“La Terra ha la febbre. E si sente male”, dice Francesco, e chiede “risposte non solo ecologiche, ma anche sociali, economiche e politiche”.

Nel videomessaggio pubblicato oggi 30 agosto con le intenzioni di preghiera per il mese di settembre, periodo che si incrocia con il Tempo del Creato, il Papa invita ciascuno a impegnarsi in prima persona a custodire il pianeta.

L'evocazione della condizione di un vero e proprio malato è quella a cui il Papa fa ricorso per sensibilizzare su un tema diventato pilastro del suo Magistero: la custodia del pianeta. Un'azione che deve vedere ciascuno impegnato "in prima persona".

Pubblichiamo di seguito il Video del Papa con l’intenzione di preghiera per il mese di settembre diffusa attraverso la Rete Mondiale di Preghiera del Papa sul tema “Per il grido della Terra”. Preghiamo perché ciascuno di noi ascolti con il cuore il grido della Terra e delle vittime dei disastri ambientali e della crisi climatica, impegnandosi in prima persona a custodire il mondo che abitiamo.

La Terra ha la febbre

Nel videomessaggio la voce di Francesco si incastra con le immagini uragani, siccità, incendi, maremoti: persone in fuga dalle catastrofi ambientali, migranti ambientali, c'è un bambino che cammina sulle crepe profonde del terreno in cerca di un poco d'acqua. Con le intenzioni di preghiera, Papa Francesco scandisce un forte appello chiedendosi innanzitutto, di fronte alle evidenze, se l'umanità non sia diventata sorda, anestetizzata.

Nel suo videomessaggio, che la Rete Mondiale di Preghiera del Papa ha realizzato questo mese con il sostegno del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Francesco si chiede se “ascoltiamo” il dolore della Terra, “il dolore dei milioni di vittime dei disastri ambientali”, e chiede all’umanità “risposte non solo ecologiche, ma anche sociali, economiche e politiche“.

Le preoccupazioni del Papa sono confermate da studi autorevoli: secondo il Forum Economico Mondiale, i Paesi a basso reddito producono un decimo delle emissioni, ma sono i più colpiti dal cambiamento climatico. Si stima che, entro il 2050, il cambiamento climatico incontrollato costringerà oltre 200 milioni di persone a migrare all’interno dei propri Paesi e spingerà 130 milioni di persone nella povertà.

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“Lotta contro la povertà” e “protezione della natura”, per Francesco, sono due cammini paralleli, che vanno percorsi allo stesso modo: “cambiando le nostre abitudini personali e quelle della nostra comunità”. L’essere umano, vittima della crisi ambientale, può essere dunque anche l’artefice del cambiamento, e le immagini del Video del Papa lo mostrano: dalla gestione dei rifiuti alla mobilità, passando per l’agricoltura e la stessa politica, c’è molto da fare e dipende tutto da noi. Perché il destino dell’uomo e quello della creazione – come ha ribadito Francesco nel suo Pontificato, prima con l’enciclica Laudato si’ (2015) e poi con l’esortazione apostolica Laudate Deum (2023) – non possono essere separati.

Sperare e agire con il Creato

Queste riflessioni sono in linea anche con il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato 2024, il cui tema quest’anno è una riflessione teologica ispirata alla Lettera di San Paolo ai Romani: “Spera e agisci con il creato”. “La salvaguardia del creato è dunque una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio”, dice il Papa nel suo messaggio, e aggiunge: “in gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa storia, c’è soprattutto il suo destino nell’eternità”.

Il Tempo del Creato – un’iniziativa del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che promuove la celebrazione della vita e la protezione della creazione di Dio – inizierà il prossimo 1° settembre e si concluderà il 4 ottobre, giorno della festa di San Francesco d’Assisi, patrono dell’ecologia.

* Con informazioni della Rete Mondiale di Preghiera del Papa.

