“La vita consacrata è un segno visibile dell'azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa che di fronte a una realtà che cambia, cerca di dare una risposta creativa, missionaria, profetica ed evangelizzatrice alla missione della Chiesa”.
Il programma del corso di formazione permanente per formatori a Roma ha incluso tra i temi di studio una “Visione ecclesiale sulla formazione dei consacrati”. La riflessione del 12 settembre è stata svolta da suor Simona Brambilla, MC, segretario del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Ha iniziato la sua carriera professionale come infermiera professionale, poi ottiene la licenza e successivamente il dottorato in psicologia all’Università Gregoriana, con una lunga esperienza nella pastorale giovanile. Eletta nel 2011 Superiora generale dell’Istituto delle Missionarie della Consolata e rieletta nel 2017, ha mantenuto l’incarico fino a maggio 2023.
“La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l’arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo (VC, n. 68)”, ha ricordato Suor Simona citando l'esortazione Vita Consecrata. La presentazione si è basata sui vari messaggi del Papa Francesco.
“La vocazione è come un - diamante grezzo - da lucidare, da lavorare, da plasmare in tutte le sue facce”, ha detto Suor Simona riprendendo il pensiero di Papa Francesco. “Il diamante, preziosissimo cristallo caratteristico per la sua eccezionale durezza e resistenza, brillantezza e capacità di riflettere la luce, ha bisogno di una lavorazione lunga, paziente, complessa, delicata e attentissima, per liberare la sua bellezza. La bellezza del diamante è espressa e valorizzata da un taglio esperto, capace di esaltarne i vari lati e le varie modalità di rifrazione della luce”. In questo contesto, il ruolo del formatore è quello di accompagnare il candidato nel suo processo di essere lavorato e plasmato dalla grazia di Dio.
In questo video realizzato dal Segretariato per la Comunicazione, Suor Simona presenta alcune immagini della vocazione e della missione del formatore.
“L’immagine del diamante può costituire una efficace metafora che accompagna il ministero formativo. La persona, ma anche la comunità, possono essere meglio comprese a partire da uno sguardo ampio e profondo, capace di concentrarsi attentamente su una particolare sfaccettatura del diamante per lavorarla e farne risplendere la bellezza originale, e allo stesso tempo di ampliare la visuale all’architettura complessiva del cristallo, senza perdere di vista l’articolazione delle sue parti” (Vita Consecrata n. 48).
Sour Simona ha enfatizzato che, “l’obiettivo centrale del cammino formativo è la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione. Ogni candidato che risponde ‘si’ alla chiamata di Dio dovrebbe aprire lo spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; accogliendo con fede le mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono”.
La formazione dovrà, pertanto, “raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio”.
Suor Simona ha insistito nel dire che la formazione non finisce ma è un cammino continuo. “L’impegno formativo non cessa mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate siano offerte sino alla fine opportunità di crescita nell'adesione al carisma e alla missione del proprio Istituto”.
Se la formazione è un cammino di trasformazione di tutta la persona, fin nelle istanze più profonde del cuore, allora occorre che la persona impari a discernere ciò che abita il proprio cuore, per riconoscere e coltivare ogni energia che la porta a Cristo e per distinguere e distanziarsi da ogni energia che la allontana da Cristo, dall’amore.
“Il processo del discernimento spirituale porta così la persona a passare dalla frammentazione e dalla dispersione ad una sempre maggiore unificazione interiore, a un raccogliere e ordinare le proprie energie verso Dio. Il discernimento punta al concreto, alla vita, affinché la persona cresca nella coerenza fra ciò che proclama come ideale e ciò che vive nel quotidiano”.
Nessuno può accompagnare un altro per una via che egli stesso non conosce. Secondo Suor Simona, per accompagnare la persona in formazione, “il formatore deve a sua volta avere compiuto (e continuare a compiere!) un percorso personale, serio, sincero e prolungato, di accompagnamento, nel quale abbia potuto liberare e coltivare la propria docibilitas, rivisitare le aree profonde della propria vita, lasciandole illuminare e guarire dalla Grazia, aprire il proprio cuore alla gioiosa e sincera ricerca della volontà di Dio, sentita come Amore che attrae, affascina e orienta i desideri più profondi dell’anima”.
