È la domenica dell’acqua ossia della grazia. Nella seconda domenica, a Gerusalemme presso la piscina del tempio, l’incontro con la sofferenza, il giovane nato cieco. È la domenica della luce, della fede. Nella terza domenica, a Betania presso il sepolcro dell’amico Lazzaro, l’incontro con la morte. È la domenica della vita, della risurrezione.
Incontri ricorrenti nella nostra vita quotidiana, segnata dall’emarginazione della donna, dalla sofferenza fisica e morale, dal brivido della morte.
Minuziose le indicazioni di tempo e luogo che inquadrano il primo incontro di Gesù, quasi una conferma della veridicità del fatto. Siamo fuori dalla via dei grandi traffici commerciali e fuori dalla città. I discepoli sono andati a far provviste. Ci sono tutte le condizioni di riservatezza. Per un dialogo che scandagli senza timori le profondità di un’anima in peccato e in ricerca. È mezzogiorno e Gesù, stanco, siede presso un pozzo. Un pozzo di più di 32 metri di profondità, prezioso nella vita nomade. Ma soprattutto caro alla tradizione del popolo d’Israele: il pozzo di giacobbe, il capostipite. Ed ecco sulla scena compare una donna e che donna! Adultera e secondo la mentalità religiosa dei giudei, bastarda; non per nulla non ha un nome proprio: una samaritana… Gesù, delicatamente, glielo ricorda: hai detto bene; hai avuto cinque mariti e quello che ora hai, non è tuo marito.
“Una donna”! I maestri in Israele dicevano che era meglio bruciare la bibbia, piuttosto che insegnarla ad una donna. I discepoli, ritornati, si meravigliano che Gesù parli da solo con una donna. Nessuno tuttavia gli chiede: perché parli con lei? “Samaritana”: i giudei ritenevano abominevoli, eretici gli abitanti della Samaria. E la donna ricambia il disprezzo e con spavalderia apostrofa Gesù: Tu che sei un giudeo, uno sbruffone, chiedi da ber a me, una samaritana?
Gesù non reagisce, non si adonta, non guarda la carta d’identità, la posizione sociale, l’appartenenza religiosa e nemmeno la condotta morale di tale donna. Non teme le critiche dei benpensanti, degli uomini di chiesa, e a tutti tende una mano: alla donna di strada, all’adultera, all’emarginato, all’agente delle tasse.
Un comportamento che si è rinnovato in certi incontri e abbracci Giovanni Paolo II ed ancor di più in tanti eroi del volontariato, impegnati con prostitute, drogati, barboni, emarginati: don Benzi, Mazzi, Ciotti, Muccioli, Olivero, Madre Teresa…
Un’attenzione alla donna da parte di Gesù in contrasto con i tempi e che la Chiesa è sempre chiamata a riprendere. Gesù prediligeva le donne e la figura della donna ha nella Chiesa di tutti i tempi un peso notevole di assoluta centralità. La società dominata dall’egoismo, dal piacere e dall’interesse, gode della donna lungo le strade come sugli schermi; la sfrutta, salvo poi, non a battersi il petto, ma a gridare allo scandalo, a puntare il dito con disprezzo ed emarginare.
“Donna, dammi da bere”. Gesù, con fine intuito psicologico e pedagogico, chiedendo si apre uno spiraglio nel cuore ingarbugliato di quella donna. Le risposte della donna sono aspre, dure, sarcastiche. Gesù pazienta, non fa predicozzi, non polemizza, ma con delicatezza tocca le fibre intime e piagate della samaritana ed ha due espressioni che suonano a lode: hai detto bene…, hai detto la verità. Suscita così il gusto di un colloquio spirituale.
“o se tu conoscessi quale è il dono di Dio e chi è colui che ti chiede, dammi da bere”. Ed è questo l’obiettivo della liturgia quaresimale: conoscere veramente chi è Gesù, che cosa è per noi; conoscere il dono che ci porta, renderci coscienti del nostro battesimo che come acqua ci purifica dal peccato.