Messaggio per la ricorrenza mondiale di preghiera del 1° settembre. Francesco denuncia le ingiustizie, gli abusi umani sulla natura e le guerre “fratricide” che uccidono e distruggono. Esorta poi a porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che potrebbe essere utilizzata per “il dominio sull’uomo e sulla natura” invece che per la pace e lo sviluppo

È la speranza la strada che Papa Francesco indica per ritrovare l'armonia con natura nel suo Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato che ricorre il 1° settembre, dedicato al tema scelto per l’edizione 2024 della ricorrenza “Spera e agisci con il creato”. Speranza per non rimanere schiacciati davanti al “male nel mondo”, all’ingiustizia, alle “tante guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente vitale dell’uomo”, e alla “madre terra, violentata e devastata”, perché rende consapevoli del fatto che “tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano impazientemente” al superamento della condizione presente e al ristabilirsi di quella originaria, ossia quella antecedente al peccato di Adamo.

Anche la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione

Pure il creato “è soggetto alla dissoluzione e alla morte, aggravate dagli abusi umani sulla natura”, evidenzia Francesco nel documento, pubblicato oggi 27 giugno, ma anche la “creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”, dunque “nella redenzione di Cristo” si può “contemplare in speranza il legame di solidarietà tra gli esseri uomini e tutte le altre creature”.

La pericolosità del potere umano

È una speranza, sottolinea ancora il Pontefice, da coltivare rendendosi conto dei pericoli che l’uomo può generare, perché, come già ribadito nella Laudate Deum, nonostante i “progressi tecnologici” compiuti, “non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza”. Il potere umano, infatti, è ormai “incontrollato, genera mostri e si ritorce contro noi stessi”. Per tale motivo, afferma Francesco, “oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura” e non a “servizio della pace e dello sviluppo integrale”.

 

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Lo Spirito Santo guida i passi dell’uomo

Bisogna comprendere che “lo Spirito Santo ci accompagna nella vita”, come “hanno capito bene i bambini e le bambine riuniti in Piazza San Pietro per la loro prima Giornata Mondiale”, rimarca il Papa, spiegando che Dio “è Padre amorevole, Figlio amico e redentore di ogni uomo e Spirito Santo che guida i nostri passi sulla via della carità”, perciò obbedire allo Spirito porta l’uomo a cambiare “radicalmente”, ad essere “coltivatore del giardino” e non “predatore”. “La terra è affidata all’uomo, ma resta di Dio. Questo è l’antropocentrismo teologale della tradizione ebraico-cristiana”, chiarisce Francesco, aggiungendo che, invece, “pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria” e che “l’uomo prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico”, in maniera arrogante, “priva” la terra “della grazia di Dio”.

La salvaguardia del creato questione etica e teologica

Ma “oggi, anche grazie alle scoperte della fisica contemporanea, il legame tra materia e spirito” non ci è del tutto ignoto e questo aiuta a comprendere che “la salvaguardia del creato” è “una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio”, fa notare il Papa, intreccio che “risale all’atto d’amore con cui Dio crea l’essere umano in Cristo”, e allora “c’è una motivazione trascendente (teologico-etica) che impegna il cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraverso la destinazione universale dei beni”.

Vivere la speranza nei drammi dell’umanità e nel dolore della natura

Il Messaggio di Francesco invita a vivere concretamente la speranza, perché “l’esistenza del cristiano è vita di fede” che è “operosa nella carità”, mentre attende il “ritorno del Signore nella sua gloria”. E allora questa speranza i credenti devono testimoniarla “dentro i drammi della carne umana sofferente”, “animati da visioni di amore, di fratellanza, di amicizia e di giustizia per tutti”, facendo sì che “la salvezza cristiana” entri “nello spessore del dolore del mondo”, che è quello dell’uomo e della natura, che è il suo “ambiente vitale”. Poiché tale speranza “sa che tutto tende alla gloria di Dio, alla consumazione finale nella sua pace”, anche se nel tempo che scorre “condividiamo dolore e sofferenza”. E se “la creazione intera geme”, ricorda il Papa, resta fiduciosa “in Dio” e si affida a Lui, “in vista della realizzazione del suo disegno, che è gioia, amore e pace nello Spirito Santo”.

