XXIII Domenica del Tempo Ordinario

Pubblicato in Domenica Missionaria
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Gesù “apre” nuove possibilità di vita

Is 35,4, 7a;

Gc 2,1-5;
Mc 7,31-37

Nel Vangelo Marco, solo lui, racconta in maniera vivace il miracolo della guarigione del sordomuto, attingendo le notizie dalla memoria dell’apostolo Pietro.

Gesù da Tiro dove aveva guarito la figlia della donna cananea va a Sidone per poi entrare nella decapoli (dieci città con l’amministrazione autonoma) sulla riva orientale del lago di Tiberiade – siamo dunque fuori dalla Palestina, in terra pagana e questa collocazione geografica è messa volutamente in risalto dall’evangelista: qui compie il miracolo di guarire il sordomuto come segno di speranza per quelle popolazioni ancora pagane. Gesù è venuto non solo per il popolo di Israele ma per tutti. Fa parlare il muto e sentire il sordo, avverandosi quello che aveva predetto il profeta Isaia (35,5): “quando verrà il Messia si apriranno gli occhi dei ciechi, si schiuderanno gli orecchi dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo, canterà di gioia la lingua del muto, scaturiranno acque nel deserto e torrenti scorreranno nella steppa”.

Pio XII “essendosi avvicinato agli uomini oppressi da tante miserie e colpe poté far scaturire dalla sua natura umana unita alla sua natura divina una sorgente d’acqua viva che irrigasse l’arida terra dell’umanità e la trasformasse in un giardino fiorente e fruttifero”.

Anche san Tommaso d’Aquino dice: “con la venuta di Gesù l’umanità è libera per sempre e non v’è alcun male che possa interrompere tale bene”. E la folla riconosce che è giunto il tempo messianico della salvezza annunciato dai profeti. “Ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti”.

Gesù realizza la profezia del profeta Isaia riportando l’umanità alla sua integrità, cioè alla sua piena dignità.

“E gli condussero un sordomuto pregandolo di imporgli la mano” quindi si direbbe che la fama di Gesù taumaturgo ha raggiunto un territorio vasto, soprattutto popolazioni non animate dall’attesa storica di Israele, quella del Regno di Dio. Per essi tuttavia il bisogno è uguale e li accomuna alla condizione di coloro che in Israele attendono la redenzione e la liberazione dal male.

La risposta da parte di Gesù non si fa attendere, e non è fatta di parole. Si limita a trarre l’uomo in disparte se- parandolo dalla folla – forse per la prima volta dopo una lunga esperienza di incomunicabilità, il sordomuto ha la grazia di essere messo al centro dell’attenzione di un interlocutore che pensa solo a lui.

Chi risponde qui è il Figlio di Dio che è venuto ad annunziare e ad instaurare il Regno di Dio anzi, renderlo presente con il suo stesso operare, allargando contemporaneamente i confini della nuova azione di Dio nella storia ad ogni uomo bisognoso di salvezza, al di là della sua appartenenza al popolo eletto.

Cristo afferra tutto l’uomo, così come si trova davanti a Lui. Soltanto con Gesù la dignità dell’uomo acquista il suo vero significato e il suo fondamento – Gesù amava l’uomo, vedendo in ogni uomo la sua stessa immagine: ogni volto di uomo è trasparenza di infinito, segreta somiglianza con Cristo. “Ogni qualvolta avrete fatto questo a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Lo sapeva bene san Alfonso Rodriguez che nelle isole Canarie accoglieva bene ogni persona che arrivava alla sua porta, un giorno Gesù stesso venne a bussare e gli disse: Alfonso tu mi tratti sempre bene quando io arrivo alla tua porta, anch’io ti tratterò bene quando arriverai alla porta del paradiso.

La rivelazione biblica risale alla sua sorgente per dare solido fondamento alla grandezza e alla dignità dell’uomo. Quando Dio creò l’uomo al principio, lo fece a sua immagine e a sua somiglianza ed Egli non pose questa immagine fuori, ma dentro di Lui (Origene).

Il Salmo 8 “che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi”.

Tutte le cose sono state create per l’uomo, l’uomo è creato per Dio “ci hai fatto per Te e il nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in Te” (sant’Agostino).

“Trascurare la conoscenza e la coscienza di sé è un grande pericolo per l’anima” (Origene).

San Bernardo raccomandava al suo discepolo diventato papa Eugenio III (1145-1153) di non dimenticare di essere uomo prima che papa.

Al santuario di Altotting, santuario affidato ai frati minori cappuccini, qui ci fu per quarant’anni “il portinaio della Provvidenza” san Corrado da Parzham che è presentato come “un cappuccino con tutta l’anima e con tutto il corpo”. Anche la coscienza del peccato commesso può diventare la via privilegiata non solo per incontrare Dio ma anche per ritrovare se stessi – la pia pratica dell’esame di coscienza ha anche questa funzione antropologica oltre a quella teologica.

Gesù è un uomo che è inserito realmente nella vita umana, un uomo che tocca con le dita gli orecchi del sordomuto e con la saliva la sua lingua. Egli potrebbe operare il miracolo con una semplice parola, ma non lo fa. Mostra un grande interesse per la condizione penosa di quest’uomo, e interviene con un gesto in cui è coinvolta tutta la propria umanità (Albert Vanhoye).

L’umanità di Gesù è il canale per mezzo del quale ci vengono tutte le grazie – e ancora santa Teresa dice “l’umanità di Gesù è tutto il nostro bene e il nostro rimedio”. Mette le sue dita negli orecchi, tocca con la saliva la sua lingua e questo lo fa per manifestare la sua volontà di guarirlo, e manifestare sensibilmente l’evento di grazia che sta per compiere (anche per il cieco nato Gesù aveva fatto del fango con la saliva e glielo aveva spalmato sugli occhi [Gv 9,6]).

Gesù guarda il cielo: questo gesto vuole indicare che il miracolo avviene per mezzo dell’unione di Gesù con Dio – poi “emise un sospiro” come espressione di completa partecipazione alle soffernze umane; il sospiro più che un gesto di compassione, sembra una invocazione orante che nasce dal profondo dell’essere, come il gemito dello Spirito di cui parla Paolo (Rm 8,26) – e dice “effata” cioè “apriti” e subito si aprono gli orecchi di questo uomo, si scioglie il nodo della sua lingua ed egli parla correttamente. Il sordomuto è guarito ed è rinse- rito nella vita sociale; ora può comunicare, può sentire quello che gli vien detto e può esprimersi con la propria bocca.

“Gesù ha toccato il sordomuto – è ciò che continua a fare con me: mi tocca in ogni gioia e in ogni prova, mi tocca in ogni fratello che mi viene incontro, nei poveri senza voce, negli anziani soli che nessuno ascolta, i giorni vibrano della sua presenza” (Luigi Pozzoli).
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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