Padre Sergio Tesio, Missionario della Consolata piemontese, nato a Moretta (Cuneo) nel 1947, fra pochi giorni celebrerà 50 anni di ordinazione sacerdotale. Era il 9 settembre del 1973 quando venne ordinato da Mons. Carlo Re e ricevette la prima destinazione missionaria per il Venezuela dove giunse nel 1978. Oggi, dopo essere passato anche dalla Colombia e dalla Spagna è in Italia, nella comunità dei Missionari della Consolata di Olbia. Pensando a questi cinquant’anni, ci lascia queste semplici riflessioni.
Mi sono sentito felice e realizzato nelle missioni del Venezuela e della Colombia dove ho lavorato: gli agricoltori delle Ande (La Puerta), gli Afroamericani di Barlovento e di Cartagena, gli indigeni della Guajira sono stati i miei compagni di viaggio. Ho lasciato tra queste popolazioni un pezzo del mio cuore.
Queste persone sempre mi hanno considerato come parte della loro comunità e della loro famiglia. Io mi sono sentito come un figlio e sono sempre stato bene fra di loro... tra queste persone umili e semplici ho sperimentato un incredibile ambiente di solidarietà, ospitalità e semplicità: condividono il poco che hanno e non manca mai un sorriso, una parola o un aiuto. Mi è costato di più il viaggio di ritorno in Europa che quello di andata in Venezuela.
Vivere la missione significa vivere la fraternità tra noi e con la gente del luogo, condividere il dono della fede e della vita; nel nostro impegno mai dobbiamo lasciare fuori la comunità e i poveri che sono sempre i protagonisti.
Io sono riconoscente al Signore per il dono della vocazione missionaria e per tutte le esperienze vissute fino ad oggi: è un qualcosa che fa star bene e rende felice la tua vita. certamente non sono mancate delle difficoltà e queste sono un po’ un prezzo da pagare, ma anche quelle ti mantengono sveglio, ti fanno riflettere, rompono l’abitudine del “si è sempre fatto così”. In questo modo continui a sperimentare come Dio continua a seminare germi di speranza e di consolazione.
Oggi sto vivendo la mia consacrazione missionaria in Italia. Il missionario che ritorna lo fa per ricordare alla Chiesa che non è chiesa se non sente e vive la scintilla della missione; per invitare tutti, credenti e non credenti, a fare del mondo la casa dell’umanità, la casa comune, la famiglia universale dei figli di Dio; per raccontare, in modo particolare ai giovani che vale la pena spendersi per gli altri. È un programma stupendo.
Voglio offrire cinque semplici consigli a colui che desidera vivere la vita cristiana in stile missionario:
1. Cerca di avere un cuore grande, come quello di Gesù: un cuore che abbraccia chi viene da fuori, il diverso, il migrante, il lontano; un cuore che valorizza chi è avanti negli anni e ha speso le sue forze per il bene comune e adesso magari ha bisogno del tuo aiuto.
2. Mantieniti informato su ciò che capita vicino e lontano da te. Leggi e sostieni la stampa missionaria, le riviste che ti offrono notizie di prima mano da un mondo solo apparentemente lontano. Dobbiamo vincere l’indifferenza e mai applicare il proverbio “occhio che non vede, cuore che non sente”.
3. Fai tuo uno stile di vita fuori serie, austero e sobrio, rispettando il creato, la casa comune, la nostra terra, perché sprecare è rubare.
4. Fai parte e sostieni quelle organizzazioni, come Caritas e Medici senza frontiere, che promuovono la dignità delle persone e il bene comune. Ricorda che l’unione fa la forza.
5. Interrogati sul tu futuro. Tante donne e uomini si sentono felici e realizzati nella vita cristiana e nell’impegno missionario... non puoi esserlo anche tu?
Come avete potuto vedere è un po’ che non scrivo; sono più concentrato sulla comprensione di questa nuova realtà. Non è stato facile trasferirsi dalla Costa d'Avorio al Messico e non è stato facile lasciare San Antonio Juanacaxtle e venire a Tuxtla.