Una lettura alternativa della storia

In pratica, “la speranza è la possibilità di rimanere saldi in mezzo alle avversità, di non scoraggiarsi nel tempo delle tribolazioni o davanti alla barbarie umana”, sintetizza Francesco, “è una lettura alternativa della storia e delle vicende umane” che non è “illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l’invisibile”, è “attesa paziente”. In tale attesa, come Gioacchino da Fiore, che “in un tempo di lotte sanguinose, di conflitti tra papato e impero, di crociate, di eresie e di mondanizzazione della Chiesa” ha indicato “l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità universale e alla pace cristiana”, il Papa esorta a quello “spirito di amicizia sociale e di fratellanza universale” proposto nella Fratelli tutti e auspica che “questa armonia tra umani” si estenda “anche al creato” e che ci sia una “responsabilità per un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo”.

L’uomo ristabilisca le relazioni con Dio, gli altri e il cosmo

Per affrontare la realtà attuale, “nell’attesa speranzosa” del ritorno di Cristo, ci viene in aiuto lo Spirito Santo, che “tiene vigile la comunità credente e la istruisce continuamente”, conclude il Papa, ispira “conversione negli stili di vita” affinché venga meno l’“arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura” e ci si prenda “cura degli altri e del creato”. Perché c’è da ristabilire la relazione “con Dio”, quella “con sé stesso e gli altri esseri umani e quella con il cosmo” che “il peccato di Adamo ha distrutto”. “Tutte queste relazioni devono essere, sinergicamente, ristabilite, salvate”, avverte Francesco, poiché “se ne manca una tutto fallisce”.

* Fonte: Vatican News. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

Sei mai stato in un deserto e hai sofferto una sete terribile? Forse no. Oggi non è necessario essere o vivere in un deserto per sapere cosa siano la sete e la crisi idrica. Milioni di persone in tutto il mondo non hanno accesso all'acqua potabile, che è uno dei requisiti essenziali della vita. Tu e io siamo forse tra i pochi fortunati che non devono lottare o fare la fila per questo bene essenziale. Ecco perché forse non ricordiamo che il 22 marzo 2024 è stata proclamata la Giornata Mondiale dell'Acqua.

Naturalmente, la scarsità d'acqua si verifica quando la domanda di acqua potabile in una determinata area è superiore all'offerta. Dato che la disponibilità d'acqua è sinonimo di vita, la mancanza d'acqua non significa solo mancanza di approvvigionamento alimentare sostenibile, ma anche condizioni di vita precarie che non significano solo mancanza di manodopera per la produzione agricola e industriale, ma anche la fine di una società. Infatti, mentre il mondo è alle prese con il problema delle migrazioni, è evidente che la maggior parte delle persone che sono costrette a lasciare la propria terra per cercare nazioni più sicure sono in realtà sono spinte da condizioni climatiche avverse, tra le quali spicca la mancanza di acqua potabile e di acqua per le attività agricole.

Mentre il mondo viene sommerso da guerre senza fine giustificate dalla competizione tra le nazioni, dall'avidità di denaro del commercio di armi e dall'egoismo politico, va notato che presto le guerre saranno combattute per accaparrarsi le sorgenti oppure i bacini di acqua potabile. Mentre i governi più potenti continuano a partecipare alle conferenze internazionali sul cambiamento climatico senza poi fare nulla, il problema della scarsità d'acqua continua a peggiorare al punto che si arriverà alla militarizzazione dei bacini idrici. In realtà, esiste una relazione molto stretta, complessa e intricata tra la gestione sostenibile dell'acqua, la prosperità e la pace.

