La pastorale missionaria è frutto dell’ubbidienza al mandato missionario di Gesù: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19).

Ma cos’è una pastorale? È importante rispondere a questa domanda che ci porterà a comprendere la pastorale missionaria. La pastorale è la forma storica con cui la Chiesa annuncia in ogni epoca la rivelazione di Dio, indicando la via per divenire discepoli di Gesù. La parola pastorale è legata all’allevamento del bestiame, cosa comune fin dalle origini del popolo di Gesù, ed è per questo che è ampiamente utilizzata nella Sacra Scrittura come metafora per descrivere l’attività dei responsabili della comunità e dello stesso Gesù con rispetto ai suoi discepoli.

In altre parole, l’azione pastorale è l’insieme delle attività che la Chiesa svolge per condurre tutti all’incontro salvifico con Cristo.

La pastorale missionaria

La pastorale missionaria è l’insieme di quelle azioni di evangelizzazione e annuncio della Buona Notizia di Gesù che la Chiesa realizza e promuove nella vita dei suoi battezzati. Risveglia lo spirito missionario di gruppi e comunità attivi in mezzo al popolo di Dio.

La pastorale della Chiesa è unica ma si identifica e manifesta in diversi modi a seconda del contesto. Per questo nella Chiesa esistono diversi programmi pastorali, come la pastorale penitenziaria, la pastorale afro, la pastorale familiare, la pastorale sanitaria, la pastorale sociale, la pastorale giovanile, la pastorale dell’infanzia, ecc.

La pastorale missionaria desidera che Gesù Cristo sia conosciuto, amato e seguito come unico Salvatore del mondo da coloro che ancora non lo conoscono, o da coloro che per qualsiasi motivo hanno abbandonato la fede. La pastorale missionaria si fondamenta nella certezza che «la fede si rafforza donandola» (Redemptoris Missio, 2) e promuove un'evangelizzazione rispettosa delle culture e delle visioni del mondo dei popoli ai quali viene annunciata. Quindi la pastorale missionaria si preoccupa di:

Coloro che non conoscono Cristo. È questa l'azione missionaria comunemente detta “ad gentes”, di primo annuncio, i cui destinatari sono quei popoli e quelle culture che non hanno ancora conosciuto Gesù.

Coloro che si sono allontanati. Si tratta comunemente di cristiani battezzati, catechizzati da bambini e che, per diversi motivi, hanno abbandonato o non hanno nutrito adeguatamente la propria fede; uomini e donne che costruiscono la loro vita quotidiana senza riferimento a Gesù Cristo e al suo vangelo.

Coloro che vogliono vivere in pienezza il vangelo di Gesù. È l’azione missionaria destinata ai credenti per animarli nella conversione quotidiana, nella costante ricerca di Dio, nella disponibilità a seguire Cristo. 

20231021Ssimbwa3

Atteggiamenti missionari dell'evangelizzatore nel contesto africano.

La pastorale missionaria tra le popolazioni afrodiscendenti deve sempre partire dalla cultura poiché l'annuncio di Gesù Cristo non è mai estraneo al contesto vitale nel quale le persone vengono evangelizzate. È necessario tenere conto dei seguenti aspetti:

Conoscenza della storia del popolo afro. È una storia peculiare che inizia con gli antenati africani che furono portati come schiavi nelle Americhe e che hanno raggiunto la libertà dopo anni e persino secoli di lotta. Conoscere il passato del popolo afro ci permette di interpretare correttamente il presente e proiettarne il futuro. Conoscere la storia libera l'evangelizzatore dai pregiudizi e dalle stigmi che sono esistiti nei confronti della popolazione afro. Conoscere la storia è incarnarsi nella realtà vissuta per poter annunciare Gesù Cristo senza trasformalo in un estraneo indifferente alle situazioni di vita di questo popolo.