Mi sento un po’ addosso la “sindrome dell'impostore” perché mi sento come se avessi declassato il mio impegno missionario. Questa realtà è molto diversa: la vita missionaria è meno aspra, anche se poi le sfide missionarie siano molto presenti. La mia qualità di vita è migliorata, non c’è più la malaria e io mi sento in forma (nonostante gli anni che passano).
Attualmente sono molto concentrato sui giovani della parrocchia e sull'ascolto in chiave sinodale di tutte le persone che chiedono accompagnamento.
Sto creando legami che mi avvicinano alle periferie esistenziali; sto toccando da vicino tanti drammi quotidiani, tanti itinerari storici stroncati da scelte sbagliate o delusioni inaspettate. Allo stesso tempo vedo che molte persone perdono l'opportunità di lasciarsi aiutare: ognuno di noi si costruisce la propria storia di salvezza.
Negli ultimo tre mesi sono stato particolarmente vicino alla nostra comunità indigena Tzeltal: un paio di domeniche al mese ci vado e creo anche dei legami, dando spazio a loro che sono sempre stati esclusi e ignorati.
La promozione umana della nostra presenza passa attraverso un dispensario, un'équipe di psicologi e tanatologi, aiuti economici a persone in difficoltà, aiuti per l'educazione dei bambini di famiglie in difficoltà, formazione di gruppi e animatori parrocchiali.
Quello che resta forse un po’ in sospeso è l'animazione vocazionale: mi hanno mandato a Tuxtla apposta per questo ma non si trovano giovani con queste preoccupazioni; c'è chi vuole essere sacerdote diocesano ma essere missionari ad gentes è difficile. La terra, la famiglia e anche solo l’alimentazione hanno molto peso esistenziale nelle loro opzioni. È vero che la chiamata missionaria è una grazia e una vocazione, ma ciò non mi impedisce di sentire che mi sostengo maggiormente dove ci sono oasi (come i giovani, l’ascolto in chiave sinodale, le periferie esistenziali, i popoli originari e la promozione umana) che dove c’è l'aridità (le vocazioni e l’animazione missionaria della chiesa locale).
Altri temi continuano ad essere assenti dal mio quotidiano e diventano una sfida alla mia missione: la costruzione della pace in una realtà così violenta; le alternative all'alcool e alla droga così diffuse in tante famiglie, il silenzio ecologico nella pastorale ordinaria. Sono attività per adesso in sospeso.
Il nuovo itinerario che si apre è quello della collaborazione con le persone che migrano. Il Chiapas è per loro una porta e un luogo di passaggio. L'obiettivo sono gli Stati Uniti o, se ciò non è possibile, Città del Messico, Guadalajara, Monterrey... Mi sto informando sulle possibilità che il Chiapas ci darebbe per avere una presenza più significativa in quest'area: è una realtà che ci interpella soprattutto come missionari della Consolata.
Per il resto sto bene, sono sereno e ringrazio Dio ogni giorno perché mi offre la possibilità di essere al servizio del suo Regno. Un servizio che ha senso malgrado la quantità di formalismi liturgici, strutture ecclesiali anchilosate, parrocchia stagnanti e una realtà clericalizzata, rigida e sacramentalista.
È l'acqua nella quale bisogna nuotare controcorrente, seguendo la spiritualità della trota. Vi ringrazio per il vostro sostegno, la vostra preghiera e le vostre preoccupazioni. È bello sapere che ci siete sempre. This is the way.
* Ramón Lázaro Esnaola è Missionario della Consolata e lavora in Messico
Domani, 19 gennaio, P. Serafim Marques celebra 80 anni di professione religiosa. In questo giorno del 1943 emise la sua prima Professione, non come membro dell'IMC, ma come Fratello Marista in Brasile.
