FRATELLO

Pubblicato in Missione Oggi
P. Stefano Camerlengo, IMC

“ Con questo lavoro tu sarai di grande utilità alle missioni;
ed il Signore ti mandò specialmente per questo scopo a cooperare
alla conversione di codesti infedeli” (Allamano a fratel Falda, 1904)

Introduzione

Fratelli, condividendo questa piccola ricerca sulla vocazione del fratello, voglio semplicemente riaffermare l'importanza della loro presenza nella nostra missione e nelle nostre comunità.
la vocazione di Fratello non è sempre ben capita, talvolta anche da coloro che ci sono più vicini. La società attuale subisce grandi cambiamenti, ricchi di promesse per l'umanità. Purtroppo, essi non hanno sempre corrisposto alle attese che avevano suscitato. Ci sono tuttavia segni di speranza: il bisogno di unità e solidarietà si fa sentire ovunque nel mondo. Di fronte a queste necessità e secondo i nostri doni particolari, Dio ci chiama oggi, insieme ad altri, proprio come aveva chiamato nel passato il nostro Fondatore. Noi siamo convinti che la nostra vocazione risponde alle necessità del nostro mondo nel quale ci troviamo come Fratelli: a servizio dell'Amore nel Nome di Gesù, con tutto ciò che siamo e tutto quello che possiamo fare, testimoni di una fraternità possibile in un mondo diviso.
Per esperienza di tanti testimoni, noi sappiamo come la nostra vita sia feconda e come gli uomini e le donne di oggi siano sensibili alla nostra vocazione. Tuttavia, alcuni difficilmente capiscono che chi ha questa vocazione a fratello possa pienamente realizzarsi, che abbia una sua propria identità in quanto Fratello, senza il sacerdozio, ma grazie alla sua presenza e alla sua missione nel mondo, attraverso relazioni fondate esclusivamente sulla fraternità. Le relazioni universali, impregnate di semplicità e di libertà, mettono in risalto la dignità di tutto l'uomo e la comunione di tutti i componenti la Chiesa. In questo modo, la  vita  del fratello testimonia ciò che è la vita religiosa. Uno studioso della vita religiosa fece un giorno la seguente osservazione:
“Solamente il Fratello dà una testimonianza senza equivoci della vita religiosa. Nel caso del religioso sacerdote, la gente ha la tendenza a vedere in lui il prete, piuttosto che il religioso. Nel caso delle religiose, la loro vita religiosa è evidente per tutti, ma - almeno secondo le attuali disposizioni della Chiesa -esse non possono aspirare al sacerdozio. II Fratello è colui che, di fronte a tutte le possibilità che gli si presentano, sceglie un tipo di vita nella Chiesa, semplicemente in quanto religioso. Coloro che desiderano capire cos’è la vita religiosa, ebbene, guardino i Fratelli!».

Presentando questa riflessione, noi speriamo che abbia un vero interesse per i fratelli e per tutti i membri del nostro Istituto e per altri a cui desiderate farlo conoscere, e che esso contribuisca così a far conoscere meglio e stimare la vocazione di Fratello.

La vocazione a fratello nella Chiesa
Le religiose ed i religiosi laici costituiscono un importante gruppo di circa un milione di persone (67.000 religiosi, cioè il 7 per cento, e 930.000 religiose, cioè il 93 per cento) che facendo della sequela a Cristo la loro massima regola di vita, vogliono continuare la missione di Gesù nel mondo.

Il Concilio Vaticano II così presenta il genere di vita di questi religiosi: «La vita religiosa laicale, tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici. Perciò il sacro Concilio, che ha grande stima di esso, poiché tanta utilità arreca all'attività pastorale della Chiesa nell'educazione della gioventù, nell'assistenza agli infermi e in altri ministeri, conferma i membri di tale forma di vita religiosa nella loro vocazione e li esorta ad adattare la loro vita alle odierne esigenze. Di conseguenza, la vita religiosa laica è completa in se stessa. Non bisogna definirla per quel che le manca, ma per quello che è.

