Si conclude la GMG

  • Nov 30, 2023
  • Pubblicato in Notizie
“La gioia è missionaria”

Sabato sera, 5 agosto, si è calcolato che circa un milione e mezzo di giovani erano con Papa Francesco nel Parco del Tejo (Lisbona, Portogallo) durante la Veglia che ha chiuso il penultimo giorno della GMG. Dopo diversi spettacoli e alcune testimonianze, il papa ha preso la parola e, senza leggere, come ha fatto in varie occasioni durante questo viaggio, si è diretto ai giovani presenti. La sua riflessione ci ha riportati al motto di questa GMG "Maria si alzò e partì senza indugio" (Lc 1,39)

“Perché Maria si è alzata ed è andata in fretta a trovare sua cugina? Elisabetta era incinta, ma anche Maria lo era e quindi perché si è messa in viaggio in quelle condizioni? Maria compie un gesto non richiesto e non obbligato –commenta papa Francesco–, lo fa e si mette in viaggio perché ama”.

Maria era piena di gioia, sia per la gravidanza di sua cugina Elisabetta che per la sua, e “la gioia è missionaria"; la gioia nasce dentro di noi ma è da portare, dev'essere contagiosa. "Voi siete venuti fin qui per incontrarvi –continua papa Francesco–, per cercare il messaggio di Cristo, per scoprire il senso bello della vita; quello che avete trovato, lo terrete solo per voi o lo porterete agli altri? Guardate la vostra storia e cercate di riconoscere ciò che vi ha portato alla gioia. Tutti noi, se ci guardiamo indietro in modo onesto, riconosceremo persone che sono state un raggio di luce per la nostra vita: genitori, nonni, amici, sacerdoti, religiosi, catechisti, animatori, insegnanti. Loro sono le radici della nostra gioia. Da questo deve sorgere l’appello e l’urgenza di essere noi stessi, per gli altri, le radici della gioia”.

Concludendo il Santo Padre ha lasciato ai giovani un semplice orientamento per il loro impegno missionario: camminare con una meta chiara; camminare vincendo la paura di cadere e se si cade disposti a rialzarci; allenarsi ogni giorno della vita per questo cammino perché “nella vita nulla è gratuito e tutto si paga... ma c’è una cosa che è gratuita e sicura: l’amore di Dio. Con questo amore andiamo avanti senza paura e camminiamo nella speranza”.

“Non abbiate paura”

Il giorno dopo, festa della Trasfigurazione, nella messa di invio che chiudeva la GMG 2023, papa Francesco ha invitato tutti a chiedersi quali sono stati i frutti di questi tre giorni. E facendo riferimiento al Vangelo del giorno della trasfigurazione (Mt 17,1-9) ha voluto rispondere proponendo tre verbi importanti di quel testo: “brillare, ascoltare e non avere paura”.

Per quanto riguarda il primo verbo, Francesco ha spiegato che Cristo trasfigurato “brillava” e per mezzo della sua luce infondeva valore e speranza agli apostoli ai quali aveva da poco annunciato la sua passione e morte.
Il secondo verbo “ascoltare” era offerto direttamente dal Padre e invitava tutti all'ascolto della Parola di Dio e al Vangelo; “è lì dove Gesù ci indica senza sbagliare qual è la via dell'amore".
E poi si tratta di vincere la paura. Tante volte lo stesso Gesù l'aveva detto ai suoi discepoli intimoriti e anche in questo episodio lo dice: “non temete”. “Ancora oggi, a voi giovani che siete il presente e il futuro di questa umanità, Cristo dice non abbiate paura”.

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Le prossime tappe del cammino

Concludendo la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù papa Francesco invita i giovani presenti a due appuntamenti futuri: il primo sarà a Roma nel 2025, anno del giubileo ordinario, e il seguente sarà a Seul, in Corea del Sud, dove è prevista la celebrazione della prossima GMG nel 2027.

Lo scorso 16 febbraio, nella sala Promoteca del Campidoglio, il Comune di Roma ha consegnato un attestato di riconoscimento al padre Godfrey Msumange “per il suo impegno e coraggio –così dice il documento concesso– nel perseguire obbiettivi elevati e audaci”.

Questo evento si è tenuto nel marco della presentazione della Expo Universale 2023, promossa da World International Organization, che si terrà all’EUR fra i giorni 16 e 18 del prossimo mese di giugno. E’ stato un evento straordinario in cui hanno partecipato gente di oltre 50 paesi, fa cui anche diplomatici di diversi paesi dell’Africa, del medio oriente e dell’Asia e circa 300 associazioni impegnate nel mondo dell’arte, la cultura, lo sport, la scienza e la moda. Al momento della premiazione nella sala erano presenti oltre 500 persone.

