche al Fondatore e alla Consolata che mi danno forza e coraggio. Grazie mille”.

Nella sua omelia, il Padre Pietro Moretti ricordò che “l’anniversario della fondazione dei nostri Istituti diventa occasione per una celebrazione che, richiamandosi al passato, rafforza la speranza nel nostro futuro. Ma ancora di più, diventa per noi un dono e un invito del Signore a fermarci un momento per valutare la nostra vita e la nostra missione”.

Guardando alla storia possiamo vedere la “fecondità dell’eredità allamaniana che, dopo la morte del Fondatore, è diventata annuncio globale del Vangelo, che dall’Africa  si è esteso su quattro continenti, in un processo di continuo rinnovamento e adeguamento alle varie realtà del mondo che cambia e nella fedeltà al carisma ricevuto da lui. Uno sguardo attento al nostro presente ci invita, poi, ad avere il coraggio di ripartire dalle nostre debolezze, lasciando a Dio l’iniziativa e il primato”.

In questo senso, Padre Moretti ha quindi sottolineato che il beato Giuseppe Allamano ci invita “ad avere coraggio per il presente e soprattutto per il futuro. E lo diceva in riferimento alla Consolata: ‘Noi siamo un miracolo vivente delle grazie della Consolata’. E con Padre Ferrero commentava: ‘Guarda Ferrero, l’Istituto andrà giù, giù; ma non si perderà, perché è della Consolata’.

Giubileo sacerdotale e di vita religiosa

Commentando il suo giubileo sacerdotale e il giubileo di vita consacrata di suor Ana Ortiz, il Padre Moretti ha ricuperato le parole del beato Allamano: “‘A ciascuno di voi il Signore ha rivolto la stessa chiamata dei dodici… Considerate pure tutte le vocazioni, non ne troverete una più grande di questa… Per voi il Signore ha esaurito tutto il suo infinito amore in fatto di vocazione perché vi ha dato la sua stessa missione… Voi siete costituiti a pieni poteri salvatori di anime, altrettanti Gesù Cristo sulla terra.’

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 Padre Pietro Luigi Moretti, presiede la Messa di ringraziamento per il suo Giubileo d’oro sacerdotale.

Dopo aver ricordato questi pensieri del Fondatore, il nostro missionario che celebrava il giubileo ha messo in evidenza alcuni motivi di ringraziamento:

“- Mai come oggi, sentiamo di lodare la Trinità, di ringraziare il nostro Fondatore e coloro che ci hanno preceduto con l’oblazione di questa storia secolare.

- Mai come oggi, sentiamo di assumere l’impegno di essere fedeli al Vangelo, alla nostra vocazione e alla Chiesa. ‘Voi dovete essere missionari nella testa, nella bocca, nel cuore, e cioè nei pensieri, nelle parole e nelle opere’, ci ha detto il Fondatore.

- Mai come oggi, comprendiamo il valore del nostro «essere famiglia», rinnovando tra noi l’impegno di vivere da fratelli e da sorelle nelle nostre comunità.

- Mai come oggi, avvertiamo “il bisogno di Vangelo” da parte del mondo e, così, la necessità della missione per far conoscere Gesù e il suo amore (...).

E finalizzò con un invito: “Sia, dunque, quella di oggi, una festa piena di gioia fraterna e carica di speranza nella convinzione che il cammino che facciamo, anche quando si presenta segnato da fragilità e insuccesso, non è su strade senza ritorno, ma ci conduce verso una maggiore comunione con Dio e gli altri (…)”.

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Missionari e Missionarie della Consolata durante un festoso momento conviviale.

“Il Beato Allamano di cui abbiamo iniziato il triennio in preparazione per la celebrazione del centenario della sua nascita al cielo nel 2026, ci incoraggia dicendo: ‘Ecco, miei cari, la strada che dobbiamo percorrere, ecco il fine che tutti dobbiamo sforzarci di ottenere. Dio non manca da parte sua, tocca a noi seguire l’invito di Gesù: siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro’. Buona Festa a tutti.”