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Bambini trasportano l'acqua nella regione di Loyangallani, nord del Kenya.  Foto: Jaime C. Patias

Non è difficile capire che i progressi in una dimensione possono avere ripercussioni positive sulle altre e che, di conseguenza, un declino in una dimensione si ripercuote sulle altre in un modo o nell'altro. Secondo il World Water Development Report (WWDR) 2024 delle Nazioni Unite, lo sviluppo e il mantenimento di un futuro idrico sicuro ed equo rafforza la prosperità e la pace per tutti. La relazione sottolinea anche come la povertà e la disuguaglianza, le tensioni sociali e i conflitti possano amplificare l'insicurezza idrica. Il rapporto UNWWR 2024 sarà presentato ufficialmente presso la sede dell'UNESCO a Parigi il 22 marzo 2024, dai copresidenti della campagna per la Giornata mondiale dell'acqua 2024, per conto di UN-Water che sono l'UNESCO e la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite.

Mentre celebriamo la Giornata Mondiale dell'Acqua, e gli organismi competenti fanno la loro parte per sensibilizzare le persone sulla crisi dell'acqua e sulla necessità di utilizzare bene questo bene prezioso, è fondamentale che ognuno di noi si lasci interpellare dalle questioni sollevate da questa importante ricorrenza. Non possiamo dimenticare che anche dal punto di vista spirituale l'acqua ha un significato essenziale. È segno di vita, capacità di ringiovanimento e potere di trasformazione. Ecco perché l'acqua e la sua potenza purificante sono collegate a tante tematiche presenti nelle Sacre Scritture. Quindi, mentre celebriamo questo giorno, come seguaci di Cristo chiamati a essere e vivere come lui, non dobbiamo dimenticare il nostro dovere di aiutare coloro che sono vulnerabili. Almeno, guardando a ciò che Gesù ha fatto ogni volta che si è trovato di fronte a persone a cui mancava qualcosa di essenziale, non dovremmo dimenticare ciò che Lui avrebbe fatto se fosse stato nei nostri panni oggi. Tuttavia, non abbiamo bisogno di immaginare cosa avrebbe fatto il nostro Signore. Possiamo intuire perché.

Il Signore ci ha insegnato, con l'episodio dei cinque pani e dei due pesci (Mt 14, 17-21), che qualsiasi cosa venga presentata a Dio in preghiera, ne risulta un potere di trasformazione. Forse non abbiamo il potere di “moltiplicare” l'acqua, ma di certo abbiamo bisogno che il Signore tocchi il cuore di molte persone che stanno distruggendo le nostre foreste e i nostri bacini idrici, affinché fermino questa follia che rischia di distruggere il Pianeta. Ma soprattutto, nello stesso episodio, Gesù ci ha mostrato come la generosità di singole persone e il loro amore per l'unità della comunità possano trasformare la condizione di molte altre persone. Come il ragazzo che offrì i pochi pani e i pesci, anche noi dobbiamo imparare a condividere le risorse essenziali.

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Questo è quindi un invito per tutti noi, a superare l'egoismo e l'individualismo nella cui logica alcuni individui e potentati economici si sono impossessati di alcuni bacini idrici trasformandoli in proprietà privata per i loro interessi commerciali, lasciando milioni di persone a languire nella sete e nella fame.

Preghiamo per i Missionari della Consolata nel mondo, che nelle loro attività pastorali includono la fornitura di acqua potabile al popolo di Dio, perché nella gente che servano possano ascoltare ogni giorno la richiesta di Gesù: "Ho sete" (Gv 19,28).  Che il Signore aiuti anche noi, affinché attraverso il grido dei poveri, la loro richiesta di amore, comprensione e misericordia, possiamo ascoltare la sua richiesta di Gesù alla Samaritana: "dammi da bere" (Gv 4,7).

* Padre Jonah M. Makau, IMC, Casa Generalizia a Roma, frequenta il corso in Cause dei Santi.

Missione, e cura del Creato, nel cuore del foresta congolese

«Qui davanti alla missione c’è la piccola piantagione di caffè che coltivo con i pigmei. È in piena fioritura, un esercito di api nella gioia e un profumo immenso. Come quello che si fa con il cuore e profuma la nostra vita». Flavio Pante, missionario della Consolata, ci manda le foto degli arbusti nel verde. Considera la natura una preziosa collaboratrice nel lavoro a Bayenga.

