XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Pubblicato in Domenica Missionaria

Mt. 25,14-30
“Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto..”

 

Avvicinandoci alla fine dell’anno liturgico, la Chiesa ci ricorda il ritorno del Signore come Giudice, che ci giudicherà su come abbiamo trafficato i suoi doni. E allora, quale sarà l’atteggiamento del cristiano in questa attesa del Signore? Un’attesa sonnolente, pigra e nel riposo, oppure una vigilanza attiva basata sulla responsabilità coraggiosa che deve contraddistinguere chi ha accolto il messaggio della salvezza; un’attesa fatta di opere buone?

 Ci sono tanti modi di attendere: uno è quella del viaggiatore, di colui, cioè, che attende in strada il pulman o il treno in stazione. In questo caso, colui che attende, in questo momento, non ha bisogno di lavorare, ma solo aspettare. L’altro modo di attendere è quello del contadino che aspetta la pioggia per il suo campo: in questo caso, attendendo la pioggia, può il contadino starsene in riposo? Certamente no, si dà da fare per preparare bene il suo campo.

Pertanto ogni cristiano è come il contadino che aspetta la pioggia

La Parola di Dio odierna ci dà alcune risposte e ci invita ad un atteggiamento responsabile nella nostra vita di credenti, nei confronti degli altri e nei confronti degli eventi della storia.

1. La donna dei Proverbi(I lettura), è la donna ideale, perfetta e zelante: ritratto della dedizione al proprio lavoro per il bene della propria famiglia e alla propria realizzazione: fedeltà umile e perseverante ai doveri quotidiani; vigila sui bisogni e si preoccupa di quelli di casa come del misero e del povero. “Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare”.

2. S. Paolo(II lettura), ai Tessalonicesi ansiosi di sapere quando il Signore tornerà, risponde che è importante il tenersi sempre pronti, vigilanti, preparati ad ogni sorpresa, come stile di vita, affinché quel giorno non ci sorprenda come un ladro. Il cristiano saggio attende il Signore con vigilanza e sobrietà, compie le opere buone, vivendo da “figlio della luce e figlio del giorno”.

Non si può dormire nelle tenebre del peccato.

3. Il Vangelo ci parla dell’impegno concreto e intelligente dell’uomo che nella molteplicità delle situazioni, mette a frutto i talenti ricevuti. Il “talento” in origine era una misura di peso; al tempo di Gesù era diventato sinonimo di una somma di denaro. In epoca recente, alla luce del Vangelo, l’uso di chiamare “talenti”, sono le varie qualità e capacità di cui un individuo può essere dotato.

Pertanto il talento come unità monetaria, se d’argento, equivaleva a 5.000-9.000 lire sterline; quello d’oro a 140.000-150.000. Per cui “cinque talenti” è una somma ingente che serve a dare un’idea della preziosità dei beni spirituali affidati da Cristo ai suoi amministratori, a “ciascuno secondo la sua capacità” e ciò rivela l’intenzione del padrone nell’affidamento dei suoi beni, che non è quello del guadagno indiscriminato, ma quello di stimolare le capacità di ciascuno, in modo da farlo giungere responsabilmente alla giusta maturazione. Ognuno di noi ha ricevuto dei talenti, anche se non tutti hanno gli stessi talenti, tuttavia dobbiamo evitare il pericolo di mettere l’unico talento ricevuto, in condizione di non dare frutto. Molte persone, purtroppo vivono la situazione del talento sotterrato, per paura: non valgono meno degli altri, non sono diverse dagli altri, ma la loro potenzialità, il loro “talento” non è messo in condizione di crescere. Il bene affidato è, in ultima analisi, lo stimolo della grazia divina, il frutto atteso è la maturazione dell’individuo, sia per il bene della comunità come conseguimento del premio della vita eterna.

Rendi conto dei beni ricevuti”, ci ricorda il Vangelo. Il cristiano non può stare con le mani in mano, attendendo fatalisticamente che le cose vadano come vanno, senza muovere un dito. Costui non è un cristiano seguace di Cristo. Non può accettare con rassegnazione che il mondo sia diviso in due grandi blocchi: ricchi e poveri; gente che muore per aver mangiato troppo, e gente che muore per aver mangiato troppo poco! All’ultimo giorno, ciascuno avrà il “Giudice” che si sarà meritato! Il Signore ci chiede tutto per donarci tutto. Del resto tu, cristiano, hai ricevuto da Dio tanti doni e talenti: la vita, la salute, l’intelligenza, l’educazione, i doni della fede, del Battesimo con cui sei entrato nella famiglia della Chiesa, la formazione cristiana, l’amicizia con Dio…Alla fine della tua vita e al momento della venuta, il Signore ti domanderà conto della tua vita e su come hai speso il tempo e trafficato i doni di Dio. Un detto biblico ci ricorda:”Tieni bene a mente le ultime cose della vita(= i novissimi), e non peccherai”. La vigile operosità sarà premiata, mentre il disimpegno sarà punito. Questo vuol dire che Cristo, con la parabola dei talenti, in procinto di chiudere la sua vicenda terrena, lascia alla sua Chiesa(Apostoli e fedeli) i suoi beni, per poi al suo ritorno – che non è soltanto quello ultimo della fine dei tempi, ma anche quello del rendiconto individuale, alla morte di ciascuno di noi – riprendere, insieme al suo, i frutti prodotti dalla operosità di ciascuno.