Gruppo di formatori in visita ad Assisi l'8 settembre 2024.
Il formatore è chiamato a custodire nella riservatezza la vita dei seminaristi. “Sono necessari formatori che sappiano garantire una presenza a tempo pieno, e che siano anzitutto testimoni di come si ama e si serve il popolo di Dio, spendendosi senza riserve per la Chiesa”.
Suor Simona ha concluso la sua presentazione dicendo, “nell’immagine del Pellegrino sulla via di Emmaus, l’accompagnatore si affianca al fratello, nei suoi lati diurni e in quelli notturni, in un cammino che alterna momenti di silenzio e ascolto, di apertura rispettosa di spazi perché l’altro riveli le sue sfaccettature e si racconti, di momenti in cui tali sfaccettature, accolte e amate, vengono illuminate e lavorate da un Parola che si lascia mediare anche da parole e gesti umani.”
* Padre Josephat Mwanake, IMC, Comunità Formativa Porta Pia di Roma.
I formatori riuniti a Roma per il corso di formazione permanente, questo martedì 10 settembre, hanno avuto l’opportunità di confrontarsi su alcune tematiche molto presenti nelle comunità religiose: la motivazione e l’affettività.
Lo studio è stato condotto dal missionario della Consolata, padre Renzo Marcolongo, psicologo, con anni di esperienza nelle missioni della RD Congo, Colombia e in Inghilterra, dove è stato formatore e professore. Attualmente fa parte dell’equipe formativa nel seminario teologico di Bravetta a Roma.
Il padre Renzo ha iniziato il suo intervento affermando che le motivazioni sono importanti per capire la nostra vocazione. “La motivazione è una forza che ci spinge ad andare avanti, a dare direzione alla vita e quando le cose vano male, ci sostiene”.
Tredici sono i formatori che partecipano al corso che si svolge a Roma dal 2 al 17 settembre.
Poi, a mo’ di esercizio pratico ha invitato i formatori a scrivere in un foglio le motivazioni che li avevano portati a diventare missionari della Consolata e le motivazioni che oggi li fanno rimanere nella congregazione. L’esercizio aveva lo scopo di mostrare come le motivazioni iniziale cambiano con gli anni. Questo a causa degli eventi personali, politici sociali, culturali, incontri con persone diverse e studio.
In un'intervista rilasciata al Segretariato per la Comunicazione al termine della giornata, padre Renzo Marcolongo ha evidenziato i due aspetti a tema nella sua relazione: la motivazione e l’affettività.
Dal latino: “motus” = movimento. “Muoversi verso qualcosa considerato importante”, ha spiegato padre Marcolongo. “L’importanza è data dal bisogno percepito come strutturante. É sempre espressione di una necessità da soddisfare e deve produrre piacere”. Ci sono le motivazioni primarie che svolgono la funzione di soddisfare i bisogni primari quali fame, sete, sonno, ecc; poi ci sono le motivazioni secondarie apprese dal contesto e dall’ambiente di vita: il bisogno di essere connesso con qualcuno o qualcosa; il senso de trascendenza, l'autorealizzazione, e stima, appartenenza o sicurezza.
Padre Renzo ha osservato che “senza motivazione non si va da nessuna parte e senza le giuste motivazione probabilmente non inizieremo mai nulla di importante e significativo per noi, non prenderemo mai una decisione, non attueremo mai un cambiamento necessario”.
Riguardo l’affettività, padre Renzo ha ricordato dal latino: “ad ficere” = un movimento verso qualcosa, qualcuno, a cui voglio connettermi o attaccarmi. “Quindi l’affettività è la capacità di percepire un’attrazione verso una cosa, una persona, un valore, un ideale, con l’intenzione di assumerlo, di farlo mio”. Secondo il relatore, “per un processo affettivo ‘normale’ è molto importante per conoscere sé stessi e sapere integrare la propria sessualità. Viverla senza ansia o grossi problemi, vivere la vita in pienezza”.