In piena adolescenza, all'età di 13 anni, il giovane Serafim era stato "pescato" dai Fratelli Maristi che lo portarono a Tui, in Spagna, e da lì in Brasile. Ha studiato al Collegio Marista di Fortaleza, dove ha completato i suoi studi con la laurea in matematica. Ha continuato nella stessa scuola come insegnante e preside. Era felice di quella vocazione perché gli dava la possibilità di incontrarsi con i giovani e le loro famiglie. Ha mostrato grande disinvoltura e dedizione in questo apostolato. Si sentiva realizzato.
Dopo alcuni anni di esperienza, tuttavia, ha iniziato a notare che gli mancava qualcosa di molto importante. Gli sembrava che se fosse stato sacerdote avrebbe potuto essere ancora più utile.
Pensò, si consigliò e decise di avanzare per il sacerdozio. Ma come e dove? I Maristi, come Congregazione, sono religiosi fratelli e non sacerdoti.
Si ricordò poi che suo fratello minore Jaime era missionario della Consolata, studiava allora a Roma ed era già sacerdote. Approfittò del primo viaggio in Europa e andò a Roma per parlargli delle sue intenzioni. Correva l'anno 1959. Questa visita è stata l'ultima spinta per prendere una decisione.
Foto dei due fratelli: il marista e il missionario della Consolata
Con l'approvazione dei Superiori dei Fratelli Maristi e dei Missionari della Consolata fece il passo decisivo. È ritornato in Portogallo per unirsi all'IMC.
Il 23 febbraio 1968 ha emesso la Professione Perpetua nell’IMC a Bedizzole e un anno dopo, il 29 marzo 1969, è stato ordinato sacerdote a Fátima. Così il suo sogno si è realizzato! Infine, poté dedicarsi più profondamente al servizio della Chiesa e della Missione. Il suo campo preferito era la pastorale giovanile, l'animazione vocazionale, la famiglia.
Nei primi anni di sacerdozio lavorò in Portogallo. Fu maestro in alcune scuole e collegi, confessore nel Santuario, infine sacerdote disponibile per tutto ciò che era necessario. Tornò ancora per qualche tempo in Brasile per lavorare alle opere della Consolata, e tornato definitivamente in Portogallo fu assegnato nella comunità di Fatima.
Vale la pena menzionare un problema che ha afflitto P. Serafim per tutta la sua vita. Non riuscì mai a dimenticare i suoi tempi di Marista. Ne sentiva tanta nostalgia. Come Marista aveva creato un mondo intorno a sé. Ma ora era missionario della Consolata ed era molto felice e realizzato anche in questa vocazione. "Mi sento metà Marista e metà di Consolata; o meglio, sono tutto Marista e tutto della Consolata", diceva lui. Due vocazioni annidate nel suo cuore, senza che l’una impedisse l'altra.
Nel corso degli anni, ora si avvicina ai 98, la sua salute è peggiorata. E il suo più grande dolore ora è quello di non essere in grado di continuare la sua intensa attività. Solo alcune confessioni. Oltre a questo, passa il suo tempo nel silenzio e preghiera.
Sereno e felice con i suoi quasi 98 anni
Gode ancora di grande simpatia da parte delle persone che ha incontrato nel corso della sua vita. È sereno e dice sempre che ora quello che vuole è che il Signore lo venga a prendere, dal momento che non può più lavorare, e anche perché vorrebbe non essere di peso a nessuno.
Celebrando con lui gli 80 anni di professione religiosa ringraziamo Dio per una vita così ricca. Possa il tempo che gli rimane essere una fervida continuazione nella gioia e nella fedeltà al suo sogno che ha saputo realizzare pienamente.
La comunità dei Missionari della Consolata di Águas Santas (Portogallo) ha informato che sabato mattina, 14 gennaio 2023, è deceduto padre Casimiro Torres. Aveva 56 anni di vita dei quali 26 vissuti come sacerdote e Missionario della Consolata.
