Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr Is 40,31)

Viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del creato”.

Queste le parole di Papa Francesco nel suo messaggio per la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù 2024, diffusa questo martedì, 17 settembre. Il Papa parla delle nuove generazioni, che spesso pagano il prezzo più alto a cause delle guerre, di ingiustizie sociali, delle povertà, dello sfruttamento dell’essere umano e del creato. L'invito, in vista del Giubileo, è a superare apatia e il fuga nelle trasgressioni: mettersi in viaggio non, però, da semplici turisti, ma da pellegrini.

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre ha inviato ai giovani e alle giovani del mondo per la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata nelle Chiese particolari in occasione della Solennità di Cristo Re, il 24 novembre 2024, sul tema: Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr Is 40,31).

«La violenza non va bene, ma gridano contro la corruzione e per avere un futuro». Monsignor Anthony Muheria, arcivescovo metropolita di Nyeri e vicepresidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Kenya, parla delle proteste della «generazione Z» nel Paese. «La violenza non va bene ma gridano contro la corruzione e per avere un futuro».

«Le leadership non vogliono ascoltare il grido dei giovani ma loro chiedono solo un futuro, un lavoro e la fine della corruzione». A parlare delle proteste che negli ultimi mesi hanno visto in Kenya migliaia di giovani in piazza è monsignor Anthony Muheria, arcivescovo metropolita di Nyeri e vicepresidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Kenya.

A Roma per la visita ad limina in Vaticano e per l’incontro con Papa Francesco, il vescovo parla del suo Paese che «è arrivato davvero vicino alla rivoluzione. I ragazzi hanno assaltato il Parlamento… sono arrivati fino al Parlamento», scandisce con il volto ancora preoccupato. Un’ondata, quella della «generazione Z» del Kenya, che «era cominciata pacificamente e che poi purtroppo è sfociata nella violenza».

Il vescovo condanna questa deriva e anche il fatto che «i giovani sembrano come chiusi nei loro circoli, soprattutto sui social», ma allo stesso tempo chiede al governo e alle istituzioni di ascoltare il loro «grido».

La storia del Kenya, d’altronde, è simile a quella di molti Paesi dell’Africa dove la povertà, ma anche la corruzione nella gestione delle risorse, tolgono il futuro alle nuove generazioni.

Molti tentano il lungo viaggio per arrivare in Europa, ma altri protestano fino al sangue. «Il governo è arrivato con la milizia – racconta monsignor Muheria -, e molti giovani sono stati uccisi. Ragazzi nella maggior parte dei casi laureati, ma che non hanno un lavoro e non vedono il futuro».

La corruzione è uno dei problemi più sentiti: «Le autorità devono essere trasparenti, dare conto dei soldi che spendono. Il costo della vita e le tasse aumentano ma non le entrate delle famiglie».

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I giovani fanno storiche proteste in Kenya. Foto: Gerald Anderson/Anadolu via Getty Images

Alla gente del suo Paese il vescovo però dice di non seguire la logica del male minore quando, per esempio, si va a votare. «Noi, come Chiesa, siamo molto preoccupati, perché è sempre più difficile instaurare un dialogo con questi ragazzi. Il problema è grande: come arrivare a formare e incoraggiare questa generazione? Quando c’è la disperazione deve esserci un aiuto».

Con coraggio i vescovi hanno allora avviato corsi di formazione sociale e politica con la speranza che «nel giro di dieci anni creaca una leadership che possa essere un punto di riferimento per la società».

Di fronte a un’Europa nella quale il dibattito sui migranti è sempre più acceso, il vescovo fa presente che in Africa ci sono «da oltre vent’anni milioni di sfollati interni. In Etiopia 900mila, in Uganda un milione e 700mila, da noi in Kenya i rifugiati sono 700mila. È un problema grande perché non ci sono le risorse per consentire loro di uscire dai campi. Ci sono giovani nati nei campi profughi che non sono mai usciti di lì. È come se non ci fosse una via d’uscita».

La Chiesa africana dunque lancia un appello, anche alla comunità internazionale, perché «possa essere garantita a queste persone condizioni di vita dignitose». Sono per lo più persone che scappano dalle guerre in Congo, Rwanda, Sudan, Nigeria, «e queste guerre vanno avanti da anni e la situazione politica non aiuta il loro rientro nei Paesi di origine».

C’è anche il problema degli attentati degli islamisti: «In Kenya, grazie a Dio, sono anni che non si verificano. Ma i terroristi di al-Shabaab sono sempre un pericolo anche per noi. In altri Paesi», prosegue il vescovo facendo riferimento ai recenti attacchi terroristici in Burkina Faso soprattutto contro i cristiani, «anche se i fondamentalisti sono una piccola minoranza, fanno molto rumore». Con i loro attentati minano infatti quel dialogo tra diverse fedi che «è invece molto buono», sottolinea monsignor Muheria.

C’è anche un altro «estremismo religioso», come lo definisce il vescovo Keniano: quello dei leader delle sette religiose che «pretendono di essere cristiani ma pensano solo ai soldi e fondano il loro potere sulla disperazione e sulla credulità della gente».