Le api ronzanti sui fiori a grappoli sono una benedizione. Per il miele? Quanto al miele, «ancora non ci siamo. I pigmei lo raccolgono in foresta sugli alberi e non pensano agli alveari. Con il tempo, troveremo un apicoltore che ci introduca un po’ alla volta. Ma la funzione di questi insetti è importantissima già di per sé: garantiscono l’impollinazione, delle papaie, degli avocado, di altre piante nutrienti».

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Alcuni Pigmei alle prese con il lavoro agricolo, a Bayenga, Rdc.  Foto: Flavio Pante 

Nell’ottica delle produzioni locali, la piantagione di caffè che qui chiameremmo «a chilometro zero» è una buona idea: «La bevanda serve alla missione, ma anche alla gente del posto. La tostatura è artigianale, su griglie con la brace sotto. Per i bantu il caffè mattutino, senza zucchero (non lo hanno), è normale. Anche i pigmei lo bevono, ma meno; forse per loro è un’usanza acquisita».

Padre Flavio precisa che le piantagioni commerciali in zona sono sparite: «Con tutte le guerre e invasioni degli ultimi decenni si è verificata una situazione di instabilità e insicurezza. Così gli investitori, soprattutto greci e ciprioti, che tenevano le piantagioni con la collaborazione di congolesi, hanno pensato che questo settore non fosse più sicuro. Aggiungiamo la svalutazione e altri fattori economici. Le piantagioni (di caffè e altro) non più curate, sono state “conquistate” dalla foresta. E le strade, cessato il traffico dei camion, si sono ristrette a piste».

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Bambini Pigmei... con le loro bambole. Foto Flavio Pante

Quale è il rapporto dei pigmei, popolo della foresta, con gli alberi, che padre Flavio chiama «verdi fratelli silenziosi che regalano frutti e ombra»? Ecco: «I pigmei non piantano gli alberi, non è nella loro cultura; è la foresta stessa che si rigenera. E allora, è importante avviarli (con un compenso per quanto piccolo) a queste attività. Per esempio, un vivaio in cui pianti i semi di caffè, poi li trapianti, e quando crescono gli arbusti devi togliere l’erba sottostante – sennò le piante ingialliscono e non producono. Coinvolgiamo le persone in tutte le fasi, nell’ottica della pedagogia del fare».

Fra le attività della missione, con le popolazioni bantu e i pigmei, padre Flavio spiega di aver introdotto un’altra pratica: «Procurare loro piccole piantine o semi, di papaie, di avocado che piantano non lontano dalla loro capanna per avere con il tempo i frutti. Anche solo due o tre alberi per famiglia. Ma è l’inizio di un cammino che magari ci porterà in futuro ad avere un frutteto in comune».

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Piante di caffè piantate dai pigmei di Bayenga. In questo periodo sono in piena fioritura.

Padre Flavio illustra i numerosi altri servizi dei «grandi e silenziosi fratelli verdi»: «Per noi, almeno nella mia zona, dove non c’è la segnaletica, gli alberi secolari sono un riferimento negli spostamenti. C’è anche un’altra funzione. La nostra zona è molto soggetta a fulmini. Ebbene sono questi grandi alberi a proteggerci, sono loro che pagano e si bruciano sotto i fulmini…» Non solo: «Attenuano la forza del vento – qui la pioggia viene sempre portata dal vento – proteggendo i tetti delle nostre case e capanne. Ci aiutano veramente». Infine, «nella foresta i tronchi caduti possono fare da ponte sui torrenti tumultuosi e fangosi».

Marinella Correggia. Pubblicato nel sito  www.rivistamissioniconsolata.it

Oggi la questione ecologica è al centro degli interessi di Papa Francesco e della Chiesa che desidera impegnarsi nella cura della Casa Comune, insieme a molte organizzazioni e persone che condividono le stesse preoccupazioni e speranze.

