Kenya: Una rivoluzione politica?

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Alla fine del 2007, in Kenya ci saranno le elezioni Presidenziali e del Palamento. Già da molto tempo i diversi partiti politici si sono schierati per una battaglia elettorale che si profila durissima e, per alcuni commentatori politici, anche sanguinaria. Ma non sono sempre state così le elezioni in tutto il Continente Africano, Kenya compreso? Che cosa c’è di diverso, o di nuovo? Una cosa veramente c’è: il movimento politico delle donne! Ecco la novità che molti pensano potrà fare la differenza nelle elezioni e nella vita politica del paese.

Oggi, in Kenya, il 4,3% dei membri per parlamento (PM) sono donne: sette elette nelle elezioni generali del 2002, e sette nominate dal Presidente Kibaki; in Tanzania sono invece 61 donne, in Uganda 75 e nel piccolo stato del Rwanda sono il 49% dei parlamentari. Alcuni pensano che il nuovo Parlamento dovrebbe essere composto al 50% da uomini e donne. Lucy Kibaki, la moglie del Presidente, ha ufficialmente annunciato che lei “protende per questa soluzione e farà il possibile per realizzarla”. Julia Ojambo ha dichiarato che “più donne in parlamento porterebbero ad una più equa distribuzione delle risorse del paese. Non ci può essere un paese in cui la metà della popolazione ha il controllo di tutte le risorse, e decide per tutti del come, quando e dove usarle”.


Per attuare questo sogno, si sono già movimentate tante istituzioni e gruppi di ogni sorta. Verso la fine dello scorso aprile, il Movimento della Donna, aiutato e stimolato dalle parlamentari donne, in particolar modo da Wangari Maathai il Premio Nobel per la difesa dell’ambiente, e da coloro che hanno un incarico governativo (Chairty Ngilu, Ministro della Salute, Martha Karua, Ministro della Giustizia, le sottosegretarie Neth Mugo e Betty Tett), ha organizzato una manifestazione a Nairobi per la promozione della donna in politica, e una più equa distribuzione del potere nel paese. Un’altra strategia è quella di fare pressione sui partiti politici perché decisamente si dichiarino dalla parte delle donne e includano delle donne nelle loro liste elettorali, in cambio di un appoggio al loro candidato alla Presidenza. Altra tattica è di parlare con i membri della Commissione che stanno studiando alcuni punti essenziali da includersi in una futura Costituzione, ma da votarsi a dicembre, perché includano il diritto delle donne di avere il 50%, o una maggioranza più rilevante, dei seggi del Parlamento.

Altro elemento in sostegno di questa soluzione, anche se non proprio del 50% dei seggi, è l’intervento aperto di alcune ambasciate e di tante Organizzazione non Governative (NGO). Esse hanno dichiarato che una più equa distribuzione di autorità fra uomini e donne è una questione di giustizia e il loro aiuto in futuro alla nazione sarà determinato anche da come i gruppi politici si comportano a questo riguardo.

Infine, tutte le istituzioni e gruppi che si sono schierati per questa soluzione, chiedono fondi speciali sia dal Governo che da altre entità non governative, per poter far fronte alle spese che questa campagna massiccia in favore delle donne in politica comporta. Tutti sono d’accordo che aiuti speciali sono necessari, specialmente in questo momento così propizio e favorevole per le donne.

{mosimage} C’è un altro gruppo, di cui fa parte la più potente organizzazione femminile, la League of Kenya Women Voters (LKWV), che non accetta per principio che ci sia una legge che determini i seggi da assegnarsi alle donne e agli uomini, o che si votino le donne solo perché sono tali. Loro affermano che il voto deve essere libero, che si debbono votare quei membri che sono più qualificati e che hanno dimostrato con la loro vita e attività, la loro rettitudine e trasparenza. Anche se, a parità di meriti, il dare la preferenza alle donne sarebbe una cosa accettabile e raccomandabile, perché fino ad ora sono stati gli uomini che hanno fatto alto e basso nella vita del paese. La Direttrice del League of Kenya Women Voters (LKV), Ms. Ireno Oloo, ha dichiarato in modo chiaro e forte che “noi non vogliamo essere accusate di voler fare votare donne a tutti i costi, anche se non sono all’altezza del loro mandato. È vero che noi vogliamo incrementare il numero di donne al Parlamento, ma lo vogliamo fare in nome delle qualità, dell’esperienza e della visione che hanno della vita, della politica, del progresso”. Per Mrs. Sarah Muhoya, La direttrice del Center for Multy- Party Democracy (CMD), “tre sono i criteri per votare un membro al parlamento: il calibro di fortezza della persona e la sua leadership, il come viene valutata da coloro che l’hanno votata, e come si è inserita nella vita politica del paese”.

La speranza di avere un numero più consistente di donne al Parlamento e al Governo nasce dalla consapevolezza che, secondo la moglie del Presidente, Lucy Kibaki, “le donne offrono una forma unica di leadership, sono più aperte ai cambiamenti della società e più audaci nel procurare la sua trasformazione, e sono più sensitive ai bisogni della famiglia, dei bambini e dei poveri”.

Si spera che le donne siano leaders migliori, meno corrotte e corruttibili degli uomini e che si interessino del bene comune e non della propria ricchezza e potere.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:01

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