Conoscenza della cultura afro. La cultura è legata all'identità profonda di ogni persona e di ogni popolo e determina il modo di intendere l'intera realtà in cui ciascuno vive. Data l’importanza della cultura, si sentono spesso espressioni come “nella mia cultura facciamo questo”, “questa è la mia cultura”, ecc. Queste frasi abbastanza comuni ci permettono di capire che non esistono popoli senza cultura e che questa marca profondamente ogni essere umano e ogni popolo. La cultura afro si esprime in varie forme: gastronomia, danza, poesia, modo di intendere il tempo, riti mortuari, riti di nascita, famiglia allargata, vita comunitaria, ecc. Se la cultura afro non entra in dialogo con la fede, difficilmente potrà esserci un’evangelizzazione sincera che possa provocare un vero incontro con Gesù Cristo. Come sempre accade, l'evangelizzatore, per essere efficace, deve amare e prodigarsi a difendere la cultura.

Conoscenza dell’idiosincrasia del popolo afro. L’idiosincrasia è il modo in cui una persona o una cultura vede e interpreta il mondo. È l'insieme di credenze che ci permettono di analizzare e riconoscere la realtà in base alla nostra stessa esistenza. Un evangelizzatore deve tenere conto della visione del mondo e delle idiosincrasie del popolo afro e sapere, ad esempio, cosa celebra e sperimenta questo popolo quando avviene una nascita, una morte o una celebrazione specifica.

Superare e sconfiggere la mentalità negativa. Storicamente la popolazione afro è stata stigmatizzata e discriminata; la mentalità negativa nei loro confronti si è consolidata. L'evangelizzatore deve superare questa mentalità se vuole entrare nel cuore e avere un dialogo fruttuoso con il popolo afro: una buona evangelizzazione crea un ambiente in cui la diversità culturale è apprezzata. San Paolo lo dice chiaramente: «mi sono fatto come Giudeo per i Giudei, per guadagnare i Giudei. Per coloro che sono sotto la Legge - pur non essendo io sotto la Legge - mi sono fatto come uno che è sotto la Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la Legge» (1 Cor 9,20).

Gioia e amicizia. Il popolo Afro si caratterizza per la sua gioia e la sua amicizia in modo tale che chi annuncia il Vangelo in questo contesto deve avere atteggiamenti gioiosi e amichevoli che permettano di costruire relazioni centrate su valori fondamentali come l'amore, la lealtà, la solidarietà, sincerità e impegno.

Inculturazione del Vangelo. L'evangelizzatore nel contesto afro deve sempre promuovere l'incontro tra fede e cultura afro. La cultura sarà sempre la spiaggia di approdo della fede, quindi entrambe hanno bisogno l'una dell'altra. L'inculturazione del vangelo deve accompagnare ogni progetto di evangelizzazione. Si tratta di riconoscere “i semi della Parola” presenti in ogni cultura in modo tale che –nel caso fro– la danza, i canti, la visione del mondo, l'uso degli strumenti autoctoni, perfino l'abbigliamento diventano un cammino concreto per portare la buona novella a ogni persona.

Pazienza e umiltà. Affrontare un processo di inculturazione esige sempre pazienza e umiltà. Pazienza significa avere autocontrollo quando le cose non vanno come vorresti; essere calmo e tollerante di fronte alle difficoltà. L’umiltà invece ci aiuta a comprendere che non ha senso considerarci al di sopra degli altri: siamo tutti uguali ed ogni persona ha lo stesso valore.

Atteggiamento ecumenico e dialogo interreligioso. L'ecumenismo ha a che fare con iniziative volte a ristabilire la piena comunione tra tutti i cristiani, riconoscendo che la volontà di Cristo è stata quella che tutti fossimo una cosa sola. È il cammino per superare lo scandalo delle divisioni che si sono create nel corso della storia, valorizzando la comunione che già esiste in virtù dell'unico battesimo. Invece il dialogo interreligioso è l’atteggiamento, che esige comprensione e rispetto, per stabilire uno scambio tra individui e gruppi che vivono diverse esperienze religiose.

20231021Ssimbwa2

L’evangelizzatore della popolazione afro deve avere capacità ecumenica per dialogare con le diverse fedi presenti nei territori afro e capacità di dialogo interreligioso per dialogare con gruppi che professano religioni afro-discendenti come la Santería, che ha origini cubane, e il Candomblé, che ha le sue origini in Brasile, o il voodoo di origine haitiana. Sono religioni che si sono diffuse in molti territori afro e in america hanno numerosi seguaci fra la popolazione afro.

Promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione. Secondo San Tommaso d'Aquino la giustizia è la volontà di riconoscere a ciascuno il suo diritto e dare a ognuno il trattamento che si merita. Invece la riconciliazione ci permette superare rotture, distanze, rancori e ferite che impoveriscono le relazioni interpersonali e, in certe occasioni, ci allontanano dalla pace. La maggior parte dei territori in cui vivono le persone di origine africana hanno subito le conseguenze di ingiustizie, violenze e guerre a partire dal primo e fondamentale di questi atti violenti e traumatici che è stata la schiavitù e la deportazione. Per questo motivo e per tutte le conseguenze che questi atti comportano, l’evangelizzatore nel contesto africano deve avere come priorità pastorale la promozione della giustizia, della riconciliazione e della pace.

In questi giorni è stato con noi, nella Casa Generalizia dei Missionari della Consolata, monsignor Ismael Rueda Sierra, arcivescovo di Bucaramanga. Amico personale di Luis José Rueda Aparicio –arcivescovo di Bogotá e creato cardinale nell’ultimo concistoro convocato da papa Francesco lo scorso 30 settembre– ha voluto essergli vicino nei giorni del concistoro ma ha approfittato della presenza in Roma anche per sbrigare alcune pratiche presso le congregazioni vaticane e una riguardava da vicino i Missionari della Consolata che da anni lavorano nella sua diocesi. Un giorno prima di ritornare in Colombia ci ha dato la notizia di aver ricevuto dal Dicastero del Culto Divino l'autorizzazione a dedicare al Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata, una nuova parrocchia. Gli abbiamo chiesto di raccontarci per che motivo aveva fatto questa richiesta alla congregazione romana.

–Quante parrocchie ha Bucaramanga?

–Sono centodieci in totale, questa sarà la centoundicesima. Un numero curioso e significativo! 

E la verità è che sono molto felice che nella nostra diocesi ci sia una parrocchia dedicata al Beato Giuseppe Allamano. 

Per ottenere il permesso è stato necessario fare un processo abbastanza elaborato; quelli del Dicastero del Culto Divino mi hanno fatto capire che è una cosa insolita, in una chiesa locale, dedicare una parrocchia a un santo, in questo caso un beato, senza che la sua memoria sia presente nel calendario liturgico diocesano.

Tuttavia, nel caso del Beato Giuseppe Allamano mi è sembrato importante, come ho scritto nel decreto di indulto, perché "l'Istituto dei Missionari della Consolata è presente nella nostra Chiesa particolare da oltre 60 anni con una meritoria influenza apostolica e missionaria che ha generato la fondazione di diverse parrocchie nei suoi dintorni, Riteniamo giusto e spiritualmente opportuno che quest'ultima sia intitolata al loro Beato Fondatore".

– Qual è stato il lavoro dei Missionari della Consolata in tutti questi anni?

– Si occupavano della cura delle comunità cristiane in un settore che all'epoca era periferico e nelle vicinanze del vecchio aeroporto della città che si chiamava Gómez Niño. In questo settore la città ha avuto un notevole sviluppo urbanistico e. come spiego nel documento presentato in Vaticano, dalla vecchia parrocchia della Consolata sono nate diverse parrocchie. Oggi abbiamo una intera zona pastorale che porta il nome di Nostra Signora della Consolata e dietro c'è tutto il lavoro dei missionari che hanno servito nella parrocchia madre di tutte, quella della Consolata. È stato notevole l'impegno che hanno messo nella creazione e nella formazione di comunità cristiane e l'influenza positiva e missionaria che hanno avuto nell'arcidiocesi.

20231013 111A

–E nel caso del quartiere di Monterredondo?