Un momento conviviale

La celebrazione che ha visto uniti i Missionari e le Missionarie della Consolata è poi continuata in un festoso momento conviviale, ben organizzato dalle Missionarie che ci hanno ospitato, dove è stato possibile condividere un pranzo ma soprattutto passare dei momenti insieme arricchiti da tanti ricordi di missione passata… e anche progetti di missione futura che alla fine era la sostanza di questa celebrazione.

Padre Pietro Moretti, IMC, parrocchia Maria Regina delle Missioni a Torino.

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Padre Pietro Moretti e Suor Ana Ortiz

Storicamente l'Etiopia è un luogo molto caro ai Missionari della Consolata. La nazione si trova nella parte più orientale del continente africano ed è un grande patrimonio culturale di più di 110 milioni di persone che parlano oltre 80 lingue. Il territorio confina con il Sudan e il Sud Sudan a ovest, con Gibuti e l'Eritrea a nord, con la Somalia a est e con il Kenya a sud.

Dall’inizio il Beato Allamano aveva desiderato inviare i suoi missionari in Etiopia. Ma il suo desiderio si è realizzato solo nel 1913, quando venne affidato all’Istituto parte del Vicariato di Oromo, eretto in Prefettura Apostolica il 28 gennaio 1913 con il nome di Kaffa Meridionale. Il primo Prefetto Apostolico, Mons. Gaudenzio Barlassina, IMC, fu eletto il 6 maggio 1913.

Nel 1941, con la fine dell’esperienza coloniale italiana, anche i missionari della Consolata vennero espulsi dal paese. Nel 1970 l’Istituto ritorna in Etiopia. Il territorio dell’attuale Vicariato di Meki è smembrato dal Vicariato di Harar affidato ai Missionari della Consolata. Il 6 marzo 1980 il territorio diviene Prefettura Apostolica, guidata da Padre Giovanni Bonzanino, IMC, in qualità di amministratore apostolico.

L’8 dicembre 1981, Padre Yohannes Weldegiorgis diventa Prefetto Apostolico. Il 25 gennaio 1992 la Prefettura diventa Vicariato Apostolico e Padre Yohannes viene consacrato Vescovo; vi rimane fino al settembre 2002. Con la sua morte, il Padre Giovanni Monti, IMC, viene nominato Amministratore. Il 10 maggio di 2003, Mons. Abraham Desta assume come Vescovo di Meki.

Intervista con Mons. Abraham Desta

In questi giorni, il Vescovo di Meki è a Roma per alcuni impegni, ringrazia i Missionari della Consolata per l'ospitalità e in un'intervista parla su la responsabilità della Chiesa in Etiopia.

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100 anni di presenza di IMC in Etiopia nel 2016. Messa presieduta dal Cardinale di Addis Abeba, Mons. Souraphiel Berhaneyesus e da Mons. Abraham Desta. Foto: Archivio IMC

“È importante ricordare che la Chiesa in Etiopia fa parte della Chiesa cattolica nel mondo. A livello locale, la Chiesa ha la responsabilità di essere una voce profetica nelle varie situazioni sociali, politiche e religiose”, afferma Mons. Abraham. “Su questioni che riguardano non solo i cattolici ma anche le persone di buona volontà, cristiani e non cristiani, la Chiesa deve essere la voce della Buona Novella del Vangelo. Deve essere una Chiesa che prega, che riflette, una Chiesa che è veramente parte del messaggio di Gesù Cristo. In mezzo alla società deve essere una luce che attrae, che guida, una luce che illumina i cuori e le menti delle persone”, completa il Vescovo. “La Chiesa deve prendere sul serio la Buona Novella che sono le parole di Gesù affinché il popolo abbia la vita e l'abbia in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Ecco, la Chiesa deve essere come una fiaccola che guida il popolo verso la vita piena”. In Etiopia, dove “non siamo la maggioranza, la nostra voce può raggiungere tutti. Non importa se siamo piccoli, ciò che conta è l'essenza del messaggio”, argomenta.