Il tema della sessualità e del sesso, sono aspetti da considerare perché sempre nei processi formativi dei giovani. Padre Renzo ha rimarcato l’importanza di differenziare «sesso» e «sessualità». “Sesso si riferisce a tutte quelle caratteristiche biologiche o tratti anatomici e fisiologici che differenziano l’uomo dalla donna, il maschile dal femminile. La sua funzione è la riproduzione”.
La sessualità, invece, “è molto di più del semplice sesso poiché le persone hanno anche una parte emotiva o psicologica e una parte sociale o relazionale. La sessualità è molto ampia e complessa. È una dimensione molto importante che si costruisce quando ogni persona interagisce con il proprio ambiente. La sessualità appartiene alla maturità emotiva e questa appartiene alla maturità umana”.
Assieme a questo tema, padre Renzo ha anche parlato dell’individualismo, della maturità umana; sessualità e genere; forme di sessualità; sesso biologico; identità sessuale; tentazione del desiderio, espressione del genere, ecc. Sono questioni che fanno parte delle tematiche in discussione nel programma del corso di formazione permanente per i formatori nelle tappe del noviziato, teologia e specializzazione.
* Padre José Martín Serna, IMC, maestro di novizi a Manaus, Brasile.
Il gruppo di formatori riunito a Roma per il corso di formazione permanente, questo sabato 7 settembre, ha visitato la comunità formativa di Porta Pia - Nomentana.
Dall'inizio del corso, il 2 settembre, è stata la prima volta che il gruppo è uscito della Casa Generalizia, sede del corso. La visita era contemplata nel programma come un momento di famiglia tra formatori e formandi che fanno parte delle nostre comunità a Roma.
La comunità di Porta Pia è stata aperta ufficialmente nel 2015 e successivamente, nel 2022, è stata costituita come casa di specializzazione dove gli studenti professi, dopo la teologia di base, vivano la loro fase finale di formazione e fanno la specializzazione in vari campi teologici presso le università pontificie di Roma. Attualmente la comunità è composta da 9 studenti, 3 diaconi che stanno completando i loro programmi di specializzazione e 3 sacerdoti. Due dei membri pionieri di questa comunità sono già stati ordinati sacerdoti: padre Yowasi Tumusiime il 10/08/2024 in Uganda e padre Henrinques Mario Juma il 01/09/2024 in Mozambico. Padre Yowasi è stato destinato in Taiwan, mentre padre Juma in Argentina.
Il padre Antonio Rovelli presiede la santa messa
L'incontro è iniziato con le preghiere dei primi vespri seguite dalla benedizione e poi dalla celebrazione eucaristica. La chiesa della comunità, Corpus Domini, è aperta al pubblico e questo ha dato ai formatori l'opportunità di interagire con i cristiani e di animarli attraverso il canto e la celebrazione eucaristica. È stato un momento per condividere con la comunità le attività formative dell'Istituto e per conoscere i luoghi delle nostre missioni in cui abbiamo una casa di formazione nel mondo.
Al riflettere sulla Parola di Dio e in particolare il Vangelo, che presentava l'episodio di un sordomuto che viene a Gesù accompagnato dagli abitanti del suo villaggio per esse guarito, padre Antonio Rovelli, ha spiegato che il lavoro dei formatori è quello di accompagnare i formandi all'incontro con Gesù, che li apre alla sua missione e dà loro il potere di ascoltare la sua parola e di parlarne agli altri nel loro ministero di evangelizzazione. Padre Rovelli ha sottolineato il fatto che è Cristo ad agire sugli studenti, come nel caso del sordomuto. Dopo che il sordo è stato presentato a Cristo dal suo popolo, è stata l'azione di Cristo a permettergli di riacquistare l'udito e la parola. È Cristo che con la sua azione prepara e potenzia i suoi ministri.