–Bucaramanga è costruita su un altopiano che termina in zone scoscese che sembrano avere la forma di dita... La nuova parrocchia si trova su una di queste dita, quella precisamente del quartiere di Monterredondo. Quel settore, che non ha altre possibilità di estendersi a motivo della sua geografia, attualmente ha circa 5000 abitanti, ma lì succede qualcosa che abbiamo visto in altre parti della città: dove prima c'erano case familiari, ora si stanno costruendo condomini. Quindi, a medio termine, è facile prevedere un aumento significativo della popolazione. 

Questo giustifica la presenza di una parrocchia. Dopo che mi è stato presentato il progetto, ho chiesto al Vicario giudiziale, che si occupa dei confini, di determinare il perimetro della nuova giurisdizione e lui lo ha fatto. Pensate un po'! Oggi si fa con il GPS, non indicando strade o avvallamenti come si faceva prima! Ad ogni modo il limite territoriale non è così importante come il lavoro di evangelizzazione che è stato fatto: questa parrocchia è nata quasi adulta. Ha già una chiesa, una casa parrocchiale con opportuni spazi di catechesi e, la cosa più importante, è già composta da comunità cristiane organizzate e consapevoli della loro vocazione missionaria e del loro impegno. Questo lavoro lo dobbiamo ai missionari della parrocchia della Consolata, in particolare al padre Manuel Dias, che per anni ha accompagnato da vicino questo sviluppo comunitario e pastorale, con una presenza che è stata costante, permanente e silenziosa ma allo stesso tempo efficace e ben mirata. 

20231013 111C

–E l'Allamano, perché?

–Ho visto la statua del vostro Fondatore nel cortile della Casa Generalizia: è raffigurato in abito talare! Lui era un sacerdote diocesano, ma con un grandissimo cuore missionario, attento non solo alle esigenze della sua Chiesa locale, ma anche a quelle della Chiesa universale. 

Lo stile dei Missionari della Consolata, attento alle dinamiche pastorali della Chiesa locale, è stato un grande contributo anche per i sacerdoti diocesani e coerente con gli orientamenti che Papa Francesco sta dando. È bello che i sacerdoti diocesani si interessino e offrano parte del loro tempo e della loro vita per la missione "ad gentes". 

La missione è un'esperienza preziosa e non solo per chi ci va. È una occasione per vedere la chiesa che nasce mossa dall’annuncio ma allo stesso tempo è una sfida per niente facile. Quando abbiamo come tabella di marcia della nostra vita l'annuncio del Vangelo di Gesù non sappiamo mai quali sorprese ci aspettano lungo il cammino: dobbiamo essere preparati a tutto e dobbiamo avere fiducia nello Spirito Santo che alla fine è colui che conduce e guida tutto. Questo è ciò che la missione ci insegna molto chiaramente. 

Nel 2016 abbiamo celebrato a Bucaramanga il dodicesimo congresso missionario nazionale; in quell'occasione è nato l'impegno delle arcidiocesi nei confronti dei vicariati apostolici e a noi è stato assegnato il vicariato di Puerto Leguízamo. Considero una benedizione e un privilegio il fatto che questo Vicariato, che è anche affidato alla cura dei Missionari della Consolata, si trovi nel contesto amazzonico. Dopo il Sinodo dell'Amazzonia e la Laudato Si', tutto questo mondo, prima percepito come marginale, è stato messo al centro dell'impegno ecclesiale e ora anche ecologico della Chiesa. Questa presenza in Amazzonia è una proiezione missionaria di prima grandezza che la Chiesa offre alle nostre comunità cristiane locali per incoraggiarle nel loro impegno. 

Dedicando una parrocchia a Giuseppe Allamano riconosciamo che lo spirito missionario, che il Signore ha seminato nel cuore di questo sacerdote diocesano, ha prodotto molti frutti. La parrocchia numero cento undici dell'arcidiocesi di Bucaramanga potrebbe forse essere considerata un frutto molto piccolo, ma in realtà la spiritualità missionaria che l'ha generata e che, da lì, dovrebbe diffondersi, sta proiettando la nostra chiesa diocesana e locale negli orizzonti più recenti e attuali della Chiesa universale.

