Unità profonda tra missione e liturgia
In continuità con la grande tradizione ecclesiale il Vaticano II riafferma con forza l’unità dei due
momenti dell’agire pastorale e della missione ecclesiale. Lo fa soprattutto nella prospettiva
dell’annuncio realizzato1. La salvezza che viene annunciata viene annunciata come “buona
novella” nella speranza e tuttavia può essere annunciata come già presente nei segni sacramentali.
Nella liturgia l’opera della redenzione da annunciata è attuata “qui per noi oggi” (SC 2.5-7). Da
questo il senso profondo dell’espressione “liturgia culmine e fonte” (SC 10). Il medesimo concetto
è espresso nel documento missionario : l’azione di Dio vero il mondo si esplica nella predicazione,
celebrazione e testimonianza (AG 9). Va inoltre sottolineato che tale riproposizione è nella
prospettiva pastorale del superamento dell’eccessivo isolamento dato alla sacramentalità nell’azione
ecclesiale dalla impostazione tridentina. Il Concilio recupera e reinserisce questa prospettiva
all’interno di un quadro teologico più definito : la sacramentalità originaria e globale di Cristo e
della chiesa-assemblea, il legame liturgia e vita, e soprattutto il rapporto liturgia e Parola2. Il tema
viene ben ripreso dall’importante paragrafo 21 di DV : “la chiesa ha sempre venerato le Divine
Scritture come ha fatto per lo stesso Corpo di Cristo”. Anche se questo non è sempre stato vero
nella prassi pastorale è indubbio che nella assemblea ogni domenica, da sempre, risuona la
scrittura !
Tra annuncio e realizzazione sacramentale si colloca la fede. Coloro che sono mossi dallo Spirito
accettano la proposta di essere continuatori della esperienza vitale di Cristo e questo avviene per la
potenza dello Spirito (accolto nei segni sacramentali) che ci rende nuove creature in quanto credenti
alla Parola annunciata. Questo stretto legame è stato ben riespresso dal Rito per l’iniziazione
cristiana degli adulti (OICA, 1972 presentato alla chiesa italiana come RICA, 1978). La struttura
di iniziazione viene presentata come tipica per l’intero processo formativo sia di colui che vuole
essere iniziato-battezzato ; sia per coloro che pur essendo stati battezzati non hanno sviluppato la
vita cristiana ; sia per l’intera comunità (Premesse all’edizione italiana, n. 1). Questo in forza della
tipicità del processo di iniziazione che va dalla evangelizzazione (o preevangelizzazione) alla
formazione (catecumenato) celebrazione del Mistero Pasquale ed esperienza mistagogica. Avviene
secondo tappe e momenti la cui struttura fondamentale è sempre l’unione tra formazione e
celebrazione, Parola e Liturgia. (A questo si unisce il ruolo della comunità e l’azione concreta nella
vita). Dunque progettare evangelizzazione è annunciare e celebrare insieme.
Questa prospettiva era già ben presente nella riflessione catechistica italiana.4 La catechesi si
preoccupi di educare i segni liturgici e in primo luogo la partecipazione all’Eucarestia ; la catechesi
sceglie nella scrittura i testi che maggiormente vengono proclamati anche dalla liturgia ; la liturgia è
sorgente di catechesi in atto ; è una fonte inesauribile per la catechesi.5
Nella stessa linea era il documento di programmazione pastorale degli anni ’70 Evangelizzazione e
Sacramenti (ECEI 2). La connessione Parola-Sacramento è riaffermata nei nn. 26-21. Il sacramento
è pienezza dell’evangelizzazione (lo attualizza, n. 48). Tuttavia ambedue rendono attuale e operante
la salvezza operata da Cristo (ivi). Un difficile equilibrio teologico che tuttavia deve ispirare un
ancor più difficile equilibrio pastorale. E’ infatti urgente ricondurre ad unità il processo formativo
della comunità e la via da percorrere è il primato della evangelizzazione (n. 61) specialmente in
connessione con la celebrazione dei sacramenti (nn. 63-68). Anzi le stesse celebrazioni vanno
pensate pastoralmente come forme “piene” di evangelizzazione (n. 66). In verità questa
impostazione poco ha potuto contro la plurisecolare abitudine alla separazione tra sacramento e
catechesi e soprattutto tra sacramento e fede. Le indicazioni di ES 82-92 andavano verso un
riequilibro tra azione liturgica e azione catechetica ; ma si sono rivelate solo come nuovi
contenitori per una religiosità non scalfita.
Direttive simili vengono indicate da DCG ai nn. 55-59. I sacramenti sono azioni di Cristo e della
Chiesa, e vanno presentati in rapporto alla fede. Inoltre vanno presentati secondo “la sua natura e il
loro scopo...come sorgenti di grazia per i singoli e le comunità” (n.56).
In sintesi. Pastoralmente il postconcilio ha rinnovato il rapporto tra evangelizzazione e sacramenti
nella prospettiva dello loro necessaria unità a motivo del mandato evangelico : fate discepoli e
battezzate. Il rapporto è stabilito nel processo di annuncio e di attuazione. Tuttavia va sottolineato il
ruolo della fede ossia la predisposizione ad accogliere la grazia che il sacramento vuole
trasmetterci. In questa prospettiva catechesi e liturgia si sostengono a vicenda : la liturgia è luogo,
contenuto, momento essenziale del processo catechistico e realizzazione dell’annuncio6. L’annuncio
purifica, esplicita e rende autentico il dono sacramentale.
introdurre ai santi segni
La missione porta al sacramento, specialmente all’Eucarestia. In questo contesto la catechesi o il
processo di rievangelizzazione deve servire la liturgia. Dovrà introdurre al senso profondo del
celebrare Cristo risorto.
La vita cristiana, scopo della missione, ha bisogno dello Spirito
Recentemente Giovanni Paolo II ha rilanciato il ruolo della missione nella vita ecclesiale. Essa si
identifica con l’azione ecclesiale come il termine evangelizzazione fu utilizzato da Paolo VI negli
anni 70. Esiste una missione verso coloro che non conoscono Cristo, una missione ordinaria della
comunità verso i battezzati e una missione o nuova evangelizzazione verso coloro che pur essendo
battezzati vivono senza la coscienza di esserlo.
Nella differenziazione delle tre dimensioni dell’agire missionario della comunità esiste tuttavia una
identità di arrivo. Infatti tutti coloro che sono chiamati al battesimo (non quindi missione nel senso
dell’azione della chiesa per la liberazione dell’uomo e l’annuncio del Regno) sono anche chiamati a
sviluppare la vita cristiana che è possibile per l’azione dello Spirito. I santi segni comunicano lo
Spirito di Cristo che abilità i credenti (in una sorta di mistagogia continua) a vivere l’opzione per il
Regno e la sua giustizia. In questa prospettiva i Santi Segni non sono solo per la santificazione
delle singole età o situazione della vita umana, ma soprattutto per vivere la vita cristiana cioè la
missione di Cristo, nella vita umana. La vita cristiana o missione di Cristo è narrata nella Bibbia.
Ancora una volta Parola e Sacramento sono aspetti della medesima realtà cristologica.
i santi segni e la loro struttura catechistica
Da questo punto di vista i Santi Segni comunicano e descrivono la vita cristiana o missione
battesimale. E’ molto importante nella catechesi attuale aiutare le comunità a superare il ritualismo
e magismo sacramentale. Sullo sfondo della cultura occidentale, infatti, è ancora presente il
significato di impetrazione e difesa dalla divinità propria della religione greco-romana. I segni, i
misteri, sono mezzi per ottenere i “favori” della divinità e non il dono dello Spirito per ripercorrere
la strada di Cristo. Questa visione è segno del sacro falso7. Uno dei fattori che favoriscono questa
visione è proprio la separazione tra Parola e Sacramento o più esattamente la separazione tra gesto
sacramentale e Storia della Salvezza. Il sacramento infatti non ci trasmette una generica
santificazione ma riproduce in noi l’azione di Dio manifestata in Cristo. Il sacramento, dunque, è
grazia e rito. In quanto rito usa dei segni-simboli che possono essere decodificati correttamente solo
riferendosi alla Scrittura. Al contrario vengono utilizzati e reinterpretati per la religiosità personale e
pre-cristiana.
I riti sacramentali innanzitutto descrivono e rendono presenti “il mistero di salvezza che ha segnato
le tappe fondamentali della sua [di Cristo]” (Signore da chi andremo ?, 1981, 215) in modo
particolare il suo Mistero Pasquale ; ma anche i “fatti compiuti da Dio nella storia del suo popolo”.
Sono indicativi ma anche imperativi perché dicono e descrivono quello che il cristiano nella
comunità deve fare in forza del sacramento che ricevono. Inoltre mettono in evidenza che tale
progetto si realizza nella storia e nella speranza e sarà pienamente realizzato nella vita futura. Oltre
a comunicare la grazia indicano per quale aspetto della vita cristiana tale grazia dovrà essere
impiegata.