Dio è presente nella realtà

Nato nel 1951 a Sebeya, regione del Tigrè, nel nord dell'Etiopia, Mons. Abraham ha fatto la sua formazione nel seminario di Adigrat con i Missionari di Africa (Padri Bianchi). È stato ordinato sacerdote nel 1980 e continuò gli studi in Irlanda e Londra con i Gesuiti, ottiene la licenza in teologia dogmatica e diplomi in sviluppo comunitario e teologia pastorale. Tornò in Etiopia nel 1985 durante un periodo di grande carestia e di guerra civile. Fu rettore del seminario minore di Adigrat, segretario del vescovo e responsabile della pastorale, poi cancelliere e direttore del Segretariato della diocesi prima di esser nominato Vescovo di Meki nel 2003.

Guardando la realtà, il Vescovo osserva che nella situazione odierna in Etiopia, molte persone soffrono, e dice: “dove le persone soffrono, Dio soffre, dove le persone muoiono, Dio muore, dove le persone vengono scartate o sfollate, Dio viene scartato e spiazzato nelle persone. Abbiamo molti senzatetto, persone che hanno perso le loro proprietà, che vogliono tornare alle loro case e alle loro terre. Molte persone sono escluse e allontanate, e anche uccise. E la Chiesa deve essere voce di chi non ha voce”.

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"Dobbiamo essere coraggiosi in modo a dare speranza al popolo, per essere una voce profetica nella società". Foto: Ashenafi Abebe

Evangelizzazione e promozione umana

In Etiopia la Chiesa realizza un lavoro di promozione umana con alcuni progetti sociali, ma allo stesso tempo, prende cura della pastorale. “Cerchiamo di trovare un equilibrio tra queste due dimensioni”, spiega e afferma: “dove non c’è promozione umana, Dio non può essere presente. Se le persone non si godono la vita nel suo senso più pieno, come dire che sarai salvato domani. Quindi quando le persone muoiono, soffrono, dico che Dio sta soffrendo. Dio è lì presente. E noi nella Chiesa abbiamo la responsabilità di essere la voce di Dio, di essere speranza e di creare speranza nelle persone. Questo è quello che cerchiamo di fare insieme: vescovi, sacerdoti, religiosi, leaders e cristiani delle comunità”.

C’è sono anche diverse sfide nell’economia, nella politica e nelle strutture. “Internamente abbiamo piccole comunità che spesso sono lontane le une dalle altre e hanno difficoltà nella comunicazione, o nel trasporto a causa della situazione delle strade, tra le altre cose”.

Le sfide nell’evangelizzazione

Situato circa 130 km a sud di Addis Abeba, il Vicariato di Meki è una delle tredici circoscrizioni della Chiesa cattolica in Etiopia. Con un territorio di oltre 60.000 Km2 e una popolazione di circa 4 milioni di abitanti, si trova nella regione dell’Oromia, nel centro del paese. Bisogna ricordare che la Chiesa Cattolica in Etiopia utilizza due riti, quello latino e quello etiope, ma si lavora in armonia. Nel Vicariato la metà della popolazione è cristiana, e i cattolici sono circa 37.000. Ma l'evangelizzazione, che include la pastorale e il lavoro sociale, si rivolge a tutta la popolazione.

Mons. Abraham Desta parlò anche sulle difficoltà nell’evangelizzazione ricordando che, “in ogni momento della storia abbiamo affrontato le sue sfide. In questo momento dobbiamo essere coraggiosi in modo a dare speranza al popolo, per essere una voce profetica nella società. Non possiamo mai dimenticare che la Chiesa è una comunità di preghiera per sostenere la gente. Poi dobbiamo anche abbracciare gli altri, le altre religioni e vivere il dialogo nella pratica”.

Secondo il Vescovo “dobbiamo essere una voce visibile di Gesù Cristo che ci ha mandato a testimoniare il Vangelo al mondo. Celebriamo oggi la conversione di San Paolo (25 gennaio), anche noi dobbiamo convertirci ogni giorno, fare una conversione del cuore, della mente e dell'umanità. Nella situazione in cui ci troviamo in Africa, dove la situazione è molto delicata e ostile, abbiamo bisogno di essere una voce e una testimonianza visibile di questa conversione del cuore, della mente e soprattutto vivere ciò che predichiamo. Queste sono le sfide che dobbiamo affrontare in modo positivo tra di noi e nella società”, evidenzia.