Nel nostro bel municipio di La Ceja (Antioquia, Colombia) gli sposi Alessando Narváez e Margherita Aguirre hanno dato alla chiesa e alla missione due dei loro figli: Magdalena e Guillermo. I loro genitori erano contadini di umili origini ma dotati di una  grande ricchezza morale e spirituale. Per quello hanno dato ai loro dieci figli esempi di vita, amore e coraggio di fronte alla sofferenza.

Suor Magdalena è nata l’otto di dicembre del 1930. Aveva 19 anni quando  è entrata a far parte della comunità delle Missionarie della madre Laura Montoya, oggi Santa Laura, della quale divenne alunna un anno prima alla sua morte. Fece la sua professione religiosa il primo gennaio del 1949 e da allora, impegnandosi come educatrice per larghi anni, è stata inviata a lavorare in luoghi davvero difficili con i suoi amati indigeni. Nel suo lavoro missionario ha dimostrato sempre lo stesso coraggio e la stessa allegria che aveva imparato dalla sua fondatrice.

Il padre Guillermo, 14 anni più giovane della sorella, è nato il sette di luglio del 1944 e, negli anni della sua infanzia, è sempre stato un fedele collaboratore dei genitori nei lavori della casa; poi, grazie alla loro testimonianza e quella della sorella, è nato in lui  il desiderio di diventare missionario. 

Aveva solo 13 anni quando è entrato nella comunità dei Missionari della Consolata: si è diplomato a Bogotá e nella stessa città ha fatto gli studi di filosofia al termine dei quali ha raggiunto in Italia prima il noviziato e poi il seminario teologico. 

Fu ordinato diacono in Italia e poco dopo, tornato in Colombia, sacerdote. Era il 12 agosto de 1973 –da allora sono passari 50 anni– e venne ordinato dal vescovo diocesano di Sonson Rionegro Alfonso Uribe Jaramillo. Dopo l’ordinazione fu destinato prima come formatore nel nostro seminario minore della città di Manizales e poi, pochi anni dopo, parroco e rettore del collegio di una parrocchia del Caquetá. 

Quegli otto anni vissuti nella regione amazzonica della Colombia gli hanno permesso scoprire la bellezza della sua vocazione missionaria che, nel suo cuore sacerdotale, divenne fonte di immensa allegria. 

20230920Guille02

Dopo quegli anni intensi divenne per vent’anni animatore missionario e vocazionale. Furono gli anni in cui ebbe l’occasione di avvicinarsi a tanti giovani, condividere con loro la sua passione missionaria, e invitarli a formare parte della nostra comunità. Ha svolto questo servizio nelle città di Bogotá, Bucaramanga, Manizales e Medellín. 

Attualmente, dopo una breve esperienza come amministratore, si trova nella comunità di Medellín con sette giovani, tutti originari del continente africano, che si stanno formando per essere sacerdoti e missionari della Consolata. 

A motivo della poca salute non si è mai allontanato dalla sua Colombia, ma nel suo cuore conserva il fuoco della missione... se ne sono accorte le persone che hanno avuto la fortuna di incontrarlo sempre dedito al suo lavoro sacerdotale e missionario. 

Malgrado tante malattie e interventi chirurgici non ha mai smesso di essere un camminatore, annunciando il vangelo e la consolazione della vergine Maria, regina delle Missioni. 

20230920Guille03

Infermiere missionario

Ho incontrato, a San Luis (La Unión, Colombia), un giovane indigeno che viveva, studiava e lavorava, insieme ad altri giovani del popolo Embera Chami, nella comunità dei padri Carlos Zuluaga e Javier Velásquez, missionari della Consolata, al servizio della Pastorale indigena della diocesi di Cartago.

Ho saputo che si era laureato come infermiere all'Università di Pereira e che, a differenza di molti altri professionisti che grazie agli studi cercano di allontanarsi dal loro contesto, Carlos si è dedicato a vivere in mezzo alla sua gente, mettendo la sua professione al servizio della salute e del benessere della sua stessa gente, soprattutto i più fragili e bisognosi che, nel suo caso, sono i bambini fra zero e cinque anni. Un servizio educativo, di promozione e prevenzione delle malattie, realizzato nella lingua madre e nel pieno rispetto della cultura.