Da parte sua, Giovanni Paolo II ha affermato: «Sono convinto che questo genere di vita religiosa che, nel corso della storia, ha reso così grandi servizi alla Chiesa, resta ancora oggi uno dei più adatti alle nuove sfide apostoliche che la proclamazione del messaggio evangelico deve affrontare».

Questi testi rettificano una mentalità esistente, più o meno esplicita, a riguardo dei religiosi laici, da parte di coloro che non vedono in questo stato che una situazione ibrida: essi non sarebbero né sacerdoti, né secolari, ma persone a metà strada, incomplete, indefinite. In effetti, la vita religiosa maschile laica non è sempre stata ben capita nella Chiesa, tanto da parte della gerarchia quanto da parte dei fedeli. I religiosi laici stessi si sono all'occasione più preoccupati di difenderla che di approfondirne il contenuto. La vita del religioso laico ha un significato ed un contenuto propri, il che ha fatto dire ad uno di essi: «Io sono laico in conseguenza di una scelta positiva, cioè non sono laico perché rifiuto di essere sacerdote, ma perché voglio restare laico. Questa stessa scelta positiva fa sì che io mi senta soddisfatto come frate minore laico e che non rimpianga il sacerdozio ministeriale: non sono un non-prete, casi come un prete non è un non-laico». La vita religiosa maschile comporta dunque un'opzione laicale.

A questo proposito, leggiamo nella Lumen Gentium: «Un simile stato, se si riguardi la divina e gerarchica costituzione della Chiesa, non è intermedio tra la condizione clericale e laicale, ma da entrambe le parti, alcuni fedeli sono chiamati da Dio a fruire di questo speciale dono nella vita della Chiesa e ad aiutare, ciascuno a suo modo, la sua missione salvifica».

E nel Codice di Diritto Canonico: «La vita religiosa, per sua natura, non è né clericale, né laica». Di conseguenza, non si tratta di concepire la vita religiosa in termini di promozione, come si fa ordinariamente in alcuni luoghi. Se l'esistenza del religioso prete non stupisce nessuno, perché non dovrebbe essere lo stesso per il religioso laico?

La vita religiosa laica è uno dei doni di Dio alla sua Chiesa; essa ha un senso che basta a se stesso per coloro che hanno ricevuto questa vocazione. La sua missione nella Chiesa e nel mondo è di continuare l'opera salvifica di Gesù: «perché i ciechi vedano, gli zoppi camminino... perché il Vangelo sia annunciato ai poveri». Ci sono dunque degli uomini che trovano nella vita religiosa laica il loro modo proprio di essere come cristiani, sviluppando il loro vigore battesimale con la donazione di se stessi a Dio e con tutta la loro disponibilità per la missione ecclesiale tipica del carisma dell'istituto al quale essi appartengono.

La missione espressa attraverso l'impegno ecclesiale nel mondo.
L'esercizio dei ministeri comporta sovente, per i religiosi laici, l'impegno in una mansione professionale. Nella storia della vita religiosa, e ancora aggi, le attività apostoliche di questi religiosi comportano un inserimento effettivo nelle «realtà profane».

I rischi che derivano da questo inserimento talora hanno nascosto il suo aspetto positivo: l'impegno dei Fratelli nella salvezza del mondo, in quanto religiosi, è segno di una dimensione essenziale della Chiesa, presente nel mondo a servizio degli uomini e contraria ad ogni pretesa di ridurre l'uomo alla sua sola dimensione terrestre.

L'esercizio di una professione è una dimensione caratteristica ed essenziale della vocazione del religioso laico in generale ed è legata alla condizione laicale di questi religiosi.

