“Voi siete dei Missionari della Consolata. Ma lo siete di fatto o solo di nome? Dimostrerete di esserlo veramente, se avrete lo spirito dell’Istituto e regolerete la vostra vita di ogni giorno e di ogni ora in conformità al medesimo. Dovete avere lo spirito dei Missionari della Consolata nei pensieri, nelle parole e nelle opere” (San Giuseppe Allamano)
Il Superiore Generale emerito, padre Stefano Camerlengo, IMC, missionario in Costa d'Avorio, il 27 maggio, si è collegato via Zoom con Roma direttamente della Missione di Dianra Villaggio per condividere con il gruppo di missionari che festeggiano 25 anni di ordinazione sacerdotale e/o professione perpetua per riflettere sul tema: “Riaccendere il fuoco della Vita Consacrata e missionaria”.

Dalla Costa d'Avorio, padre Stefano Cemerlengo si è collegato via Zoom con Roma. Foto: Mathews Odhiambo
Padre Camerlengo ha offerto una riflessione profonda e stimolante sullo stato attuale della Vita Consacrata nell'Istituto e ha proposto vie concrete per il suo rinnovamento e la sua rivitalizzazione. Irradiando uno spirito di speranza, ha invitato a una conversione personale e comunitaria per rispondere alle sfide del presente con fede e creatività.
Un richiamo all'essenziale: Cristo al centro
La sua riflessione ha sottolineato l'imperativo di rimettere Gesù Cristo al centro della Vita Consacrata. “Viene criticata l'eccessiva preoccupazione per le proprie strutture e i propri interessi, che distoglie l'attenzione da ciò che è veramente essenziale: confessare Gesù Cristo e vivere per Lui”. Padre Camerlengo rimarca che “un Istituto religioso che si concentra su sé stesso piuttosto che su Cristo perde attrattiva e rilevanza, sia per il mondo che per le vocazioni”.
In questo senso, “non possiamo dimenticare che il centro di tutta la nostra vita è Gesù Cristo”. Egli non può essere solo un aspetto marginale del nostro essere e fare quotidiano. “Rimettere al centro Gesù Cristo e il suo Vangelo significa riscoprire immediatamente, direi automaticamente, il bisogno della comunità, la vocazione comunitaria dell'essere cristiani. Per noi la missione è la base della vita consacrata e comunitaria, in cui l'essenziale non è una vita in comune, ma una missione svolta in comune. Possiamo affermare che è questo punto a fare la differenza tra una semplice convivenza e una vera comunità di fratelli”, ha sottolineato il missionario con la sua lunga esperienza di accompagnamento dell'Istituto nei suoi 18 anni di servizio nella Direzione Generale.

Comunità: uno spazio di trasformazione e missione
Padre Camerlengo ha evidenziato l'importanza della vita comunitaria come pilastro fondamentale per il rilancio della Vita Consacrata. La missione è la base della Vita Consacrata e della vita comunitaria, dove l'essenziale non è solo una vita condivisa, ma una missione intrapresa in comune. Questa distinzione è fondamentale per differenziare una semplice “convivenza” da una vera “comunità” di fratelli. La comunità, dunque, non precede la missione, ma si costituisce in essa, sia nella sua esperienza spirituale che nei suoi aspetti concreti e istituzionali.
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“La fraternità e l'interculturalità sono aspetti chiave che cerchiamo di costruire nelle comunità, superando ogni forma di autoreferenzialità, clericalismo e chiusura mentale. La comunità è vista come uno spazio dove si condivide la ricerca del primato di Dio e dove si sperimenta la vera fraternità evangelica. Il mondo di oggi, infatti, richiede una testimonianza di comunione, fraternità e dialogo, non solo come autentico servizio evangelico, ma anche come segno eloquente per questo tempo”.

“Una seconda chiamata è quella di alimentare una grande passione per l'annuncio del Regno, soprattutto ai poveri (nei beni materiali e spirituali). La consapevolezza della missione è una prova che la vita spirituale non è intimismo né fuga dalla storia. Anche in questo ambito ci sembra di percepire alcuni segni di stanchezza o addirittura di indolenza, che suggeriscono un rapporto debole con Colui che ci manda”.
Guardare al futuro con speranza e realismo
Pur riconoscendo le fragilità, le difficoltà e le ombre presenti oggi nella Vita Consacrata (individualismo, preghiera irregolare, mancanza di iniziativa e di leadership, lontananza dalla gente), padre Camerlengo mantiene un atteggiamento positivo e fiducioso. “Le comunità sono come una grande foresta che cresce nel silenzio, nella preghiera e nel sacrificio”.

Foto: Antonio Rovelli
“Per creare un clima favorevole al lavoro, occorre educare al silenzio, all'interiorità e ad un clima di preghiera. Tutto questo non è facile, ma un aiuto ci può venire se teniamo conto delle indicazioni che i nostri documenti e la tradizione spirituale ci offrono”.
Padre Stefano ha concluso richiamando l'umiltà come caratteristica essenziale nella vita di ogni missionario della Consolata, per essere una risposta d'amore al grande dono di Dio nella propria vita e nella missione. “L'umiltà non può mai mancare per fare il bene e per riconoscere che il protagonista della vita e della missione è lo Spirito Santo”, ha sottolineato il missionario.
* Padre Vilson Jochem, IMC, missionario in Venezuela.