In questo quadro difficile c’è però una fede cristiana gioiosa e in crescita: «In Africa c’è una vera e propria esplosione delle vocazioni. Quest’anno nella mia diocesi sono entrati in seminario centocinquanta ragazzi. Ma per altrettanti non è stato possibile entrare perché non abbiamo abbastanza fondi economici per aprire le porte a tutti coloro che lo chiedono».

* Manuela Tulli, MC Notizie. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

Argentina: giovani in missione

Con il motto "Chiamati a essere portatori di speranza", un gruppo di giovani si è riunito nella parrocchia della Medaglia Miracolosa per una missione animata e accompagnata dai Missionari della Consolata in Argentina.

La missione non è stata solo un'attività per i giovani, ma anche un'occasione di formazione per la loro crescita personale, umana e cristiana.

Durante tutto il percorso missionario, dal 05 al 13 gennaio, si è respirata un'intensa spiritualità che ha favorito l'uscita apostolica, l'incontro e la condivisione con le famiglie e le intere comunità, attraverso dinamiche e attività partecipative.

20240427Argentina2Tutto questo è stato possibile grazie alle comunità cristiane che, attraverso i loro coordinatori, ci hanno accolto, dato il loro sostegno e un bicchiere d'acqua per rinfrescarci la gola dal caldo della giornata.

Nelle visite alle case, abbiamo trovato famiglie armoniose e gioiose nella convivenza tra genitori e figli; allo stesso tempo, non sono mancate anche esperienze dolorose con alcune famiglie divise o in solitudine, soprattutto di coppie anziane.

In ogni situazione abbiamo sperimentato il valore e l'importanza della visita missionaria, che ha sempre offerto sollievo e speranza a tutti. Molti genitori hanno aperto il loro cuore per incontrare i missionari disposti ad ascoltare. E quell'ascolto guarisce.

Le giornate si concludevano con la celebrazione dell'Eucaristia dove si pregava per le intenzioni e i bisogni di ciascuna delle famiglie visitate.

Al di là dell'esperienza, la missione ci ha fatto capire il valore che noi giovani abbiamo per la Chiesa; abbiamo capito che siamo parte di questa grande comunità e che è nostra responsabilità portare la speranza che solo Cristo dà a tutti i nostri fratelli e sorelle, afflitti e oppressi dalle piaghe della vita, come ci ricorda costantemente Papa Francesco.

Un grande grazie ai compagni dell'Istituto Missioni Consolata (IMC) e ai Laici Missionari della Consolata (LMC), ai giovani e a tutti i cristiani della parrocchia della Medaglia Miracolosa. Insieme organizziamo, viviamo e celebriamo questa missione. Speriamo che, con l'intercessione della Madre Consolata e del nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, possiamo approfittare di questa bella missione per la nostra conversione e la nostra decisa partecipazione alla vita della Chiesa.

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La presenza IMC in Argentina

Padre Mario Viola è stato Il primo missionario della Consolata ad arrivare in Argentina, a Buenos Aires, il 30 settembre 1946. Dopo pochi mesi, fu raggiunto da un gruppo di missionari che rese possibile, nel 1947, l’inizio delle attività di evangelizzazione nella diocesi di Rosario. In seguito, l’Istituto estese la sua presenza ad altre diocesi e ai territori del Chaco e Formosa, considerati campi di attività più specificamente missionaria. Attualmente l’Istituto è anche impegnato in attività di Animazione Missionaria, educazione e formazione con una “Comunità Apostolica Formativa” (CAF) inserita nella parrocchia Santo Cura Brochero che appartiene alla diocesi di Merlo, a Buenos Aires, dove studiano la teologia sette giovani professi. Lavorano nel Paese 24 padri, nelle circoscrizioni ecclesiastiche di Buenos Aires, Jujuy, Mendoza, Merlo, San Francisco de Córdoba e San Juan.

* Padre Michael Iga è missionario ugandese della Consolata, in Argentina.

“A nome della mia comunità, Robles, vi ringrazio per averci dato uno spazio così meraviglioso. Abbiamo imparato cose che non sapevamo. Grazie a tutti voi per averci preso in considerazione. Vogliamo continuare a partecipare nei gruppi all'Adolescencia e della Gioventù de la Pastorale Afro de Cali. A volte è molto importante sapere da dove veniamo e chi siamo. So che tutti noi ritorniamo a casa con qualcosa di nuovo nel cuore” così Melany Zamora Obregón ha raccontato il suo vissuto e la sua partecipazione nell’incontro della Pastorale Afro Giovanile di quest’anno, La “Grande Traversata”.

Nella Pastorale afrocolombiana dell'archidiocesi di Cali cerchiamo di vivere l’esperienza del Regno di Dio da diversi punti di vista: lo facciamo come donne, organizzate nelle diverse comunità, e un altro cammino è precisamente quello dei gruppi di bambini, adolescenti e giovani. In questo modo, anche con altre organizzazioni alleate, creiamo spazi di condivisione che permettono di condividere le conoscenze acquisite nel processo e di combattere la discriminazione. La presenza dei giovani nella Pastorale afroamericana è importante: fa crescere lo spirito; permette lo scambio generazionale; crea strategie per raggiungere le nuove generazioni.