Le mansioni professionali, prese sul serio, introducono il religioso laico nella «città terrestre e gli richiedono la stessa competenza, lo stesso rispetto delle leggi, lo stesso impegno e le stesse qualità del laico. Si tratta di una presenza della Chiesa nel mondo che comporta una vicinanza reale e solidale tra i religiosi e i laici, col medesimo obiettivo: «L'edificazione del Regno di Dio», anche se è vissuta a partire da due vocazioni distinte, e dunque da due posizioni diverse.

Il religioso laico vive la dimensione della consacrazione e del sacerdozio battesimale a partire dalla sua consacrazione religiosa, dalla sua comunità, dalle
caratteristiche proprie del carisma del suo Istituto; il laico, grazie al suo impegno nel mondo, esprime il «carattere laicale» che gli è proprio. La testimonianza del laico ricorda al religioso che la sua consacrazione non può lasciarlo indifferente alla salvezza del mondo, né al progresso umano voluto da Dio e centrato su Cristo. La testimonianza del religioso ricorda al laico che la salvezza del mondo non è un'iniziativa solamente umana, che lo sviluppo non è un fine a sé e che «l'edificazione della città terrestre deve essere fondata sul Signore» (L.G. 46).

L'impegno apostolico dei religiosi laici ha un carattere fortemente comunitario. E decisivo per caratterizzare la vita religiosa laica in rapporto ai laici e ai membri degli Istituti secolari. L'attività professionale può essere la stessa, ma nel caso dei laici e dei membri degli Istituti secolari, essa è determinata non solamente nel suo esercizio, ma anche nella sua scelta, a partire dall'inserimento dell'individuo nel mondo mentre, nel caso del religioso laico, la scelta dell'attività professionale dipende dalla natura stessa dell'istituto al quale egli appartiene, dal suo fine specifico e, inoltre, dalla «missione» di cui i superiori lo incaricano.

Senza dimenticare il rischio della secolarizzazione segnalato come maggiore e della «divisione del cuore» che comporta l'impegno nelle mansioni professionali, il religioso laico è un uomo capace di inculturarsi nell'ambiente in cui vive, di analizzare la realtà in cui è inserito, di dialogare col mondo rispettando i valori culturali del popolo che egli serve. Resta disponibile ad imparare più che a insegnare e cerca di dare, con coscienza critica, le risposte richieste dalla realtà del mondo e della Chiesa.

La caratteristica di essere nel mondo senza essere del mondo, tipica della vita religiosa, manifesta che la Chiesa non si identifica col mondo, che il Regno di Dio non si costruisce con i valori del mondo e che l'uomo e il mondo hanno bisogno di essere salvati.

Dopo aver indicato le dimensioni fondamentali della vita religiosa laica, bisogna anche ricordare che ogni fondatore e la tradizione viva di ciascun Istituto hanno elaborato una sintesi originale e caratteristica di questi elementi comuni.

Il profetismo della vita religiosa laica
La vita religiosa si sviluppa nel «già qui» del Regno, ma essa è sempre motivata e animata dall'ai di là escatologico, dal «non ancora» del Regno. Essa si inscrive dunque nella linea della profezia, che è uno dei carismi dello Spirito Santo.

I diversi significati della parola «profeta», nell'Antico come nel Nuovo Testamento, esprimono delle sfumature quali: «emettere voce, annunciare, scaturire, scorrere, germinare, espandere..., essere chiamato, colui che ha una vocazione..., chi parla in nome di Dio». Il Profeta è visto come una persona in relazione intima con Dio e con gli uomini. E un uomo di preghiera personale e comunitaria per il mondo, ed è nello stesso tempo impegnato vitalmente a favore dei suoi contemporanei con i quali e per i quali prega e lotta. Il profeta è un uomo religioso che, pieno dello Spirito di Yahvé, ispira ed influenza chi gli è vicino, poiché crede in un Dio salvatore e vivificatore. E un uomo inserito nel suo tempo, che cerca di capire il messaggio dei segni dei tempi...; è un uomo del futuro. Per questo «profetizzare» è essere chiamato da Dio per vivere con Lui, ricevere i suoi oracoli e, soprattutto, diventare portatore del soffio salvatore e vivificatore.

