Presso l'albero della conoscenza
Si dice che al tempo in cui tutte le anime erano riunite nell'anima di Adamo (secondo la Cabbala tutte le
anime degli uomini erano contenute in quella di Adamo, e di lì hanno iniziato la loro peregrinazione),
nell'ora in cui egli era presso l'albero della conoscenza, l'anima del Baalshemtov sia fuggita e non abbia
mangiato del frutto dell'albero.
I sessanta eroi
Si dice che l'anima di Israele ben Eliezer si sia rifiutata di scendere in questo basso mondo perché aveva
paura dei serpenti ardenti che s'insinuano in ogni generazione, e temeva che essi potessero indebolire il suo
coraggio e distruggerla. Allora le furono dati sessanta eroi di scorta, simili ai sessanta che circondavano il
letto del re Salomone contro i terrori della notte, sessanta anime di zaddikim per vegliare su di essa. Questi
sono gli scolari del Baalshem.
Prova
Si narra: «Eliezer, il padre del Baalshem, viveva in un villaggio. Egli era un uomo così ospitale che
appostava ai margini del villaggio uomini per fermare i poveri viandanti e condurli da lui perché li
assistesse e nutrisse. In cielo ci si rallegrava della sua opera, e una volta si decise di metterlo alla prova.
Satana si offrì a questo scopo, ma il profeta Elia pregò che lasciassero piuttosto andar lui. In figura di
povero viandante, con sacco e bastone, venne il pomeriggio di un sabato alla casa di Eliezer e pronunziò la
formula di saluto. Eliezer non badò all'infrazione del sabato perché non voleva umiliare l'uomo; lo invitò
subito a mangiare e lo trattenne presso di sé. Anche il mattino dopo, quando l'ospite prese congedo, Eliezer
non gli fece alcun rimprovero. Allora il profeta gli si manifestò e gli promise un figlio che sarebbe
diventato la luce di Israele».
Le parole del padre
Israele nacque che i suoi genitori erano vecchi, ed essi morirono quand'egli era ancora un bambino.
Quando suo padre sentì avvicinarsi la morte, prese in braccio il ragazzo e gli disse: «Io vedo che tu farai
splendere la mia luce, e a me non è dato di crescerti. Ma, diletto figlio, in tutti i tuoi giorni ricorda che Dio
è con te e che perciò non hai da temere alcuna cosa al mondo». Le parole restarono nel cuore di Israele.
Contro la mortificazione
Rabbi Baruch, il nipote del Baalshem, raccontava: «A mio nonno, il Baalshemtov, fu chiesto un giorno:
'Qual è l'essenza del servizio di Dio? Noi sappiamo che in tempi passati sono vissuti "uomini dell'azione"
che digiunavano da un sabato all'altro. Ma voi avete abolito questo, dicendo che chi si mortifica deve
renderne conto come un peccatore, perché ha tormentato la sua anima. Spiegateci allora, qual è l'essenza
del servizio di Dio?' Il Baalshemtov rispose: 'Io sono venuto in questo mondo per mostrare un'altra via, cioè
che l'uomo veda d'acquistare queste tre cose: amore di Dio, amore di Israele e amore della Torà; e non c'è
bisogno di mortificarsi'».
Senza il mondo futuro
Una volta lo spirito del Baalshem era così abbattuto che gli sembrava di non potere aver parte al mondo
futuro. Allora disse a se stesso: «Se amo Dio, che bisogno ho di un mondo futuro?»
La danza dei hassidim
Alla festa della Gioia della Torà i discepoli del Baalshem si divertivano in casa del loro maestro;
danzavano e bevevano e si facevano venire sempre nuovo vino dalla cantina. Dopo qualche ora la moglie
del Baalshem entrò nella camera di lui e disse: «Se non smettono di bere, tra poco non avanzerà più vino
per la consacrazione del sabato». Egli rispose ridendo: «Dici bene. Va dunque e dì loro di smettere».
Quando la donna aprì la porta del tinello, vide i discepoli che danzavano in cerchio e intorno al cerchio
danzante correva fiammeggiando un anello di fuoco azzurro. Allora prese ella stessa un boccale nella destra
e un boccale nella sinistra e, allontanando la serva, corse in cantina, per ritornare subito con i recipienti
pieni.
Il sordo
Il nipote del Baalshem, Rabbi Moshe Hajim, racconta: «L'ho sentito raccontare da mio nonno: un
suonatore di violino suonava un giorno con tanta dolcezza che tutti coloro che lo sentivano si mettevano a
danzare, e chi soltanto giungeva nel cerchio della musica, era preso anche lui nella danza. Ed ecco
venirsene un sordo che non sapeva nulla di musica; e ciò che vide gli sembrò un comportamento da pazzi,
senza senso e senza gusto».
