Foto Attanasio, SMA
In un mondo che sta drammaticamente cambiando, gli scenari di guerra, palesi e non, sono molteplici e la “guerra mondiale a pezzi” come l’ha chiamata il Papa Francesco, nell’ultimo mese si è accelerata in modo drammatico. Anche la Repubblica Democratica del Congo, dove poco più di un anno fa perse la vita l’ambasciatore italiano Luca Attanasio è uno scenario drammatico oltre che dimenticato. In concomitanza con la celebrazione dei martiri missionari ascoltiamo le parole Zakia Seddiki, la moglie di Luca e mamma delle sue tre bambine, a proposito non di un missionario, ma di un diplomatico che con la sua famiglia viveva il suo lavoro come una missione. L’ambasciatore Luca Attanasio fu assassinato in una imboscata nei pressi di Goma il 22 febbraio 2021. Questa regione sarà visitata da Papa Francesco il prossimo mese di Luglio, Durante il suo viaggio il Papa celebrerà Messa non lontano dal luogo in cui fu ucciso l’ambasciatore italiano.
Luca era Luca, semplicemente il mio Luca, una persona davvero speciale. Semplice e spontaneo, è sempre stato un bambino dentro. Era molto attento, sapeva ascoltare gli altri e dare attenzione; era molto sensibile.
La nostra storia d’amore è iniziata l’undici febbraio del 2011 in Marocco. All’epoca era arrivato da tre mesi per fare il console generale. Ci siamo conosciuti tramite un amico comune e così è iniziata la nostra storia. Eravamo giovani, ci siamo incontrati e capiti, con rispetto, dandoci l’uno per l’altra, lui era una persona che dava gioia, pieno di energia. Io l’ho seguito prima a Roma, poi in Nigeria e infine nella Repubblica Democratica del Congo. Dal nostro amore sono nate tre bimbe.
Purtroppo Luca non c’è più, ma ci sarà sempre nel nostro cuore. Ricordo che quando mi ha detto che il suo nuovo luogo di lavoro era il Congo io non mi sentivo affatto contenta, ho dovuto pensarci un po, ma poi mi sono detta che non dovevo essere egoista. All'epoca avevamo già Sofia, la bambina più grande: in Nigeria prima avevamo avuto problemi con la parte sanitaria e in Congo sarebbe stato ancora più difficile. Poi alla fine abbiamo parlato e ci siamo messi d'accordo, saremmo andati insieme, con tutta la famiglia, per la nuova avventura nel Congo. Ci eravamo abituati a fare tutto insieme, arrivare come famiglia ovunque, quella per noi era una cosa importante, era la nostra testimonianza, come ci presentavamo tutte le volte.
Luca come padre era pieno di vita, amava le bambine, le faceva giocare, era incapace di dire di no, sembrava quasi il fratello maggiore più che il papà. Ascoltava, condivideva, era in molti modi presente. È vero, oggi non è più con noi ma sono sicura che ci guarda da lassù, sarà sempre presente nei nostri cuori, con il suo esempio, con la sua vita. È stato l'esempio di un ambasciatore diverso, ha lasciato tutto l'amore che si può dare.
Lui si arrabbiava tanto con le notizie di violenza che si sentivano: vedeva tutti gli appelli che venivano dai missionari e come nessuno faceva niente. Forse il suo sangue e il suo sacrificio hanno aiutato a far conoscere la realtà di questa regione del mondo, speriamo si possa trovare, e lo dico di cuore, una soluzione per la pace in questa parte del mondo.
A Goma. dove poi è stato ucciso, ci sarei dovuta andare anch'io che lo accompagnavo spesso nelle sue missioni umanitarie. In quell'occasione fui impossibile perché mia mamma, che ci dava una mano, non poteva stare in Congo in quell'occasione. Lui non era un imprudente, spesso aveva paura e si è sempre appoggiato a tutte le organizzazioni che operavano nei luoghi che visitava. Ci volevano spesso dei mesi per organizzare una spedizione ma era comunque convinto che le cose bisognava farle, non era capace di fare l'ambasciatore da dietro una scrivania. Amava il suo lavoro, viveva la sua rappresentanza dell'Italia come una missione.
La testimonianza del padre
In occasione della veglia di preghiera per i martiri missionari nella città di Milano (minuto 13)