A conferma di questa preoccupazione, nel mese di ottobre 2019 si è tenuta in Vaticano l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Pan-Amazzonia per discutere di “Nuovi percorsi per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. Uno dei macro temi di questo Sinodo è stata la questione dell’ecologia. La preoccupazione per il presente e il futuro del pianeta, per il cambiamento climatico, per la crisi socio-ambientale, era comune a tutti i partecipanti nel Sinodo. Questa preoccupazione è stata alimentata durante il lungo processo di ascolto degli appelli degli abitanti dell’Amazzonia e riguarda l’intera umanità: è stato ripetuto in vari contesti che il grido della Terra è lo stesso grido dei popoli, degli impoveriti e degli sfruttati.

Papa Francesco, di fronte ai rappresentanti di vari popoli indigeni riuniti a Puerto Maldonado (Perù) nel gennaio 2018, aveva detto “Mai come oggi i popoli indigeni e i loro territori sono stati minacciati”. 

Questa espressione nasce dalla consapevolezza che l’Amazzonia - così come altri biomi - è minacciata da un’ideologia che considera il territorio come un magazzino di risorse da sfruttare ad ogni costo, ignorando la vita degli esseri che lo abitano. Sulla base di questa ideologia - che preoccupa la Chiesa e molti agenti della società civile - l’estrazione di risorse forestali, minerarie ed energetiche viene illusoriamente presentata come una ricetta per risolvere “problemi economici”, “rimediare alla disoccupazione” o accelerare la “crescita economica” e il Prodotto Interno Lordo di una nazione.

Il modello di sfruttamento selvaggio che vediamo nel territorio amazzonico prende la forma di deforestazione a favore di un inefficiente allevamento del bestiame, l’irrazionale esplorazione mineraria e petrolifera, i megaprogetti per la produzione di energia insostenibile e molto altro ancora. Questi progetti, spesso faraonici e finalizzati ad aumentare le esportazioni di materie prime, ignorano la devastazione dei territori e gli impatti sociali, come lo spostamento forzato della popolazione e l’aumento della violenza e della criminalità.

In alternativa a questa prospettiva di saccheggio delle risorse, riconosciamo che l’Amazzonia è un territorio abitato e garantisce l’esistenza di molte forme di vita: è parte della creazione di Dio. Fa parte della “nostra casa comune [che] può essere paragonata a volte ad una sorella, con cui condividiamo l’esistenza, a volte ad una madre bella, che ci accoglie tra le sue braccia” (LS, n.1). Seguendo un’intuizione di Papa Francesco, la foresta amazzonica è stata definita come il “cuore biologico di una Terra sempre più minacciata” (DF, n.2) e definirla come “cuore biologico” esprime l’influenza di questo bioma sul ciclo dell’acqua del continente americano e sui movimenti del vento, il suo contributo essenziale alla regolazione del clima planetario, la ricchezza di biodiversità (1/3 del patrimonio genetico del pianeta) e la grande diversità sociale (285 popoli indigeni che parlano 240 lingue diverse) che conserva.

Ecologia integrale: cura della casa comune

La Chiesa non può rimanere indifferente a tutto ciò che riguarda la vita. Siamo quindi chiamati a una “conversione ecologica”, ispirata alla proposta dell’ecologia integrale. In questo cammino di conversione è fruttuoso instaurare un dialogo di conoscenza e saggezza con altri popoli e con i poveri, cercando nuove risposte per affrontare le sfide più urgenti e per promuovere un modello di sviluppo giusto e solidale.

