I vescovi del Canadá, come espressione tangibile del loro impegno a camminare con i popoli indigeni, si sono impegnati a versare 30 milioni di dollari in progetti a favore delle vittime del sistema educativo fondato in scuole residenziali a cui sono stati obbligate le comunità indigena originarie del Canadá.
Il neoeletto presidente della Conferenza episcopale canadese (CCCB), il vescovo Raymond Poisson, ha dichiarato che “quando i vescovi del Canadá si sono riuniti in plenaria la scorsa settimana, c'era un consenso universale sul fatto che le entità cattoliche avevano bisogno di fare di più in modo tangibile per affrontare la sofferenza vissuta nelle scuole residenziali delCanadá ”, questo sforzo “sostenuto da iniziative diocesane locali vuole sostenere programma e iniziative che garantiscano le risorse necessarie per assistere le vittime nel percorso di guarigione”
Tutti i progetti saranno determinati in consultazione con le popolazioni originarie Metis e Inuit di ogni regione appoggiando quelli più meritevoli di sostegno.
William McGrattan, vice presidente della CCCB ha detto che “non c’è niente che possa eliminare il dolore delle vittime ma ascoltando, cercando relazioni e collaborando dove siamo in grado, speriamo di imparare a camminare insieme in un nuovo percorso di speranza”.
Le cosiddette “scuole residenziali” erano collegi obbligatori finanziati dal governo canadese e gestiti da autorità religiose durante il diciannovesimo e ventesimo secolo con lo scopo di assimilare i giovani indigeni alla cultura euro-canadese. Queste hanno sconvolto la vita delle comunità indigene originarie; molti bambini hanno subito negligenza e abusi, causando problemi a lungo termine tra i popoli indigeni. Da quando l'ultima scuola residenziale è stata chiusa nel 1996, gli ex studenti hanno chiesto un riconoscimento e un risarcimento, che ha prodotto nel 2007 l'Indian Residential Schools Settlement Agreement e nel 2008 le scuse formali del primo ministro Stephen Harper.
In un rapporto pubblicato nel 2015 dopo un'inchiesta durata sette anni, la Commissione sulla Verità e la Riconcilizione del Canadá ha concluso che almeno 4100 bambini sono morti mentre frequentavano queste scuole, molti di loro a causa di abusi, negligenza e malattie, e che siano stati circa 150 mila i bambini appartenenti alle comunità indigene Inuit e Métis quelli che hanno frequentato queste scuole e sono stati sottomessi a un sistema identificato come "genocidio culturale".
Dopo la scoperta, all’inizio di questa estate, di centinaia di tombe non segnalate nei terreni di ex scuole residenziali gestite da comunità cattoliche, il 24 settembre, durante la loro assemblea plenaria autunnale, i vescovi canadesi hanno riconosciuto che "gravi abusi" sono stati commessi da alcuni membri della comunità cattolica, ed hanno espresso il loro "profondo rimorso", scusandosi "in modo inequivocabile". Hanno anche confermato che Papa Francesco incontrerà una delegazione di sopravvissuti e di indigeni in Vaticano nel mese di dicembre.
Comunicato stampa del 24 settembre 2021
Noi, vescovi cattolici del Canadà, riuniti in plenaria questa settimana, cogliamo questa opportunità per affermare a voi, popoli indigeni di questa terra, che riconosciamo la sofferenza vissuta nelle scuole residenziali indiane del Canadà. Molte comunità religiose cattoliche e diocesi hanno partecipato a questo sistema, che ha portato alla soppressione delle lingue, della cultura e della spiritualità indigene, non rispettando la ricca storia, le tradizioni e la saggezza dei popoli indigeni. Riconosciamo i gravi abusi commessi da alcuni membri della nostra comunità cattolica: fisici, psicologici, emotivi, spirituali, culturali e sessuali. Riconosciamo anche con dolore il trauma storico continuo e l'eredità della sofferenza e delle sfide affrontate dai Popoli Indigeni che hanno conseguenze ancora oggi.
Insieme a quelle entità cattoliche che erano direttamente coinvolte nella gestione delle scuole e che hanno già offerto le loro sentite scuse, noi vescovi cattolici del Canadà, esprimiamo il nostro profondo rimorso e chiediamo scusa inequivocabilmente. Siamo pienamente impegnati nel processo di guarigione e riconciliazione.
Insieme alle molte iniziative pastorali già in corso nelle diocesi di tutto il paese, e come ulteriore espressione tangibile di questo impegno costante, ci impegniamo a intraprendere una raccolta di fondi in ogni regione del paese per sostenere iniziative accordate localmente con i partner indigeni.
Inoltre invitiamo i popoli indigeni a intraprendere con noi un cammino di riconciliazione, aiutando ciascuna delle nostre diocesi a dare priorità a iniziative orientate verso la guarigione; l’ascolto dell'esperienza dei popoli indigeni -specialmente i sopravvissuti delle scuole residenziali indiane-; la formazione su cultura e spiritualità indigena per il clero, gli uomini e le donne consacrate e i fedeli laici. Non desisteremo nell’impegno di fornire documentazione o registri che aiutino a far memoria di coloro che sono sepolti in tombe senza nome.
Dopo aver ascoltato le richieste di coinvolgere Papa Francesco in questo processo di riconciliazione, una delegazione di sopravvissuti indigeni, anziani, custodi della conoscenza e giovani incontrerà il Santo Padre a Roma nel dicembre 2021. Papa Francesco li incontrerà e ascolterà in modo da discernere come sostenere il nostro comune desiderio di rinnovare le relazioni e camminare insieme lungo il cammino della speranza nei prossimi anni. Ci impegniamo a lavorare con la Santa Sede e i nostri partner indigeni sulla possibilità di una visita pastorale del Papa in Canadà come parte di questo viaggio di guarigione.
Ci impegniamo a continuare ad accompagnare voi, popoli originari Métis e Inuit di questa terra e, nel rispetto della vostra resilienza, forza e saggezza, non vediamo l'ora di ascoltare e imparare da voi mentre camminiamo in solidarietà.