Un giorno gli chiesi: 
– Quando ci scriverai un paio di paginette che descrivono la salute nel mondo indigeno? 
Poco tempo dopo ho ricevuto la sua risposta:

“Le comunità indigene sono sopravvissute per molti anni grazie ai loro processi organizzativi e anche la salute fa parte di tutto questo cammino. Nell’ambito della salute le comunità indigene hanno rafforzato e salvato gran parte della loro medicina tradizionale, che hanno saputo integrare con quanto offerto dai servizi pubblici a favore della prima infanzia. 

20230910Embera2

L'obiettivo è accompagnare i bambini nei loro processi di sviluppo e apprendimento senza separarli dal contesto culturale in cui sono nati; per questo abbiamo avuto bisogno di professionisti in diversi ambiti: nutrizionisti, psicologi, educatori, sociologi e professionali della salute che lavorano insieme e sempre con un approccio differenziato e attento alla realtà del popolo Embera Chami.

Nel mio caso, ho coordinato un programma statale, attraverso l'Istituto Colombiano del Benessere Familiare, finalizzato all'educazione e alla prevenzione sanitaria nelle famiglie con bambini di età inferiore ai cinque anni.

Il contesto non è facile. Come conseguenza del conflitto armato, le comunità indigene sono state spesso sfollate, hanno abbandonato i loro territori originari e si sono trasferite nelle aree urbane. La maggior parte dei destinatari del nostro lavoro educativo appartiene a questa popolazione di vittime espropriata dei propri territori. L’assistenza sanitaria e psicosociale è molto necessaria soprattutto per i bambini che vivono proiettati in un territorio sconosciuto, il più delle volte urbano, dove interagiscono con diversi contesti culturali e senza avere gli strumenti per farlo, né loro e nemmeno le loro famiglie.

Siamo stati accolti bene anche dalla Pastorale Sociale e dalla Pastorale Indigenista, e dai molti volontari laici con i quali loro lavorano, e insieme abbiamo fatto in modo che i bambini fossero puntuali ai programmi di vaccinazione, partecipassero agli appuntamenti per la crescita e lo sviluppo e a tutti i programmi a favore della salute e dell'educazione iniziale. 

Questo è il lavoro che faccio, Padre: continuare ad accompagnare perché i bambini non muoiano e non scompaia la cultura del popolo con le sue tradizioni e la sua storia. 

In questo momento, per esempio, ci stiamo rendendo conto che molta tradizione orale si sta perdendo con la morte di molti anziani che conoscevano tutti i processi nei territori. Per questo diventa importante anche scrivere tutto, e questo è un altro compito che resta a noi giovani".

20230910Embera3

La missione come visita

La visita è una componente della nostra esperienza umana, un fatto antropologico che assume caratteristiche particolari in ogni tempo e luogo, a seconda delle culture, dei popoli e delle società, diventando così un fatto culturale.

Nella Bibbia Dio è spesso presentato come colui che visita e consola il suo popolo con buone notizie di liberazione e di pace. Gesù è la migliore espressione della visita di Dio all'umanità, e dopo di lui seguono le visite dei suoi discepoli missionari, inviati fino ai confini della terra e alla fine dei tempi.

Anche nel Vicariato di Puerto Leguízamo Solano, nei territori amazzonici del Caquetá e Putumayo (Colombia) e ai confini con l'Ecuador e il Perù, la visita è una parte importante dell’impegno pastorale di Mons. Joaquín Pinzón e tutti i missionari che lo accompagnano, fa parte della loro quotidianità missionaria.

Il giovane seminarista Alfredo Cortés ha voluto raccontare la visita a Puerto Refugio, territorio indigena ed ancestrale del Putumayo, per mezzo di tre doni –tre sacramenti– che sono stati motivo di festa per la comunità cristiana di questo territorio: il battesimo, la comunione e la cresima.

20230905RefugioB

Il dono del battesimo che è frutto della fede. "Sono stati celebrati tre battesimi e, per mezzo di questo sacramento, tre vite che sono state consacrate a Dio. I genitori sono incoraggiati a continuare i progetti di Colui che ha voluto abitare nei loro piccoli cuori".

