DIO CREÒ KAMURIU

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In principio, Nyambe, il creatore del mondo, viveva sulla terra con la moglie Nasilele. A quel tempo, il mondo era vuoto e deserto. C’era solo terra circondata da acque.

Dopo molti, molti anni trascorsi da sola, camminando da sola, cantando da sola e mangiando da sola, Nasilele si annoiò di questa sua solitudine e, un giorno, disse a Nyambe: «Mi sento molto triste e ho sempre voglia di piangere. Ti prego, rendi questo posto un po’ più ridente, popolandolo di creature vive, allegre e belle da vedere».

Nyambe amava profondamente Nasilele e s’affrettò a creare le piante, gli animali della terra, gli uccelli del cielo, i pesci del mare e i rettili. «Ciò che hai fatto è molto bello», gli disse Nasilele, guardandosi attorno. «Sei felice?», le chiese Nyambe. «Lo sarei davvero, – rispose lei – se avessi accanto una creatura che assomigli di più a noi e con la quale poter parlare».

Nyambe tacque per alcun istanti. Poi disse: «Per la tua felicità, sono pronto a fare qualunque cosa. Devo però metterti in guardia: pensaci due volte prima di forzarmi la mano con questa tua richiesta, perché, quando l’avrò esaudita, i nostri giorni saranno pieni d’infelicità e di preoccupazioni».

Nasilele scoppiò a piangere. Allora Nyambe si commosse profondamente e, pur contro voglia, cominciò a pensare quale avrebbe potuto dare alla nuova creatura. «Deve essere simile a noi», insisteva Nasilele. Allora Dio creò l’uomo e lo chiamò Kamuriu.

L’uomo si rivelò una creatura intelligente come Dio stesso. Qualunque cosa Nyambe facesse, lui la ripeteva senza mai commettere un errore. Se, ad esempio, Nyambe ritagliava un cucchiaio da un pezzo di legno, Kamuriu ne faceva uno esattamente uguale. Se Dio forgiava un oggetto di ferro, l’uomo s’affrettava a fare altrettanto. E quando Nyambe costrui una capanna, Kamuriu ne edificò una della stessa misura e forma.

Tutto ciò rendeva Nasilele immensamente felice. Nyambe, invece, era preoccupato. La capacità che Kamuriu aveva di imitarlo lo impensieriva: «Prima o poi – si disse – finirà con il diventare il nostro, principale avversario». E non si sbagliava.

Un giorno, infatti, l’uomo forgiò una sbarra di ferro, ne appuntì un’estremità e la lanciò contro una lepre, uccidendola all’istante. Kamuriu la raccolse e la mangiò, trovandone la carne molto gustosa. Il giorno seguente, uccise una gazzella, se la caricò sulle spalle e la portò a casa. Poi corse da Nyambe e Nasilele e, con tono borioso, raccontò loro le sue imprese.

Nasilele si mostrò molto compiaciuta. Nyambe, invece, montò su tutte le furie: «Hai ucciso e mangiato i tuoi fratelli, i figli dei tuoi stessi genitori – gli urlò. – Come punizione, sarai scacciato dalla nostra presenza».

Profondamente offeso, Kamuriu fuggì lontano dalla presenza di Nyambe e Nasilele e riparò in un territorio molto appartato.

Gli bastarono, tuttavia, pochi giorni per rendersi conto di quanto fosse debole e incapace di fare le cose da solo: se si era rivelato più intelligente di tutti gli altri esseri, ciò era dovuto soltanto alla sua capacità di imitare Nyambe. E allora disse tra sé: «Ritornerò da Dio e gli chiederò perdono». E partì.

Nyambe, però, era ancora molto adirato con l’uomo e non volle riceverlo. Disperato, Kamuriu si rivolse a un messaggero di Dio, che l’accompagnò da Nasilele. Questa, mossa a compassione, riuscì a persuadere il marito ad aver pietà di Kamuriu. «Ti perdono e ti concedo di abitare ancora con noi, – disse Nyambe a Kamuriu – ma, d’ora in poi, coltiverai la terra e vivrai dei suoi frutti. Non potrai più uccidere gli altri animali. Di questi tuoi fratelli e sorelle dovrai, invece, prenderti cura». L’uomo accettò e promise che non avrebbe mai più ucciso un figlio di Dio.

Il campo di Kamuriu era molto fertile e diede presto abbondanti raccolti. Un giorno, però, quando le messi erano pronte per essere mietute e raccolte nel granaio, un’antilope entrò nel campo e mangiò tutto il granturco. Kamuriu s’infuriò: afferrò la lancia, inseguì l’animale, l’uccise e lo mangiò.

Nyambe fu subito informato dell’accaduto e convocò Kamuriu. Questa volta, però, l’uomo aveva una buona scusante: «Lo so che ho sbagliato – confessa – ma quell’animale mi ha distrutto l’intero lavoro di un anno». Fu ancora una volta Nasilele a indurre il marito a perdonare Kamuriu.