Messaggio ai Missionari della Consolata

20240131DEsta2Alla fine dell’intervista, il Vescovo di Meki ha lasciato un messaggio ai Missionari della Consolata, con i quali, ha sempre avuto un rapporto molto stretto. “Non ho parole per descrivere l'importante lavoro dei missionari della Consolata in Etiopia e nel mondo. Anzi tutto, voglio esprimere il mio desiderio che il Beato Allamano sia riconosciuto tra i santi dalla Chiesa. Mi unisco a voi nella preghiera affinché questo uomo santo sia canonizzato perché lui ha vissuto una vita di santità”, afferma.

Parlando dei figli e figlie dell’Allamano, il Vescovo ricorda che “molti padri, fratelli e suore della Consolata hanno dato la loro testimonianza nel Vicariato di Meki, una Chiesa locale che deve molto al lavoro di questi missionari e missionarie. Spero che dal cielo possano vedere crescere il buon seme che hanno seminato. Molti missionari e missionarie in Africa, nell’Asia, nell’America e altrove, stanno vivendo questo processo di canonizzazione del vostro Fondatore. Vi ringrazio di cuore per il bene fatto e vi animo a continuate con coraggio. La Chiesa ha bisogno di voi e noi faremo il possibile per collaborare con le vostre missioni. Spero che in futuro, possiate aprire altre missioni e che possiamo collaborare di più in questa opera. L'Istituto ha recentemente tenuto il Capitolo Generale e certamente ci sono nuove decisioni e proposte da attuare”.

Per quanto riguarda le vocazioni missionarie, l'Etiopia ha dato all'Istituto 18 giovani missionari che ora stanno evangelizzando in diversi paesi. Mons. Abraham incoraggia anche a non trascurare le vocazioni per attirare altri giovani a diventare missionari della Consolata. “Prego per le vocazioni, ma chiedo anche ai missionari etiopi di lavorare molto per suscitare nuove vocazioni. Noi siamo pronti ad aiutarli. Alle soglie del Giubileo del 2025, preghiamo per la canonizzazione dell'Allamano e perché la missione fiorisca in Etiopia. Coraggio e avanti”, finalizza il Vescovo.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretaria per la Comunicazione.

Come in tutto il mondo, la comunità della Casa Generalizia a Roma si è radunata per la messa di ringraziamento in occasione dell’anniversario della fondazione dell’Istituto. Con gioia e speranza abbiamo raggiunto i 123 anni di vita e missione e in contemporanea anche le missionarie della Consolata festeggiano i loro 114 anni di fondazione. È tutto opera della Consolata. “Lei è la Fondatrice”, diceva l’Allamano che attribuirà sempre alla Consolata la fondazione di questa opera oggi presente in 28 paesi dell’Europa, Africa, America e Asia.

La messa celebrata nella capella della Casa Generalizia, a mezzogiorno del 29 gennaio, è stata presieduta dal Vice Superiore Generale, il Padre Michelangelo Piovano, che nella sua omelia, ha evidenziato le principali riflessioni del Padre Fondatore nel discernere il piano della fondazione dell'Istituto. Di seguito, pubblichiamo alcuni spunti della sua omelia:

Uniti alla vite per crescere nella santità e portare frutti

“Oggi celebriamo e facciamo memoria del giorno della Fondazione dell'Istituto, nostro e delle nostre sorelle missionarie. È il compleanno dell'istituto, della nostra famiglia, nella quale un giorno siamo stati chiamati a farne parte.

Dalla vita e parole del Fondatore sappiamo che questa data è carica di significato, uno di quei giorni nei quali il Signore interviene quasi per dare il suo sigillo o per confermare una sua volontà e desiderio.

Siamo agli inizi del 900, Gennaio, mese, freddo, di influenze e malattie e anche l’Allamano è gravemente ammalato con una doppia polmonite, tanto che si teme non possa farcela e la morte lo raggiunga prima. Si prega per lui e alla Consolata si fa anche un triduo per chiedere la sua guarigione.

