XXII Domenica TO

Pubblicato in Domenica Missionaria
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“Perdere la vita per trovarla
nella via della croce”


A partire da questa XXII Domenica e fino alla fine dell’anno liturgico, collaboreranno alla “Domenica Missionaria” i membri della Comunità dei Laici Missionari della Consolata di Bevera. Ogni settimana si daranno il cambio, per commentare le letture della Domenica, le coppie o dei piccoli gruppetti di laici: sia coloro che sono attualmente impegnati nel gruppo LMC di Bevera, sia coloro che si trovano a svolgere il loro servizio missionario “ad gentes” fuori comunità (Ecuador, Colombia, Nervesa della Battaglia). L’intento è anche quello di testimoniare, attraverso questo piccolo contributo, l’unione della comunità dei Laici e la comunione tra essa e l’Istituto.




Ger 20, 7-9
Sal 62
Rm 12, 1- 2
Mt 16, 21- 27


La letture che ci vengono proposte in questa XXII Domenica sono ricche di spunti e provocazioni che ci portano a riflettere sul nostro essere discepoli di Cristo oggi nel mondo.

Ci sentiamo vicini alla figura di Pietro che, nel brano del Vangelo di Matteo, mostra la sua fragilità umana nel non accettare, in un primo momento, che Gesù debba morire e per di più sulla croce. Pietro la considera una morte inutile e non degna del suo Messia. Forse anche lui, come tanti altri, credeva che Gesù fosse venuto per salvare il mondo in modo eroico e immediatamente tangibile.

Forte è la risposta di Gesù: “va dietro a me, Satana, tu mi sei di scandalo”… “non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini”. Una risposta quasi contradditoria se la colleghiamo al Vangelo della scorsa domenica, che ci presentava la professione di fede di Pietro. Come scrive Don Bruno Maggioni, “nel rifiuto di Pietro della passione e morte di Gesù, egli indossa le vesti di tentatore che sottopone a dura prova la fedeltà di Cristo alla volontà del Padre. E questo è avvenuto perché, se nella professione di fede aveva partecipato alla sapienza divina a lui data per grazia, ora resta schiavo delle prospettive umane e della logica delle speranze terrestri contrarie al disegno di salvezza di Dio”.

Pietro ci mostra che nell’animo dello stesso uomo possono convivere due mentalità: da una parte riconoscere Gesù come Messia, figlio del Dio vivente, e dall’altra l’incapacità di accogliere la volontà di Dio quando questa richiede enormi sacrifici, oppure quando non coincide con la logica umana. O ancora il cristiano, consapevolmente o inconsapevolmente, può cadere nella tentazione di accettare sul piano teorico la volontà di Dio per poi smentirla puntualmente nella prassi della vita quotidiana.

In effetti, l’esortazione di Gesù nei confronti dei discepoli, che vale oggi anche per tutti noi cristiani, è molto esigente: “se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Seguire Gesù significa innanzitutto rinunciare a mettere al centro della nostra vita noi stessi, le cose materiali a cui teniamo di più, i successi, il denaro, la carriera. Solo svuotando il cuore da tutte queste cose, il cristiano riesce veramente a “fare spazio” a Gesù, mettendogli a disposizione non solo i suoi “ritagli di tempo”, ma tutto se stesso per la Sua missione.

Su questa linea, anche San Paolo rivolge ai Romani un’esortazione che appare quanto mai attuale anche oggi: “non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto”.

Le parole di Gesù e di San Paolo ci mettono di fronte due diversi modi di concepire la vita: quello che ragiona secondo la ricerca del proprio interesse e quello che vede le cose e gli avvenimenti con gli occhi di Dio. C’è infatti chi attende la salvezza dal successo terreno, dalle cose, dal “guadagnare il mondo intero”, e quindi organizza la sua vita e le sue attività in questo senso; e c’è chi aspetta la salvezza dalle mani di Dio e a Lui totalmente si affida, vivendo nella fedeltà alla Sua parola e alla Sua chiamata, anche se agli occhi del mondo “perde la sua vita” e può andare incontro al fallimento e all’insuccesso.

Certo non è facile vivere oggi i valori del Vangelo!

La solidarietà viene vista spesso come ipocrisia o come l’inutilità di gettare acqua nel mare: “inutile fare del bene, il mondo va a rotoli”.

La non violenza viene intesa come debolezza, mancanza di coraggio, di fronte ad un mondo in cui “se vuoi farti strada devi sgomitare”.

Il perdono e la riconciliazione non sono più concepibili nella logica del mondo, che segue il giustizialismo e l’imposizione della legge del più forte.

L’umiltà viene vista come fragilità di carattere, in contrapposizione con il modello della superefficienza e con le ambizioni.

La sobrietà e l’essenzialità non si conciliano con il modello predominante che è quello consumistico, dove l’avere diventa più importante dell’essere.

Il farsi prossimo e la scelta dei poveri vengono fraintese come fossero azioni riservate, anzi, relegate a quei pochi “pazzi” che non si adattano alla vita normale.

L’amore è considerato in modo egoistico, composto solo da passioni e piacere, mentre le componenti della fedeltà e del dono disinteressato di sé sono considerate “fuori moda”.

L’annuncio missionario presenta quindi, per chi ne accoglie la chiamata, difficoltà ancor più marcate ad essere compreso. Anche Geremia ci presenta nella prima lettura le difficoltà che incontra nell’esercizio del suo ministero: “Così la Parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno”. Geremia vorrebbe sottrarsi all’ingrato compito ma la Parola di Dio gli brucia dentro con tale urgenza che non può contenerla: “Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, mi sforzavo di contenerlo ma non potevo”.

La chiamata missionaria non è una vocazione alla tranquillità: è scomoda e scomodante. Solo il lasciarsi sedurre dal Signore e abbandonarsi completamente a Lui (“Non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me” Gal 2, 20) ci permette di alimentare il fuoco della missione, disposti sempre a prendere la propria croce e seguire Gesù per le vie del mondo.

Il Beato Allamano sintetizzava in una frase l’insegnamento che ci viene rivolto dalle letture di questa domenica: “La vocazione missionaria è di quanti amano molto il Signore, disposti a qualunque sacrificio per farlo conoscere e amare”.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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