Ma l’impegno dell’uomo può anche andare in crisi: per pigrizia e per paura del rischio si resta inoperosi, come il servo che si riduce a nascondere nel terreno l’unico talento ricevuto! Chi seppellisce il suo talento per timore dei compromessi col mondo, si condanna alla morte.

Servo malvagio e infingardo”..: con il severo giudizio di malvagità dato al servo pigro, Gesù vuol far comprendere che “cattivo” non è solo chi fa il male, ma anche chi non fa il bene che potrebbe fare! In questo caso, quanti peccati di omissione facciamo e non li confessiamo!..

<S. Paolo ci ricorda:”Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti, come non l’avessi ricevuto”?(1Cor.4,7). Rischia con Dio: quel che hai non è tuo e ti è stato affidato: investilo! E’ un rischio: chi fa può sbagliare, chi non fa non sbaglia, ma ha già sbagliato tutto. Dio ha rischiato con te, e tu rischia con Dio! Il Giudice divino, quando verrà, saprà valutare e premiare chi avrà agito bene e secondo coscienza, mentre escluderà dal regno chi non avrà messo a frutto i talenti. Non ci vuole molta immaginazione per rendersi conto delle infinite occasioni che la vita ci offre per fare il bene. Per questo “vigilare” significa, non perdere tali occasioni! E’ nella gioia del frutto che è possibile entrare nella pienezza della gioia del Signore: il desiderio di Dio infatti, è che cresca e si sviluppi nell’uomo tutto ciò che è vero, giusto, bello e buono.

Usiamo perciò bene i nostri talenti-doni, affinché al termine della vita terrena, nel giorno del giudizio finale, possiamo essere giudicati degni della visione beatifica di Dio, come servi buoni e fedeli, e sentire dal nostro Salvatore le consolanti parole: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco.., prendi parte alla gioia del tuo Signore”.

E inoltre, voglia il Signore che la beatitudine rivolta a Maria SS., valga un giorno anche per noi:”Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano”(Lc.11,28). 

Avvicinandoci alla fine dell’anno liturgico, la Chiesa ci ricorda il ritorno del Signore come Giudice, che ci giudicherà su come abbiamo trafficato i suoi doni. E allora, quale sarà l’atteggiamento del cristiano in questa attesa del Signore? Un’attesa sonnolente, pigra e nel riposo, oppure una vigilanza attiva basata sulla responsabilità coraggiosa che deve contraddistinguere chi ha accolto il messaggio della salvezza; un’attesa fatta di opere buone?

 Ci sono tanti modi di attendere: uno è quella del viaggiatore, di colui, cioè, che attende in strada il pulman o il treno in stazione. In questo caso, colui che attende, in questo momento, non ha bisogno di lavorare, ma solo aspettare. L’altro modo di attendere è quello del contadino che aspetta la pioggia per il suo campo: in questo caso, attendendo la pioggia, può il contadino starsene in riposo? Certamente no, si dà da fare per preparare bene il suo campo.

Pertanto ogni cristiano è come il contadino che aspetta la pioggia

 La Parola di Dio odierna ci dà alcune risposte e ci invita ad un atteggiamento responsabile nella nostra vita di credenti, nei confronti degli altri e nei confronti degli eventi della storia.

<1. La donna dei Proverbi(I lettura), è la donna ideale, perfetta e zelante: ritratto della dedizione al proprio lavoro per il bene della propria famiglia e alla propria realizzazione: fedeltà umile e perseverante ai doveri quotidiani; vigila sui bisogni e si preoccupa di quelli di casa come del misero e del povero. “Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare”.

<2. S. Paolo(II lettura), ai Tessalonicesi ansiosi di sapere quando il Signore tornerà, risponde che è importante il tenersi sempre pronti, vigilanti, preparati ad ogni sorpresa, come stile di vita, affinché quel giorno non ci sorprenda come un ladro. Il cristiano saggio attende il Signore con vigilanza e sobrietà, compie le opere buone, vivendo da “figlio della luce e figlio del giorno”.

Non si può dormire nelle tenebre del peccato.

<3. Il Vangelo ci parla dell’impegno concreto e intelligente dell’uomo che nella molteplicità delle situazioni, mette a frutto i talenti ricevuti. Il “talento” in origine era una misura di peso; al tempo di Gesù era diventato sinonimo di una somma di denaro. In epoca recente, alla luce del Vangelo, l’uso di chiamare “talenti”, sono le varie qualità e capacità di cui un individuo può essere dotato.