Quando parliamo di ecologia integrale -un concetto a cui Papa Francesco fa spesso riferimento e che spiega nell’Enciclica Laudato Si’- intendiamo il modo corretto di stabilire relazioni e di prenderci cura della Casa comune con tutti i suoi abitanti. È l’unica strada possibile per la vita. Il concetto di “ecologia integrale” ci mette nella condizione di creature che contemplano la ricchezza e la fragilità della creazione, come fece il poverello di Assisi (cfr. LS, n. 76, 85, 214). Nel considerare l’“ecologia integrale” abbiamo come principio fondamentale la ricerca del bene comune nel presente, ma anche per il futuro, perché il mondo in cui viviamo ospiterà anche le generazioni future.

La promozione del bene comune non contrappone la difesa dell’ambiente alla promozione dell’umanità, ma considera tutte le dimensioni della vita, riconoscendo che, a partire da una sana spiritualità, è necessario stabilire relazioni armoniose con il creato, coltivare stili di vita di felice sobrietà (LS, n.224), promuovere gesti quotidiani che evitino il consumismo, ma che valorizzino una serena attenzione a tutte le forme di vita. .

La conversione ecologica: nuove relazioni

Per sottolineare la conversione ecologica, come cristiani possiamo accogliere l’invito contenuto nel Documento finale del Sinodo per l’Amazzonia: prendersi cura della nostra Casa comune e dei diritti dei suoi abitanti è un’esigenza di fede (DF, n.70); siamo custodi dell’opera di Dio, riconosciamo il “peccato ecologico” come un’azione contro Dio, il nostro prossimo, la comunità e l’ambiente (DF, n.82).

Il Sinodo è stato - ma continua ad essere nella sua implementazione - un “camminare insieme” e un ascoltare: sentiamo le grida che vengono dal territorio. L’Amazzonia deve essere considerata un argomento che merita di essere ascoltato. Poi, ascoltiamo altri modelli e concetti di vita buona, altri progetti che rispettano tutto il creato. Il Documento finale ci invita a “disimparare”, “imparare” e “reimparare” (DF, n.81) per mettere in discussione modelli consolidati ma problematici. Dobbiamo interrogarci sull’impatto di ogni nostra azione sui nostri fratelli, sui poveri, sugli altri, sulle generazioni future, sull’ambiente e sulle varie forme di vita. Dobbiamo chiederci se ciò che facciamo ci rende schiavi o se ci rende davvero liberi di vivere in serena sobrietà.

Per Papa Francesco, la crisi ecologica è una chiamata a una profonda conversione interiore che scuote i pii cristiani, i quali “con il pretesto di un realismo pragmatico spesso rifuggono dalla preoccupazione per l’ambiente” (LS, n. 217). La “conversione ecologica” a cui ci invita l’Enciclica Laudado Si’ implica “lasciare che tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù emergano nel nostro rapporto con il mondo circostante”, poiché “vivere la nostra vocazione di amministratori dell’opera di Dio non è qualcosa di opzionale o un aspetto secondario dell’esperienza cristiana, ma una parte essenziale di un’esistenza virtuosa” (LS, n. 217).

L’appello alla conversione ecologica diventa, nell’esortazione apostolica Querida Amazónia, la descrizione di un sogno ecologico. 

Lungi dall’essere un sogno ad occhi aperti, la visione onirica di Papa Francesco immagina una Chiesa che ha a cuore la stretta relazione degli esseri umani con la natura e valorizza la “saggezza dei popoli nativi dell’Amazzonia [che] ‘ispira la cura e il rispetto per la creazione, con una chiara consapevolezza dei suoi limiti, vietandone l’abuso. Abusare della natura significa abusare dei nostri antenati, dei nostri fratelli e sorelle, della creazione e del Creatore, ipotecando il futuro’” (QA, n.42). La cura della nostra Casa Comune richiede la combinazione di saggezza ancestrale e conoscenze tecniche (QA, n.51). 

Nella costruzione di questi ponti tra le conoscenze, forse i missionari che sono vicini a molti fratelli e sorelle di culture diverse possono contribuire in modo speciale. Per esempio, imparando insieme a queste persone a non considerare la natura “come qualcosa di separato da noi o come una semplice cornice per la nostra vita”. Siamo inclusi in essa, ne facciamo parte e ci compenetriamo in essa” (LS, n. 139).