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“Gli obbiettivi della Expo universale 2023 –ha dichiarato Laura Mazza che appartiene ai tavoli di lavoro delle Nazione Unite nell’ambito della difesa dei diritti umani– sono quelli di contrastare a livello globale la povertà e lo si fa sostenendo l’accesso a educazione, acqua, cibo e salute per tutta la popolazione e nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale”.

“Questo riconoscimento –osserva padre Godfrey– non è solo per me ma è per tutti i missionari e le missionarie che in silenzio e con tanti sacrifici, spesso nei luoghi più difficili, fanno il bene senza rumore impegnandosi all’annuncio della buona notizia assieme alla promozione della vita umana e alla difesa dell’ambiente”.

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Entrevista a Luigi Miggiani*, el 'indigente' al servicio de los indigentes

“Perdí todo para encontrarlo todo”. Con estas palabras, Luigi Miggiani, de 68 años de edad, ex proyectista y ex empresario italiano, resume su vivencia personal que, en los años noventa, por fidelidad a los principios del Evangelio, lo llevó a perder el trabajo y la familia --fue abandonado por su esposa y sus hijos-- pero, gracias a su profunda fe cristiana, encontró una nueva familia, los indigentes.

Este anciano, que diariamente lleva un poco de humanidad a sus “hermanos” indigentes, tratando de responder a sus necesidades, con una bebida caliente o galletas, pero también con vestidos y calzado, ama autodefinirse “el ‘indigente’ al servicio de los indigentes”, pues él mismo vive y duerme en su automóvil, una Alfa Romeo 164, con placas de Turín --como precisa-- parqueada en la calle que conduce al 'Gianicolo', en cercanías de la Plaza de San Pedro y de la casa de los Padres Misioneros de la Consolación, donde usa la ducha y esporádicamente, sobre todo en los meses más fríos del año, una habitación que le fue ofrecida de manera permanente por los religiosos, pero que él rechazo, pues no quiere perder su condición de “indigente” para no alejarse de la realidad de las personas a las que sirve.

Perfectamente vestido, con chaqueta y corbata, y muy cuidado en su aspecto personal --no en vano fue definido “El indigente caballero” en un artículo publicado en octubre de 2012 por la Agencia SIR (Servicio de Información Religiosa)--, Miggiani también colabora con la redacción del periódico “Gotas de Marsala”, publicación mensual del albergue “Don Luigi Di Liegro”, que lleva el nombre del religioso fallecido en 1997 que hizo de su vida una incesante batalla contra toda forma de exclusión y de miedo del extraño, en una defensa radical de lo que es humano. Pero dejemos que sea el mismo Miggiani quien nos cuente su historia de vida y de testimonio de fe cristiana.

¿Cómo nace su fe cristiana?
-- Luigi Miggiani: Nací en Nápoles el 22 de agosto de 1946, en una Villa Ducal de la zona del Vomero. En esta Villa Ducal había una pequeña iglesia privada, la iglesia de San Esteban, donde comenzó mi fe cristiana, a la edad de cinco años. Colaboraba como acólito en la Misa en latín, con el Padre Nadei, quien fue mi espíritu guía, junto a mi padre Ferdinando, que acostumbraba decirme “compórtate bien en la vida y no tengas miedo, nunca mires atrás”. Esta fue la educación de mi padre y del Padre Nadei. Tocaba las campanas y era acólito. Allí nació mi fe cristiana y mi buen comportamiento con el prójimo, sobre todo y ante todo, con los últimos de la clase social, los más pobres, que han sido las personas que siempre he tratado de ayudar, en consonancia con mi educación, a la cual he sido fiel toda la vida. Hoy, a la edad de casi setenta años, represento a los últimos de la clase social, luego nací con los últimos y estoy concluyendo mi vida y mi carrera estando cerca de los últimos de la clase social. Esta ha sido mi educación, esta sigue siendo y esta será siempre, por toda mi vida.

