Mentre la morte, data la sua inevitabilità, è un argomento che viene spesso affrontato semplicemente evitando in ogni modo di pensarci, come se non dovesse mai toccare noi (salvo poi viverlo come un dramma assurdo ed ingiusto quando ci tocca da vicino), oppure facendone una rappresentazione favolistica e farsesca (non a caso in questi giorni si festeggia sempre più anche Halloween), la chiamata alla santità viene qualche volta vista come qualcosa di straordinariamente bello, tanto straordinaria da essere destinata solo ad alcuni “superuomini” che hanno segnato la storia con le loro virtù, che possiamo esaltare ed ammirare un po' da lontano, ma che essendo qualcosa di troppo esigente per i nostri limiti umani, non ci riguarda strettamente, e quindi non vale neanche tanto la pena provarci.
Qualcuno lo pensa veramente, forse per altri e' una buona auto-giustificazione per non assumersi troppe responsabilità, ma certamente non è così: la Chiesa ha spesso ribadito che la vocazione alla santità riguarda tutti, ma veramente tutti, e non è necessario fare cose straordinarie (ma semmai “straordinari nell’ordinario”, come direbbe l’Allamano); nel brano dell'Apocalisse della prima lettura di oggi, ammiriamo questa "moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua" che è accomunata da una sola cosa: "sono quelli che vengono dalla grande tribolazione, e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello"
Se da una parte così si smonta ogni nostra possibile obiezione che la santità "non è per noi", d'altra parte si precisa che si deve passare per la tribolazione e che si devono "lavare le vesti"; questo sembra richiamare da vicino il passo di Matteo letto poche domeniche fa, dove il Re vuole invitare alla sua festa tutti quelli che i suoi servi trovano (cattivi e buoni), alla sola condizione che indossino l'abito nuziale.
Nella lettura di oggi si può intravedere una precisazione che da' grande sollievo: l'abito nuziale non è un abito di per sé di grande pregio o raffinata fattura; è l'abito di cui disponiamo, quello che lo rende nuziale è l'averlo reso candido con il sangue dell' Agnello, sangue che è stato offerto non per pochi eletti, ma per tutta l'umanità.
Fortunatamente, quindi, il cammino verso la santità non e'un impresa ardua affrontabile solo per chi dispone di doti umane straordinarie, ma c'è un Dio che cerca ad ogni costo di "farci santi", cercando di vincere le nostre resistenze, ma che al tempo stesso per rispetto della nostra libertà non vuol vincere queste resistenze con la forza, ma cerca di convincerci amorevolmente con la testimonianza ed il sacrificio del suo Figlio e dei tanti Santi che ci hanno preceduto su questa terra; sta a noi abbandonare la nostra egoistica ostinazione ed accettare questa offerta, per poi diventare a nostra volta testimoni verso altri fratelli.
D'altra parte, accettare questa offerta non è una cosa facile ed immediata che si può sbrigare con qualche pratica religiosa e poi si è "a posto": si tratta di una conversione che ci impegna in ogni momento, anche il più banale, implica l' adozione di uno stile di vita che il mondo non accetta e si dovrà quindi necessariamente andare incontro a difficoltà, incomprensioni, e per alcuni anche vere e proprie persecuzioni.
Il Vangelo di oggi, nella proclamazione delle beatitudini, ci dà una panoramica di queste difficoltà ed al tempo stesso descrive l'atteggiamento interiore che il cristiano ideale (e quindi il santo) ha: la prima e l'ultima beatitudine ci dicono che il Regno dei cieli è dei poveri in spirito, ovvero coloro che "si svuotano" delle proprie risorse e dei loro obbiettivi umani per far posto in loro all'azione di Dio in un totale affidamento, e dei perseguitati a causa della giustizia, che pagano con la persecuzione il loro mantenersi retti davanti alla tentazione di adeguarsi alla mondanità.
Le altre beatitudini completano il profilo del santo: nell'afflizione non si ribella attribuendo il suo dolore ad un errore di Dio, ma attende fiduciosamente la consolazione; è un mite perchè davanti ad una provocazione o in situazioni di necessità non risponde con la violenza, né prevarica l'altro nemmeno se a ragione, ma fa della piccolezza e della non violenza la sua forza; ha fame e sete di giustizia perchè davanti alle ingiustizie del mondo prova un’ira compassionevole e fa tutto quanto in suo potere per ottenere giustizia (ma non si erge a giudice), è un misericordioso e puro di cuore perché le sue azioni scaturiscono da un amore “retto”, senza secondi fini; è un operatore di pace perchè non si limita a discutere di begli ideali ma agisce concretamente per portare la pace con la propria testimonianza ed il proprio operato.
Certamente da tutto questo possiamo dedurre che se abbiamo intenzione di "diventare santi" si prospetta un cammino terribilmente impegnativo, che richiede un continuo discernimento e la disponibilità a passare attraverso travagli anche durissimi, ma sappiamo che la forza e le capacità necessarie per farlo, se non sono già in noi, ci saranno sicuramente date, e le beatitudini ci dicono che questo cammino ci porterà alla realizzazione delle nostre aspettative più profonde, probabilmente tanto alte che forse non osiamo ancora pensarci; non ne vale forse la pena?
Stefano Villa (LMC Bevera)










