Dn 12,1-3;
Sal 15;
Eb 10, 11-14;
Mc 13,27-32.
La liturgia della Parola di questa domenica, la penultima dell'anno liturgico, ci invita “a ravvivare la speranza e a renderci operosi nella carità, mentre attendiamo la gloriosa manifestazione del Figlio dell’uomo”. Tale manifestazione marcherà un cambiamento: dalla situazione dall’angoscia, persecuzione e scoraggiamento si passerà al tempo della liberazione e della salvezza. Questa è la nostra speranza e poiché “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, il popolo di Dio è chiamato a rimanere fedele alla Parola di Dio nonostante la persecuzione e la prova. La sola cosa che non passa è la vita nuova trasmessa da Gesù: quella del Vangelo.
Risplenderanno come lo splendore del firmamento e come le stelle per sempre
Nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Daniele, si parla di un tempo di “angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo” ma questa è una situazione di transitorietà per chi è fedele al Signore. Infatti, il profeta afferma che sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del popolo di Dio e saranno salvati tutti quelli che sono scritti nel grande libro.
I saggi avranno il merito di essere inseriti in quel libro. Per il Profeta, i saggi sono coloro che si impegnano, nella vita giornaliera all’osservanza della Parola di Dio. Questa Parola è, per i saggi, il centro di riferimento di capitale importanza nella loro vita quotidiana. Loro osservano la Parola di Dio non per obbligo e nemmeno per paura, ma sono convinti che in essa si trovi il vero senso profondo della vita. È la Parola di Dio che soddisfa la loro crescita personale nella fede. Essi, dunque, perché illuminati dalla Parola, “risplenderanno come lo splendore del firmamento (…) come le stelle per sempre”. Il loro splendore induce “molti nella giustizia”, ossia nella corretta pratica della Parola di Dio. I giusti, nonostante la persecuzione e la sofferenza, rimangono fedeli a Dio e ai suoi valori, sono destinati alla “vita eterna” ad una vita trasfigurata.
Ma le mie parole non passeranno
La stessa situazione di transitorietà di cui si è parlato nella prima lettura, caratterizza la narrazione del Vangelo. In esso, Gesù, similmente, annuncia catastrofi transitorie: “in quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Ma allora si manifesterà il Figlio dell’uomo che “manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti”. Gesù invita ad avere gli occhi aperti e il cuore vigilante, ci chiede di apprendere l'arte della lettura di tutti i segnali della Sua venuta: “così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte”.
Però, mentre Gesù ci invita a saper leggere i segni dei tempi, ci lascia allo stesso momento in condizione d’incertezza: non siamo in grado di sapere e di precisare il giorno e l’ora. Questa situazione d’incertezza deve risvegliare in noi la vigilanza e pertanto ci è richiesto grande impegno.
In questa situazione di transitorietà in cui anche i cieli e la terra passeranno, Gesù ci invita non solo ad essere vigilanti, ma anche a saperci aggrappare non alle cose che passano, transitorie, ma all’unica certezza: la Parola di Dio. Essa, infatti, non solo resterà valida per sempre, ma ci infonde coraggio e forza per affrontare qualunque avversità della vita. Questa Parola non perderà mai la sua forza di salvezza e continuerà ad alimentare la nostra speranza, perché aspettiamo “cieli nuovi e terra nuova”.
Il discepolo missionario è colui che sa aggrapparsi alla Parola di Dio poiché impressa, scolpita nel suo cuore, come i dieci comandamenti furono scolpiti nelle Tavole. Niente deve essere in grado di cancellare la Parola.