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Dalla “formazione dell’ambiente” all’ecologia integrale

Nel pensiero del Fondatore e dei primi missionari - come emerge dall’abbondante materiale relativo ai primi anni delle missioni - era chiaro che l’evangelizzazione non poteva essere dissociata dalla “formazione dell’ambiente”. Dopo alcuni anni di lavoro apostolico in Kenya, il decreto di lode della Sacra Congregazione per i Religiosi (28/12/1909) sottolineava come i missionari dell’Istituto si fossero distinti per il loro impegno nella vita del popolo (Lettere V, p. 304s). Quel decreto diede molta gioia e soddisfazione al Fondatore, che vi lesse l’approvazione del metodo missionario studiato e attuato insieme ai suoi figli. Oggi, a distanza di più di un secolo, i termini in cui viene espressa e le idee alla base di quel testo sembrano naturalmente superati, possono urtare la sensibilità e suscitare critiche legittime.

L’azione missionaria, nella sua dimensione “umanitaria” - in mezzo a critiche, crisi e maturazioni - ha adottato nuove teorie e assunto pratiche diverse. I missionari, oltre a essere “portatori” del Vangelo, sono stati considerati anche come fautori di cambiamenti nella vita dei popoli. Questa attività può essere espressa con alcune parole chiave, emblematiche della sensibilità dei diversi tempi: “civiltà”, che ha lasciato il posto alla “promozione umana”, modernizzata nell’idea di “sviluppo”, oggi troppo segnata da un’ideologia che cerca di imporre lo stesso modello globale a tutte le società. 

Per assumere una posizione positiva, facendo nostre le parole di Papa Francesco, possiamo dire che, all’interno della Chiesa, anche noi diventiamo promotori di una “ecologia integrale”. Poiché non possiamo rimanere indifferenti a tutto ciò che riguarda la vita, siamo chiamati a una “conversione ecologica”, ispirata alla proposta dell’“ecologia integrale”.

In questo cammino di conversione, è utile instaurare un dialogo con la saggezza di altri popoli e con i poveri, cercando nuove risposte per affrontare le sfide più urgenti e promuovere un modello di vita giusto, solidale e sostenibile. Il contributo dei popoli indigeni alla cura del creato è ampiamente riconosciuto nei documenti ecclesiali redatti nel processo del Sinodo sull’Amazzonia, in cui si osserva che “la ricerca della vita in abbondanza da parte dei popoli amazzonici si concretizza in quello che essi chiamano ‘vivere bene’, che si realizza pienamente nelle Beatitudini. Si tratta di vivere in armonia con se stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’Essere Supremo, perché esiste un’intercomunicazione in tutto il cosmo” (DF, n.9. Cfr. LS, n.149; IL, n.49s; QA, n.42).

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Chiuso in Colombia il vertice dell'Onu sulla biodiversità (Cop16) Era bello il titolo assegnato alla sedicesima Conferenza sulla biodiversità tenutasi a...

Un'esperienza personale

06-11-2024 I missionari dicono

Un'esperienza personale

Ricordo con piacere le diverse esperienze vissute nel noviziato. Una tra le principali è quella che mi mise in contatto...

Mons. Lisandro Rivas è il nuovo vescovo di San Cristóbal de Venezuela

03-11-2024 Missione Oggi

Mons. Lisandro Rivas è il nuovo vescovo di San Cristóbal de Venezuela

Il Papa Francesco ha nominato il missionario della Consolata, mons. Lisandro Alirio Rivas Durán, finora vescovo ausiliare dell'arcidiocesi Metropolitana di...

Papa: “sogno una comunicazione che favorisca la pace e accenda i riflettori sugli ultimi”

02-11-2024 Missione Oggi

Papa: “sogno una comunicazione che favorisca la pace e accenda i riflettori sugli ultimi”

“Permettetemi di raccontarvi il mio sogno”, ha detto il Papa ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Comunicazione, ricevuti...

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