Per questo sacerdozio noi ringraziamo il Signore; di questo sacerdozio cerchiamo di conoscere sempre più e meglio la preziosità, per stimarlo, per amarlo, per non sentirlo estraneo alla nostra esistenza. Come gli apostoli nel cenacolo, ci uniamo alla Vergine santissima di cui inizierà a giorni la novena, sotto il titolo di Consolata, affinché il divin Consolatore, lo Spirito santo, sia sorgente di salvezza e punto di comunione tra i fratelli.
Componente caratteristica della vocazione di Abramo (seconda lettura) è la fede: “Abramo ebbe fede contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto, dando gloria a Dio, nella certezza di ciò che Lui aveva promesso era anche capace di realizzarlo…”.
Il sacerdote è uomo di fede. Di Papa Giovanni XXIII, Abrigo ebbe a scrivere: “sa ascoltare Dio e parlare di Dio agli uomini”. Homo Dei – uomo di Dio: questa definizione del sacerdote, definizione vecchia di secoli, continua ad essere valida. È l’uomo che parla sempre di Dio, che manifesta e comunica Dio, che porta Dio e perciò deve essere un uomo che parla faccia a faccia con Dio. Il sacerdote deve essere un uomo di preghiera. Soprattutto oggi e specialmente per igiovani, il sacerdote deve essere un uomo di preghiera, anzi maestro di preghiera. Non più organizzatore, benefattore, tuttofare. Oggi il sacerdote è vero leader se sa pregare, se insegna i veri segreti della preghiera. Questo dobbiamo cercare nel nostro sacerdozio, questo dobbiamo augurarci: che la gente volgendosi al sacerdote possa ripetere la supplica degli apostoli: “Insegnaci a pregare”. I giovani oggi sentono l’esigenza della preghiera. Solo così, se sarà uomo di preghiera, il sacerdote sarà elemento catalizzatore per molti giovani e per la comunità.
Fu un grande momento per la storia della salvezza quello in cui Gesù scelse i dodici per l’annuncio del regno di Dio, ma di quelle dodici vocazioni, una fra le altre fu sconvolgente per le reazioni suscitate tra quanti, nemici o amici, circondavano Gesù. Ed è questa di Matteo, detto Levi il “pubblicano”. L’appellativo è bollato dall’opinione pubblica. Il pubblicano è un essere spregevole, un ladro per la sua esosità e per i suoi imbrogli. E Gesù sceglie un pubblicano, Matteo tra i suoi dodici. Per i farisei e gli scribi è una mostruosità! E quasi non bastasse, Gesù festeggia l’avvenimento accettando il sontuoso pranzo e sedendosi a tavola con gli amici di Matteo, pubblicani e peccatori. Era troppo: i farisei gli contestano il potere di rimettere i peccati e di sedere a tavola con peccatori, infrangendo così una delle regole fondamentali del comportamento religioso. E Gesù insiste sulla sua missione: è venuto per i poveri; non sono i giusti che hanno bisogno di Lui, ma i peccatori. Per loro è stato mandato. Il sacerdote, mandato come gli apostoli da Gesù, ne continua la missione, soprattutto tra i poveri, tra coloro che sono lontani da Dio. Il sacerdote è sacramento, segno della misericordia di Dio: “Misericordia voglio”. È l’uomo che vive in comunione con Cristo, nella preghiera, nella croce, nella carità. È l’uomo di autentica amicizia, come quella di Gesù, che esige perciò rinuncia e morte, permanente vicinanza spirituale e sincera ricerca del bene degli amici. Il sacerdote è segno della bontà di Cristo e del suo amore per gli uomini.
Sintesi di fede e di amore, il sacerdote non è fiore che spunta nel deserto, ma è espressione della maturità di una comunità cristiana. E vostri dovete sentirli i sacerdoti, le suore, i missionari che sono usciti dalla vostra Chiesa: qui hanno ricevuto la fede, il battesimo, la vocazione.
Con il compianto priore di Taizé, dico: non lasciateli soli, non dimenticate i vostri sacerdoti, le vostre suore, i vostri missionari; trasmettete loro la vostra fiducia, altrimenti non ci sarà festa per loro.