ASCOLTA
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». (Mt. 11,25-30)
RIFLETTI
Cosa c’entra la terra con la mitezza non si capisce. Nelle altre beatitudini abbiamo la situazione negativa con la promessa di una liberazione positiva, ma qui non si capisce. Nel passato non comprendendo questa beatitudine, la terra era stata trasfigurata nell’aldilà, nel paradiso, e i miti erano tutti i sottomessi, gli obbedienti soprattutto all’autorità ecclesiastica, cui sarebbe stato garantito il paradiso. Ma leggendo con attenzione il vangelo di Matteo comprendiamo che anche in questo caso l’evangelista si rifà alla storia di Israele, e in questa beatitudine sta citando il salmo 37,11.
Nella storia di Israele si era verificato che quando il popolo era entrato nella terra di Canaan, la terra fu divisa secondo le tribù e ogni tribù la divise secondo i clan, i clan divisero la terra secondo le famiglie in modo che ogni famiglia avesse un pezzo di terra. La terra è importante in oriente; un uomo senza terra è un uomo senza dignità. E questo ci fa comprendere cosa accade quando i palestinesi si vedono confiscati la terra: non è solo un appezzamento di terra, ma la vita, la dignità perché, se un uomo ha terra, lavora e quindi può nutrire e mantenere bene la propria famiglia; se non ha terra, nulla di tutto questo accade. Il possesso della terra è dunque importante nella società della Bibbia. Ma dopo la prima suddivisione è successo che nel giro di 2 o 3 generazioni i più prepotenti, i più bravi, i più astuti, i più disonesti si impossessarono della terra delle persone meno capaci, delle persone meno furbe e delle persone più deboli. Il risultato fu che gran parte della terra fu posseduta da pochissime famiglie e la gran parte della gente era costretta ad andare a lavorare come bracciante nella terra che era stata di loro proprietà. Una situazione di totale ingiustizia. Allora questi “miti” non indica una qualità morale dell’individuo, ma una situazione sociale disperata; è la stessa differenza che c’è tra l’umile e l’umiliato: qui non si tratta di umili, ma si tratta di umiliati. Per una migliore comprensione di questa beatitudine potremmo tradurla con “i diseredati”, quelli che hanno perso tutto, può darsi anche per colpa propria, per incapacità. Ma Gesù dice, i diseredati, quelli che sono stati espropriati di tutto, compresa la dignità, ebbene sono beati perché erediteranno la terra (e l’articolo determinativo significa la totalità). E si ritorna alla prima beatitudine: se c’è una comunità di persone che si impegna a sentirsi responsabile della felicità degli infelici di questo mondo, i diseredati, quelli che hanno perso tutto, hanno perso l’onore, hanno perso la dignità umana, non sanno neanche più cosa significa essere una persona dignitosa, questi nella comunità ritroveranno non un terreno, un po’ di dignità, ma la terra, la totalità. Cioè nell’ambito della comunità delle beatitudini, i diseredati ritroveranno una dignità che non avevano mai conosciuto nella vita, neanche prima di perderla, perché vengono trattati con amore verranno trattati con una devozione che non avevano mai sperimentato. Vedete che non sono beatitudini alienanti, ma beatitudini che coinvolgono, ci sono i diseredati del mondo e, purtroppo da quando sono state pronunciate le beatitudini, continuano ad esserci. È compito della comunità cristiana che a queste persone che vivono senza alcuna dignità, venga fatta ritrovare non una briciola di vita, ma la pienezza della vita. (P. Alberto Maggi, Le Beatitudini, Padova 2006 pp. 17-18)
DOMANDE
“La mitezza di cui parla la beatitudine non è altro che quell’aspetto dell’umiltà che si manifesta nell’affabilità messa in atto nei rapporti col prossimo”, così un l' esegeta quale J. Dupont. Ne sei convinto? Facciamoci un esame di coscienza: senti crescere in te e maturare atteggiamenti di concordia?
Sai favorire collaborazioni e ricerche comuni così da indurre azioni più efficaci in ordine alla realizzazione del bene comune?
PREGA
Signore, donaci la tua pace.
Donaci la delicatezza di un cuore sensibile, il coraggio per l'amore,
la nostalgia di un abbraccio, le labbra per la tenerezza, una parola senza asprezza;
tu non dai la pace come la intende il mondo:
occhio per occhio, dente per dente nell'equilibrio del terrore,
nel numero dei missili, nelle imposizioni degli strateghi.
Signore, il nostro cuore sia libero dalla paura;
perciò donaci il coraggio per la disubbidienza,
donaci la forza per dire «no»,
donaci il discernimento per inseguire la pace
sulle strade e sulle piazze con tutti quelli che condividono
questi sentimenti. Amen.
(Uwe Seidel)