VII Domenica Tempo Ordinario

Pubblicato in Domenica Missionaria
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Il Figlio dell’uomo
ha il potere di rimettere i peccati




Is 43,18-19. 21-22. 24b-25;

2 Cor 1,18-22;
Mc 2,1-12


Gesù è nuovamente a Cafarnao, la casa di cui si parla sembra essere dunque quella di Pietro, un punto di riferimento per Gesù e il suo primo gruppo di discepoli.

“Si seppe che era in casa” appena gira la voce che egli è in casa, tutti accorrono a Lui, tutti lo cercano e bloccano ogni accesso all’abitazione. Fra i tanti che si affollano intorno al maestro, Marco presenta solo un caso: quattro persone portano un lettuccio con un paralitico e vorrebbero presentarlo a Gesù, ma non è possibile. Ma questi quattro uomini non perdono la fiducia, fanno qualcosa di strano, tramite la scala esterna della casa raggiungono il tetto, una volta arrivati sul tetto, lo scoperchiano nel punto in cui si trova Gesù e calano il lettuccio con il paralitico davanti a Lui.

Gesù vede la loro fede, sa intravedere la motivazione che ha spinto i quattro portatori ed egli li accontenta al di là delle loro aspettative – oltre alla loro aspettativa che guarisse il paralitico, Gesù fa di più: lo perdona.

Oggi nel Vangelo c’è il racconto di un fatto straordinario della vita di Gesù: a Cafarnao, in casa dell’apostolo Pietro egli perdona i peccati di un paralitico e lo rimanda a casa sano; quell’uomo viene guarito nell’anima e nel corpo. La casa di Simon Pietro è già oggi per la presenza di Cristo, un luogo sacro in cui Gesù “dice la parola” (Mc 2,2), perdona i peccati e guarisce il paralitico. Tutto questo è come preannuncio e figura di quel che sarà la Chiesa di Cristo sotto la guida di Pietro, in ogni parte del ondo “sacramento universale della salvezza” (Lumen gentium, 48).

“Gesù vista la loro fede disse al paralitico: figliuolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” – la fede è necessaria per aprire il nostro cuore all’azione decisiva di Gesù; se in noi non c’è questa disponibilità, egli non ha dove riversare i suoi benefici (Albert Vanhoye).
 
Il perdono dei peccati è il fulcro di tutto l’episodio.

Nel Vangelo di Marco compaiono per la prima volta gli Scribi, essi insieme ai Farisei saranno i principali avversari di Gesù. Gli Scribi appoggiavano il loro insegna mento sulla autorità della legge di Mosè, la gente aveva notato che Egli “insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli Scribi” (Mc 1,22).

La prima accusa che gli Scribi muovono contro Gesù è quella di “bestemmia”, tale peccato era punito con la morte per lapidazione. Difatti il Vangelo dice che alcuni Sribi che erano là seduti sentendo che Gesù aveva detto al paralitico “figliuolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” andavano pensando in cuor loro “perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. Secondo il loro modo di pensare dunque la frase di Gesù corrisponde ad una bestemmia, perché quel maestro si attribuisce un potere divino, parla come se fosse Dio e, quindi, sembra proprio avere la pretesa di essere Dio.

Gesù sa quali sono i loro pensieri e compie il miracolo di guarire il paralitico per far capire di avere lo stesso potere divino di perdonare i peccati “ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino, disse al paralitico, alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”. Per la prima volta qui compare il titolo “Figlio dell’uomo”, espressione che ritroviamo solo sulla bocca di Gesù – Gesù con questo titolo designa se stesso come uomo comune e insieme come personaggio celeste dotato di poteri straordinari (Dn 7,13), è l’uomo che ha sulla terra lo stesso potere che Dio ha in cielo; Egli è l’intervento stesso di Dio per creare l’uomo nuovo,per guarirlo dalla paralisi del peccato.

San Pier Crisologo dice: Gesù dimostra di avere la potestà divina e liberatrice sia verso il peccato, sia verso la malattia. Egli si dimostra Salvatore di tutto l’uomo, anima e corpo. Con le sue parole autorevoli sul perdono dei peccati e sulla malattia Gesù rivela la sua onnipotenza divina e vuole essere riconosciuto Dio.

È comune interpretazione di questo brano evangelico che san Marco abbia voluto proporre una catechesi sul perdono dei peccati. Con la solenne dichiarazione “il Figlio dell’uomo ha in terra il potere di rimettere i peccati” Gesù dichiara il motivo più profondo della sua missione e il significato dei suoi miracoli diventa segno della capacità di Gesù di liberare l’uomo dalla sofferenza più profonda, il peccato.

Solo vedendo la sua fede Gesù dice “figliuolo ti sono
rimessi i tuoi peccati” – così la confessione del buon ladrone “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno” gli ottiene “in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,42) – così per il figliol prodigo “mi leverò e andrò da mio padre...” (Lc 15,18) – quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.

Un giorno una persona andò a Torino per confessarsi da san Giuseppe Cafasso; siccome erano trent’anni che non si confessava, pensava che gli occorressero alcuni giorni per potersi preparare, per questo prenotò un posto all’albergo. Ma, andato a vedere dove il santo confessava, si incontrò con lui che lo persuase a subito confessarsi senza dover aspettare. “Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri peccati” (Sal 64).

Papa Giovanni dice: “nella confessione si immerge l’anima nel sangue di Gesù per lavarla da tutto”.

La confessione avviene nel modo più soave, si è accolti in una festa che solo Dio conosce in tutta la sua gioiosità – non si tratta di una semplice pacificazione, bensì di una restaurazione radicale e onnipotente della condizione in cui Dio ha pensato l’uomo, lo ha amato, e alla quale lo riconduce, con pienezza di vita tale da essere più riccae felice di quanto non fosse il rapporto di amicizia prima del tradimento che lo infranse. Questa è la misericordia del Signore che “ci ha amati di amore eterno e perciò ci ha attratti” (Ger 31,3) (cardinal Ballestrero).

“Figliuolo ti sono rimessi i tuoi peccati” – lo chiama figliuolo, l’umanità peccatrice non se ne era resa conto, ma Dio aveva sempre provato per lei i sentimenti che il padre e la madre hanno nei confronti dei figli. Il peccatore, anche non pentito, rimane per Dio un figlio amabile – nella parabola del figliol prodigo, il padre non ha mai smesso di amare il figlio che si è allontanato dal suo amore.

“Alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”, portare lo strumento su cui giaceva – ecco è avvenuto un capovolgimento di situazione nella vita del paralitico “faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5) come se fosse una creazione nuova, non una semplice innovazione. “Induce un nuovo stato di coscienza nell’uomo, quello che guarda con serena saggezza le proprie deficenze e colpe, non per angustiarsene ma per considerarle nelle loro profonde radici, per capire le immaturità e le involuzioni che le causano, e per riprendere il proprio cammino assumendo i peccati come indicazione delle ombre che ancora dominano l’intimo di ognuno” (Giovanni Vannucci).

Cristo ci ha dato la Chiesa, una Chiesa che egli ha voluto come un luogo di perdono, come una casa di riconciliazione, come una famiglia di peccatori che continuamente rinascono nella esperienza della misericordia.

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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