Gesù annuncia la consolazione. Annunciare ai poveri la Buona Notizia

Pubblicato in Preghiera missionaria

Il nome che portate deve spingervi a divenire ciò che dovete essere” (Beato Giuseppe Allamano, 23 Giugno 1921)

Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: "Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". Ma lei gli replicò: "Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli". Allora le disse: "Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia". Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato. (Mc, 7,24-30)

Se consolare è la nostra vocazione e parte della nostra missione, il modello a cui dobbiamo ispirarci e conformaci è indubbiamente Gesù Cristo, vero consolatore e  amico capace di lenire le nostre ferite, che fa della sua missione evangelizzatrice un gesto di Consolazione. Per Israele la consolazione ha le sue radici in un Dio che si fa vicino e lo stesso lo vediamo realizzato nella persona di Gesù che passò in mezzo a noi, adottando la consolazione come metodologia della sua evangelizzazione. 

1. Ha consolato facendosi vicino all’uomo, incarnandosi per la nostra salvezza e divenendo in tutto simile a noi. “Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4).Egli mostrò che Dio ci è Padre  portando il vangelo ai poveri; fasciando le piaghe dei cuori spezzati; proclamando la libertà degli schiavi e promulgando l’anno di grazia del Signore (cf. Lc 4,18-19) 

2. Ha consolato liberandoci dal peccato e dalla morte, guarendo le malattie che tenevano gli uomini in schiavitù. Esempio è Lc 7, 11-17, dove Gesù ridà la vita al figlio della vedova di Naim. Di fronte a questa scena funebre il Signore Gesù sente fremere il suo intimo: la compassione misericordiosa sconvolge le sue viscere, il suo “utero materno”. Alla madre dice di “non piangere”  perché la promessa di vita contenuta nei suoi gesti d’amore sarà portata avanti da Dio, l’unico Generatore e Custode della vita eterna degli uomini. Poi si rivolge al morto: “Giovinetto, io ti dico, alzati”. La consolazione non solo si fa contemplazione orante della storia del povero, aiutandolo a risollevarsi dalla situazione di prostrazione in cui si trova, ma si preoccupa anche di migliorare la condizione delle persone che vivono in situazioni di sofferenza fisica o morale, di vecchiaia, di solitudine o di abbandono. La consolazione sfocia nella promozione umana, favorendola e sostenendola. 

3. Ha consolato facendoci conoscere il Padre, insegnandoci la verità e le beatitudini come stile di vita. Sappiamo che la consolazione più grande riguarda il bisogno dell’uomo di essere in comunione con Dio. Già Agostino l’aveva vissuta, scrivendo nelle Confessioni: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1). 

4. Ha consolato evangelizzando, trasmettendo al prossimo il dono più bello che abbiamo ricevuto e che si riassume nella certezza di essere amati da Dio in Cristo Gesù. Il miracolo compiuto da Gesù nella terra di Tiro e Sidone è un simbolo del dono della salvezza ai pagani che sono raggiunti dalla salvezza portata da Cristo. L’esercizio della consolazione non ha un luogo specifico in cui praticarsi, così come non conosce categorie di persone particolari a cui rivolgersi. Il luogo in cui si realizza è ovunque e per tutti, privilegiando gli abbruttiti e le persone scartate dalla società. L’importante è saperle vedere là dove sono, nei bassifondi o nei quartieri bene, nelle loro periferie esistenziali, senza essere noi a stabilire dove incontrarli. Gesù consolatore esercita il suo potere di taumaturgo sugli spiriti immondi. È colui che può offrire il “pane” ai “figli” e ai “cagnolini”, osservando il piano divino di salvezza. Egli, infine, viene venerato come il “Signore”. Così, tutta la storia della salvezza, dalla creazione fino alla salvezza in Cristo, è vista come una grande opera di consolazione, aperta al futuro, alla pienezza escatologica, dove non ci saranno più lacrime: "E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4).

Contagiosi di beatitudine

Poiché le parole
non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri,
ma per prenderci e correre il mondo in noi,
lascia, o Signore,
che di quella lezione di felicità,
di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte,
alcune scintille ci tocchino, ci mordano,
c'investano, ci invadano.
Fa' che da essi penetrati
come “faville nelle stoppie”
noi corriamo le strade di città 
accompagnando l'onda delle folle
contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia.
Perché ne abbiamo veramente abbastanza
di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie:
essi fan talmente rumore
che la tua parola non risuona più.
Fa' esplodere nel loro frastuono
il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio
Madeleine Delbrêl

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