Is 22,19-23
Sal 137
Rm 11,33-36
Mt 16,13-20
Per ben comprendere cosa volevano dire le parole di Gesù e di Pietro, dobbiamo tener presente il significato di alcuni termini del linguaggio biblico.
Figlio dell’uomo: è un nome generico per indicare l’umanità e quindi affermare che Gesù è uomo.
Figlio del Dio vivente: è la dichiarazione della divinità di dio; solo dio dà la vita.
Pietro, in aramaico Kefa: il nome nuovo, coniato da Gesù stesso; la roccia assicura la stabilità di un edificio (cf. “lo conficcherò come un piolo solido” della prima lettura).
Chiesa, ekklesia in greco ed anche sinagohè, sono l’equivalente dell’ebraico quaal: l’assemblea del popolo convocato da Dio stesso. Il termine viene usato per la prima ed unica volta nei vangeli ed è proprio nel vangelo di Matteo, definito il vangelo ecclesiale. Trenta volte in Paolo e sessanta in tutto il Nuovo Testamento.
Porta degli inferi, il sheol, la porta della morte, simbolo delle potenze del male che fronteggiano la chiesa portatrice di vita.
Chiavi del regno: era a tutti nota la figura di un amministratore di città o di casa, che sosteneva sulle sue spalle le grosse chiavi affidategli; le chiavi sono segno di responsabilità sul regno dei cieli.
Potere di legare e di sciogliere: indica la facoltà riservata ai soli rabbini di spiegare la bibbia e il diritto di ammettere o escludere dalle riunioni di culto e dalla sinagoga.
Lo scenario in cui si colloca il vangelo di oggi è imponente e significativo. Gesù si è addentrato in territorio pagano e precisamente a Cesarea di Filippi, una città eretta in onore della divinità romana: l’imperatore Cesare Augusto. Su uno sperone di roccia del monte Ermon, un tempio di marmo bianco domina la città e sovrasta le sorgenti del Giordano, il fiume della storia ebrea.
Su questo sfondo divino, sotto questa roccia imperiale, cade inaspettata la domanda – inchiesta di Gesù. Un sondaggio d’opinione: “La gente, chi dice che sia il figlio dell’uomo?”. Curiosa questa indagine di Gesù che ha già dimostrato varie volte di conoscere i pensieri dei cuori. Il sondaggio di opinioni dà un risultato generico, oscillante, incerto, del tutto inadeguato. E allora Gesù incalza, restringendo il sondaggio al cerchio dei suoi discepoli che poco prima l’avevano visto sulle onde in tempesta: “E voi, che dite? Chi sono dunque io?”. E proprio Pietro, salvato dalle acque, si fa portavoce per tutti, azzecca la risposta che centra in pieno l’obiettivo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del dio vivente”. Una affermazione completa, esaustiva, messianica. Ben si merita il titolo di campione della fede, dono del Padre: “Beato sei tu, Simone figlio di Giona”, riconoscimento anagrafico; “ed ora ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Con il primo accenno alla chiesa, Gesù impone a Pietro il nome di battaglia e gli conferisce i poteri e il primato apostolico.
“Tu sei Pietro”, pietra fondamentale “e a te darò le chiavi del regno dei cieli”. Parole scritte a caratteri cubitali di due metri in tutto il cornicione della basilica di San Pietro, quasi a continuazione della navicella in mezzo alla tempesta ritratta nell’atrio.
Non vorrei profanare le parole di Gesù, ma ben esprime il concetto la storiella fiorita in margine all’elezione di sisto V. entrato in conclave tutto curvo e con le stampelle, appena eletto gettò le stampelle e ritto sul trono intonò con voce maestosa il Te Deum. Ai cardinali che si meravigliavano per tale trasformazione, briosamente rispose: “Quando ero curvo cercavo le chiavi del regno; ora che le ho trovate posso, con l’aiuto del cielo, gettare le stampelle e portare il peso non solo della chiesa, ma del mondo intero”. E con agilità balzò a cavallo e con grande energia riformò l’amministrazione e la giustizia.
Nell’architettura del suo vangelo, Matteo, proprio al centro ha posto come chiave di volta l’episodio di Cesarea; è il punto critico in cui inizia il processo rivelatorio del mistero del regno dei cieli.
Chi è Gesù Cristo, chi è Pietro, che cosa è la chiesa, i tre interrogativi fondamentali della fede.
La cosa che più sorprende è che i poteri così eccezionali conferiti a Pietro, trovino conferma nell’alto dei cieli: Tutto ciò che stabilirai sulla terra, sarà ratificato nei cieli.
E qui si tocca il mistero di Pietro. Commenta Von Balthassar: “In Pietro io non incontro l’uomo titubante, ma la presenza del Cristo che l’afferra per farne il sacramento della sua grazia. In quanto figura, Pietro è una impossibilità; la sua possibilità sta soltanto nella volontà di chi la istituisce. Solo la fede ci permette di accettare quello che la ragione ritiene impossibile: il mistero del Figlio di Dio, il mistero della chiesa, il mistero del primato di Pietro”.
Giovanni XXIII esclamava: “Io, povero figlio di Marianna e di Battista, Vicarius Christi! Ma quel che accade attorno alla mia povera persona, devo credere che è disegno divino in atto. È lui che tutto fa e tutto dispone”.
Un giornale londinese, volendo definire la funzione svolta dal Papa, scriveva: “Colui che ha posto le braccia attorno al mondo”. Con Giovanni Paolo II, il Papa è diventato un pellegrino fino ai confini della terra, continuamente ispirato dal pellegrinaggio di fede di Maria e a cui totalmente si affida e affida la chiesa: “Totus tuus sum”.










