Es 3,1-8.13-15; Sal 102; I Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
Siamo già nella terza tappa del cammino verso la Pasqua. Questa domenica siamo tutti chiamati, ancora una volta, a ripensare alla nostra esistenza. Il tema fondamentale dell’odierna liturgia della Parola è la “conversione”. Questo tema è legato alla “liberazione”: Dio liberatore si propone di trasformarci in uomini nuovi, liberi dalla schiavitù dell’egoismo e del peccato, affinché si manifesti in noi la vita in pienezza, la vita di Dio.
La prima lettura (Es 3,1-8.13-15) ci parla di Dio che non tollera l'ingiustizia e che è sempre presente in chi lotta per la liberazione. È questo Dio liberatore che esige da noi una lotta permanente contro tutto ciò che ci schiavizza e che impedisce la manifestazione della vita piena. Mosè è invitato ad essere il volto visibile della liberazione che il Signore opererà. Tempo prima, Mosè aveva lasciato l'Egitto e aveva trovato rifugio nel deserto del Sinai, dopo aver ucciso un egiziano che maltrattava un ebreo (il sentiero del deserto era il percorso normale per gli oppositori della politica del faraone, come dimostrano altri racconti dell'epoca giunti fino a noi); accolto da una tribù di beduini, Mosè si sposò e si rifece vita, in un'esperienza di meritata calma e tranquillità, dopo l'incidente che aveva rovinato i suoi sogni di carriera nell'apparato amministrativo egiziano (cfr Es 2,11-22). Ora, è proprio in questa oasi di pace che il Signore si rivela, turba Mosè e lo invia in missione in Egitto.
Per mezzo di Mosè, gli Israeliti scoprirono che il Signore era il protagonista di quel tentativo di liberazione e voleva che il suo popolo, vittima dell'oppressione, diventasse libero e felice. Il Signore non è rimasto indifferente di fronte all'oppressione ma per la fede di Israele ha dato inizio a una lunga serie di interventi che hanno portato alla liberazione e alla vita di un popolo precedentemente condannato a morte.
Dio agisce nella nostra vita e nella nostra storia attraverso uomini di buona volontà, che si lasciano interpellare da Dio e accettano di essere suoi strumenti nella liberazione del mondo. Di fronte alla sofferenza dei fratelli e sorelle, quale è la risposta corretta? L’autoindulgenza di chi non ha voglia di preoccuparsi per i problemi altrui? L'egoismo di chi crede di essere diverso dagli altri? La passività di chi pensa di aver già fatto qualcosa e che ora tocca ad altri? Oppure l’atteggiamento di chi si lascia interpellare da Dio e accetta di collaborare con Lui nella costruzione di un mondo più giusto e più fraterno?
Paolo di Tarso (1 Cor 10,1-6.10-12) nella seconda lettura ci avverte che non è importante il compimento di riti esteriori e vuoti ma ciò che conta è la vera adesione a Dio, la disponibilità ad accogliere la sua proposta di salvezza e a vivere con Lui in intima comunione.
Il Vangelo (Lc 13,1-9) contiene un invito a una trasformazione radicale dell'esistenza, a un cambiamento di mentalità, a una nuova orientazione della vita affinché Dio e i suoi valori diventino la nostra priorità fondamentale. Se ciò non avviene, dice Gesù, la nostra vita sarà sempre più dominata dall'egoismo che porta alla morte.
Il testo presenta due parti distinte, benché accomunate dal tema della conversione. Nella prima parte (cfr Lc 13,1-5), Gesù cita due esempi storici che però non conosciamo esattamente. Nonostante ciò, la conclusione che Gesù trae da questi due casi è abbastanza chiara: coloro che morirono in questi disastri non furono peggiori di coloro che sopravvissero. In questo modo confuta la dottrina ebraica della retribuzione secondo la quale, chiunque fosse colpito da una disgrazia, lo era perché colpevole di qualche peccato grave. L'ultima frase del versetto 5 (“se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”) va inteso come un invito a cambiare vita; se ciò non avviene, vincerà l’egoismo che porta alla morte.
Nella seconda parte (cfr Lc 13,6-9), abbiamo la parabola del fico. Serve a illustrare le opportunità che Dio concede per la conversione. Dio rivela la sua gentilezza e la sua pazienza ma non è disposto ad aspettare indefinitamente se scopre nel suo popolo il rifiuto della salvezza. Nonostante il tono minaccioso, c'è una nota di speranza sullo sfondo di questa parabola: Gesù confida che la risposta finale di Israele alla sua missione sarà positiva.
La principale proposta che Gesù presenta in questo episodio si chiama “conversione” (“metanoia”). Non si tratta di una penitenza esteriore o di un semplice pentimento; invece è un invito a un cambio radicale e totale della vita, della mentalità, degli atteggiamenti, per fare in modo che Dio e i suoi valori vengano al primo posto. Questo è il cammino che siamo chiamati a percorrere in questo tempo, per rinascere, con Gesù, alla vita nuova dell'Uomo Nuovo. Nello specifico, come dovrebbe cambiare la mia mentalità? Quali sono i valori a cui do priorità e che mi tengono lontano da Dio e dalle sue proposte?
Fratelli e sorelle, “Il Signore è misericordioso e pieno di compassione!” Ecco, gustate e vedete...
* Padre Geoffrey Boriga, IMC, studia Bibbia nel Pontificio Istituto Biblico a Roma.