Colombia-Perù. Nate in Amazzonia

Danze delle donne indigene durante il Convegno a Puerto Leguízamo Danze delle donne indigene durante il Convegno a Puerto Leguízamo Foto: Fernando Flórez

Un Manifesto delle donne indigene

Nel cuore dell’Amazzonia, dove il fiume Putumayo bagna le terre peruviane e colombiane, sorge Puerto Leguízamo, in Colombia. È in questa cittadina di confine che, dal 21 al 23 marzo, si sono date appuntamento più di trenta donne indigene (adolescenti, giovani, adulte e nonne), per un incontro dal titolo suggestivo di «Mujer amazonica. Sembrando esperanza – cosechando vida» (Donna amazzonica. Seminare speranza – raccogliere vita).

Provenienti dalle comunità di confine di Perù e Colombia, le donne appartenevano ai popoli indigeni Kichwa, Murui Muina (noti anche come Huitoto o Witoto) e Siona. L’incontro – organizzato dalla «Misión Putumayo» di Soplín Vargas, in Perù – si è basato su tre pilastri: territorio, cultura e vita.

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Un momento celebrativo del Convegno delle donne indigene del Rio Putumayo, tenutosi a Puerto Leguízamo, in Colombia.

Lo scopo del convegno – arrivato alla terza edizione e ospitato negli spazi del Vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano – era quello di condividere i ricordi di lotta e resistenza, discutere delle proprie conoscenze in materia di medicina, agricoltura e arte, sostenere la difesa dei diritti territoriali e impegnarsi nella cura della nostra Casa comune.

Dopo tre giorni di dibattito, le donne indigene, «seminatrici di speranza e mietitrici di vita», con il supporto delle organizzazioni indigene presenti (la peruviana Feconafropu e la colombiana Acilapp), hanno elaborato un Manifesto in nove punti da diffondere quanto più possibile.

Danze delle donne indigene negli spazi messi a disposizione dal Vicariato apostolico di Vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano. Foto Fernando Flórez Arias.

Nel primo e nel secondo punto si dice che «i territori delle comunità indigene sono patrimonio collettivo, ancestrale e di gestione esclusiva» e che va fermata l’espansione della «frontiera estrattiva» che minaccia le comunità e gli ecosistemi. Il terzo punto chiede «il rispetto e la difesa dei diritti, della vita e dell’integrità delle donne indigene». Il quarto e il quinto riguardano il diritto alla salute e la richiesta di implementare «un nostro sistema sanitario, basato sulla medicina tradizionale e sulle conoscenze ancestrali». Il sesto punto affronta il problema economico chiedendo ai governi di dare «priorità alla produzione delle famiglie indigene e contadine del territorio» e di formalizzare le piccole imprese comunitarie. Il settimo punto riguarda la questione educativa e con esso si chiede di «formalizzare sistemi educativi indigeni» tali da consentire la sopravvivenza ancestrale come popoli indigeni. Infine, gli ultimi due punti affrontano i problemi della discriminazione e della violenza chiedendo alle autorità di «combattere con risolutezza ogni forma di violenza, discriminazione e violazione dei diritti delle donne, nel rispetto della vita e di Madre Terra».

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Il signor Pablo e la figlia Consuelo. Il passaggio di generazione in generazione dalla connessione con la Madre Terra. Foto: Missione Putumayo

L’appello finale è una dichiarazione di volontà, di amore e d’intenti. «Il nostro impegno – scrivono le donne amazzoniche – come donne native dell’Amazzonia è prenderci cura della Casa comune (il territorio). Restiamo impegnate a rivitalizzare e rafforzare la nostra identità culturale come contributo alla nuova generazione, come gratitudine e riconoscimento ai nostri saggi antenati, nonni e nonne. Continueremo a lottare per il rispetto dei diritti, della giustizia e dell’uguaglianza nei nostri territori e nella società in generale».

* Padre Fernando Flórez Arias, IMC, Misión Putumayo di Soplín Vargas, in Perù. Pubblicato originalmente in: www.rivistamissioniconsolata.it

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Le donne indigene del Convegno in un momento all’aria aperta

Ultima modifica il Venerdì, 04 Aprile 2025 15:45

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