Ma qualche cosa di prodigioso succede. Tra il 28 e 29 Gennaio, l’Allamano si riprende e inizia a stare meglio contro ogni previsione. Come uomo di Dio, legge in questa guarigione, un segno che non cercava, ma che forse aspettava: quello della fondazione dell'Istituto, al quale stava pensando e lavorando da tempo.

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Se la grave malattia non cessasse, da un lato fa dire al cardinal Agostino Richelmy (l’Arcivescovo di Torino) che lo incoraggia sulla sua ripresa, che un altro dovrà pensare alla fondazione, dall'altra la sua guarigione diventa per lui un segno assieme a una promessa fatta nel suo cuore al Signore: “Se guarirò, è segno che quest'opera deve essere fatta”.

Questa grazia, l’Allamano la attribuirà poi sempre alla Consolata anche se non ha mai voluto che si parlasse di miracolo o di qualche cosa di prodigioso. Dirà solo: “Guarii e si fece la fondazione, ecco tutto”.

Il quadretto della Consolata che è nella Cappella accanto alla sua tomba a Torino è quello che gli fu portato in quei giorni di malattia, lo tenne sempre con sé e solo nel 1924, su richiesta di Padre Nepote, lo diede al noviziato e di seguito accompagnerà le nostre case di noviziato in Italia.

“La Consolata è la Fondatrice”

Anche per questo e per tante altre ispirazioni ed aiuti l’Allamano attribuirà sempre alla Consolata la fondazione dell'Istituto. Lei è la Fondatrice, diceva. Sappiamo che in quell'anno passerà alcuni mesi a Rivoli per riprendersi e il 24 aprile scrive la famosa lettera per chiedere al Vescovo l'approvazione per la fondazione dell'Istituto.

L'approvazione dell'episcopato piemontese arriverà il 12 settembre 1900 ed il decreto di erezione del cardinale Richelmy, porta appunto la data del 29 gennaio 1901, un anno dopo la sua malattia e guarigione e giorno di festa di San Francesco di Sales a cui l’Allamano dava anche un significato particolare.

Con la fondazione dell'Istituto e l'arrivo dei primi missionari che in breve partiranno per il Kenya. inizia la nostra storia, presente nei piani di Dio fin dall'eternità, come dice san Paolo nella lettura dell’anniversario.

Avventura e storia con vicende liete e tristi, ancora negli anni in cui l’Allamano era vivo, ma per le quali ha sempre ha nutrito grande fede e fiducia nel Signore, perché l'opera era stata voluta da Dio, dalla Consolata, per cui loro ci avrebbero pensato.

E ci hanno pensato: quando la casa si è svuotata dopo la prima partenza dei missionari, quando sembravano mancare i mezzi materiali per portarla avanti, quando è scoppiata la guerra o quando sono arrivati giorni difficili per la morte del canonico Giacomo Camisassa e altre difficoltà che ogni istituzione religiosa come la nostra deve affrontare

“L'albero dell'Istituto è piantato saldamente”

L’Allamano così scriveva nel 1908 a Fratel Benedetto Falda: “L'albero dell'Istituto è piantato saldamente. Cadranno anche delle foglie, forse dei rami si piegheranno, ma l'albero crescerà gigantesco, ne ho le prove in mano”.

“Il nostro istituto durerà sempre, finché ci saranno anime da salvare. Vedete la perpetuità dell'Istituto”.

Nel 1922 confidò ad un missionario: “Guarda Ferrero, l'Istituto andrà giù, giù; ma non si perderà, perché è della Consolata”.

Questo istituto con 123 anni ora siamo noi, siamo quella famiglia voluta da Dio per opera della Consolata e dell’Allamano. Lo guardiamo e crediamo che è quell'albero, gigantesco, rigoglioso e secolare.

Alcune illuminazioni della Parola di Dio

Dalla Parola di Dio raccogliamo alcuni pensieri e illuminazioni per la nostra vita affinché, attraverso di essa, possiamo continuare a tenere viva la grazia della chiamata nell'Istituto e corrispondervi con tutto noi stessi.

Paolo nell'inno agli Efesini (Ef 1, 3-14) ci invita a ringraziare Dio per il dono della sua scelta, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità.