Todo esto, después de un paréntesis empresarial en Turín
-- Luigi Miggiani: De Nápoles tuvimos que partir hacia Turín, para seguir a mi papá, quien era militar y de la Base Naval de Nápoles había sido trasladado a “Grandes Motores Fiat”. Entonces, de mis bases comerciales iniciadas en Nápoles, entré al mundo de la técnica mecánica y me formé como proyectista mecánico, de robótica y de automatización, y llegué a tener dos fábricas mías. A la edad de treinta años, después de haber cumplido todo el itinerario operativo, era director de una empresa en Turín, en la que trabajaban alrededor de 160 personas y donde yo proyectaba, diseñaba y administraba la empresa. Después de esto, fundé mis empresas, pero, a mi pesar, me ví obligado a cerrarlas por determinadas motivaciones, ya que mi modo de ser empresario trataba de seguir las enseñanzas de Nuestro Señor Jesucristo y, por tanto, iba contracorriente y no se adecuaba a la mentalidad empresarial que explota a la clase obrera, mientras, en cambio, para mí, mis trabajadores eran los propietarios de la empresa. Yo solamente la administraba.

Entonces, los valores cristianos aplicados al mundo emprensarial
-- Luigi Miggiani: Esta ha sido mi educación, estos han sido mis principios, de ser un empresario que no se adecuaba a la polìtica empresarial predominante y, por ello, fui excluido, fui aislado. Repito, la empresa la administraba yo, pero era de ellos, porque para mí tener una fábrica sin empleados es como tener un recipiente vacío, que no tiene sentido. Les repetía siempre a ellos “esta empresa es de ustedes, yo sólo la administro”. Era su casa y ellos la sentían así. Por ejemplo, a menudo iban el domingo con sus familias a transcurrir el día de descanso. De este modo, aprendieron a respetarme a mí y a respetar mi cristiandad. Todos provenían de la “Casa de Caridad Artes y Oficios” de Turín, en la cual había estudiado años atrás para aprender la mecánica. Por tanto, mis trabajadores, que para mí eran como hijos, al final de cuentas eran los empresarios de sí mismos. Adopté una polìtia contracorriente y así comenzaron los ataques, porque iba contra lo que era la mentalidad de explotación empresarial de los trabajadores. Y aquí estoy, descartado por el mundo empresarial, volví a ser acólito, pero a la edad de casi setenta años he encontrado otra familia, que es mi verdadera familia, que son las personas necesitadas.

Esta vivencia lo llevó a afrontar su “último proyecto”, como usted sostiene...
-- Luigi Miggiani: Regresé a Roma en 2010 para comenzar mi último proyecto, que se llama “Un techo para todos”, que no es de robótica, pero en todo caso es técnico y sobre todo social y cristiano. Construí una ciudadela en madera, a imagen y semejanza de la Plaza de San Pedro, con todo y la columnata. Levanté las paredes, pero falta el techo. Le entregué el proyecto al Jefe del Estado, Giorgio Napolitano, hace dos años. La Iglesia ya hace lo que tiene que hacer con las obras de cristiandad. De hecho, mis hermanos han encontrado una casa en la columnata. Y ahora le toca al Estado, que somos nosotros, los ciudadanos que, si respetamos nuestro deber diario y nos comportamos como cristianos, muy probablemente sacaremos de la calle a estas personas que mueren allí y les damos un techo, como es justo. Darles un techo y permitirles vivir como seres humanos. Este es mi último proyecto.

En consonancia con el pensamiento del Papa Francisco
-- Luigi Miggiani: En respuesta a esto, en mi último artículo --colaboro con el periódico “Gotas de Marsala”-- que toma el nombre de Via Marsala, donde existió el primer albergue para estas personas que mueren en la calle, fundado por nuestro querido Don Luigi di Liegro, que nos dejó en 1997. Por fortuna, entré, sin quererlo, en su redacción y, en mi último artículo, menciono al Padre Franco Incampo, quien está haciendo cosas muy radicales, muy significativas, en favor de las personas que mueren en la calle, en perfecta consonancia con el “alfabeto” del Papa Francisco, quien insiste en la necesidad de “volverse humanos”. Esta es su voz y yo concluí este último artículo como el “alfabeto” del Papa Francisco. Por tanto, nuestro proyecto de darle un techo a todos está en consonancia con el pensamiento del Papa Francisco, también con Don Luigi di Liegro y con el Padre Franco. Este es mi punto de llegada.

Además de esta actividad periodística, usted realiza una obra concreta al servicio de sus 'hermanos' ¿verdad?
-- Luigi Miggiani: Digamos que el hecho de estar entre ellos es lo más importante porque realizar nuestra cristiandad quiere decir hacer obras, pues, cuando se habla sin obras, la cristiandad no es completa, como repite muy a menudo el Papa Francisco. Las palabras no bastan. Deben ir acompañadas de las obras, como nos enseñó alguien que murió en la Cruz. Por tanto, el verdadero cristiano debe asimilar su mensaje –amarás a tu prójimo como a ti mismo-, el segundo mandamiento cristiano, que para mí es el primero, después del que dice “Yo soy el Señor, tu Dios” y, por tanto, amar al prójimo como a nosotros mismos, quiere decir amar a Dios.

