Is 35,4-7;
Sal 145;
Gc 2,1-5;
Mc 7,31-37.
COMMENTO
Il miracolo del sordomuto, operato in terra pagana, manifesta l’intenzione di Gesù di abbattere i muri e colmare i fossati fra pagani e Giudei. La parola aramea Effatà, che si è conservata nella lingua aramea e come un rito specifico che si celebra nel sacramento del battesimo, ci ricorda che tutti potranno ascoltare con chiarezza la Parola di Dio e la potranno annunciare nella loro vita. È questo il senso profondo del vangelo che la liturgia di oggi ci offre. Anche quello che è conosciuto con il nome di segreto messianico (“comandò loro di non dirlo a nessuno” Mc 7,36) in realtà non riesce a marginare l’espandersi della buona notizia e la proclamazione che Gesù è colui che fa bene tutte le cose perché fa udire i sordi e parlare i muti (Mc 7,37). No si tratta quindi di un miracolo che semplicemente cura una malattia del corpo, ma di un miracolo che manifesta la trasformazione profonda che i tempi messianici provocano in tutta l’umanità, capace adesso, giudei e non, di sentire in modo chiaro la Parola di Dio e di annunciarla correttamente. Papa Francesco così commentava questo miracolo (9 settembre 2012): tutti sappiamo che la chiusura dell’uomo, il suo isolamento, non dipende solo dagli organi di senso. C’è una chiusura interiore, che riguarda il nucleo profondo della persona, quello che la Bibbia chiama il «cuore». E’ questo che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. Ecco perché dicevo che questa piccola parola, «effatà, apriti», riassume in sé tutta la missione di Cristo.
Questa liberazione così propria e significativa dei tempi messianici la vediamo anche nel testo della prima lettura del profeta Isaia. La vediamo ampliata ad altre categorie di persone (i ciechi e gli zoppi) ma anche a situazioni “naturali”, come il deserto, la steppa, la terra bruciata e il suolo riarso che descrivono una grave mancanza, in questo caso di acqua. La benevolenza del Messia sarà capace di trasformare radicalmente tutto, nel deserto scaturiranno acque, e la terra bruciata diventerà una palude (Is 35,7)
Questa novità deve essere evidente anche nella vita della comunità cristiana e lo dice a chiare lettere la seconda lettura di Giacomo che ammonisce duramente coloro che nella comunità fanno differenza di persone facendo sedere comodamente i ricchi e lasciando in piedi e scomodi i poveri. La conclusione non poteva essere più franca: “Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?” (Gc 2,5)
IN CHIAVE MISSIONARIA
In un mondo che sembra diventato sordo alla Parola, stordito da una gran quantità di frastuoni che distraggono e allontanano da ciò che è necessario e definito, diventa urgente l’impegno della chiesa che deve evocare nel suo impegno lo stesso “effata” di Gesù.
I poveri non sono importanti nella chiesa perché in quanto tali ma perché sono i privilegiati di Gesù, i primi ascoltatori della parola e, come dice Giacomo, “ricchi nella fede ed eredi del Regno”. L’impegno della chiesa non sarebbe evangelico se non si trasforma in impegno per i poveri e al servizio di tutte le povertà.
PREGHIERA
Mai come oggi la terra risuona
del grande pianto che cresce ovunque,
sì da sembrare che il Regno non viene.
Sono continenti interi che piangono,
messe interrotte sui tuoi altari,
nuovi Getzemani sono le chiese.
Ma tu Signore ritorna a dire
la litania dei tuoi beati:
tua corona di spine sul capo.
Beati voi poveri e primi eredi
che avete il cuore bel oltre le cose,
almeno in chiesa sentitevi principi.
Beati quanti vivete nel pianto:
le vostre lacrime riempiono i calici,
per far con lui una sola passione. Amen.