Crediamo che nel disegno e piano di Dio circa la fondazione del nostro Istituto ognuno di noi era già presente, già ne faceva parte ed il Signore tutto ha predisposto perché questo si realizzasse. È il mistero della sua chiamata e di una volontà che Dio realizza e attua in noi, servendosi di noi.

Santi e immacolati, perché salvati e redenti dal sangue di Gesù. E questo ci incoraggia e dà forza e speranza perché, nonostante i nostri limiti e fragilità, Dio conduce questa storia e cammino del nostro Istituto, allo stesso tempo santo e peccatore.

Il Vangelo (Gv 15, 4-15) ci indica una dimensione importante di questa santità, quella di essere tralci uniti alla vite, uniti a Gesù, in comunione con ognuno, ma sappiamo quanto è difficile questo cammino. Anche l’Allamano amava applicare questa immagine evangelica alla vita di ogni missionario e dell’Istituto. Uniti alla vite per crescere nella santità e portare frutti, uniti in quell’amore che spinge fino a dare la vita.

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Padre Michelangelo Piovano, Vice Superiore Generale.

Una santità che passa attraverso la carità, il volersi bene, il rispettarsi, l'accettarsi, lo stimolarci a vicenda e anche il correggerci mutuamente. Oggi è il giorno e celebrazione di famiglia per ridirci questo e, non a caso, è stata scelta questa Parola di Dio per questa celebrazione.

Celebriamo l'anniversario della Fondazione dell'Istituto all'inizio di questo triennio, nel quale avremo il Beato Allamano come speciale protettore.

Ci aspettano celebrazioni ed eventi particolari, come il centenario della sua morte e la sua canonizzazione tanto attesa. Anche questi momenti devono portarci a vivere in profondità il significato e la grazia che vogliono trasmetterci.

Un Allamano morto quasi cento anni fa, ma che deve continuare vivo in noi, nell'attuazione e incarnazione del suo carisma. Un Allamano che verrà proclamato Santo, ma che deve essere santificato innanzitutto nella nostra vita.

Il miracolo che porterà alla canonizzazione è il miracolo della missione e santità dell'Istituto e dei suoi missionari in tutti questi anni di vita. Il miracolo del bene fatto bene, con cura, con attenzione, con fedeltà e costanza.

Una storia centenaria costruita sulla fedeltà, coraggio, fede, intraprendenza di tanti nostri confratelli e consorelle. Per questo è importante e bello ricordarli e raccontarli, seguirne le orme anche oggi e lasciarsi ispirare dal loro operato.

Per questo la celebrazione della Fondazione dell'Istituto è festa di famiglia, della nostra famiglia. Di tutti coloro che ne hanno fatto parte in passato, ne fanno parte ora e lo faranno in futuro. Famiglia di Gesù, di coloro che ascoltano la Parola e la osservano, di coloro che compiono la volontà del Padre.

La Consolata, che tutto ha fatto e disposto perché il nostro Istituto avesse vita, continui ad operare nella nostra vita e famiglia. Continui ad operare e disporre le cose in modo che questa famiglia viva nella comunione tra i suoi figli, come lo desidera ogni mamma.

Affidiamo a Lei l’Istituto che in questi primi mesi dell’anno, nelle varie circoscrizioni, sta celebrando le Conferenze regionali per attuare gli orientamenti del Capitolo Generale e concretizzare in ogni realtà quella missione per la quale siamo stati fondati.

Siamo giovani e anziani, chi con salute fisica e spirituale e chi con le sue difficoltà o ferite, siamo di realtà e culture diverse, e, così come siamo, siamo la famiglia dell’Allamano e ci vogliamo bene anche se non sempre riusciamo a dircelo o a dimostrarlo come vorremmo.

Tendiamo la mano a chi si trova in difficoltà e lasciamoci aiutare quando siamo noi ad averne bisogno. Ringraziamo oggi per questa nostra famiglia e continuiamo ad essere fieri di essere missionari e missionarie della Consolata.

Padre Michelangelo Piovano, IMC, Vice Superiore Generale.

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