Dos mandamientos directamente relacionados y que se complementan...
-- Luigi Miggiani: Son dos mandamientos relacionados entre sí que forman parte de nuestra cotidianidad, que seamos cristianos o no, porque si vemos a un semejante nuestro que está muriendo ante nuestros pies, no podemos proseguir como si no estuviera sucediendo nada. Allí, en el piso, está un semejante nuestro que probablemente podría morir y nosotros tenemos el deber de detenernos y preguntarle si necesita algo, luego, más allá de ser cristianos, debemos ser civiles, ser seres humanos, y el alfabeto del Papa Francisco dice esto, Don Luigi Di Liegro decía esto y yo digo lo mismo, copiándolos. Por tanto, tomo como base las enseñanzas que me dejó Don Luigi Di Liegro, lo que me está enseñando el Padre Franco Incampo con lo que está haciendo y lo que, gracias a Dios, está haciendo el Papa Francisco. Mi línea de cristiandad trata de seguir los ejemplos de los verdaderos cristianos.

* Luigi Miggani è il nostro vicino di Casa Generalizia.

Fonte: Zenit.org

Il 16 Aprile scorso abbiamo iniziato un nuovo servizio missionario presso la splendida chiesa in stile neogotico del “Corpus Domini” vicino a Porta Pia, nella città di Roma. Il fatto che la chiesa sia dedicata a Gesù Eucaristia lo viviamo come un incoraggiamento da parte del nostro Padre Fondatore che ci ha esortato ad essere “sacramentini” e a fare dell’Eucaristia il punto vitale di riferimento dal quale attingere il fuoco della missione.

In questa chiesa aperta al pubblico, che per molte generazioni (dal 1889) è stata e continua ad essere punto di riferimento nel cammino della fede, momento forte della vita comunitaria è l’adorazione eucaristica quotidiana partecipata assiduamente.

Il mese di maggio lo abbiamo vissuto, in sintonia con la Chiesa nel mondo, all’insegna della devozione mariana e partecipando con la preghiera alla beatificazione di Suor Irene Stefani.

Nel mese di giugno, anche se siamo arrivati da poco tempo, non potevano tralasciare la festa della nostra Patrona, la Vergine Consolata e così l’11 giugno, iniziando la novena, l’icona della Consolata entra per la prima volta nella chiesa del Corpus Domini. La comunità dei fedeli ha accolto con molta gioia e affetto filiale l’immagine della Consolata ammirandone il suo dolce volto.

Le preghiere missionarie e le riflessioni quotidiane sulla consolazione hanno aperto il cuore dei partecipanti allo spirito della missione. Una lampada, simbolo della luce del Vangelo e della fede da testimoniare, con dei nastri che rappresentavano i cinque continenti sono serviti a richiamare l’universalità della missione.

Il 20 giugno abbiamo concelebrato la solenne messa della Consolata. L’assemblea ha partecipato con gioiosa e profonda devozione. I nostri nuovi amici non solo hanno accolto l’icona nella chiesa, ma soprattutto hanno accolto nel loro cuore la Vergine Maria con il dolce titolo di Consolata.

Possa la Vergine Consolata infondere serenità nel cuore di ognuno e consolazione in ogni famiglia nell’affrontare con fede le sfide della vita quotidiana. A Lei, nostra Madre premurosa, e al Beato Padre Fondatore, affidiamo la nostra nuova presenza missionaria nella città e diocesi di Roma.

5 aneddoti su san Filippo Neri

  • Nov 30, 2023
  • Pubblicato in Notizie

A 500 anni dalla nascita resta intatta tutta la carica di santa allegria di “Pippo buono”

Nel 1500 a Roma non c’erano scuole, ma abbondava la miseria e torme di ragazzini abbandonati a se stessi, ladruncoli laceri e sempre affamati, affollavano le strade cercando di borseggiare qualche passante o di sgraffignare qualcosa da mangiare dai banchi del mercato. Colto, appassionato di Dio (si racconta  che nella sua prima estasi il cuore gli si dilatò nel petto rompendogli due costole) e sempre di buonumore, giunse a radunarli intorno a sé un giovane fiorentino di buona famiglia che a Firenze era nato il 21 luglio 1515. “Pippo buono”, come era chiamato  da tutti, diede loro un tetto e una famiglia e mendicò nelle strade perchè avessero da mangiare, istruendoli attraverso il canto e la catechesi nella conoscenza di Dio . A 500 anni dalla nascita di san Filippo Neri (la cui memoria liturgica ricorre il 26 maggio) non si è ancora spenta l’eco della sua risata di grande burlone che portava il cuore di piccoli e grandi a Dio attraverso la gioia e lo stare allegri nella semplicità, così come alcuni aneddoti famosi che lo ebbero protagonista.