Alcuni giorni dopo, il cane di Kamuriu morì e l’uomo andò da Dio per chiedergli una medicina in grado di far ritornare il suo cane in vita. Gli disse Dio: «Certo, posso darti questo potente farmaco, ma a una condizione: che tu lo usi soltanto per risuscitare qualunque animale ti capiti di uccidere».

La proposta non piacque a Kamuriu, anche perché ormai aveva molti nemici tra gli animali e il suo desiderio era di ucciderli tutti. Rifiutò la medicina e se ne andò, pensando che, dopo tutto, avrebbe potuto prendere un altro cane e ammaestrarlo.

Giunto a casa, ebbe fame e decise di prepararsi la polenta. Mise sul fuoco la pentola di terracotta che Dio gli aveva dato, ma commise l’errore di mettere troppa legna e la pentola si ruppe. Cercò di ripararla, ma non vi riuscì. Andò allora da Nyambe e gli disse: «Non so come fare a riparare questa pentola. Potresti mostrarmelo?». Dio si limitò a fissarlo negli occhi, senza dire una parola.

Il silenzio di Dio pesò sul cuore di Kamuriu più di ogni altra punizione. «Dimmi qualcosa – supplicò l’uomo –. Picchiami se vuoi, ma non punirmi con il tuo silenzio». Invano. Dio non disse una parola.

Kamuriu tornò a casa triste e andò a letto senza mangiare.

Due giorni dopo, un forte vento distrusse la sua capanna. Corse da Nyambe per riferirgli la cosa, ma questi gli urlò: «Vattene via da qui! Non voglio più vedere il tuo volto».

Affamato e senza casa, il mattino seguente Kamuriu era di ritorno alla casa di Nyambe. Vedendolo avvicinarsi, Dio si disse: «Devo lasciare questo posto, altrimenti non avrò più pace». Entrò nelle acque di un grande fiume che scorreva lì vicino e prese a nuotare, finché arrivò su un’isoletta lontana dalla riva. Nasilele lo seguì.

Appena giunto, Nyambe convocò tutte le creature che vivevano sull’isola e disse loro: «Fate attenzione a quello che vi dico. Kamuriu è molto più intelligente di tutti voi. Perciò, tenetevi lontano da lui, altrimenti vi ucciderà». A queste parole, le creature più piccole e deboli si diedero alla fuga, in cerca di un posto dove non potessero essere raggiunte da Kamuriu. Le bestie feroci, invece, decisero che l’avrebbero affrontato apertamente, qualora si fosse azzardato a uccidere un altro animale.

Non potendo vivere lontano da Nyambe, l’uomo raggiunse a nuoto l’isoletta e, guardandosi bene dall’importunare una bestia feroce, s’avvicinò ai due genitori e si sedette in silenzio al loro fianco.

Fu Nyambe a rompere il silenzio: «Figlio, raccogli un po’ di legna e accendi il fuoco. Ho fame e voglio prepararmi una ministra di cereali». Pur con una certa esitazione, Kamuriu obbedì: accese il fuoco, riempì d’acqua una pentola, vi versò alcune manciate di cereali e tornò a sedersi in silenzio.

Quando l’acqua cominciò a bollire; Nyambe disse a Kamuriu: «Ecco una prova per te: se riuscirai a rimuovere la pentola dal fuoco senza scottarti, ti nominerò capo di tutte le creature della terra». Kamuriu non esitò un solo istante: si alzò, raccolse due manciate di erba secca, le immerse nell’acqua del fiume e rimosse la pentola senza scottarsi. Nyambe mantenne la sua promessa e nominò Kamuriu capo di tutte le creature. Fu però molto impressionato dalla facilità con cui Kamuriu aveva superato la prova ed ebbe paura dell’intelligenza e del potere che l’uomo aveva ormai acquisito.

Quella notte, Nyambe non riuscì a dormire. Un ragno, vedendolo sveglio, gli chiese: «Cos’è che t’impensierisce, o mio Signore?». Dio non rispose  Allora il ragno riprese: «Forse potrei aiutarti. Sarebbe una grande gioia per me, tua creatura, poter esserti utile. Ti prometto che farò del mio meglio». «Se proprio vuoi aiutarmi, – disse Dio – allora devi giurarmi che eseguirai esattamente quanto ti ordinerò, senza fare domande». Il ragno giurò.

«Tessi immediatamente – ordinò Dio – una ragnatela che unisca la terra al cielo». Il ragno si mese subito all’opra. Prima del sorgere del sole, la ragnatela era terminata. Allora, Nyambe e Nasilele vi si arrampicarono e salirono in alto, al di là delle nuvole, dove stabilirono la loro dimora per sempre.

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 17:05
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