Dopo la condivisione alla mensa del Signore, la comunità si è riunita intorno alla tavola con i visitanti per condividere il pasto. È stato un momento gioioso non solo di famiglia e condivisione del pasto, ma anche di ricongiungimento, dato che alcuni studenti nelle fasi precedenti della formazione (noviziato e teologia di base) avevano vissuto con alcuni di questi formatori.
* Padre Josephat Mwanake, IMC, Comunità Formativa Porta Pia di Roma.
Il tema della formazione all’intelligenza emotiva, previsto nel programma del corso di formazione permanente per i formatori dell’IMC, è stato presentato dal Prof. Giuseppe Crea, missionario comboniano (MCCJ), e docente di Tecniche Psicometriche e Psicologia dell’Orientamento presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Il Professore Crea ha introdotto il tema con una domanda: “Cosa facciamo nei percorsi formativi sul tema della relazione affettiva per ed eventualmente l’educazione della stessa?” In risposta ha poi citato i versetti della Bibbia (Rm 12, 10; 12, 16; 15, 7; 1Cor 11, 33) nonché alcuni documenti della Chiesa che parlano dell’equilibrio emozionale (Vita Consacrata n.5, Fratelli Tutti, 93) che si manifesta nelle nostre relazioni quando queste sono basate sulla verità e carità.
Secondo il Prof. Crea, ci sono cinque componenti educative dell’intelligenza emotiva: l’autocoscienza; la gestione delle emozioni, la motivazione di sé stessi; la riconoscenza delle emozioni negli altri e la gestione delle relazioni, come spiega il padre Crea nel fare sintesi di questo tema nel successivo video realizzato dal Segretariato per la Comunicazione.
Nel processo della formazione, il formatore dovrebbe accompagnare i suoi formandi a transitare attraverso questi cinque passi aiutandoli ad essere consapevoli delle loro emozioni, ad accettarle e a gestirle in modo sano, riconoscendo che anche gli altri hanno le loro emozioni. “È percorrendo queste cinque fasi che si può entrare in una relazione matura con gli altri. Così mentre il formando passa attraverso queste cinque momenti, anche il formatore accompagnandolo può attraversare gli stessi passaggi”, ha sottolineato il relatore.
Il Professore Crea è laurato in Psicologia, è psicoterapeuta ed ha conseguito il Dottorato di ricerca in Psicologia Clinica. Egli è membro regolare dell’International Transactional Analysis Association (ITAA) e fa parte dell’Associazione di Logoterapia e Analisi Esistenziale Frankliana (Alaef). Ha scritto diversi libri tra i quali: “Il Segreto della Felicità nella Vita Consacrata”, “Psicologia del Discernimento” e “Crescere con L’analisi Transazionale”.
Spiegando il concetto dell’intelligenza emotiva, il Prof. Crea ha mostrato “che il cervello umano ha due parti: una mente razionale che pensa e una mente emotiva che sente. Questa natura della mente umana, con le sue due parti, ci permette di parlare del concetto di affettività: l’essere umano ha la capacità di pensare sul suo agire, cioè, riflettere sulle azioni, valutarle e prendere le decisioni appropriate. “Sentire e pensare” sono due aspetti interattivi o due facce della medesima medaglia. In fine, l’intelligenza emotiva si referisce alla capacità di comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni”.
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Il Prof. Crea ha ricordato che “l’intelligenza emotiva può essere educata in qualsiasi fase della vita perché il cervello umano è perfettamente adattabile e continua il suo processo di apprendimento praticamente per tutta la vita”.
In conclusione, l'importanza di educare l’intelligenza emotiva è per aiutare a stabilire rapporti ordinati con altri perché lo stato emotivo può interferire nei processi percettivi, mentali e volitivi. In altre parole, le nostre emozioni influenzano come percepiamo la realtà e come facciamo le nostre scelte.
