Penso alla forza di questa giovane mamma. Mai avrei potuto immaginare che poco prima avesse partorito. Nessuna traccia di sofferenza. È dura la sua vita. Per la siccità, chissà quanto cammino doveva fare per attingere dell'acqua. E ora che sono venute le prime piogge, deve zappare e seminare. È impensabile risparmiarle questa fatica! Oso chiederle se sa già come verrà chiamato il bambino. "Barabarani" - mi dice. Non ho bisogno di chiederle il motivo. Già lo immaginavo. Il nome riflette le circostanze e il luogo della nascita: è nato per strada... Sarà la sua identità.
Barabarani, avvolto in un panno, sulle ginocchia della mamma, è accanto a me. Ogni tanto guardo il suo visino ancora bianchiccio. Non un vagito. Non piange. Barabarani non lo sa, ma io penso anche a lui e gli parlo: "Cresci bene. Sii forte e laborioso come la gente della tua tribù. Pascolano e coltivano la terra con energia. Non so se i tuoi genitori sono cattolici... Barabarani, possa tu un giorno incontrare il Signore, che è Via, conoscerlo come Verità ed essere illuminato da Lui, che è Luce. Rinascerai. Non sulla strada... ma dal grembo di un'altra madre, la Chiesa. Ora sei un Sukuma. Allora sarai figlio di Dio. Ora appartieni alla tua numerosa famiglia. Allora apparterrai alla ben più numerosa famiglia della Chiesa, che è estesa in tutto il mondo." Barabarani dorme.