Il 7 e 8 ottobre 2023 si è vissuta un'esperienza indimenticabile: sono stati accolti circa 60 giovani provenienti da tutte le comunità dove è presente un cammino di pastorale afro. Nella realizzazione di questo incontro ci siamo ispirati al modello di una analoga esperienza, celebrata nel 2016,  che aveva in qualche modo fatto vivere e comprendere l’esperienza dell’attraversata (la “travesía”) violenta di 500 anni addietro: come persone schiavizzate in Africa venivano portare nel continente Americano e trattate in modo disumano. A questo punto si cerca di dare una nuova luce all’indicibile sofferenza vissuta sulle navi dagli antenati di questi giovani per trasformare questo ricordo ingrato in una occasione di consapevolezza, resignificazione e  resistenza oggi in molti modi vigente nella vita delle comunità e anche nel processo della Pastorale Afro.

In questi due giorni abbiamo cercato di ricreare questo doloroso viaggio marittimo ma, a differenza di quello degli ancestri, non si viaggia soli: ci accompagna un capitano che guida l'intera esperienza, dei marinai che la aiutano in ogni spazio e gruppo e, naturalmente, siamo tutti un equipaggio imbarcato in qualcosa di bello e nuovo. I giochi permettono di usare la capacità fisica e la creatività per raggiungere obiettivi comuni; impariamo a conoscere personaggi, date e territori importanti per il popolo afro.

Anche i momenti di spiritualità sono celebrati in modo afro e giovanile, in uno spazio comune, informale e partecipativo. L'Eucaristia, con i suoi ritmi e le sue danze, si vive insieme alla famiglia allargata della Pastorale Afro ed è un momento per vivere la gioia di stare insieme e condividerla con gli abitanti del quartiere che ci ha ospitato. 

Nel territorio ecologico del parco del Rio Pance abbiamo fatto l’esperienza del risvegliarsi alla natura, alla vita e alla tradizione degli antenati: è stata l'occasione per progettare e proporre alla Pastorale un futuro desiderato.

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La Gran “Travesía 2023” è stata un successo: i giovani sono stati sensibilizzati a proposito di fatti che conoscevano poco, come il numero di personaggi afro che si sono distinti nella vita nazionale e internazionale, ma la cosa più bella è comunque stata la possibilità che hanno avuto di conoscersi e condividere esperienze malgrado provenissero da punti molto distanti della nostra Archidiocesi. In questa “Travesía 2023” hanno ricevuto il sostegno di molte persone che li hanno accompagnati in momenti di spiritualità, gestione comunitaria, alimentazione e cura di ogni dettaglio. Grazie a loro, è possibile ricaricare le energie e organizzare il processo giorno per giorno per trasformare le vite, sia di coloro che sono attivamente coinvolti nel processo che delle loro famiglie.

Concludendo raccogliamo alcune reazioni come quella di Viviana Izajar Viveros, di Jamundí: "Grazie di cuore a tutti voi per averci fatto vivere un'esperienza così bella e significativa" oppure le parole di Karen Yuliet Angulo: "Grazie a tutti voi per aver condiviso con me un'esperienza così bella. Siete persone davvero molto importanti per me. Spero che avremo altri incontri speciali come quello che abbiamo vissuto. Grazie soprattutto al capitano e alle persone che si sono prese cura di noi. Viva la Pastorale Afro!".

*Mary Nelly Carabalí è un membro del team di comunicazione della Pastorale Afro.

Formazione permanente in Venezuela

  • , Nov 13, 2023
  • Pubblicato in Notizie

La Delegazione dei Missionari della Consolata in Venezuela organizza, da diversi anni, incontri di formazione permanente per aiutare i missionari a rispondere alle esigenze non piccole della missione in questa nazione. 

Anche se nella delegazione non siamo moltissimi missionari abbiamo comunque voluto adattare questa formazione alle esigenze particolari di ciascuno in modo tale che i missionari sono stati divisi secondo gli anni di ordinazione: un primo gruppo lo compongono i più giovani, quelli fino a cinque anni di ordinazione; poi un secondo sono quelli fra i cinque e i quindici anni; nel terzo gruppo ci sono i missionari con più di quindi anni di ordinazione.

Quest’anno 2023 si è dato più spazio ai giovani, quei missionari giunti da poco in Venezuela e che hanno ancora bisogno di assorbire la storia e la cultura di questo paese dove sono stati iniviati a evangelizzare. 

Nel primo incontro, che si è tenuto a San Joaquin nello stato di Carabobo, si è voluto dare spazio allo stare assieme e alla conoscenza reciproca: abbiamo dedicato tempo alla condivisione della storia personali di ognuno, ai fatti che l’hanno segnata, alla nostra vocazione missionaria. In un secondo momento ci siamo trovati all’isola Margherita, nello stato di Nueva Esparta; in questo caso, accompagnati dal padre Josiah K'Okal Imc, abbiamo voluto riflettere ed avvicinarci alla nostra identità e alla nostra storia come Missionari della Consolata presenti in questa nazione da ormai più di cinquant’anni.

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