XVI Domenica del Tempo Ordinario

Pubblicato in Domenica Missionaria
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La “pastorale” di Gesù


Ger 23,1-6;

Ef 2,13-18;
Mc 6,30-34


Chi lavora ha bisogno di prendersi un momento di riposo, e l’attività apostolica come afferma Paolo che per lunghi anni l’ha svolta, è un “duro lavoro” (2 Cor 11,23) – il cardinal Martini dice che l’attività apostolica è “ars artium” (l’arte delle arti).

Ecco la ragione per cui al ritorno dalla loro missione gli apostoli sono invitati da Gesù a riposare un po’.

Nel Vangelo di Marco solo qui i dodici sono chiamati “apostoli”, cioè inviati-mandati con un incarico, cioè delegati a continuare la Sua opera nel mondo.

Gli apostoli ritornano soddisfatti dalla loro missione (Luca parla di gioia dei discepoli per l’esperienza di poter scacciare i demoni [Lc 10,17]) – si riuniscono attorno al Maestro e riferiscono quanto hanno fatto e insegnato.

Dopo averli ascoltati Egli li invita a ritirarsi con Lui in disparte, in un luogo solitario, lontano dalla folla.

La scena di Gesù che si apparta con i discepoli si ripete spesso nel Vangelo di Marco e prepara sempre una rivelazione importante.

Nel brano odierno l’espressione “in disparte” è ripetuta due volte ed è accentuata dal fatto che Gesù e i dodici si trovano soli su una barca che, nel silenzio, lentamente si allontana sul lago.

Questo ci propone una visione della vita pastorale di Gesù e degli apostoli molto significativa per la vita pastorale di tutti i ministri del Signore (Albert Vanhoye).

Vuole che essi confrontino il proprio zelo apostolico con quello dei dodici e imparino a servire i fratelli con tanta dedizione e tanto amore – devono “immergersi” nella folla per conoscere i bisogni e le ansie; è quanto vediamo mirabilmente descritto nel racconto evangelico quando Marco ci dice che “era molta la folla che andava e veniva” tanto che gli apostoli e anche Gesù “non avevano più neanche il tempo di mangiare”.

Ma l’espressione “in disparte” vuol richiamare l’attenzione che il lavoro non si trasformi in attività frenetica, ma che si tenga sempre il contatto con il datore di lavoro: con Cristo e la sua parola.

Gli apostoli che si riuniscono attorno al Maestro e valutano insieme con Lui ciò che hanno fatto e insegnato, mostrano quale deve essere il punto di riferimento di tutta l’attività apostolica. Solo chi procede in questo modo può alimentare la convinzione di non trovarsi nel rischio di correre o di aver corso invano (Gal 2,2).

Gesù che è l’uomo che più di tutti si è mescolato con la folla ed è vissuto con la folla, ne sa prendere anche le distanze per non svuotarsi della carica che gli viene da Dio.

Gli apostoli stavano con Lui, facevano l’esperienza di una comunione intima con il maestro; ai discepoli è dato di conoscere il mistero del Regno di Dio alla scuola diretta e particolare di Cristo, sono nella mani e nel cuore di Gesù che con paziente tenerezza li plasma ad essere suoi competenti ed autorevoli inviati – dovranno andare alla missione loro affidata non con i loro pensieri, ma con i pensieri di Lui, non con i propri umani criteri nell’annuncio evangelico e nel mistero di salvezza.

Gesù vuol ristorare l’anima e il corpo. Con il riposo domenicale si professa la nostra dipendenza da Dio, la fede nella sua provvidenza, col riposo si gusta la creazione che ci circonda, il riposo è chiamata al culto, il riposo è segno di libertà.

San Benedetto con il suo “ora et labora” aveva messo la regola di riposare dieci ore di notte e due ore di giorno (mens sana in corpore sano).

Sant’Agostino: “e così la nostra anima sollevandosi dalla sua debolezza e appoggiandosi alle Tue creature trapassa fino a Te loro mirabile creatore e lì trova ristoro e vigore vero” e diceva che il luogo solitario è dentro di noi, dove si incontra Gesù.

San Francesco con il suo “Cantico delle creature” che quando camminava nel prato percuoteva con il suo bastoncino i fiori dicendo “tacete, tacete, lo so bene che cosa volete dirmi: ama quel Dio che ci ha creati, ama quel Dio che ci ha così meravigliosamente rivestiti” – e diceva ai suoi frati che portano con sé il chiostro pur andando in viaggio.
Quindi come gli apostoli: di predicare il Vangelo di Gesù Cristo, di faticare con Lui e di riposare in Sua compagnia. Questa unione dell’azione con la preghiera è “il distintivo cristiano” (Romano Guardini).

“Chi vuole più azione ha bisogno di migliore contemplazione; chi vuole formare di più deve ascoltare e pregare più profondamente” (H.U. von Balthasar).

“Venite in disparte”: per essere disponibili nei confronti degli altri bisogna prima in qualche modo appartenersi; per poter dare è necessario prima ricevere quella ricchezza che è dispensata dal silenzio; per vincere il male bisogna essere ricchi di bene.

Il riposo di Gesù e degli apostoli dura poco, solo il tempo della traversata del lago; eccoli, infatti di nuovo in mezzo alla gente che accorsa da ogni parte li aspetta sulla riva. Durante la traversata del lago potevano aver riposato, perché quando il lago è calmo si può remare adagio adagio, o anche fermarsi per ore a pescare – ma la folla lo ha visto partire con i discepoli e ha cominciato ad accorrere là dove Lui e i discepoli erano diretti, precedendoli.

L’incontro con la folla suscita in Gesù una reazione emotiva così forte che per descriverla l’evangelista ricorre al verbo greco che esprime un sentimento di compassione “e si commosse per loro” così profondo e così intenso da poter essere provato solo da Dio; indica il gesto tenero e affettuoso del Signore che si china sull’uomo per fasciarne le ferite; la reazione di Gesù rivela la tenerezza di Dio di fronte al dolore dell’uomo.
Quella gente gli faceva pena, ed Egli ne sentiva il profondo rapporto con sé! Marco ne spiega il motivo “perché erano come pecore senza pastore”. Proprio la ricerca appassionata della folla suscita la compassione di Gesù, Egli percepisce che non hanno una guida, sono persone sbandate. Corrono dietro perché hanno l’impressione di aver trovato uno capace di guidarli; Egli ha il ruolo che fu anticipato da Mosé: condurre il popolo alla vera terra promessa. Egli svolge il compito autentico del re, portando il popolo a superare la grande battaglia contro il peccato e la morte.

“E si mise ad insegnare loro molte cose”, Marco ama presentare Gesù come insegnante: cura lo sbandamento con la sua dottrina, Gesù sa insegnare a vivere, sa comunicare lo stile di Dio, sa trasmettere la possibilità di una esistenza “raccolta”.

Gesù si commosse assitendo ad uno spettacolo di desolazione: le pecore disperse, una umanità offesa ed umiliata, di fronte al loro bisogno e alla loro attesa del Regno di Dio, si commosse anche perché sente in sé l’impulso della misericordia del Padre che lo ha inviato ad essere loro pastore.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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