Poco più di un anno fa gli era stato diagnosticato un cancro e le prime cure le aveva ricevute in Tanzania dove era stato in missione per 20 dei suoi 26 anni di sacerdozio. Poi il 6 giugno dell’anno scorso era tornato in Portogallo dove è stato immediatamente ricoverato nell’ospedale di São João nella città di Porto per una degenza durata vari mesi. Il 22 novembre è tornato nella sua comunità di Águas Santas –diceva lui che ne sentiva la mancanza– e da quel momento, anche se la malattia avanzava minando inesorabilmente sempre più la sua salute, ha cercato di vivere normalmente i suoi impegni sacerdotali presiedendo l’eucaristia nella cappella pubblica della comunità fino a pochi giorni prima di morire.
Nato a São Mamede do Coronado il 2 luglio 1966, padre Casimiro Nuno Oliveira Torres aveva 56 anni dei quali 31 come Missionario della Consolata e 26 come sacerdote. Nel 1991, a Vittorio Veneto, aveva emesso la sua prima professione religiosa e fino al 1996 studiato teologia nel seminario teologico di Nairobi (Kenya). Il giorno 6 ottobre del 1996, nel suo paese natale, era stato ordinato sacerdote da Mons. José Augusto Pedreira e in seguito i primi anni del suo ministero sacerdotale li aveva vissuti nella comunità di Águas Santas come animatore missionario.
La sua Tanzania, che da allora ha sempre avuto nel cuore, l’ha raggiunta nel 2002. Dopo un periodo dedicato a imparare la lingua ha svolto attività pastorali a Sanza (fino al 2009), a Makambako (fino al 2011) e a Ubungu (fino al 2020). Nel 2020 è stato nominato superiore della comunità di Mjimwema dove è rimasto fino a quando, già malato, è dovuto rientrare in Portogallo.
La maggior parte della sua vita religiosa a missionaria padre Casimiro l’ha quindi trascorsa in Africa, nella sua amata Tanzania dove ha speso una parte importante della sua vita. In questi anni ha anche ospitato e animato molti giovani e gruppi di volontariato missionario, provenienti soprattutto dal Portogallo e dall'Europa.
In comunione fraterna con la sua famiglia, con i Missionari della Consolata e con le comunità cristiane alle quali ha annunciato il vangelo preghiamo il Signore per il suo eterno riposo.
(Dall'omilia di p. Gianni Treglia, Superiore Provinciale)
Carissimo padre Casimiro, carissimo amico e fratello, tu hai saputo accogliere l'amore di Dio, accogliendo Dio stesso negli ultimi che hai sempre servito. Il mistero del povero è stato il tuo stesso mistero, come Gesù. Anche la croce hai portato in questi anni di sofferenza, senza lamentarti, accogliendo la volontà di Dio, donando tutta la vita, fino alla fine. Tre sono le caratteristiche che ho sempre visto e ammirato in te, fin dal tempo degli studi quando ci siamo conosciuti.
SILENZIOSO. Non eri un uomo dalle molte parole, piuttosto eri propenso all'ascolto. Nè mai ricordo che tu abbia alzato la voce per gridare o sgridare qualcuno. Eri piuttosto un uomo della presenza, del fare, concreto. In te riconosco il figlio del Beato Giuseppe Allamano, nostro fondatore, quando diceva che "il bene va fatto bene, e senza rumore".
UMILE. Mai hai preteso qualcosa per te stesso. Hai sempre ceduto il passo a qualcun altro: ai confratelli che con te hanno vissuto, alla gente che tanto amavi. Apparire davanti agli altri e più degli altri non era una faccenda che ti riguardasse. Come Maria, per te e per noi la Consolata, umile serva del Signore, hai semplicemente detto il tuo sì.
ULTIMO. Non parlo di una gara, né di graduatorie dove c'è chi arriva primo e in fondo chi arriva ultimo. No! Non solo hai servito gli ultimi e per essi hai speso tutto te stesso, tutta la tua vita, senza risparmi. Con gli ultimi ti sei fatto ultimo, uno di loro. Ho ancora negli occhi quando ogni giorno ponevi il tuo banchetto nella veranda della missione di Sanza, davanti a tutti, così da vincere la timidezza (spesso proprio perché si sente troppo povero, troppo ultimo, troppo indegno) di chi non osa varcare le barriere di un ufficio. Ultimo con gli ultimi, vero missionario secondo il cuore di Dio.