Tra i tanti carismi che Dio dà per il bene del suo popolo, la vita religiosa, motivata dai valori futuri che essa tenta di annunciare con la sua testimonianza attuale, partecipa, in modo particolare, alla dimensione profetica della Chiesa.

Il profetismo dell'Antico Testamento e quello di Gesù Cristo come ci viene presentato nel Vangelo, hanno un prolungamento nella storia della Chiesa. Il modo di vivere degli uomini che hanno parlato nel nome di Dio, e soprattutto quello di Gesù, «il profeta potente in opere e parole», pienamente identificato con il suo tempo, il suo ambiente sociale, la sua famiglia, ma al tempo stesso «altro» per il suo linguaggio, il suo comportamento, i suoi atteggiamenti, trovano una realizzazione concreta nella vita religiosa laica. Tocchiamo qui un aspetto che riguarda l'identità stessa del religioso laico e gli indica un cammino di superamento continuo.

Queste precisazioni riaffermano una concezione profetica della vita religiosa laica; e questo ancor più se consideriamo che le sue diverse modalità sono state suscitate da Dio lungo tutta la storia, come sfida alla Chiesa e al mondo, nella linea del Vangelo.

Vediamo qualche caratteristica del profeta, applicata alla vita del religioso laico:

1. E chiamato da Dio
Come nella Bibbia, la vocazione alla vita religiosa laica è al tempo stesso un dono e una responsabilità: dono di Dio al mondo, alla Chiesa, alla persona chiamata a impegnarsi nella missione di Gesù. Si tratta di un momento fondamentale nella vita del religioso laico, come pure in quella del profeta.

Il religioso laico riceve la chiamata e vi risponde nel contesto del carisma proprio di una Congregazione religiosa, suscitato da Dio stesso in circostanze storiche determinate, per liberare l'uomo da alcune situazioni. Il carisma non è prefissato, né controllato, né definitivo, ma richiede in ogni epoca il discernimento per essere applicato e vissuto in maniera adeguata...: «La fedeltà al proprio carisma è dunque una forma concreta di obbedienza alla grazia salvatrice del Cristo e di santificazione in Lui, per la liberazione degli uomini, negli ambiti dell'educazione, della sanità o del servizio sociale, del ministero parrocchiale, dell'arte, ecc.. Così si rende presente lo Spirito Santo che evangelizza gli uomini con la sua multiforme ricchezza»

2. E un uomo di Dio, portatore dello Spirito
Il religioso laico è chiamato ad essere, come i profeti, un uomo di Dio, portatore dello Spirito di Yahvé, nel quale Dio fa irruzione per diventare l'unico motivo della sua esistenza. Uomo spinto dallo Spirito, il religioso laico sa leggere i segni dei tempi, si incarna come religioso nella realtà del mondo, rivela la bontà della misericordia di Dio, testimonia i valori della consacrazione battesimale e religiosa e celebra la presenza multiforme del Regno nelle realtà terrestri e nella società.

Così, la sua esistenza come pure la sua azione hanno valore di segno escatologico: esse annunciano i valori trascendentali e la salvezza dell'uomo già presente al nostro mondo. «La vita consacrata è così un'affermazione profetica del valore supremo della comunione tra Dio e gli uomini» e «una testimonianza luminosa che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini».

I voti religiosi sono, per loro natura, un mezzo continuo per interpellare se stessi e gli altri. Grazie ad essi, si realizza una vita di annuncio del messaggio della Buona Novella e di denuncia profetica degli eccessi nel possedere, dell'egoismo nell'amore e dell'orgoglio nel modo di essere.

3. Vive in comunità
Incorporato in una comunità, luogo indispensabile e specifico della consacrazione e della missione, il religioso laico è segno che il Regno della fraternità esiste già. Il carattere specifico della comunità è la fraternità evangelica. I religiosi laici assumono comunitariamente una missione determinata, per essere i continuatori della salvezza portata da Gesù.

