Attorno alla Parola - III Domenica di Pasqua

Pubblicato in Domenica Missionaria
{mosimage}Le domeniche dette non già “dopo Pasqua” ma “di Pasqua”, per indicare la forte unità di questi cinquanta giorni di fuoco, sono caratterizzate dalle apparizioni del Risorto. Racconti gustosissimi ed anche umoristicamente divertenti. Un Gesù familiare, straordinariamente euforico che sorprende i discepoli impauriti, sfiduciati e increduli: nell’orto all’aperto, nel cenacolo sprangato, nell’osteria, sulla spiaggia. Dopo le apparizioni alla Maddalena, agli apostoli e a Tommaso, la liturgia oggi ci presenta l’apparizione ai due discepoli di Emmaus. Jean Guitton scrive: “Se dovessi lasciare tutto il vangelo per una sola scena che riassumesse tutto il messaggio di Cristo, non esiterei un istante a scegliere i pellegrini di Emmaus”.

È la perla del vangelo di Luca che si dimostra un artista stupendo che senza enfasi riesce a dire cose meravigliose, rendendole familiari in una atmosfera calda e concreta. È un capolavoro letterario, ammirato soprattutto per la sua composizione letteraria, detta inclusione: una specie di gioco ad incastro come il gioco delle scatole cinesi, chiuse le une dentro le altre. I versetti si richiamano l’un l’altro, dal primo all’ultimo, e culminano nel versetto “Cristo doveva soffrire”.


L’apparizione si divide in tre momenti. Il primo momento è carico di angoscia, il secondo momento è pieno di fervore, il terzo momento è un’esplosione di gioia.

Tutto inizia il giorno di Pasqua. Da due o tre ore si era diffusa la voce che era apparso il Signore risorto. Ciance di donne ma che li aveva lasciati perplessi. “Veramente noi speravamo…”.

Disillusi, due discepoli decidono di ritornare a Emmaus distante circa undici km. Da Gerusalemme. Intristiti, sgomenti, smarriti, parlano e discutono sulle vicende di Gesù e sulle speranze che aveva fatto balenare in loro. Tutto fallito!

Il primo momento è dunque un momento di angoscia, il momento dello smarrimento, dello scandalo per la morte ignominiosa subita da Gesù sulla croce: ma come è potuto avvenire? Ad onore dei due discepoli rimase solo la cupa amarezza, il sincero dolore per la fine del loro caro Maestro Gesù; un avvenimento che aveva scosso tutta la città.

Ed ecco Gesù, senza farsi riconoscere come altre volte, si affianca a loro e li interpella sul motivo della loro tristezza. Poi, invece di rincuorarli, li aggredisce, li rampogna, li apostrofa: “O stolti e tardi di cuore…”.

Ed ecco il secondo momento, un momento di crescente fervore. Con tatto e maestria Gesù svolge un lungo discorso pedagogico e didattico per tutto il tempo del loro cammino di circa setto – otto ore. E dimostrò loro come tutti i passi della bibbia riguardavano Lui, il Messia, e preannunciavano che doveva soffrire per entrare nella gloria.

Bellissimo incontro, dove Gesù stesso, in una lunga sintesi biblica, traccia la misteriosa economia del dolore, ossia il perché della sua passione voluta dal Padre. Costateranno i due discepoli alla fine: Non ardeva il nostro cuore quando egli lungo la via ci spiegava la bibbia? Con una così magistrale e fervorosa lezione, il tempo era trascorso in un lampo e, per nulla stanchi, i due scolari non si rassegnano a separarsi da quello straniero, anche se non avevano ancora capito chi fosse.

Ed eccoci al terzo momento, il momento della grande gioia. Sono orami giunti al villaggio ed i discepoli insistono: Siamo al tramonto, Signore, rimani con noi.

E Gesù accetta il cordiale e pressante invito ed entra con loro in una trattoria per mangiare un boccone e riposare nella notte. Ed è in questo momento che il racconto raggiunge il suo culmine: il momento del riconoscimento, il momento della gioia. Gesù “prese il pane, rese grazie, lo benedisse, lo spezzò e cominciò a distribuirlo”. Sono i cinque segni che ritroviamo nella moltiplicazione dei pani, i cinque segni che Gesù compì nell’ultima cena, i cinque segni che la Chiesa ripete in ogni Messa.

“In quel momento gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù”. Nel gesto dello spezzare il pane i discepoli riconoscono Gesù. Per questo i primi cristiani chiamavano la Messa “fractio panis”, per questo la liturgia ha dato grande rilevanza a quel piccolo gesto dello spezzare l’ostia.

L’evangelista Luca ci presenta questo episodio in chiave eucaristica. E noi possiamo concludere notando come nella Messa ci sono tre momenti. Arriviamo alla Messa spesso angosciati per tante vicende tristi, il mistero di dolore che attanaglia il mondo, la società, la famiglia: perché, o Dio? In un secondo momento ci sono le letture che con l’aiuto del sacerdote ci fanno rivivere l’esperienza biblica dei due discepoli: vi sentite voi infiammare il cuore durante queste letture e riflessioni? Viene poi il momento dello spezzare il pane e il dono dell’eucaristia nella comunione: è la gioia della presenza del Risorto che si dà a noi, testimoni della sua risurrezione.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:54

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