Pochi giorni fa l’esercito del Camerun ha ucciso 116 miliziani nigeriani di Boko Haram, nel corso di un attacco del gruppo islamico contro una base militare nel nord del Paese, al confine con la Nigeria. E’ solo l’ultimo episodio di uno stillicidio di azioni militari e violenze compiute dagli islamisti che, da mesi, si sono infiltrati nell’estremo nord del Camerun.
In quella zona opera un missionario italiano, fratel Fabio Mussi, membro del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime); in qualità di responsabile della Caritas della diocesi di Yagoua, si prende cura di migliaia di cristiani e musulmani sfollati dalla vicina Nigeria sotto l’urto di Boko Haram.
Raggiunto da Vatican Insider, fratel Mussi racconta: «Le notizie di incursioni ed attacchi terroristici si susseguono quotidianamente e si bilanciano con le azioni delle forze armate del Camerun. Nel territorio della nostra diocesi è stato scoperto un campo di addestramento per bambini e individuate alcune ragazze che si stavano infiltrando in scuole o altri incontri con addosso esplosivi. Di recente è stato arrestato un giovane handicappato musulmano che si era recato in moschea portando sotto la tunica 2 kalashnikov: è stato denunciato da un ragazzino nigeriano che lo ha riconosciuto come colui che “uccide sgozzando i prigionieri”. Al momento le autorità sono riuscite a bloccare questi tentativi, ma si teme che si ripetano altrove».
Il Natale appena trascorso è stato celebrato in un clima insolito, sotto il segno dell’incertezza. «Alcune chiese importanti della città di Maroua, nel Nord del Camerun, sono state presidiate da militari e in qualche caso i fedeli hanno dovuto accettare di passare da un metal detector. Questione di prudenza, ma si sono evitati disastri».
Continua fratel Fabio: «La località di Fotokol è attualmente al centro delle azioni di guerra nella Provincia di Logone e Chari. Contemporaneamente è anche luogo di accoglienza per molti rifugiati e sfollati della regione; attualmente ci sono circa 4.000 persone in situazione di precarietà, essenzialmente donne e bambini». Per rendersi conto in prima persona della situazione fratel Mussi ha compiuto una visita alla frontiera con la Nigeria dal 9 al 15 dicembre. «Il viaggio si è svolto senza grossi problemi –spiega - anche se è stato pesante per le nuove piste che abbiamo dovuto percorrere in modo da evitare le strade ancora minate».
«Certo – continua - è un grosso rischio da correre, ma è anche una battaglia contro chi vuole distruggere tutto quel poco che c’è di buono. Le azioni militari non possono risolvere tutti i problemi con le armi. C’è bisogno di altre azioni positive che costruiscano una realtà che guarda con fiducia al futuro». E aggiunge: «La nostra azione è ben poca cosa di fronte alla gravità della situazione. Tuttavia siamo convinti che far arrivare dei viveri di prima necessità a centinaia di persone che sono abbandonate ed emarginate, grazie anche al sostegno della Fondazione Pime, sia già dare una nuova speranza a questa gente». In questi giorni a Fotokol si stanno distribuendo viveri che sono stati inviati da Caritas Yagoua. Inoltre, si sta preparando un nuovo carico di medicinali che partirà a inizio 2015.
Conclude fratel Mussi: «Anche se può sembrare meno importante, in una situazione di guerra come quella in cui viviamo, ci stiamo impegnando - grazie anche al sostegno di molti amici in Italia - a far riprendere la scuola a circa 300 bambini e giovani che sono fuggiti dai villaggi frontalieri, bersaglio di azioni di guerra. Le autorità hanno chiuso tutte le scuole elementari e superiori delle località a meno di 15 km dalla frontiera, e così migliaia di bambini e giovani sono a casa, sulla strada. Ora, lasciare senza prospettiva questi ragazzi è un grande rischio, perché possono diventare facile preda degli estremisti di Boko Haram, pronti ad arruolare bambini e giovani per farne carne da macello. Il fatto che in molte scuole coraniche della zona il numero di adolescenti sia diminuito sensibilmente è già un fatto preoccupante e riconducibile (forse) a questa particolare soluzione. Per questo, mantenere aperte le scuole, pur con tutte le difficoltà oggettive di sicurezza, è una sfida da affrontare con decisione. Anche la diocesi di Yagoua ha voluto tenere aperte le scuole cattoliche della Provincia, e avviare, seppur in circostanza a dir poco favorevoli, un Liceo bilingue proprio nella città di Kousseri, capoluogo della provincia più martoriata, per attestare la volontà di continuare ad educare la gioventù su valori positivi e aperti al futuro».