4. È attento ai segni dei tempi
Come i profeti che scrutavano i segni dei tempi, il religioso laico, mosso dallo Spirito e al tempo stesso vicino agli uomini, è sensibile alle urgenze pastorali della Chiesa, ai bisogni del mondo e agli altri segni dei tempi. Non si rinchiude nel «santuario», ma sa rendere testimonianza dello Spirito della Pentecoste, nelle diverse forme e luoghi del suo apostolato.

5. E impegnato nella liberazione dell'uomo
Il religioso laico, partendo dalla sua esperienza di Dio, condivide le gioie, le speranze e le tristezze degli uomini. Il senso di Dio gli dà il senso dell'uomo e lo pone a servizio di tutto l'uomo e di ogni uomo, soprattutto del più bisognoso.
Grazie alla sua condizione di consacrato, egli stimola la presa di coscienza della dignità della persona umana e diventa presenza che annuncia, per se stessa, la Buona Novella e denuncia le cause delle strutture sociali ingiuste.

6. Partecipa ad una sapienza
Il profeta partecipava alla sapienza di Dio e aveva dei testi di riferimento (libri sapienziali) che derivavano dalla lettura degli avvenimenti fatta a partire dall'esperienza di Dio all'opera nella storia del Popolo. Il religioso laico ha questi stessi testi di riferimento nella Sacra Scrittura, testi che devono essergli familiari poiché li utilizza nella preghiera ed è da essi che ricava una sapienza di vita. Inoltre, possiede gli scritti del suo Fondatore, le Costituzioni... ed il dialogo comunitario e istituzionale che lo avvicinano alla Volontà di Dio.

La figura del profeta, pienamente realizzata in Gesù di Nazareth, è uno stimolo continuo di crescita per il religioso laico che, per vocazione, è totalmente impegnato per Dio e al tempo stesso per la salvezza del mondo.

               Abbiamo descritto i tratti caratteristici della vita religiosa laica, e nello stesso tempo indicato un cammino di crescita nella propria identità. Parlare di identità è, effettivamente, proporre anche un progetto vocazionale per quelli che sono stati chiamati a questo genere di vita.

Alcune convinzioni che sostengono il cammino
1. Siamo convinti che la vita religiosa laica non ha esaurito le sue possibilità e che ha un avvenire, proprio per la sua identità laica. Per questo è importante porla correttamente nel mistero della Chiesa, la cui condizione di Popolo di Dio comporta anche un genere di vita, una mentalità, una spiritualità e una missione.
I testi conciliari lasciano intravedere due possibili classificazioni che abbracciano l'insieme dei membri della Chiesa: dal punto di vista gerarchico, si è sacerdoti o laici; dal punto di vista carismatico, lo Spirito Santo suscita nella Chiesa una grande varietà di carismi, sia per la vita religiosa, sia per il laicato.

D'altra parte, essi affermano che la vita consacrata, per se stessa, «non è uno stato intermediario tra la condizione del clero e dei laici, ma in queste due condizioni, alcuni fedeli sono chiamati da Dio a godere di un dono particolare nella vita della Chiesa, per contribuire, ciascuno a suo modo, alla sua missione di salvezza».

I religiosi laici, per il fatto che sono pienamente religiosi e il loro genere di vita
costituisce «uno stato perfetto di professione dei consigli evangelici», non appartengono meno al laicato, anche se essi vivono in maniera differente dai laici. Senza uscire dalla loro condizione laica, essi sono consacrati, scelti, chiamati alla sequela di Gesù, impegnati ad essere segni per il mondo.

2. La vita religiosa laica parte dall'episodio che è la chiamata a questo genere di vita in cui gli elementi essenziali sono: la consacrazione religiosa, la comunità e la missione ecclesiale. Il religioso laico vive questi elementi della sua vocazione, che non sono esclusivi, all’interno della sua condizione laica. La chiamata ricevuta non significa separazione, ma segno e testimonianza della santità nel mondo, per esercitare una determinata missione ecclesiale.