La forza della comunità
Si narra: «Una volta, la sera dopo il Giorno del Perdono, la luna rimase coperta dalle nuvole, e il
Baalshem non poté uscire a dire la benedizione della luna. Ciò l'angustiava molto; che, come tante volte,
anche ora sentiva che un destino imponderabile era affidato all'opera delle sue labbra. Invano diresse la sua
profonda forza verso la luce del pianeta, per aiutarlo a gettare i suoi gravi veli; ogni volta che mandava
qualcuno a vedere, sempre gli veniva risposto che le nuvole s'erano ancora infittite. Finalmente la speranza
l'abbandonò.
«Intanto i hassidim, che non sapevano la pena del Baalshem, si erano riuniti nella parte più esterna della
casa e avevano incominciato a danzare, che in tal modo solevano festeggiare lietamente il perdono
dell'anno, compiuto attraverso il servizio sacerdotale dello zaddik. Quando la santa gioia crebbe, invasero
danzando la camera del Baalshem. Presto il fervore li sopraffece, presero per le mani colui che sedeva
afflitto e lo trassero nel loro girotondo. In quel momento di fuori risuonò un grido. Improvvisamente la
notte s'era rischiarata; in splendore mai visto la luna si librava nel cielo purissimo».
Le settanta lingue
Rabbi Lob, figlio di Sara, lo zaddik errante, raccontava: “Una volta passai il sabato presso il
Baalshemtov. Verso sera, prima del terzo pasto, i suoi grandi scolari sedevano già intorno alla tavola e
l'aspettavano. Intanto s'intrattenevano sopra un passo del Talmud di cui volevano chiedergli il significato.
Era questo: 'Venne Gabriele e insegnò settanta lingue a Giuseppe'. Essi lo trovavano incomprensibile; una
lingua non è forse composta di innumerevoli parole? Com'è possibile che la mente di un uomo le possa
afferrare tutte in una sola notte, come si racconta? Gli scolari convennero che Rabbi Gershon di Kitow, il
cognato del Baalshem, dovesse chiederglielo. Quando il Maestro arrivò e sedette a capo tavola, Rabbi
Gershon fece la domanda. Il Baalshem cominciò a parlare; ma gli insegnamenti che dava non sembravano
aver nulla a che fare con il soggetto della domanda, e gli scolari non riuscirono a ricavarne una risposta.
Improvvisamente avvenne qualcosa d'inaudito e d'incomprensibile. In mezzo al discorso Rabbi Giacobbe
Giuseppe di Polnoe batté sulla tavola e gridò: 'Turco!' E dopo un poco: 'Tartaro!' e dopo un altro poco:
'Greco!' e così una lingua dopo l'altra. A poco a poco i compagni compresero: dal discorso del Maestro, che
apparentemente trattava di tutt'altre cose, egli aveva imparato a riconoscere l'origine e la natura di ogni
singola lingua, e chi ti ha insegnato l'origine e la natura di una lingua, ti ha insegnato la lingua stessa».
La battaglia contro Amalek
Una volta Rabbi Pinhas di Korez si sentì turbato nella sua fede in Dio e non trovò altro rimedio che di
andare a trovare il Baalshem. Udì allora che egli era appunto arrivato nella sua città. Pieno di gioia corse
alla locanda. Diversi hassidim si erano raccolti intorno al Maestro, ed egli stava parlando su quel versetto
della Scrittura che dice che le mani di Mosè, tese in alto nell'ora della battaglia contro Amalek, erano
emuna, cioè fiducia, fede. «Avviene talvolta», diceva il Baalshem, «che si è turbati nella propria fede in
Dio. Il rimedio contro questo è di pregare Dio di rafforzare in noi la fede. Che il vero male che Amalek
arrecò a Israele fu che con il suo fortunato assalto fece raffreddare la loro fede in Dio. Perciò Mosè, con le
sue mani tese al cielo, che erano come la fiducia e la fede stesse, insegnò loro a pregare Dio che li
rafforzasse nella fede, e questo solo è ciò che importa nell'ora della battaglia contro il potere del male.»
Rabbi Pinhas l'udì, e il suo udire stesso fu preghiera, e già nella preghiera sentì la sua fede farsi forte.