Il dono della comunione che consolida la comunità. "Dieci erano coloro che diventavano una cosa sola con Gesù ricevendo il suo Corpo e il suo Sangue. Dopo la messa anche la tavola è stata imbandita e tutti abbiamo assaportato una grande zuppa patronale che ha sottolineato la comunione e il vissuto comunitario".

Il dono dello Spirito che anima l'impegno della vita cristiana. "Cinque giovani indigeni hanno ricevuto la pienezza dello Spirito Santo. Monsignor Joaquín li ha ascoltato la loro testimonianza e confermato la loro fede per mezzo dell'olio santo che inumidisce la fronte di chi vuole seguire da vicino il Signore". 

Monsignor Joaquín ha presieduto la celebrazione di questi tre doni e sacramenti ed è stato accompagnato all'altare dai padri Fernando e Alejandro, missionari dal volto amazzonico che accompagnano i processi di fede in questi territori che si affacciano sul fiume Putumayo.

20230905RefugioC

Gli ultimi articoli

L’Ospedale della Consolata di Ikonda: guarigione, speranza e salute

12-10-2024 Missione Oggi

L’Ospedale della Consolata di Ikonda: guarigione, speranza e salute

Immerso nelle tranquille Southern Highlands del Tanzania, a quasi 2050 m sul livello del mare, l’Ospedale della Consolata di Ikonda...

Giuseppe Allamano presente al Sinodo sulla sinodalità

10-10-2024 Missione Oggi

Giuseppe Allamano presente al Sinodo sulla sinodalità

La seconda sessione dell'Assemblea sinodale sulla sinodalità, in corso dal 2 al 27 ottobre 2024 nell'Aula Paolo VI in Vaticano...

Etiopia. Calma armata

10-10-2024 Notizie

Etiopia. Calma armata

Il Tigray rispetta gli accordi, ma non smobilita Le montagne del Tigray sono alte, aspre, piene di gole e anfratti. Un...

Mozambico: “Mi auguro che il voto di oggi sia libero, corretto e pacifico”

09-10-2024 Notizie

Mozambico: “Mi auguro che il voto di oggi sia libero, corretto e pacifico”

“Speriamo che le elezioni siano libere ed eque e soprattutto pacifiche” dice all’Agenzia Fides, mons. Inacio Saure, arcivescovo di Nampula...

XXVIII Domenica del TO / B - “Vendi quello che hai e seguimi”

09-10-2024 Domenica Missionaria

XXVIII Domenica del TO / B - “Vendi quello che hai e seguimi”

 Sap 7, 7-11; Sal 89; Eb 4, 12-13; Mc 10,17-30 Scegliere è il verbo che ci serve da filo conduttore...

Parole dell’Allamano: “Santità”

09-10-2024 Allamano sarà Santo

Parole dell’Allamano: “Santità”

Un percorso tematico alla scoperta del Fondatore della famiglia della Consolata: Giuseppe Allamano. La quarta e ultima delle parole chiave...

“Essere presenza di Dio tra la gente”. Mons. Peter Makau, nuovo vescovo di Isiolo

08-10-2024 I missionari dicono

“Essere presenza di Dio tra la gente”. Mons. Peter Makau, nuovo vescovo di Isiolo

Nella missione, “nonostante le sfide da affrontare, dobbiamo sempre accompagnare il popolo di Dio perché il popolo non vede noi...

L'eredità di Giuseppe Allamano rivive nella Comunità di Saragozza

08-10-2024 I missionari dicono

L'eredità di Giuseppe Allamano rivive nella Comunità di Saragozza

Ci sentiamo figli del Beato Giuseppe Allamano. Egli ci ha rigenerati. Quando il figlio diventa grande, si allontana dal padre. Così...

Giuseppe Allamano: UNITI come famiglia

07-10-2024 Allamano sarà Santo

Giuseppe Allamano: UNITI come famiglia

Pubblichiamo il primo episodio del cartoon su Giuseppe Allamano realizzato da Missio Ragazzi - Fondazione Missio, organismo pastorale  della Conferenza...

onlus

onlus