3. La consacrazione religiosa dà un orientamento a tutta la persona, in funzione della missione propria del carisma. Ciò porta ad un aggiornamento delle tre forze fondamentali di ogni persona umana: l'avere, l'amore e l'essere.

* Quanto all'avere: il religioso laico è orientato dal voto di povertà, che lo impegna ad una vita di lavoro, di partecipazione e di celebrazione con gli altri. In questo modo, a partire dalla sua realtà umana propria, è solidale con il mondo, partecipando alla comunione e alla liturgia della Chiesa.

* Quanto all'amore: questa forza è orientata dal voto di celibato, che gli permette di esercitare più ampiamente la fraternità. Questa si manifesta con una maggiore disponibilità a favore dei più bisognosi, secondo il carisma proprio, nell'amicizia e la fraternità comunitarie. Così, in questa offerta, egli partecipa al ministero dell'educazione e del servizio fraterno.

* Quanto all'essere: «Essere» significa e comporta crescere in un senso preciso e determinato. In questo caso, la crescita personale è dipendente dal voto di obbedienza, mediante il quale egli si impegna perché la volontà di Dio sia il punto di riferimento costante nella crescita personale e comunitaria. Da ciò deriva l'importanza della testimonianza del religioso laico in risposta alla chiamata alla santità fatta a tutti i membri del Popolo di Dio. Il religioso laico ha dunque una missione di testimonianza, così come la Chiesa ha questa missione nel mondo.

4. Il nome di «Fratello», caratteristico del religioso laico, richiama immediatamente la fraternità e pertanto la comunità. I voti di povertà e di obbedienza e soprattutto quello di castità sono dei mezzi per camminare con decisione verso l'utopia evangelica della fraternità.

È fondamentale che la comunità religiosa viva «riunita» attorno alla Parola di Dio che la convoca e la costituisce. La Parola di Dio condivisa e celebrata sarà la regola della sua vita e della sua azione e la ragione del suo impegno per la salvezza del mondo. È qui che si radica la missione profetica del religioso laico che lo rende «uomo Dio», «scrutatore dei segni dei tempi», «portatore di salvezza e di liberazione».

5. I ministeri del religioso laico si vivono a partire dalla sua «missione ecclesiale» caratteristica e particolare, in conformità con il carisma di fondazione. L'esercizio del suo ministero, motivato dalla sua «consacrazione-vocazione», si concretizza in due tipi di attività: uno a servizio delle necessità esistenziali più fondamentali dell'uomo, l'altro in un impegno esplicito di evangelizzazione.

Il religioso laico non partecipa ai ministeri «ordinati», ma agisce all'interno del ministero ecclesiale affidato all'Istituto, esplicitato dalle Costituzioni approvate dalla Chiesa. Così il suo modo particolare di partecipare ai ministeri e ai servizi ecclesiali assicura una garanzia di continuità, tanto dal punto di vista personale che istituzionale.

6. È importante continuare a ritrovare l'originalità e il dinamismo del carisma di ogni Congregazione e a porsi in rapporto ad esso. Le istituzioni e le opere non devono essere un freno alla forza del carisma, ma l'espressione del suo dinamismo. Il carisma può anche esprimersi in ciò che è semplice e modesto, in ciò che si vede poco, in ciò che è disprezzato o di scarso interesse.

