Il martedì 30 settembre, ho discusso la mia tesi di licenza in Comunicazione Sociale e Media Digitali presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma. È stato per me un momento carico di emozione e gratitudine, che segna non solo la conclusione di un percorso accademico, ma anche l’inizio di una nuova fase di riflessione e impegno.
Il titolo della mia ricerca, “Televisione ed evangelizzazione: L’esperienza del programma In Cammino di TV2000”, racchiude due grandi passioni che guidano la mia vita: l’evangelizzazione, cuore della missione della Chiesa e dell’Istituto, e la comunicazione, in particolare quella televisiva, che considero uno strumento privilegiato per raggiungere le persone.
In base a questo, la domanda che mi ha accompagnato lungo tutto il lavoro è: La televisione può davvero essere un mezzo efficace di evangelizzazione nel mondo contemporaneo, segnato da rapidi cambiamenti culturali e tecnologici?

Per rispondere a questa domanda, ho scelto di analizzare il programma televisivo “In Cammino”, un talk show quotidiano di TV2000 nato nel 2021 per raccontare il Sinodo dei Vescovi e il cammino sinodale della Chiesa italiana. Ho preso in esame dieci puntate, trasmesse in due settimane particolarmente significative: la Quaresima e la Settimana Santa del 2025 e ho potuto dialogare con due protagonisti del programma: l’autore Dario Quarta e il conduttore Enrico Selleri.
Dalla mia analisi è emerso che In Cammino non è soltanto un programma televisivo, ma un luogo d'incontro. Attraverso le testimonianze di comunità, parrocchie, movimenti, sacerdoti e laici, il programma racconta una Chiesa viva, che si mette in ascolto, che dialoga e che forma, andando oltre il semplice livello informativo. È un racconto che si intreccia con la vita quotidiana delle persone, valorizzando i tempi liturgici e aprendo spazi di riflessione condivisa.

Per comprendere meglio il suo contributo, ho applicato il modello di analisi del gesuita e studioso Robert White, che individua cinque dimensioni fondamentali del linguaggio mediatico: la struttura narrativa, il simbolismo, i generi televisivi, le esperienze rituali e la combinazione multimediale. Grazie a queste chiavi, ho potuto osservare come il programma riesca a tradurre l’annuncio evangelico in un linguaggio comprensibile, accessibile e coinvolgente.
Non mancano però le sfide. La più evidente riguarda l’interazione con il pubblico: lo spettatore non ha ancora spazi per partecipare attivamente durante la trasmissione. Inoltre, sarebbe importante potenziare l’integrazione con le piattaforme digitali, così da ampliare il dialogo e raggiungere soprattutto le nuove generazioni.

La conclusione a cui sono arrivato è chiara: la televisione, se utilizzata con creatività e sapienza pastorale, può diventare un autentico strumento di evangelizzazione. Non sostituisce la catechesi o la vita comunitaria, ma diventa una finestra preziosa sul mondo ecclesiale e sociale, capace di offrire speranza e costruire legami.
Ripensando a questa giornata, sento di aver fatto un passo importante non solo per la mia crescita accademica, ma anche per la mia missione personale che presto mi attende in Colombia dove sono stato assegnato. Come comunicatore e missionario, credo fermamente che i media e la televisione in particolare possano essere strumenti di pace e di Vangelo, capaci di illuminare la società con storie autentiche e significative.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, missionario congolese laureato in Scienze della Comunicazione.

Fratel Adolphe con i confratelli della comunità della Casa Generalizia, il vescovo Peter Makau e l'Ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo presso la Santa Sede