Promosso dal Segretariato Generale per la Formazione dal 2 al 17 settembre nella Casa Generalizia a Roma, il corso di formazione permanente raduna 13 formatori delle tappe del noviziato, teologia e specializzazione, provenienti dall'Africa, dall'America e dall'Europa. Un secondo corso è previsto per settembre 2028. Fanno parte del Segretariato per la Formazione il Consigliere Generale, padre Mathews Odhiambo Owuor e i padri Antonio Rovelli ed Ernesto Viscardi che coordinano i lavori.
* Padre Josephat Mwanake, IMC, Comunità Formativa Porta Pia di Roma.
All’inizio dei lavori nella mattina di sabato 7 settembre, padre Antonio Rovelli ha invitato a pregare per tutti i fratelli e sorelle che stanno vivendo momenti difficili nella loro vita, soprattutto per quelli che stanno soffrendo a causa delle tante forme di dipendenza, tema di riflessione previsto per la giornata nel corso di formazione permanente per i formatori che si svolge a Roma.
Il facilitatore invitato a sviluppare il tema delle dipendenze è stato il missionario della Consolata, padre Enzo Viscardi, laureato in Psicologia nella Università Pontificia Salesiana a Roma e specializzato in psicoterapia. Oltre all’esperienza di missione in Spagna e nella RD Congo, padre Viscardi ha fatto diversi studi sulle dipendenze, ha accompagnato vittime della tratta, comunità d’accoglienza dei bambini non accompagnati e gestione di conflitti nella vita religiosa. Attualmente è il responsabile del progetto Casa Speranza a Biella (Italia) specializzata nell’accogliere e accompagnare religiosi e sacerdoti in difficoltà.
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Padre Enzo ha esordito con distribuendo via internet un test sul tema delle dipendenze. Questo per dimostrare che “le dipendenze sono un problema che si manifesta in forme molto diverse ma il processo che le causa rimane lo stesso. Questo tema è importante perché tutti abbiamo qualche dipendenza, ed essere dipendenti non è sempre negativo. La dipendenza ci porta a una relazione e la relazione fondamentale è la dipendenza da Dio, a cui seguono le relazioni umane. Una relazione diventa un problema quando non è controllabile, quando mi chiude alle altre relazioni”, ha avvertito padre Enzo.
In un'intervista rilasciata al Segretariato per la Comunicazione al termine della giornata, padre Enzo Viscardi ha sottolineato che la dipendenza mette in evidenza la difficolta di gestire alcune problematiche. I formatori sono quindi invitati “a creare un clima di dialogo in cui non ci siano difficoltà da parte del formando per parlare di quelle che sono le problematiche legate ad una possibile futura dipendenza”.
Secondo padre Viscardi, la dipendenza si definisce come una forma patologica caratterizzata dell’uso sbagliato di una sostanza o di un comportamento che porta a una condotta evasiva in cui se presenta il fenomeno del CREVING (abitudine incontrollabile che causa un disagio clinicamente significativo). La vera dipendenza è legata a questo fenomeno e quindi, è qualcosa che a lungo termine diventa incontrollabile.
L'elenco è lungo: sustanze, comportamenti, giochi d'azzardo, dipendenze tecnologiche, shopping online, dipendenze sessuali, alimentari, del lavoro, dipendenze degli esercizi fisici, dipendenze affettive, ecc.
Il processo di dipendenza si manifesta nel delegare a qualcosa (sostanze o altro), o a qualcuno il compito per sfuggire a un problema. I problemi rispetto alle dipendenze sono: senso dell’abbandono, la rabbia, l’ansia, la paura, l’addio, il distacco, il lutto e il fallimento. Tutti questi possono essere i motivi per sviluppare una dipendenza. Dove c’è una dipendenza dietro c’è una problematica.
Padre Enzo Viscardi ha spiegato le caratteristiche per capire queste dinamiche e ha osservato che “la dipendenza è la manifestazione di una situazione mal risolta, è sempre il sintomo de qualcosa d’altro”.
* Padre José Martín Serna, IMC, maestro di novizi a Manaus, Brasile.