Dt 4,1-2.6-8;
Sal 14;
Gc 1,17-18.21b-22.27;
Mc 7,1-8.14-15.21-23.
COMMENTO AL TESTO
Il tema che oggi tocca la liturgia è di primaria importanza per la vita cristiana. Molte persone vivono la loro fede cristiana con una quotidianità preoccupata e perfino scrupolosa al momento di osservare i comandamenti di Dio. Oggi invece Gesù ci invita a guardare la nostra religiosità con occhio più critico, disposti a fare il necessario discernimento che permetta distinguere ciò che viene da Dio da ciò che è costruzione puramente umana. Ogni religione corre questo pericolo e la comunità farisaica aveva costruito una serie così grande di precetti che Gesù chiama senza mezzi termini tradizioni degli uomini. Anche nella nostra chiesa corriamo lo stesso pericolo e per questo è fondamentale avvicinarsi alla fonte e guardarsi nella Parola come in uno specchio che permette discernere ciò che è puramente umano da ciò che invece è divino, immutabile, irrinunciabile.
Nella prima lettura, del libro del Deuteronomio, si stabilisce che la piena e perfetta relazione con Dio si stabilisce per mezzo dell’osservanza dei comandamenti: “quale grande nazione ha gli dei così vicini a se, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo” (4,7), questa osservanza deve essere precisa, scrupolosa e meticolosa: “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore” (4,2).
Nel vangelo Gesù accusa i Farisei di aver aggiunto ai comandamenti di cui parla la prima lettura tante cose che il risultato finale è un “ popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (7,6, cf Is 29,13). “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini (7,8).
In che modo i farisei e i dottori della legge, con i quali Gesù dialoga in questo vangelo, si sono deviati in modo così grave dalla giusta osservanza dei precetti di Dio? Quale è stato il loro errore?
Forse la risposta la troviamo nella seconda lettura nella quale Giacomo dice che solo l’accoglienza della Parola” che è stata piantata in voi può portarvi alla salvezza” (1,21) e questa accoglienza ha una precisa connotazione, è accoglienza che cambia la vita e non può essere semplicemente esterna e formale, come succedeva con la legge e i comandamenti così come erano vissuti dai farisei. “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi” (1,22) e la forma per metterla in pratica è vivendo la carità con i fratelli, cominciando dai più poveri, deboli e bisognosi: “Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo” (1,27)
IN CHIAVE MISSIONARIA
la riflessione della Parola di Dio oggi è assolutamente urgente ed attuale nel vissuto missionario della chiesa oggi. Tanti anni di evangelizzazione e tanti sforzi di inculturazione ad adattamento che hanno attraversato geografie e epoche diverse, hanno prodotto una grande pluralità di tradizioni religiose. Oggi, chiamati ad evangelizzare un mondo in continuo cambiamento, apparentemente unitario ma allo stesso tempo più cosciente del suo pluralismo questo discernimento è diventa una urgenza quotidiana. Come vivo la mia fede oggi? Che stile di vita cristiano parla ancora di vangelo ed annuncia la persona di Gesù? sono le due domande che dovrebbero accompagnarci nella nostra pastorale e nel nostro impegno di primo annuncio.
PREGHIERA
Noi sappiamo che accogliere la tua parola
è fare come la vergine Maria:
dare corpo e vita al tuo vangelo,
e trasfigurarci nella tua immagine.
È fare giustizia, è liberarci
da tutte le nostre cupidigie...
Signore, fai del nostro cuore una conchiglia,
che risuoni sempre della tua parola.
(Turoldo)