La vita religiosa laica è più importante per il suo carattere di profeta e di testimone del mondo che verrà che per la sua utilità, anche pastorale. Per questo prima di tutto viene chiesto ai religiosi:

*di avere una profonda esperienza di Dio e un grande senso comunitario;

*di essere capaci di integrare, con maturità ed equilibrio, tutti i valori ed i limiti della persona, per manifestare con chiarezza la donazione totale a Dio e ai fratelli;

*di essere preparati, come i profeti, a discernere i segni dei tempi, per meglio rispondere agli appelli di Dio, secondo il proprio carisma;

*di essere preoccupati per il mondo e sensibili, grazie al Vangelo, ai suoi problemi, alle sue necessità, così come alla diversità delle culture e delle mentalità;

* di essere presenti nel mondo dove il Religioso appare come segno per la coerenza della sua vita e al quale manifesta il valore della fraternità evangelica grazie alla sua azione e alla sua capacità di relazione umana con tutti.

Queste sono le linee di forza capaci di dare vigore all'identità del religioso laico, continuità alla sua missione e agilità al carattere istituzionale per meglio seguire gli appelli dello Spirito a rinnovarsi.

* * *

Quanto all'avvenire, dipenderà dalla Pentecoste che, mentre ancora oggi irrompe nelle nostre vite sotto forma di vento impetuoso e di lingue di fuoco, ci farà parlare in altre lingue.

Ma per parlare in altre lingue, bisognerà operare uno spostamento dal centro verso la periferia o verso la frontiera, e questo spostamento esige di attraversare il deserto. «I voti, per la loro stessa struttura, permettono ed esigono di vivere seriamente la radicalità della sequela di Gesù, fino a situazioni che non sono normali... Potremmo dire che i voti permettono ed esigono che il religioso sia presente nel deserto, in periferia e alla frontiera. Per «deserto», intendiamo là dove effettivamente non c’è nessuno. Questo è stato il caso nel corso della storia, della sua presenza negli ospedali, nelle scuole o, attualmente, nelle parrocchie abbandonate, nelle zone di missione più abbandonate. Per «periferia» intendiamo non il centro del potere, ma là dove non c’è potere, bensì impotenza. Per «frontiera», intendiamo là dove bisogna maggiormente sperimentare, secondo la necessaria immaginazione e creatività cristiane, là dove il rischio è più grande, l'attività profetica più necessaria per scuotere l'inerzia nella quale la Chiesa nella sua totalità sta impiantandosi, o per denunciare il peccato con più energia».

Questo spostamento dal centro verso la periferia, verso il deserto e la frontiera non è diverso dal ritorno al Fondatore. È in questo che consiste la ri-fondazione di cui hanno bisogno oggi L'Istituto e da cui dipende l'avvenire della vita religiosa laica.

Tutta la vita cristiana è vocazione per una funzione ecclesiale a favore del mondo. La solidarietà tra le diverse vocazioni, vissuta come risposta a Dio che «chiama ed invia» avrà come conseguenza di rendere effettivo il messaggio di pace, di giustizia e di amore che Gesù ha portato a tutti gli uomini.

I religiosi laici, che la vocazione inserisce in un impegno a favore del mondo, incontrano difficoltà a capire il mondo, a comunicare con le sue necessità, con le sue gioie e le sue speranze e a trovarvi il loro ruolo. E per questo che le Congregazioni religiose laicali si trovano di fronte ad una sfida storica: ristrutturarsi secondo il loro proprio carisma, a livello di persone, di comunità, di istituzioni e della missione.
È forse per questo che il nostro interrogativo oggi è ancora lo stesso di Nicodemo:

«Come può un uomo nascere quando è già vecchio?
Può forse entrare una seconda volta
nel seno della madre e rinascere?»

E forse l'unica risposta è quella di Gesù:
«In verità, in verità vi dico:
Se uno non rinasce da acqua e Spirito,
non può entrare nel Regno di Dio.
Perché ciò che è nato dalla carne è carne,
ciò che è nato dallo Spirito è spirito».

In questo senso, più che riscoprire, è da rivalorizzare l'identità del Fratello Missionario della Consolata, perché nella sua indiscussa vocazione missionaria e nell'unicità di spirito, viva, come voleva il Fondatore, una vita di impegno e "di pace" (cfr. II, 19).
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 16:56

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