Vicinanza e lontananza
Uno scolaro chiese al Baalshem: «Come avviene che uno, che è legato a Dio e sa di essergli vicino, provi
talvolta un'interruzione e una lontananza?» Il Baalshem spiegò: «Quando un padre vuole insegnare a
camminare al suo figlioletto, lo pone prima davanti a sé e gli tiene le mani vicine da ambedue i lati, perché
non cada, e così il bambino avanza verso il padre tra le mani del padre. Ma quando è arrivato al padre,
questi si allontana un poco e tiene le mani più discoste, e così via, perché il bambino impari a camminare».
La preghiera nei campi
Un hassid che era in viaggio verso Mesbiz, per trascorrere il Giorno del Perdono vicino al Baalshem, per
non so quale contrattempo si trovò ancora un bel pezzo lontano dalla città quando le stelle spuntarono, e
10con sua grande afflizione dovette pregare solo, in aperta campagna. Quando, passata la festa, arrivò a
Mesbiz, il Baalshem lo accolse con particolare gioia e benevolenza. “La tua preghiera”, disse, “ha sollevato
tutte le preghiere che giacevano per terra nei campi”.
Il calzettaio
Durante un viaggio il Baalshem sostò in una cittadina di cui non ci è tramandato il nome. Una mattina,
prima della preghiera, fumava come al solito la sua pipa e guardava fuori dalla finestra. Ed ecco che vide
passare un uomo che portava in mano il mantello da preghiera e i filatteri e incedeva con tanta semplice
solennità come se la sua via lo conducesse alla porta del cielo. Il Baalshem domandò a quel suo fido, nella
cui casa egli abitava, chi fosse colui. Gli rispose che era un calzettaio che d'estate come d'inverno andava
ogni giorno alla sinagoga e recitava la sua preghiera anche se il numero prescritto di dieci fedeli non era
completo. Il Baalshem gli disse di condurglielo, ma il padrone di casa rispose: «Quel folle non
interromperebbe il suo cammino nemmeno se lo chiamasse l'imperatore stesso». Dopo la preghiera il
Baalshem mandò da lui e gli fece dire che gli portasse quattro paia di calze. Poco dopo l'uomo era davanti a
lui e mostrava la sua merce, onesto lavoro di buona lana di pecora. «Quanto vuoi al paio?» chiese Rabbi
Israele. «Un fiorino e mezzo.» «Ti accontenterai bene di un fiorino.» «Allora avrei detto questo prezzo.»
Subito il Baalshem pagò quant'egli aveva chiesto; poi domandò ancora: «Di che ti occupi?» «Io esercito il
mio mestiere», rispose l'uomo. «E come lo eserciti?» «Lavoro fino a che ho messo insieme quaranta o
cinquanta paia di calze. Allora le metto in una conca con acqua calda e poi le presso fino a che non siano
come devono essere.» «E come le vendi?» «Non esco di casa mia, ma i merciai vengono da me e le
comprano. Mi portano anche buona lana che hanno acquistato per me, e io li compenso per la loro fatica.
Solo in onore del Rabbi sono uscito questa volta di casa.» «Ma quando ti alzi al mattino presto, che fai,
prima di andare a pregare?» «Faccio calze anche allora.» «E come ti regoli per la recitazione dei Salmi?» «I
Salmi che so a memoria», rispose l'uomo, «li dico tra me mentre lavoro.»
Quando il calzettaio fu andato a casa, il Baalshem disse agli scolari che lo circondavano: «Oggi avete
visto la pietra angolare su cui posa il Tempio, fino a che verrà il Redentore».
La preghiera dell'affaccendato
Il Baalshem diceva: «Osservate un uomo che tutto il giorno i suoi affari incalzano per mercati e per
strade; egli quasi dimentica che v'è un Creatore del mondo. Ma quando è l'ora di pregare Minhà ecco gli
viene in mente: devo pregare! E sospira dal profondo del cuore di aver trascorso il giorno tra cose vane, e
corre in un vicolo laterale e si ferma e lì prega. Dio lo ha caro, molto caro, e la sua preghiera fende i
firmamenti».
La sinagoga piena
Una volta il Baalshem si fermò sulla soglia di una sinagoga e rifiutò di mettervi piede. «Non posso
entrarvi», disse, «da una parete all'altra e dal pavimento al soffitto è così stipata di insegnamenti e di
preghiere che dove ci sarebbe ancora posto per me?» E notando come coloro che lo circondavano lo
guardassero stupefatti, aggiunse: «Le parole che escono dalle labbra dei maestri e di coloro che pregano,
ma non da un cuore rivolto al cielo, non salgono in alto, ma riempiono la casa da una parete all'altra e dal
pavimento al soffitto».