Carissimo Casimiro, mentre oggi preghiamo per te, accompagnandoti in questo ultimo tratto di strada, ringraziamo il Signore perché ci ha fatto dono della tua vita. La testimonianza della tua vita non solo è Vangelo vissuto, ma per tutti noi rimante Vangelo vivente. La testimonianza della tua vita sia consolazione per quanti ti hanno conosciuto, i tuoi familiari innanzitutto, tua mamma, tuo fratello con la sua famiglia, e tutti i missionari della Consolata, del Portogallo, dell'Europa tutta e, in particolare, del Tanzania.
La parrocchia di San Giovanni Battista, a Mauá (San Paolo) aveva una veste davvero festosa la mattina del cinque novembre con l'ordinazione sacerdotale di un figlio di questa terra, il missionario della Consolata Thiago Jacinto da Silva.
"È la realizzazione di un sogno. Un sogno di Dio che, insieme al mio e a quello di molti altri, si realizza oggi", ha espresso il neo sacerdote Thiago, che ha dichiarato di voler "rimanere unito all’amore di Dio e fare sempre la sua volontà". Nei prossimi mesi, il neo sacerdote sarà inviato al suo primo incarico missionario, che sarà a Taiwan, nel continente asiatico.
Pedro Carlos Cipollini, vescovo di Santo André, e ha potuto comprovare la partecipazione di decine di sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che di parenti, amici, religiosi e laici provenienti dalla regione di San Paolo, Curitiba, Argentina e persino dal Kenya.
Nella sua omelia, il vescovo Pedro ha ricordato che il sì del nuovo sacerdote è una risposta all'amore di Dio che sceglie, unge e invia. "Tu, Thiago, sei stato scelto, unto e inviato in missione da Gesù Cristo, attraverso la Chiesa. Ricordiamo che la missione deve essere esercitata alla maniera di Gesù, il servo di Yahweh, verso le "periferie esistenziali", come esorta Papa Francesco: andare non nei discorsi, ma nella pratica".
Sottolineando l'esempio del Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, il Vescovo ha invitato padre Thiago a sperimentare la "gioia di essere salvati" e a desiderare di comunicare questa salvezza a tutti i popoli, cercando sempre di essere "prima santi, poi missionari". "Diventa allora un continuatore del suo carisma di missionario, apostolo della missione, un uomo inquieto e resistente, che si è fatto tutto a tutti, obbediente e caritatevole, avendo sempre presenti i servizi di cui la missione ha bisogno”.
Seguendo l'esempio di Gesù, il Buon Pastore, che ha vissuto l'amore e il servizio, lancia questa sfida per la vita del nuovo sacerdote: "servire è la parola-chiave che apre al sacerdote le porte della pastorale".
Il nuovo sacerdote Thiago Jacinto da Silva IMC è nato l'8 settembre 1993 a Santo André - SP, Brasile. È figlio di José Lourival da Silva e Eunice Jacinto da Silva e fratello di Yasmim. Ha sempre partecipato attivamente alla vita della parrocchia di São João Batista a Mauá-SP.
Nel 2010 ha iniziato il discernimento vocazionale con i Missionari della Consolata e ha svolto la formazione iniziale a Curitiba-PR, nell'anno Propedeutico e studiando Filosofia. Nel 2016 ha vissuto l'anno di noviziato a Martín Coronado, Buenos Aires (Argentina), dove ha professato i primi voti come Missionario della Consolata il 29 dicembre dello stesso anno.
È stato inviato in Kenya per studiare teologia a Nairobi dal 2017 al 2021. e ha svolto per un anno di servizio missionario a Wamba, nel nord del Paese, presso l'etnia Samburu. Nei prossimi mesi il neo sacerdote partirà per l'Italia, dove si preparerà per essere inviato al suo primo incarico missionario, che sarà Taiwan, nel continente asiatico.
* Padre Julio Caldeira è missionario della Consolata e coordinatore della comunicazione della Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam).