Papa Francesco apre la Porta Santa in san Pietro: Giubileo della Misericordia nello “spirito del Vaticano II, del Samaritano”

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Il Giubileo straordinario della Misericordia che si inaugura oggi va vissuto nello “spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano”, per continuare la “spinta missionaria” e “l’entusiasmo” apertisi con quell’evento di 50 anni fa, che è stato “un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo”. Il programma di questo Giubileo è dunque “andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo”.

Sono alcune delle sottolineature che, prima di aprire la Porta Santa della basilica, papa Francesco ha fatto emergere nella sua omelia spiegando l’importanza del Giubileo e mettendola in relazione con i 50 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. Proprio per questo, la celebrazione eucaristica è stata preceduta da alcune letture dei documenti conciliari (da Dei Verbum, Lumen gentium, Sacrosanctum concilium e Gaudium et spes), e da due brani di Unitatis redintegratio sull’ecumenismo e Dignitatis humanae sulla libertà religiosa.

Fra solide misure di sicurezza, i fedeli sono fluiti nella piazza fin dalle 6.30 (la messa è iniziata alle 9.30). Nonostante le minacce di atti di terrorismo diffuse nei giorni scorsi, nella piazza sono presenti almeno 60 mila persone, oltre a centinaia di vescovi, sacerdoti e cardinali, insieme a personalità politiche italiane e del mondo diplomatico.

Il Giubileo della Misericordia si apre con la festa dell’Immacolata Concezione. Il pontefice ne spiega il senso: “La festa dell’Immacolata Concezione esprime la grandezza dell’amore di Dio. Egli non solo è Colui che perdona il peccato, ma in Maria giunge fino a prevenire la colpa originaria, che ogni uomo porta con sé entrando in questo mondo. E’ l’amore di Dio che previene, che anticipa e che salva. L’inizio della storia di peccato nel giardino dell’Eden si risolve nel progetto di un amore che salva. Le parole della Genesi riportano all’esperienza quotidiana che scopriamo nella nostra esistenza personale. C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. E’ questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure, anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre. La parola di Dio che abbiamo ascoltato non lascia dubbi in proposito. La Vergine Immacolata è dinanzi a noi testimone privilegiata di questa promessa e del suo compimento”.

“Entrare per quella Porta – spiega ancora il papa - significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia (cfr Agostino, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore. Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma”.

“Oggi varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo. Questa scadenza non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. In primo luogo, però, il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano”.

Le preghiere dei fedeli sono proclamate in diverse lingue: in cinese, arabo, francese, swahili, malayalam, a dare il senso di universalità del Giubileo e la possibilità di celebrarlo nel proprio Paese o diocesi. Proprio a sottolineare questo aspetto, la prossima domenica, 13 dicembre, in tutte le cattedrali del mondo saranno aperte le Porte Sante. Il pontefice aveva già anticipato l’apertura di una Porta Santa a Bangui, in Centrafrica la scorsa settimana, durante il suo pellegrinaggio africano.

Quasi a conclusione della messa, il pontefice viene rivestito di un piviale, mentre il diacono proclama solennemente l’inaugurazione del Giubileo straordinario della Misericordia e l’apertura della Porta Santa, segno di Cristo stesso, “la Porta”. Mentre il coro canta un canone della tradizione di Taizé (“Misericordias Domini in eternum cantabo”, canterò in eterno la misericordia del Signore), Francesco si è diretto nell’atrio  della basilica e prima di aprire la Porta Santa ha abbracciato il papa emerito Benedetto XVI, lì presente.

Dopo un’invocazione, il papa si è recato alla porta, adornata di fiori, e l’ha spinta aprendola. Poi si è fermato alcuni minuti in silenzio e ha invocato la scoperta della misericordia nell’entrare “nella casa del Signore”. Dopo di lui, Benedetto XVI ha varcato la Porta Santa, seguito da tutti i cardinali e vescovi concelebranti, insieme ai sacerdoti e a una delegazione di religiosi, religiose e laici.

In processione, guidati dal pontefice, tutti si sono recati all’altare della confessione, dove era esposto il crocefisso, davanti al quale il papa si è soffermato in preghiera a capo chino. E dopo un’orazione conclusiva, ha benedetto tutti i presenti, terminando la cerimonia.

Fonte: AsiaNews

Festa dell'Immacolata, Papa apre la Porta Santa: Giubileo della tenerezza di Dio

Papa Francesco ha solennemente inaugurato l’Anno Santo straordinario della Misericordia aprendo e varcando, poco dopo le 11, la Porta Santa della Basilica vaticana, dopo aver presieduto poco prima in Piazza San Pietro, di fronte a 70 mila persone, la Messa nel giorno della Solennità dell’Immacolata. In un tweet, Francesco ha condensato il suo auspicio per l’Anno Santo: “Che il Giubileo della Misericordia porti a tutti la bontà e la tenerezza di Dio!”. La cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis

Un uomo con un abito color oro cupo – in precedenza verde, evoluzione di un’umanità che sta per essere redenta – trasportato sulle spalle da Cristo vestito di un bianco candido quasi accecante, i visi di entrambi che aderiscono in un gesto di così intima unità che l’occhio destro del Cristo e l’occhio sinistro dell’uomo sono la stessa cosa. La tenerezza fatta immagine sacra, la compassione divina condensata in una intuizione grafica.

Apritemi le porte della giustizia
È sotto questa immagine del buon samaritano, il “testimonial” dei prossimi dodici mesi giubilari, che Papa Francesco passa due volte, quando alle 9.30 esce sul sagrato della Basilica vaticana e poi poco dopo le 11, quando vi rientra per compiere il gesto che tutto il mondo attende, le mani poggiate a premere sul bronzo della grande Porta Santa – anche se il privilegio della prima apertura lo ha già riservato al cuore dell’Africa, al legno di una Porta meno maestosa ma per il Papa delle periferie non meno sacra:

“O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il persone, donaci di vivere un anno di grazia, tempo propizio per amare te e i fratelli nella gioia del Vangelo (…) Apritemi le porte della giustizia…”

L'apertura della Porta Santa
Alle 11.11 i battenti si schiudono e la sagoma in controluce a braccia spalancate di Francesco ripresa in mondovisione “buca” la penombra nella quale è immersa la Basilica. Alle sue spalle, distanziato leggermente sulla destra, staziona a mani giunte il Papa emerito, Benedetto XVI.

“…per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore”.

La Porta della tenerezza
Lentamente Francesco avanza verso l’Altare della Confessione, dietro di lui la lunga processioni di cardinali, presuli, sacerdoti. Fuori, negli stessi istanti, come per una misteriosa coreografia, anche i cumuli bassi e scuri che fin lì hanno appesantito il cielo di Roma, lucidandola con qualche spruzzo di pioggia, si allargano per far spazio a un raggio di sole che in breve aumenta di intensità orlando di luce le nuvole e dissipandole in gran parte:

“Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza”.

L’amore che perdona
Misericordia, tenerezza, perdono. In settantamila dentro la piazza e moltissimi altri rimasti all’esterno si sono sottoposti dall’alba al rito delle strettissime misure di sicurezza – ripetuti varchi di controllo, perquisizioni minuziose, processioni al metal detector prima che alla Porta Santa, elicotteri come uccelli da guardia alti e dissonanti col rumore dei rotori che si mischia al canto del coro della Sistina – tutto pur di ascoltare dal vivo il messaggio del Papa per l’Anno Santo. Francesco lo introduce con un pensiero a Maria Immacolata, nel giorno della solennità che la celebra, perché proprio in Lei, afferma, si vede come la “storia di peccato nel giardino dell’Eden” si risolva “nel progetto di un amore che salva”:

“C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. E’ questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure, anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Il peccato soltanto sotto questa luce si capisce. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre”.

Il Concilio che incontrò il mondo
E c’è un secondo filo di ordito a rendere più preziosa la trama del tessuto giubilare. È l’eredità del Vaticano II, che l’8 dicembre di 50 anni fa chiudeva i lavori per donare alla Chiesa, rammenta Francesco, una monumentale “ricchezza” di fede:

“Il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro”.

Come buoni samaritani
Un anno di grazia, conclude Papa Francesco, acceso dal propulsore della “stessa forza”, dello “stesso entusiasmo”, della “spinta missionaria” che scaturì mezzo secolo fa dal cuore dei padri conciliari:

 “Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano”.

Fonte: Radio Vaticana

 

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Dicembre 2015 12:45

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