Sono dunque una didattica completa della storia della salvezza : riassumono e rendono presente
l’agire di Dio, di Cristo, della comunità per mezzo dello Spirito. Hanno una struttura-dimensione
che rimanda al Primo Patto (teo-logica) alla pienezza di Cristo (Cristo-logica) al missione ecclesiale
(ecclesio-logica) e fanno intravedere la pienezza della storia (escato-logica). Sono capaci di
rimandare alla piena comunicazione trinitaria.
evangelizzare producendo segni
la necessità del linguaggio esperienziale nella comunicazione della fede
La comunicazione della fede, all’interno del più vasto compito della missione, ha bisogno di
incontrare la vita se vuole che il messaggio sia interiorizzato. Da molto tempo si parla di
dimensione antropologica della catechesi. In questa prospettiva occorre tener presente che il mondo
contemporaneo ha le sue forme di celebrazione : linguaggi, tempi, luoghi e simboli dove viene
celebrata la propria vita. Anche la catechesi vuole celebrare e far danzare la vita ! Occorrerà quindi
fare sempre più attenzione a quali “segni” di vita produce la catechesi. E se ne produce. La
celebrazione in connessione con la vita ha bisogno di una catechesi che si interessi alla vita e la sua
maturazione8. Molto simbolo religioso in circolazione nelle parrocchie è un simbolo vero ma non
vitale.
la celebrazione come linguaggio donato da interpretare
Il movimento kerigmatico ha riproposto l’importanza del linguaggio liturgico nell’era
contemporanea. Le opere di Jungmann e le esperienze catechistiche di F. Derkenne e M. Fargue
hanno trovato realizzazione sia nel Catechismo Verde (tedesco) del 1955 sia nel direttorio francese
del 1964. Ma si parla normalmente di una via liturgica al rinnovamento catechetico9 . Tuttavia
come si usa dire per la dimensione biblica anche la liturgia è un linguaggio-pane duro per la nostra
gente. Soprattutto in rapporto alla evoluzione simbolica della nostra cultura. Così si deve parlare di
“alfabetizzazione liturgica” tra gli obiettivi e i compiti della catechesi10. L’attività celebrativa (che
va oltre l’iniziazione ai santi segni) comporta una serie di abilitazioni progressive : l’uso dei segni,
la capacità estetica, il senso della festa e della comunità, dell’accoglienza e della riconciliazione.
la creatività liturgica come espressione del cammino di fede
Tuttavia I problemi maggiori nel rapporto tra missione e liturgia derivano dal fatto che l’esperienza
religiosa come quella umana produce segni e simboli e non solo utilizza quelli già presenti nella
cultura. Linguaggio simbolico e didattica simbolica in questo contesto significano non tanto
spiegazione ma creazione di simboli11. Questo permette una maggiore interiorizzazione del
percorso educativo in quanto creando unità interiore essa consente una maggiore “esposizione”
dell’individuo-comunità alla provocazione della fede.
Così il “celebrare” non sempre si può limitare a spiegare i segni della liturgia ma molto spesso ha
bisogno di esprimere la fede della comunità secondo linguaggi adatti. Si parla a questo proposito di
celebrare con segni creativi e simbolici. Essi hanno valore non in sé ma in quanto esprimono e
riesprimono la situazione di fede di quella comunità in quel momento.
ipotesi per una rapporto più avanzato
Tertium Millennium Adveniente Ha indicato per ogni anno di preparazione la riscoperta di un dei
sacramenti dell’iniziazione cristiana. In questa prospettiva e riferendosi alla situazione culturale e
pastorale dell’Europa sembra necessario che il rapporto missione-liturgia maturi posizioni più
“avanzate” sul versante della amministrazione dei sacramenti in rapporto alla fede.
Occorrerà riflettere sulla necessità si maggiore inculturazione delle liturgie ad es. sul versante del
bisogno di speranza e di partecipazione globale della persona-comunità sia nella comprensione del
testo biblico che sul versante della reinterpretazione nella vita. Non è più sostenibile teologicamente
che questo venga fatto solo dal celebrante. L’attuale organizzazione dell’anno liturgico non
corrisponde più alla organizzazione della vita urbana. Molti genitori di ragazzi “riprendono” a
partecipare alle liturgie dopo molti anni in occasione dei sacramenti dei figli ma “impattano” un
Lezionario che per loro è fuori luogo per tematiche e tempi essendo pensato in situazione di
cristianità e maturità di fede. E’ urgente un Lezionario in tempi di rievangelizzazione e
reiniziazione. Da molte parti si invoca una reimpostazione catecumenale di almeno uno dei
sacramenti della iniziazione. Io pensa sia adatto a tale scopo il sacramento della confermazione. Ma
anche il cap. V del RICA attende ancora una vera attuazione nelle comunità. E’ molto difficile che
nelle nostre assemblee venga celebrata la vita oltre che il mistero di Cristo. Soprattutto a motivo
della interpretazione prevalentemente moralistica della liturgia della parola. E’ importante che si
inizi a prendere in considerazione anche l’ascolto della storia della comunità e del territorio per
poterlo “celebrare” attraverso il mistero di Cristo risorto.