 
STATE BUONI… SE POTETE!
 Filippo voleva che i suoi ragazzi crescessero nella gioia e cantando: tutt’altro stile rispetto alla severità e all’uso del bastone che si ritenevano fossero necessari all'epoca per educare i giovani. “Figlioli – diceva – state allegramente: non voglio nè scrupoli, nè malinconie, mi basta che non facciate peccato”. La sua frase ricorrente (diventata il titolo di un film musicale del 1983 con Johnny Dorelli) era: “State buoni…se potete!” che in romanesco suona “State bboni (se potete...)!”. E sempre in romanesco era anche la frase che indirizzava ai ragazzi quando gli facevano perdere la pazienza ma…correggendo il tiro all’ultimo con l’auspicio di poter ricevere la corona del martirio: “Te possi morì ammazzato... ppe' la fede!"
 
MENDICANTE PER AMORE
Filippo cercava di provvedere ai suoi ragazzi in tutti i modi possibili e non esitava a bussare alle porte dei palazzi dei ricchi per farsi dare un aiuto. Si narra che una volta, un ricco signore, infastidito dalle sue richieste, gli diede uno schiaffo. Il santo non si scompose: “Questo è per me - disse sorridendo - e ve ne ringrazio. Ora datemi qualcosa per i miei ragazzi”.
 

TOGLIETEMI LE SCARPE!
E’ chiaro che per san Filippo l’umiltà fosse la virtù principale, specialmente per un uomo o una donna consacrata a Dio. C'era ai suoi tempi una religiosa che godeva di grande notorietà poiché si diceva avesse estasi e rivelazioni. Un giorno il Papa mandò proprio “Pippo bono” a verificare la santità della suora che si trovava in un convento nei pressi di Roma. Mentre Filippo era in cammino un violento temporale trasformò in fango la strada così che il santo arrivò a destinazione conciato male e con le scarpe tutte lorde. Quando giunse al suo cospetto la suora, a mani giunte e un’espressione ieratica, Filippo si sedette e, stese le gambe, disse: “Toglietemi le scarpe!”. Indignata per il trattamento, la suora restò ferma e lo guardò ma il santo non aggiunse altro: riprese il mantello e tornò a Roma a riferire al Papa che, secondo lui, una persona che non ha l’umiltà di mettersi al servizio di chi ha bisogno, non può essere una santa.
 
I DANNI DEL CHIACCHIERICCIO
Un giorno, una nota chiacchierona, andò a confessarsi da San Filippo Neri. Il confessore ascoltò attentamente e poi le assegnò questa penitenza: “Dopo aver spennato una gallina dovrai andare per le strade di Roma e spargerai un po' dappertutto le penne e le piume della gallina! Dopo torna da me!”. La donna, abbastanza sconcertata, eseguì questa strana penitenza e tornò dal santo come richiesto. “La penitenza non è finita! – disse Filippo - Ora devi andare per tutta Roma a raccogliere le penne e le piume che hai sparso!”. “Ma è impossibile!”, rispose la donna. “Anche le chiacchiere che hai sparso per tutta Roma non si possono più raccogliere! – replicò Filippo Neri - Sono come le piume e le penne di questa gallina che hai sparso dappertutto! Non c’è rimedio per il danno che hai fatto con le tue chiacchiere!”.
 
PREFERISCO IL PARADISO!
 In molti ricorderanno la fiction del 2010 sulla vita di san Filippo Neri con protagonista l’attore Gigi Proietti: “Preferisco il Paradiso”. Però forse non tutti sanno da dove deriva questo titolo. La leggenda dice che al santo, amico non solo dei ragazzi di strada e della povera gente, ma anche di pontefici e cardinali (in particolare il cardinale di Milano Carlo Borromeo) che spesso ricorrevano ai suoi consigli, fosse stato proposto di diventare a sua volta cardinale. Ma Filippo, che tralasciò sempre nella sua vita le ricchezze materiali e qualsiasi privilegio, rispose appunto: “Preferisco il Paradiso!”.

Fonte: ALETEIA

 

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