Pertanto il talento come unità monetaria, se d’argento, equivaleva a 5.000-9.000 lire sterline; quello d’oro a 140.000-150.000. Per cui “cinque talenti” è una somma ingente che serve a dare un’idea della preziosità dei beni spirituali affidati da Cristo ai suoi amministratori, a “ciascuno secondo la sua capacità” e ciò rivela l’intenzione del padrone nell’affidamento dei suoi beni, che non è quello del guadagno indiscriminato, ma quello di stimolare le capacità di ciascuno, in modo da farlo giungere responsabilmente alla giusta maturazione. Ognuno di noi ha ricevuto dei talenti, anche se non tutti hanno gli stessi talenti, tuttavia dobbiamo evitare il pericolo di mettere l’unico talento ricevuto, in condizione di non dare frutto. Molte persone, purtroppo vivono la situazione del talento sotterrato, per paura: non valgono meno degli altri, non sono diverse dagli altri, ma la loro potenzialità, il loro “talento” non è messo in condizione di crescere. Il bene affidato è, in ultima analisi, lo stimolo della grazia divina, il frutto atteso è la maturazione dell’individuo, sia per il bene della comunità come conseguimento del premio della vita eterna.

 “Rendi conto dei beni ricevuti”, ci ricorda il Vangelo. Il cristiano non può stare con le mani in mano, attendendo fatalisticamente che le cose vadano come vanno, senza muovere un dito. Costui non è un cristiano seguace di Cristo. Non può accettare con rassegnazione che il mondo sia diviso in due grandi blocchi: ricchi e poveri; gente che muore per aver mangiato troppo, e gente che muore per aver mangiato troppo poco! All’ultimo giorno, ciascuno avrà il “Giudice” che si sarà meritato! Il Signore ci chiede tutto per donarci tutto. Del resto tu, cristiano, hai ricevuto da Dio tanti doni e talenti: la vita, la salute, l’intelligenza, l’educazione, i doni della fede, del Battesimo con cui sei entrato nella famiglia della Chiesa, la formazione cristiana, l’amicizia con Dio…Alla fine della tua vita e al momento della venuta, il Signore ti domanderà conto della tua vita e su come hai speso il tempo e trafficato i doni di Dio. Un detto biblico ci ricorda:”Tieni bene a mente le ultime cose della vita(= i novissimi), e non peccherai”. La vigile operosità sarà premiata, mentre il disimpegno sarà punito. Questo vuol dire che Cristo, con la parabola dei talenti, in procinto di chiudere la sua vicenda terrena, lascia alla sua Chiesa(Apostoli e fedeli) i suoi beni, per poi al suo ritorno – che non è soltanto quello ultimo della fine dei tempi, ma anche quello del rendiconto individuale, alla morte di ciascuno di noi – riprendere, insieme al suo, i frutti prodotti dalla operosità di ciascuno.

 Ma l’impegno dell’uomo può anche andare in crisi: per pigrizia e per paura del rischio si resta inoperosi, come il servo che si riduce a nascondere nel terreno l’unico talento ricevuto! Chi seppellisce il suo talento per timore dei compromessi col mondo, si condanna alla morte.

Servo malvagio e infingardo”..: con il severo giudizio di malvagità dato al servo pigro, Gesù vuol far comprendere che “cattivo” non è solo chi fa il male, ma anche chi non fa il bene che potrebbe fare! In questo caso, quanti peccati di omissione facciamo e non li confessiamo!..

 S. Paolo ci ricorda:”Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti, come non l’avessi ricevuto”?(1Cor.4,7). Rischia con Dio: quel che hai non è tuo e ti è stato affidato: investilo! E’ un rischio: chi fa può sbagliare, chi non fa non sbaglia, ma ha già sbagliato tutto. Dio ha rischiato con te, e tu rischia con Dio! Il Giudice divino, quando verrà, saprà valutare e premiare chi avrà agito bene e secondo coscienza, mentre escluderà dal regno chi non avrà messo a frutto i talenti. Non ci vuole molta immaginazione per rendersi conto delle infinite occasioni che la vita ci offre per fare il bene. Per questo “vigilare” significa, non perdere tali occasioni! E’ nella gioia del frutto che è possibile entrare nella pienezza della gioia del Signore: il desiderio di Dio infatti, è che cresca e si sviluppi nell’uomo tutto ciò che è vero, giusto, bello e buono.

 Usiamo perciò bene i nostri talenti-doni, affinché al termine della vita terrena, nel giorno del giudizio finale, possiamo essere giudicati degni della visione beatifica di Dio, come servi buoni e fedeli, e sentire dal nostro Salvatore le consolanti parole: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco.., prendi parte alla gioia del tuo Signore”.

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